(raccolta molto sparsa di pensieri)

fabiotordi

Month: September 2011

Casteggio DOC

C’è in giro un nuovo vino: il Casteggio. In realtà non è nuovo, si faceva già in passato, ma adesso c’è la denominazione ufficiale.

A partire dalla vendemmia 2010 potrà fregiarsi della dicitura "Casteggio DOC" quel vino prodotto a Casteggio e nei comuni limitrofi, invecchiato in botti di rovere per almeno un anno e lasciato riposare in bottiglia. Ma quali sono le regole precise? Vediamole grazie al sito "Wine Break" dell’amico Emanuele Bottiroli.

Il Casteggio Doc, base Barbera (minimo 65%) si può produrre, secondo il disciplinare, solo sul territorio di 7 Comuni: Casteggio, Borgo Priolo, Corvino San Quirico, Montebello della Battaglia, Calvignano, Oliva Gessi e Torrazza Coste. Produzione massima 8.5 tonnellate per ettaro. Il Casteggio Doc dev’essere invecchiato almeno 2 anni e, superati i 3 anni di affinamento, potrà fregiarsi della dizione “riserva”. Il suo colore è rosso rubino intenso, talvolta con riflessi violacei e tendente al granato con l’invecchiamento; odore intenso, etereo, delicato; sapore: secco, corposo, armonico; titolo alcolometrico volumico totale minimo 12,50% vol; acidità totale minima  4,5 per mille; estratto non riduttore minimo: 25,0 grammi/litro.

Bello, mi piace come idea. Per prima cosa è bello veder rinascere un nome, tra i vini, che circolava tanti tanti anni fa, il "Casteggio". Poi è bello perchè è un nome forte, è un nome che caratterizza il territorio. Il "Bonarda", il "Barbera", lo fanno dappertutto. Il Casteggio, ovviamente, solo a Casteggio (un po’ come il Salame di Varzi che si fa solo a Varzi – e zone limitrofe). E poi mi piace che ci siano iniziative di questo tipo, che valorizzino i prodotti del nostro territorio: ogni idea è un passo avanti, e un’idea realizzata significa che di passi ne sono stati fatti tanti. E poi mi piace perchè.. è buono! Non ci credete? Beh, per ora, visto i tempi tecnici, non è ancora possibile trovare bottiglie in commercio con la denominazione corretta, quindi dovrete aspettare ancora un pochino, oppure gustare quello degli anni precedenti al 2010, sempre prodotto nello stesso modo. Alla salute!

 

Tordi viaggiatori

Potrei avere un futuro come portalettere!

La folie Almayer

Ecco qualche recensione di qualche film che ho visto:

RATATOUILLE (2007). La storia di un topolino che, invece di rovistare tra la spazzatura come i suoi simili, ha il grande sogno di diventare addirittura chef. Un sogno che potrebbe realizzarsi… Carino, la morale è che credendo fermamente nei propri sogni magari prima o poi si avverano.

THE SOCIAL NETWORK (2010). E’ la storia, magari un po’ romanzata, della nascita di Facebook. Si parte da un programmatore geniale, Zuckerberg, un’idea geniale, degli amici e di un sito che ben presto diventa un successo planetario. Storie di innovazioni, tradimenti e litigate. Il film è bello, a me è piaciuto molto.

KUNG FU PANDA 2 (2011). Il primo mi è piaciuto di più, però anche qui ci sono delle scene molto divertenti. Non dico che è più tragico, perché Po riesce a sdrammatizzare sempre tutto con una battuta delle sue, però è meno immediato. La qualità dell’animazione e i dettagli sono strabilianti. Non so dirvi del 3D perché io non guardo film in 3D :-)

AAA CERCASI MARITO. Non c’è molto da dire: classica commedia americana. Una tipa si scoraggia perchè tutte le amiche del college col tempo si sposano e lei rischia di rimanere l’unica zitella. Il lavoro va alla grande, ma per il momento non riesce a trovare l’uomo giusto… finchè…

C’E’ CHI DICE NO (2011). Commedia italiana con Luca Rgentero, Paola Cortellesi e e Paolo Ruffini. Tre ex compagni di scuola si ritrovano e si accorgono che gli altri fanno carriera grazie a raccomandazioni e spintarelle, mentre loro sono quelli che ci smenano sempre. Allora decidono di fare qualcosa… Il film è divertente, fatto bene. Se vi capita guardatelo: non è un film da cineteca, ma vi farà passare una bella serata.

