(raccolta molto sparsa di pensieri)

fabiotordi

Month: April 2010

Musica gagliarda

Il mezzo elastico può essere costituito da una corda di budello fatta vibrare mediante lo sfregamento di un arco di crine.

I suoni che avete ascoltato erano le vibrazioni della prima corda di un violoncello. In altri strumenti la corda invece viene pizzicata mediante la percussione di martelletti: è il pianoforte. E’ capace di grande dolcezza e morbidezza di suoni.

Strumenti a percussione.
Gli strumenti a percussione producono suoni mediante percussione su membrane tese sopra a una cassa di risonanza. Ascoltate un tamburello che segna l’accento ogni due movimenti. La grancassa è il + grande degli strumenti di questo tipo. Fate però attenzione ai colpi del tamburo.

Ascoltiamo questa marcia e osserviamone il tempo e il ritmo. Avrete notato che il tamburo divide il tempo in tante parti o movimenti uguali, così…
Quando l’accento divide il tempo in gruppi di due movimenti il tempo si dice binario.

Riascoltiamo la marcia. Fate attenzione a questo generatore elettronico: ritmo a pulsazioni rapide, rumore stridente e discontinuo dovuto a una vibrazione elettrica. Il suono elettronico infatti è un suono puro, completamente privo di armonici. Ritmica. E’ un ritrmo di danza e al tempo stesso… musica gagliarda!

Si trattava di un effetto d’eco in ambiente naturale.

Ascoltate questo frammento melodico ripetuto due volte. Dinamica del suono. Il pianoforte, capace di grande dolcezza e morbidezza di suoni. Avete capito che nella musica come in ogni arte si tratta di conciliare la legge con la libertà, la precisione con la fantasia…

Il profumo dei posti

Sai cosa manca, nel vivere in città? I profumi. Quando vivevo sui monti, come Heidi, nel mio imperituro gironzolare dovuto alla curiosità e al non voler mai star fermo, passavo tra boschi, prati, cascine, stalle, fossi, cantine, torrenti, rocce, ecc. E ognuno aveva un profumo diverso. Cose che in città non si sentono, la città è abbastanza asettica, vivi in posti chiusi e ti muovi su strade senza profumi.

Non si sente il profumo della pioggia che è appena finita, il profumo delle violette e delle primule, il profumo della terra. Eh si, non lo sapete? La terra ha un profumo tutto suo, e ogni terra ha il proprio. Le zappe ne sono intrise, così come i rastrelli sanno di fieno e le accette di legno. In città non si sente il profumo degli aghi di pino, quelli verdi. E non succede neanche di passare in bicicletta sopra cumuli di aghi di pino secchi, e di liberarne il profumo. La terra ripida vicino ai ruscelli, il trifoglio, persino le panchine o le fontanelle, ogni cosa aveva un profumo. Il profumo dlele pigne, che varia a seconda siano appena cadute o siano secche, nel qual caso diventa simile al profumo del legno. I rami secchi delle conifere hanno un profumo diverso dag.i altri. E ogni erba ha un prfumo tutto suo, per non parlare dei rovi delle more. Eh si, potrei elencarne veramente tanti.

Qui purtroppo non c’è niente di tutto questo, l’olfatto serve a poco, al limite per sentre gli odori, ma è quindi abbastanza sprecato.


 

Vetrata della chiesa di Brallo

 

19 anni

Rileggendo una vecchia agenda, di quando avevo 19 anni, ho trovato alcune frasi che avevo scritto io, eccole:

  • è bello parlare con gli altri di quello che vuoi senza problemi, è bello mostrarsi agli altri per quello che sei senza problemi.
  • i sogni sono gratis, sono alla portata di tutti, posson farli tutti gli uomini magri o grassi, bianchi o neri, belli o brutti. nei sogni le cose vanno come vuoi tu e se ancora non lo sai devi sognare di più.
  • un uomo è diverso da un altro solo per la sua storia
  • è inutile combattere per degli ideali, prima o poi sono destinati a finire, però è bello crederci.
  • il tempo è la cosa più assurda e inutile che possano aver mai inventato.
  • siamo solo il sogno di qualcuno infinitamente immenso
  • la vita è una missione affidataci e dobbiamo portarla a compimento nel bene e nel male
  • ad un amico si dicono cose che non si sono mai dette a nessuno
  • mentre leggi queste righe un attimo della tua vita è già diventato un ricordo
  • le parole non mi tangono, non sono fra quelli che piangono, la vita la prendo così e finora mi è sempre andata bene
  • la verità non è relativa, sono le idee che sono relative
  • con la gente siamo attori che recitano una parte, con i veri amici siamo noi stessi
  • bisogna ignorare l’ignoranza della gente
  • io odio le contraddizioni, però spesso mi contraddico. è una contraddizione
  • incazzati, sii curioso, fai qualcosa che abbia un valore, lascia un segno.
  • se sai ascoltare, senti il silenzio
  • forse io non esisto e tu mi stai sognando
  • ogni attimo è già passato prima di poter essere gustato
  • come si distingue il ricordo dal sogno?
  • non occorre condividere le idee, basta rispettarle
  • conta più un piccolissimo fatto che un grande discorso

Che nostalgia a rileggerle. Anche perchè alcune mi ricordano un episodio particolare. Forse io non esisto e tu mi stai sognando, ti ricordi le discussioni metafisiche?

Baciami !

C’était dans un quartier de la ville lumière
Où il fait toujours noir où il n’y a jamais d’air
Et l’hiver comme l’été là c’est toujours l’hiver
Elle était dans l’escalier
Lui à côté d’elle elle à côté de lui
C’était la nuit
Ça sentait le souffre
Car on avait tué des punaises dans l’après-midi
Et elle lui disait
Ici il fait noir
Il n’y a pas d’air
L’hiver comme l’été c’est toujours l’hiver
Le soleil du bon dieu ne brill’ pas de notr’ côté
Il a bien trop à faire dans les riches quartiers
Serre-moi dans tes bras
Embrasse-moi
Embrasse-moi longtemps
Embrasse-moi
Plus tard il sera trop tard
Notre vie c’est maintenant
Ici on crèv’ de tout
De chaud et de froid
On gèle on étouffe
On n’a pas d’air
Si tu cessais de m’embrasser
Il me semble que j’mourais étouffée
T’as quinze ans j’en ai quinze
A nous deux on a trente
A trente ans on n’est plus des enfants
On a bien l’âge de travailler
On a bien celui de s’embrasser
Plus tard il sera trop tard
Notre vie c’est maintenant
Embrasse-moi !

Jacques Prévert

Cognomi

Per prima cosa una premessa: questo post non ha nessuna pretesa di veridicità, ho recuperato i dati da fonti assolutamente non ufficiali e pertanto potrebbero esserci errori. Detto questo, ecco le classifiche dei cognomi più diffusi…

…nel comune di Brallo di Pregola:

1. Tagliani 6. Rettani
2. Rossi 7. Maruffi
3. Alpegiani 8. Buscone
4. Zanardi 9. Benedini
5. Gualdana 10. Scabini

Di questi ne conosco almeno uno per ogni cognome.

…nel comune di Voghera:

1. Barbieri 6. Poggi
2. Ferrari 7. Marchese
3. Rossi 8. Marchesi
4. Montagna 9. Giorgi
5. Gatti 10. Bernini

Conosco dei Ferrari, Rossi, Gatti, Poggi.

…in provincia di Pavia:

1. Ferrari 9. Montagna
2. Rossi 10. Vercesi
3. Barbieri 11. Giorgi
4. Sacchi 12. Poggi
5. Gatti 13. Marchesi
6. Maggi 14. Milanesi
7. Negri 15. Magnani
8. Bianchi  

Oltre ai già citati conosco dei Barbieri (che non sono di Voghera), Sacchi, Negri, Bianchi, Milanesi. In provincia il podio si mischia: Ferrari e Rossi salgono, Barbieri scende, ma a sorpresa arriva Sacchi.