Questo è quanto, per adesso. Ma il titolo cosa c’entra?  E’ il titolo dell’opra di Magritte qui sotto, del 1951.

Porte Aperte al Castello Visconteo

Qualche malalingua dice che io mi lamento sempre. Beh, stavolta non mi lamento affatto. In questa ultima decina di giorni a Voghera c’è stata la manifestazione "Porte aperte al Castello Visconteo di Voghera", dal 16 al 25 settembre. E’ stata la seconda edizione, dopo il successo dello scorso anno, ed è stata ancor più in grande stile.

C’era ovviamente il castello aperto, con la possibilità di visitare alcune mostre all’interno e quindi, per chi non avesse avuto ancora occasione (come me), visitare il castello stesso. Ci sono state presentazioni di libri, concerti, rievocazioni storiche, ecc. E durante le due domeniche anche il mercatino in Via Cavour  con sfilate di figuranti in costume, falconieri (mi è piaciuto un sacco), sbandieratori, ecc. Insomma: proprio una bella festa, organizzata bene e ben riuscita, niente da dire. Una bella occasione per vivere il vecchio maniero in parte ristrutturato e il giardino realizzato lo scorso anno. L’augurio è che si possa sfruttare tutto questo anche in altre occasioni durante l’anno: visto che sono stati spesi dei soldi per "mettere a posto il castello", sfruttiamolo! Un po’ come succede a Pavia.

Visto che non mi lamento sempre?

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No, non è un CAP, nè un numero di telefono. Sono gli abitanti che potrebbe avere presto Voghera. Secondo Wikipedia gli abitanti dell’antica Iria sono esattamente uno in meno, ma in questi giorni un signore che ha attualmente il domicilio in Via dei Prati nuovi ha chiesto al giudice di Pavia, una volta scaduti i termini della sua forzata dimora presso tale albergo, di poter trovare casa in zona, visto che avrà la libertà vigilata. Il signore è siciliano, ma l’aria oltrepadana lo aggrada a tal punto da lasciare la sua amata terra per trasferirsi qui. D’altronde il babbo, Totò, è in "vacanza" e il rapporto con gli amici, si sa, dopo un po’ che non li frequenti non è più lo stesso di una volta. Quindi perchè non approfittare dell’ospitalità di questa ridente cittadina di pianura? Il suo paese d’origine è in collina, ma anche qui potrà farsi dei bei giretti tra le vigne, se crede.


Veduta di Voghera di qualche annetto fa. Potete vedere il castello e le ciminiere in lontananza

Etichette di lavaggio

Etichette queste sconosciute: tutti noi abbiamo notato, nelle etichette interne dei capi di abbigliamento che acquistiamo, degli strani simboli. Siete sicuri di conoscere il significato di ciascuno di loro? Eccoli:

Innanzi tutto ecco il significato dei principali simboli di manutenzione

Vaschetta: per il lavaggio a umido
Trangolo: per il lavaggio al cloro

Ferro da stiro: per la stiratura

Cerchio: per il lavaggio a secco

 

A questi simboli si aggiungono dei segni grafici: 


Trattamento non ammesso: la croce posta su uno dei segni grafici indica che il trattamento non deve essere eseguito.

Trattamento moderato: la barra sotto il segno grafico indica che il trattamento dovrebbe essere eseguito in modo moderato.

Trattamento molto moderato: la barra tratteggiata indica un trattamento molto moderato.