…in Lombardia:

1. Colombo 6. Villa
2. Ferrari 7. Cattaneo
3. Rossi 8. Brambilla
4. Bianchi 9. Riva
5. Sala 10. Fumagalli

Qui invece spunta Colombo, ma Ferrari e Rossi resistono. Nella top ten i classici milanesi Brambilla e Fumagalli

…e in Italia:

1. Rossi 6. Romano
2. Russo 7. Colombo
3. Ferrari 8. Ricci
4. Esposito 9. Marino
5. Bianchi 10. Greco

 

Magazzino popolare

Format Distributivi del settore moda abbigliamento in Italia: situazione e prospettive del piccolo punto vendita

Ventesima puntata

Il magazzino popolare si differenzia dal grande magazzino per il posizionamento inferiore della gamma di prodotti offerta e perché il magazzino popolare in origine si concentrava su un segmento di clientela inferiore, più popolare appunto, mentre il grande magazzino si rivolgeva alla borghesia.

Il magazzino popolare si trova oggi in una posizione competitiva critica, subisce infatti la concorrenza degli ipermercati, dei superstore e dei discount, che propongono inoltre un’offerta integrata alimentari e non alimentari. In Italia, Upim, leader della formula, ha effettuato negli ultimi vent’anni alcuni tentativi di rilancio, che però, di fatto, non sono riusciti. In altri Paesi, alcuni magazzini popolari hanno tentato un percorso di rivitalizzazione mediante l’orientamento al discount. Altri Gruppi (Mark & Spencer, considerato il fondatore della formula) si sono internazionalizzati e hanno diversificato nel settore alimentare. La quota di mercato del grande magazzino e del magazzino popolare in Italia è la più bassa in Europa.


Interno di un magazzino UPIM


MATRICE SWOT
Utili Pericolosi
Interni Professionalità consolidata nel tempo. Bassa attenzione alla volubilità della moda. Scarsità di prodotti di marca
Esterni Rivalutazione dei centri storici.
Possibili abbinamenti con settori alimentari
Concorrenza dei punti vendita di prodotti non griffati, spesso più agevoli da raggiungere

Tordo Beffeggiatore

Fonte: Wikipedia

Il Tordo Solitario (Turdus Solitarius in latino) è una costellazione obsoleta introdotta nel 1776 dall’astronomo francese Pierre-Charles Le Monnier in uno scritto intitolato Constellation du Solitaire nelle Memorie dell’Accademia Reale Francese delle Scienze.

Occupava un’area presso la coda dell’Idra, vicino alla Bilancia, e rappresentava, secondo il proprio ideatore, un «uccello delle Indie e delle Filippine». L’uccello raffigurato sulla carta di Le Monnier somiglia moltissimo ad una femmina di passero solitario (Monticola solitarius, famiglia Turdidi), un piccolo uccello europeo che, malgrado il nome, è imparentato con i tordi. Le Monnier disse di aver introdotto tale costellazione in memoria del viaggio a Rodrigues, un’isola dell’Oceano Indiano, di un altro astronomo francese, Alexandre-Guy Pingré, recatosi laggiù per osservare il transito di Venere del 1761.

Nel libro Star Names, lo storico delle stelle Richard Hinckley Allen sostenne che l’uccello rappresentato nella costellazione fosse un solitario di Rodrigues, un uccello estinto incapace di volare simile al dodo.

Lo scienziato britannico Thomas Young rinominò la costellazione Tordo Beffeggiatore nella sua mappa stellare del 1806, mentre un altro inglese, l’astronomo amatore Alexander Jamieson, autore di un Atlante Celeste del 1822, la chiamò Noctua, la civetta. Jamieson rimase colpito dal fatto che questo uccello non fosse mai comparso tra le costellazioni, «data la frequenza con cui si aggira tra gli antichi monumenti egizi».

Malgrado tutti questi cambi di nome, però, la costellazione venne ben presto abbandonata.

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Vedete una spirale? SBAGLIATO ! Guardate bene, sono cerchi, non è una spirale !!!

Poe

Io avevo ormai da tempo cessato sia di lottare che di muovermi, ed ero rimasto a sedere immobile sul divano, preda smarrita di un turbine di emozioni violente, tra le quali la meno terribile, la meno divorante era forse un supremo arcano terrore.

(E. A. Poe, "Ligeia")

Un brivido di ghiaccio mi corse per le ossa; mi sentii oppresso da una sensazione d’insopportabile angoscia; una curiosita’ divorante mi pervase l’anima, e ricadendo all’indietro sulla sedia rimasi per qualche tempo immobile e senza fiato, gli occhi fissi sulla sua persona.

(E. A. Poe, "Berenice")


"Vita e Morte", Gustav Klimt, 1908, Leopold Museum, Vienna

Passo del Brallo

Tratto da un pieghevole degli anni ’80 / ’90

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PROFILO STORICO-RELIGIOSO
La denominazione di questo comune (Brallo di Pregola) è recente, ma la storia dei centri abitati che ne fanno parte è antichissima. Le prime notizie certe su Pregola risalgono ad un diploma dell’Imperatore Ottone I, datato anno 972, con cui il sovrano conferma al Monastero di San Colombano di Bobbio i suoi possedimenti.
Dopo varie vicende, nel XIII secolo, il feudo di Pregola passò ai Malaspina. La signoria feudale dei Malaspina durò incontrastata fino al 1789, anno in cui il feudo di Pregola fu incorporato nel Marchesato di S. Margherita. Il castello originario, posto sul cono roccioso che sovrasta il paese, fu distrutto e con i materiali ricavati dalle macerie fu eretto un nuovo edificio, una casa-forte ancora esistente. Le notizie religiose di Pregola risalgono a prima dell’anno 1000 e la chiesa odierna è del 1600, sorta sulle rovine del vecchio oratorio dedicato a San Rocco.
Altra parrocchia è quella di Colleri, ma sembra che anticamente la sede originaria fosse a Someglio, dove ancora oggi esiste una chiesetta con campanile romanico del XIII secolo, con all’interno una tela che rappresenta i S.S. Gervasio e Protasio.
La chiesa di Corbesassi è stata edificata nel 1690 circa; la decorazione interna è del Sebastiano toselli, allievo del Gambini, compiuta nel 1939. Di notevole una tela, purtroppo ora sciupata: San Francesco e due Angeli.

La chiesetta di Someglio
SITUAZIONE CLIMATICA
II Brallo, posto tra le due valli del Trebbia e dello Stafferà ed a breve distanza in linea d’aria dal mare, gode di un clima che si trova nella fortunata condizione di amalgamare alcune caratteristiche del clima marino con altre del clima montano, con una vasta gamma di influenze benefiche sulla salute.
Caratteristiche fondamentali di questa isola climatica sono l’atmosfera pura, la limpidezza del cielo, la scarsa umidità, l’alto rendimento delle radiazioni solari, la bellezza del paesaggio e la quiete.
Tali requisiti ambientali risultano ideali per un tranquillo periodo di riposo, favorendo un rapido recupero di energie.

GITE – ESCURSIONI
Alla felice posizione climatica si aggiunge la possibilità di magnifiche escursioni sui monti vicini.
Infatti le cime del Colletta (m. 1.490) e del Lesima (m. 1.724) sono facilmente raggiungibili attraverso strade ricche di boschi suggestivi, con ampie distese di prati e punti panoramici di rara bellezza.
Pur accessibile dal Brallo è il Monte Penice (Km. 12) sulla cui vetta sorge un santuario dedicato a N.S. della Guardia.

Casaforte e Chiesa di Pregola
Anche nelle numerose frazioni che circondano il Capoluogo non mancano elementi di particolare interesse: Valformosa, uno dei pochi paesi che ha conservato un impianto tipicamente medioevale; Someglio con la sua antica chiesa; Colleri, Corbesassi e Cencerate con gli antichi nuclei di case in sassi e calce e strade strette a selciato.
Attraverso una vasta e suggestiva pineta si snoda poi la strada che porta a Pregola ed ai numerosi campi da Tennis del Centro Sportivo della Federazione Italiana Tennis, dove durante l’estate si esercitano centinaia di ragazzi.
E’ possibile anche raggiungere il fiume Trebbia (11 km.), le cui acque, ancora limpide e incontaminate, offrono una attrattiva per pescatori e bagnanti.