 Parliamo del lavaggio:

lavaggio a macchina:
• temperatura massima di lavaggio 60°
• azione meccanica normale
• risciacquo normale
• centrifugazione normale
lavaggio a macchina:
• temperatura massima di lavaggio 60°
• azione meccanica ridotta
• risciacquo a temperatura gradualmente ridotta (per immissione graduale di acqua fredda)
•centrifugazione ridotta

lavaggio a mano:
• non lavare a macchina
• temperatura max di lavaggio: 40°
• tempo di lavaggio breve
• comprimere e, se necessario, strofinare molto delicatamente
• risciacquare molto delicatamente
• non torcere

il prodotto tessile non sopporta il lavaggio in acqua

 

 

Ora vediamo il candeggio:

possibilità di trattare con prodotti a base di cloro
il prodotto tessile non sopporta il trattamento con cloro

 Ma i nostri capi preferiti si possono stirare? E come?

il prodotto tessile non sopporta la stiratura
temperatura massima della suola del ferro: 110°C, interporre panno umido
temperatura massima della suola del ferro: 150°C, interporre panno umido
temperatura massima della suola del ferro: 220°C, umidificare il tessuto

 

C’è anche chi ha l’asciugatrice. E’ possibile utilizzarla? Vediamo:

asciugatura a temperatura moderata
non può essere asciugato a macchina
asciugatura su superficie piana

 

E cosa dire del lavaggio a secco? Sarà possibile effettuarlo? Ecco la tabella dei simboli: 

lavabile a secco con tutti i solventi normalmente utilizzati nel lavaggio a secco
lavabile a secco con percloroetilene, monofluoro-triclorometano, idrocarburi, con i normali procedimenti (il tricloroetilene o trielina non deve essere impiegato)
lavabile a secco con i solventi indicati al punto precedente, ma con una severa limitazione di aggiunta d’acqua e alcune restrizioni per quanto riguarda l’azione meccanica o la temperatura di asciugatura, o entrambe le cose
lavabile a secco con idrocarburi e trifluoro-tricloroetano, con i normali procedimenti
lavabile a secco con solventi indicati al punto precedente, ma con una severa limitazione di aggiunta d’acqua e alcune restrizioni per quanto riguarda l’azione meccanica o la temperatura di asciugatura, o entrambe le cose
il prodotto tessile non sopporta il lavaggio a secco

 

Aneddoti 17

Prima considerazione: perché c’è un sacco di gente che entra, saluta a malapena (ma solo se li saluto io per primo) e si fionda nell’altro reparto, nel posto più lontano? Se capitasse una volta sola penserei che quel qualcuno ha intenzioni furtive, ma visto che succede spesso e volentieri…beh spero che non siano tutti ladruncoli!!!

Primo aneddotino: entra una signora e mi dice:
"Vedo che in tutti  cartelli hai scritto <<Piazza Affari>>. Cosa vuol dire Piazza Affari?"
"Signora, è il nome del negozio…"
"Ah ecco, anche perchè qui siamo in Via Cavour"

Seconda considerazione: perchè se io scrivo a caratteri cubitali "Giacca di Pelle 90 euro" e sotto ci metto una camicia con un cartellino microscopico che recita "Camicia 10 euro" la gente si convince che la giacca di pelle costi 10 euro? E’ una cosa che succede sempre, sempre, sempre!

Aneddotino: una signora entra dicendo: 
"Mi dia quella magliettina che ha fuori a 1 euro, sarà cinese, sintetica, si romperà subito, ma per un euro…"
"No signora, è 100% cotone e, come può leggere dall’etichetta, è addirittura Made in Italy. Inoltre prima le vendevo a 10 euro, ma sono le ultime quattro…"
"Ah si? La vendeva a 10 euro? Allora le compro tutte e quattro!"
Morale: che sia bella di qualità non gliene frega niente, le importa solo che prima fosse costata 10 euro…

Una signora lascia 50 euro in acconto di merce del valore di 160 euro, dicendo che sarebbe passata il giorno dopo. Passa dopo una settimana e dice che non vuole più la merce. E tu cosa fai? Se non le rendi l’acconto (come sarebbe giusto) perdi il cliente, finisci per litigare ecc. ecc. Se glielo rendi passi per fesso e dai bruttissime abitudini ai clienti. Allora cerchi di farle capire che ti sta arrecando un danno: la merce l’ho tenuta da parte per lei, se adesso non la compra più, io che faccio? Allora prende altre cose per 100 euro e mi da i 50 euro di differenza. Oggi torna e mi dice che vuol passare domani cambiare ancora i prodotti… per giunta con altri che costerebbero 140 euro, quindi 40 euro in più che lei non ha intenzione di tirare fuori. Ma tutti a me capitano? Quindi domani ci saranno da fare discussioni….

E poi è capitato di quelli che vogliono pagare con assegno, magari con assegni non propri, dicono che sono assegni del "datore di lavoro" da incassare o cose simili… Una volta arriva un tizio, compra per circa 100 euro e vorrebbe darmi un assegno intestato a non-so-chi, firmato da non-so-chi, del valore di 500 euro…e voleva il resto!!!

E quando ho messo una pelliccia di lapin in vetrina a 100 euro una signora entra, la misura, la rimisura, si guarda allo specchio, si gira e si rigira e poi dice "beh si non mi sta benissimissimo, ma a questo prezzo la prendo, qualche volta la metterò, poi la regalo". "Ha ragione signora, a questo prezzo le conviene. Bene, sono 100 euro". "Come 100? Non c’è scritto un euro???". Capito? Non solo pensava che una pelliccia potesse costare un euro, ma si faceva anche dei problemi a comprarla a quella cifra!!!

Regole quasi-matematiche sui clienti NON compranti:
– Se un cliente entra all’orario di chiusura quasi sicuramente non comprerà
– Se un cliente entra dopo l’orario di chiusura sicuramente non comprerà: alle tue domande risponderà con monosillabi, girerà per mezz’ora per poi accorgersi dell’ora tarda e congedarsi dicendo che tornerà con calma. E no, cazzo: mi hai fatto stare qui e adesso compri !!!
– Se un cliente ti dice di tenergli della merce perchè deve fare una commissione e torna subito ha il 50% di probabilità di tornare
– Se un cliente dice che torna il giorno dopo non tornerà per nessun motivo il giorno dopo. Questa è una regola ferrea, succede anche coi clienti in buonafede che magari tornano due giorni dopo, ma mai mai mai il giorno dopo.
– Se un cliente ti sta aspettando quando vai ad aprire e magari sbuffa perchè lui "è li dalle 9" (quando c’è scritto sulla porta che il negozio apre alle 9 e 30) quasi certamente non comprerà nulla. Nella maggior parte dei casi entra, ti chiede qualcosa di assurdo (del tipo "Maconi oggi è aperto?" (ndFabio, Maconi è il negozio vicino al mio) oppure "Avete i camici da infermiere in pile con interno in velluto?" o cose simili e poi esce in tutta fretta lamentandosi ancora del tempo perso
– Se un cliente ti ordina qualcosa non te la comprerà mai, ma dico mai e sottolineo mai. Tu gliela procuri e lui nella maggior parte dei casi non si farà mai più rivedere. Se per disgrazia si fa vivo l’articolo che gli hai procurato avrà qualche infinitesimale differenza da quello che aveva chiesto lui, oppure ha semplicemente cambiato idea, tutto qui.

Aneddoti sui cambi merce ne avrei a migliaia:
– quelli che sono abbonati al cambio e regolarmente vengono a cambiare quello che hanno comprato la volta prima
– quelli che riportano le maglie che profumano di detersivo e sostengono di non averle mai indossate (una volta uno si era pure dimenticato l’etichetta della lavanderia)
– quelli che sostengono di non aver mai messo le scarpe quando invece hanno le suole sporche di terra (almeno lavale, che diamine, mi prendo proprio per fesso?!)
– quelli che sostengono di aver misurato una taglia e di essersi ritrovati nella borsa un’altra taglia (di questi, l’uno per cento ha ragione, tutti gli altri fanno talmente confusione quando provano che non sanno più neanche loro qual è la taglia giusta)
– quelli che vorrebbero cambiare merce comprata mesi prima, anche molti mesi prima !!!
– quelli che vorrebbero cambiare la merce senza riportarla nella confezione originale (insomma vanno a casa e buttano la scatola delle scarpe, tagliano le etichette,  ecc ecc e riportano il tutto magari nella carta della focaccia… e poi si arrabbiano quando non gliela cambi !!!!)
– quelli che vengono a cambiare e (come nell’esempio sopra) vorrebbero prendere qualcosa di più caro senza tirar fuori un euro
– quelli che vengono a ricambiare quello già cambiato e alla fine riprendono quello che avevano portato indietro la prima volta
– quelli che vengono a cambiare le cose da un euro, e magari no trovano nulla che li convinca e vogliono il "buono spesa"

Alla prossima… e ricordatevi che tutte queste non sono barzellette, è tutta roba vera!!!