 

I campi del Centro Tennis
SPORT – DIVERTIMENTI – FOLKLORE
Brallo offre al turista sportivo dei campi di calcio per tutte le età (Campo di Colleri, Campetto di Bralello) ove d’estate sono organizzati vari tornei. È possibile poi praticare il tennis ed il nuoto al fiume Trebbia.
Risultano soddisfatti anche gli appassionati di corse campestri (diverse marcie non competitive in Luglio-Agosto) e quelli di Moto-Cross (Gare a Maggio e Settembre) che trovano qui l’ambiente ideale per il loro divertimento.
Esistono poi campi da Bocce in vari paesi, e non bisogna dimenticare la possibilità di praticare caccia e pesca nei periodi adatti. Durante l’inverno il Brallo e le pendici del Colletta offrono vari campi da sci con impianti di risalita. Si ricorda anche che è in progetto, e dovrebbe essere presto pronto, un moderno centro sportivo.
Tutto l’anno si può ballare in moderne discoteche; nei mesi estivi sono in funzione anche attrezzate sale-giochi ed al Brallo una sala cinematografica.
Anche gli amanti del liscio non verranno delusi, in quanto sono numerose le sagre paesane con canti e balli in allegria. Possiamo qui ricordare la Festa Patronale di Colleri, la polentata di Corbesassi, la festa di Cima Colletta, la Sagra della Patata a Brallo (1a domenica di settembre).

GASTRONOMIA
In qualunque periodo dell’anno si possono gustare ottimi prodotti locali (Salame Tipo Varzi, Coppe nostrane, Formaggelle tipiche, torte di mandorle).
Nei ristoranti della zona la genuinità della cucina, basata su tradizionali ricette casalinghe offre una notevole attrattiva gastronomica a tutti i buongustai.
Fra i piatti tipici ricordiamo il profumato risotto coi funghi, i polli ruspanti con contorno di deliziose patate di produzione locale, gli ottimi piatti di cacciagione con Lepri, Fagiani, Pernici ecc. ecc.

Le limpide acque del fiume Trebbia

 

ALLOGGI – SISTEMAZIONI
Per chi decide di passare qualche vacanza al Brallo non ci sono problemi. Nel Capoluogo e nelle frazioni vicine si trovano infatti diversi alberghi e locande con buone capienze.
E’ possibile poi affittare appartamenti grossi e piccoli e stanze singole con tutti i servizi.
A soli 8 Km., precisamente a Sala, esiste anche un camping attrezzato.

Oltrepo con l'accento

…ma "Oltrepo" si scrive con l’accento o senza? Secondo me si scrive senza, per questo motivo: il fiume Po si scrive senza accento e quindi la parola composta "Oltrepo" mantiene la grfia non accentata. Ma cosa si dice in rete?

In un articolo dell’associazione culturale Varzi Viva (di Antonio di Tomaso) si legge:

Scrivere Oltrepo senza accento sull’ultima "o" è un vero e proprio errore di grammatica (lo ha ribadito Aldo Gabrielli, il noto linguista, autore di numerose edizioni del "Vocabolario Gabrielli", nel volume: "Si dice o non si dice?", edizione Mondadori).
Una fondamentale legge ortografica prescrive che le parole italiane di due o più sillabe per essere pronunciate tronche debbono recare l’accento sulla vocale dell’ultima sillaba; le parole che non portano questo accento, o si leggono piane o sdrucciole o bisdrucciole.
Un’eccezione per Oltrepò non si può fare; e per questa ragione, scrivendo Oltrepo, si legge "oltrèpo" o "òltrepo": non si scappa. E lo stesso ragionamento si può fare con i composti di tre: ventitré, trentatré, quarantatré. Togli l’accento e la pronuncia è una sola: "ventìtre, trentàtre, quarantàtre"

L’ipotesi sembra abbastanza convincente. Anche sul sito dell’Accademia della Crusca, Mara Marzullo scrive:

L’uso dell’accento grafico in italiano è diventato stabile dal Novecento per i polisillabi tronchi
[…]
introduce alla questione dell’accento di polisillabi composti con un originario monosillabo finale: per quanto detto all’inizio sull’uso dell’accento coi polisillabi, è chiaro che anche in questi casi, essendo il polisillabo tronco, si deve usare l’accento grafico (ventitré, rossoblù, nontiscordardimé, Oltrepò).

Anche la Lega Nord Voghera si interroga sul quesito e, malgrado suggerisca che la logica non preveda accento, ribaisce che la citata Accademia fuga ogni dubbio sull’errore che si commetterebbe non accentando la parola.