Il negozio PIAZZA AFFARI di Fagagna (UD)

L'ultima spiaggia

Ho letto il libro di Alex Garland, da cui è tratto il film "The Beach" del 2000 con Leonardo DiCaprio. Il libro non è male. Racconta di un ragazzo che ama viaggiare, e vivere i posti più particolari del mondo. Si trova attualmente in Thailandia quando il suo vicino di stanza, prima di suicidarsi, gli consegna una mappa di un posto speciale, una spiaggia dove una comunità di ragazzi vive a contatto con la natura, vivendo quasi esclusivamente di quello che producono e cacciano. Dopo un po’ di traversie il ragazzo, Richard, accompagnato da una coppia di francesi, raggiunge la spiaggia. Vivrà in quella comunità per lunghi mesi, durante i quali succederanno un sacco di cose. Col tempo Richard inizierà ad avere delle allucinazioni, e vedere e parlare con Duffy, l’uomo della mappa. Il finale, rocambolesco, fa si che… no non ve lo dico, altrimenti che gusto c’è?

Per quanto riguarda il film, devo dire che è piacevole anch’esso, fatto bene, ma…a volte mi chiedo perchè, probabilmente per esigenze di cinema, occorre stravolgere la trama del libro.

Capisco che non si possa seguire passo passo la trama del libro, altrimenti i film durerebbero dieci ore, occorre tagliare qualche pezzo e quindi, per far si che il racconto segua un filo logico nonostante i tagli, cambiare anche qualcosina.  Per esempio, nel libro Richard si muove spesso nelle sue peregrinazioni con un altro isolano, nel film è da solo. E fin qui è comprensibile. Quello che proprio non capisco è perché far succedere cose diverse. A Richard piace Francoise, la ragazza di Etienne. Nel film Francoise lascia addirittura Etienne e si mette con Richard. Alla fine, a fare una certa cosa che non vi anticipo, rimangono in 5, mentre nel film sono in tantissimi. Sal nel libro è una ragazza un po’ in carne. Nel film è magrissima. Fino a circa metà della storia il film è fedelissimo al libro, dopodiché si stravolge tutta la storia. Sempre bella, però è una storia diversa!!!

L’evoluzione del ruolo del punto vendita

Format Distributivi del settore moda abbigliamento in Italia: situazione e prospettive del piccolo punto vendita

Trentesima puntata

L’evoluzione del ruolo del punto vendita.

“Bisogna principiar a mesurarse le ongie, a scambiar el nome a tutta la roba che se vende, a tor in credenza dai marcanti grossi, andar pagando a bonora per acquistar concetto, e po, co s’ha fatto el credito, ordenar della roba assae, e co s’ha avudo la roba, serrar bottega e falir” da “Il mercante fallito” di Carlo Goldoni, 1741

Il punto vendita è oggi unanimemente riconosciuto, sia dalle imprese industriali, sia dalle imprese commerciali, come un luogo privilegiato all’interno del quale dare concreta attuazione al sistema delle decisioni strategiche relative alla comunicazione di marketing. La crescente complessità delle dinamiche competitive e dei comportamenti del consumatore ha accresciuto l’importanza della comunicazione nel punto vendita.
In passato i punti vendita erano concepiti come luoghi logistici e di transazione dell’attività commerciale: la scelta del punto vendita e il comportamento d’acquisto sono comportamenti razionali che perseguono l’obiettivo di soddisfare bisogni funzionali. Ora invece l’attenzione si è spostata sul consumatore, che ricerca benefici che vanno al di là della funzione di uso del prodotto. Da “punto vendita” si è passati a “punto di acquisto”, fino a diventare “punto di permanenza”, all’interno del quale il consumatore non entra esclusivamente per acquistare, ma anche per visitare un luogo che lo attrae, lo incuriosisce e rende la propria esperienza il più gradevole e confortevole possibile  (A. Pastore, M. Vernuccio, “Impresa e comunicazione”, Apogeo, 2006).

 

Vogue Fashion Night Out

Giovedì scorso, alla sera, siamo stati alla serata milanese organizzata dal noto giornale modaiolo. La serata iniziava sul presto con aperitivi e rinfreschi, noi siamo arrivati verso le dieci. La cosa funziona così: nella zona sciccosa di Montenapo / Manzoni / Spiga / Venezia / San Babila / Vittorio Emanuele tutti o quasi i negozi erano aperti e quelli più importanti offrivano una qualche attrattiva: un rinfresco, dei gadgets, un ospite famoso, della musica, ecc. 
C’era una quantità di gente incredibile. Inutile che cerchiate delle foto perchè non sono rappresentative del fiume di persone. Fin troppo. Io credevo cmq di riuscire a vedere qualcosa, in realtà abbiamo seguito il flusso e si passava davanti ai negozi senza speranza di entrarvi (se non a spintoni). Ma lo spettacolo era dato anche dai tipi particolari che si incontravano: ragazze con strani accessori nei capelli, bausciotti vestiti come neanche Lapo Elkann oserebbe, personaggi che sembravano usciti da una qualche sfilata di moda marziana, ecc.

 

La serata è stata interessante e piacevole, anche se molto stancante. La confusione è autoreferenziale, quindi alla fine quello che si poteva vedere era la confusione stessa. Un peccato, in quanto avrei preferito anche vedere ciò che offrivano i vari showroom. Insomma: roba ce n’era, ma troppa! Anche se passeggiare per il centro di Milano, checchè ne dicano quello che denigrano sempre questa città, è sempre bello.

Esproprio proletario

Il sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, ha annunciato la lotta ai "portoghesi" che prendono i mezzi di trasporto senza biglietto. Secondo le stime si perdono circa 40 milioni all’anno.

Io non vorrei fare i soliti discorsi… ma devo farli! Se io saltassi i tornelli come minimo mi arresterebbero per poi buttare via la chiave. Lo fanno i soliti noti e… va beh pazienza, che ci vuoi fare. Anche se gli si facessero multe, non le pagherebbero, in quanto piccoli criminali abituali e/o nullatenenti. Eh poi sento quelli che li difendono: "eh, sai, tutto aumenta….fanno bene". Ma che discorso è? Perchè per me che lo pago il biglietto, non è forse aumentato? Eh si, mi sembra di sentire i vecchi discorsi degli espropri proletari: non possiamo permetterci una cosa e allora ce la prendiamo. E bravi, e allora quelli che si sono fatti un culo così per potersela permettere cosa dovrebbero dire? Quelli che usano i mezzi per andare al lavoro, magari pagato poco o pochissimo, che sono onesti e pagano il biglietto, cosa dovrebbero dire invece di questi signori? Che discorsi del cavolo. Solita storia: se il vecchietto non timbra il biglietto del treno scatta la multa, se lo fa uno di questi personaggi il controllore sta zitto. Qui mi sembra che c’è gente che ha imparato ad essere molto furba, tanto sa benissimo che qui vige la legge dell’impunibilità. Prosit.

 