Insomma, in tanti si interrogano sulla questione, anche i lettori di Vogheranews, ma alla fine mi arrendo leggendo il libro del pavese Max Bocchiola (traduttore ufficiale di uno scrittore a me caro, Irvine Welsh [1] [2] [3]) e Ludovico Gerolin, "Grammatica pratica dell’italiano dalla A alla Z", che subito a pagina 2 recita:

Attenzione: le parole tre e blu non hanno mai l’accento, che è invece obbligatorio per il oro composti: ventitré, rossoblù. Lo stesso vale per tutti i monosillabi se sono la parte finale di un composto: il fiume Po, ma l’Oltrepò Pavese; vado su, ma il tiramisù.

E allora davanti al tiramisù mi arrendo :-)

Quindi… quindi continuerò a scrivere Oltrepo senza accento. Sbagliando, direte voi? Ma certo che no, la mia è una chiara licenza poetica!

Talento

…ma c’é voluto del talento
per riuscire ad invecchiare senza diventare adulti…

 

Mon amour
Mon doux mon tendre mon merveilleux amour
De l’aube claire jusqu’à la fin du jour
Je t’aime encore tu sais je t’aime

 

(Jacques Brel)

Forever young

…Heaven can wait we’re only watching the skies
Hoping for the best but expecting the worst

…Let us die young or let us live forever
We don’t have the power but we never say never

Some are like water, some are like the heat
Some are a melody, some are the beat
Sooner or later they all will be gone
Why don’t they stay young…

Youth’s like diamonds in the sun
And diamonds are forever


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Agenda vogherese

Nel 2006 il DLF di Voghera ha realizzato un’agenda, a cura di Paolo Moroni e Angelo Vicini, che oltre a fare funzione di taccuino, ha delle interessanti note sugli usi, i costumi, le tradizioni, i proverbi e le personalità vogheresi del passato. Eccone alcuni:

I Vigili Urbani, chiamati Câmpâgnón, usavano nella notte del primo dell’anno, augurare ai signori "buona fine e buon principio". In cambio ottenevano sempre un buon bicchiere di vino ma non era cosa rara che reicevessero anche una mancia, lâ bonâmân. "Bon dì bon an ti râ pèl e mi âr sâlàm".

Non esisteva in città, prima del 1820, nessuna illuminazione. Chi usciva di casa quando faceva buio doveva essere munito di un lume acceso per evitare la multa di quattro scudi o lo stesso numero di giorni di prigione. L’ordinanza è del 2 gennaio 1770.

Fu il 5 gennaio 1593 che la carica di Camparo (câmpè) venne messa all’asta. I campari erano cinque perché le porte della città erano in tal numero e il loro compito era quello di sorvegliare i terreni che dipendevano da ogni porta.

Le ragazze da marito mettevano, per l’Epifania, sotto il cuscino tre fave: una con la pelle, una spoglia a metà e una completamente spoglia. Al mattino ne sorteggiavano una. Il responso era: quella con la pelle marito ricco, quella spoglia a metà una mèsâ câlsâtâ e un buletàri nell’ultimo caso.

A S. Antonio si portavano gli animali sul sagrato della chiesa per farli benedire. Chi li conduceva si metteva in tasca un pane affinché fosse anch’esso benedetto e potesse servire, a bocconi, come medicina per gli animali colpiti da qualche malattia. "S. Ântòni pen d’virtü fam truvà cul ch’ö perdü".

Esisteva a Voghera la Confraternita detta della Misericordia che, oltre a dare rifugio ai pellegrini, assisteva i condannati a morte. Questi confratelli indossavano una cappa rossa con una mantellina di tela cerata adorna di conghiglie e portavano lunghi bastoni con cinghie e borchie.

Alla Madonna della Candelora (Mâdonâ drâ Seriölâ) chierici e sagrestani distribuivano nelle case candele di cera benedette che venivano appese sopra il letto. "Â lâ Mâdonâ drâ Seriölâ âd l’invèrân sumâ förâ, tânt â piövâ mè fa su pâr quârântâ dì gh’n’è incù".

A San Biagio si va in chiesa a farsi benedire la gola. Al fedele vengono poste sotto la gola due candele incrociate e legate con un nastro a nodo di S.Andrea. "Quând venâ S.Bias s’fa benedì râ gulâ e âr nas"

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