No al 6 politico

Una considerazione: ci sono studenti che studiano e altri che studiano un po’ meno, altri che studiacchiano e ci arrivano lo stesso, altri che studicchiano e proprio non ci arrivano, c’è chi studiuncola e altri ancora che vanno a scuola solo per scaldare il banco e pure altri ancora che fanno proprio casino. La scuola più democratica è l’università: c’è un docente che spiega. Se lo stai ad ascoltare, capisci. Se non hai voglia (o per qualsiasi altro motivo non puoi), ti toccherà impegnarti di più sui libri. Se te ne freghi, ovviamente non otterrai grandi risultati. Se riesci a barcamenarti e sfruttare un mix di attenzione, studio, capacità, fortuna, potrai comunque ottenere risultati apprezzabili. Se studi di brutto e ti impegni (con cervello) non puoi non riuscire. Insomma, l’università è abbastanza meritocratica. Poi, per la carità, come dappertutto influiscono altri fattori come il culo, il lecchinismo, le astuzie più o meno lecite, le solite italianate, ma in linea di massima chi si impegna di più andrà avanti in modo più spedito e con migliori risultati, mi sembra abbastanza indubbio.
E invece alle elementari-medie-superiori? Qui il discorso è diverso, si va avanti in gruppo. Se uno studente rimane indietro ci sono due strade, entrambe sbagliate: se ci si ferma ad aspettarlo, si penalizza tutto il resto della classe, che magari avrebbe la possibilità di fare qualcosa di più costruttivo; se non lo si aspetta, lo si penalizzerebbe facendogli fare cose che magari hanno bisogno della propedeuticità di quelle precedenti che non sono state comprese. Ma che frase messa giù male ho scritto? Vedi a non studiare? Intendevo dire che è anche sbagliato non aspettare chi rimane indietro, altrimenti si rischia di fare rimanere l’alunno ulteriormente in svantaggio. E allora cosa si fa? Solitamente un mix delle due cose: se è solo uno studente a non aver capito si va avanti, se sono in tanti ci si fermerà ad aspettarli. Resta il fatto che quelli che invece hanno capito e/o studiato sono penalizzati. E magari non è il massimo essere penalizzati per essere più intelligenti o più studiosi o meno casinisti o meno fancazzisti. Non è un bell’insegnamento. La storia del 6 politico dato a tutti è una buffonata: se uno merita 6 diamogli 6, se uno merita 10 diamogli dieci e se uno merita 3… diamogli 3, non vedo cosa ci sia di male. Se uno studente rimane indietro cerchiamo di aiutarlo, se hai dei problemi cerchiamo di risolverli, ma senza che questo pregiudichi il rendimenti di tutti gli altri, perché altrimenti rischiamo di buttare il bambino insieme all’acqua sporca. In Italia siamo dei campioni a pavoneggiarci col politically correct, una cosa che francamente odio.
 
Per la cronaca: io sono stato sempre uno studente che navigava a vista: non mi sono mai ammazzato di studio, ed ero ben consapevole che questo non mi avrebbe portato risultati eccelsi, mi limitavo al quanto basta, ne ero conscio e non mi aspettavo di più.

Corsi di italiano

Lo ammetto, l’idea non è mia, me l’hanno suggerita…
Visto che prolificano ancora i vari corsi di lingue: De Agostini, Speak Easy e quant’altro, che insegnano le classiche inglese, francese, tedesco, spagnolo e le nuove russo, cinese, arabo… perchè non fare un bel corso di italiano?

Non sto scherzando: pensate una bella uscita a fascicoli che ci spiega le regole della grammatica, magari in modo divertente: i plurali, i tempi dei verbi (addirittura il congiuntivo, brrr!), la punteggiatura, la grafia delle parole più difficili, i modi di dire, ecc.

Ovviamente deve essere un corso "moderno", non pedante e noioso. In questo modo si otterrebbero due risultati importanti. Il primo è insegnare ai tanti italiani che si sono dimenticati, o che non hanno mai studiato troppo, a scrivere e parlare in italiano corretto. Gli ignorantoni come me ne trarrebbero grande beneficio. Non dovrebbe essere un corso tenuto da qualche sapiente ottuagenario (con tutto rispetto per chi ha la barba bianca, ma mi riferivo a quelli incartapecoriti, si può avere 80 anni all’anagrafe ma avere il cervello proiettato al futuro più di un trentenne limitato), ma da qualche attento osservatore del costume, che sia al contempo colto e preparato. Insomma una bella lezione divertente.

Il secondo obiettivo lo si otterrebbe insegnando per bene la lingua italiana agli stranieri, che per forza di cose non sono in grado di entrare nelle sfumature, seppur parecchi sappiano parlare la lingua di Dante molto meglio di me (ci vuole poco, direte voi). Conoscere la lingua porterebbe loro grandi benefici, non trovate?

Secondo me è una bella idea. Che caspita: vogliamo imparare il cinese se non sappiamo parlare bene neanche la nostra lingua.

Almeno l’italiano sallo ! A me mi sembra che è più meglio che c’hai delle basi, no?

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