(raccolta molto sparsa di pensieri)

fabiotordi

Month: December 2014

Dannata nuvola

Ma che bello è essere una nuvola.
Sei lì, per i fatti tuoi,
che fluttui nel cielo...
Ma non una nuvola di quelle grandi,
rompiballe,
che vogliono scatenare la pioggia.
Ma una di quelle nuvoline carine piccoline
tutte bianche
che sembrano uscire da un quadro.
Ti metti lì,
nel tuo angolino di cielo,
che fai la siesta.
Ah, che pace.
Poi se ti annoi,
puoi sempre metterti a pancia in giù
e osservare quello che succede nel mondo,
ma in modo molto distaccato:
tanto a te cosa te ne frega,
sei lì nel tuo mondo...


Berndnaut Smilde – "Nimbus II" – 2012 – Hotel MariaKapel, Hoorn

E’ Natale!

è Natale… ma io non ci sto dentro

Jump il Salto

Ecco qui il mio intervento alla trasmissione Jump il Salto, andata in onda su radio PNR domenica 7 dicembre 2014:

(se non hai sbatti di ascoltare tutto vai al minuto 40:27)

Andare in auto e ascoltare la musica

A Voghera si dice così

A m’fuma l’anma (Mi fuma l’anima)
Sono irritatissimo, arrabbiatissimo.

Mangià i arghêss (Mangiare gli avanzi di un pasto precedente)
Sono, letteralmente, ciò che resta in un setaccio o in un ventilabro dopo la vagliatura.

Bôn sul da bacaià (Capace soltanto di blaterare)
Baccagliare è voce regionale, usata anche in lingua, di etimo incerto.

L’è andà ai benvenüti (E’ andato al manicomio)
Modo di dire nato con la creazione dell’Ospedale Psichiatrico Provinciale, avvenuta a Voghera nel 1876. Nel nuovo moderno e attrezzatissimo nosocomio i malati di mente erano i "benvenuti".

Bat i bruchêt (Battere i chiodi)
Soffrire per il freddo. L’espressione fa riferimento al suono prodotto dal battere dei denti a causa del freddo, molto simile al rumore prodotto dal martello del ciabattino che batte in rapida successione di colpi sui piccoli chiodi che fissano la suola di una scarpa.

L’è negar me un cadnén (E’ nero come una catenella)
La catena che pendeva al centro di ogni camino, alla quale stava di solito appesa, ventiquattr’ore su ventiquattro, qualche pentola, non solo era annerita da decenni, da secoli, dal fumo e dalle scorie della combustione ma era anche un "accessorio" che raramente veniva pulito. L’espressione deve dunque essere interpretata non solo nel significato di sporco, ma anche di moralmente turpe, sordido, in misura aberrante e in modo irreversibile.

Un g’ha ra califòrgna (E’ in bolletta)
Per "california" si intende, nell’Oltrepo Pavese, una malattia della vite – l’oidio – originaria degli USA e giunta in Europa intorno alla metà dell’Ottocento. Per i viticoltori oltrepadani rappresentavano un vero flagello, in grado di distruggere non solo il raccolto di una stagione, ma un intero vigneto, mettendo quindi "in bolletta" il viticoltore.

Trà in casté (Gettare in castello)
Mangiare. Ovvero rinchiuder il cibo all’interno della cintura fortificata e merlata dei…denti.

U farid dnè ins’ra capèla d’un ciood (Riuscirebbe a far soldi sulla capocchia di un chiodo)
Affaristi si nasce.

Dùpi cme na sigùla (Doppio come una cipolla)
Falso, ambiguo.

Avègh r’moort in canténe (Avere il morto in cantina)
Avere un gruzzolo ben nascosto e guardarsi  bene dal metterne altri a conoscenza.

U g’ha di pruvèrbi (Ha dei proverbi)
Ha solo chiacchiere, racconta solo favole.

M’è’ndat ar sângu in sacòcia (Mi è andato il sangue in tasca)
Mi sono spaventato e, di conseguenza, sono impallidito.

Mangià ar vidé int’ra pânsa a ra vàca (Mangiare il vitello nella pancia della vacca)
Spendere soldi prima di averli guadagnati, fare debiti prima di sapere se sarà possibile pagarli.

 

 

A Voghera si faceva la Fila

Da un articolo sulla Fila del 1978: “A Voghera, nell’Oltrepò pavese, sorge la più importante fabbrica italiana di racchette da tennis, sia in ordine di capacità di produzione (potrebbe raggiungere i 250.000 telai l’anno), sia in ordine alle dimensioni dell’unità produttiva: 5.500 metri quadrati di superficie coperta su oltre 10.000 metri quadrai di area complessiva. Questa fabbrica della Fila è operativa da sedici mesi e occupa un centinaio di dipendenti. Ma al di là delle cifre, che servono a dare una dimensione allo stabilimento della fila, è interessante sapere che questa unità vogherese è stata protagonisa , circa due anni or sono, di uno dei più interessanti casi di riconversione industriale del nostro Paese. Là dove oggi si fabbricano racchette, infatti, per decenni e decenni venivano prodotte fibre sintetiche da parte della SNIA Viscosa; gli stessi dipendenti, che oggi con perizia e amore artigianale fabbricano telai, fino a qualche mese fa muovevano complessi macchinari destinati a ben altra produzione. E’ successo che la SNIA, a causa delle difficoltà del mercato delle fibre, ha liquidato l’azienda di Voghera e messo in cassa integrazione i dipendenti. Il meccanismo è fin troppo logico , purtroppo. E’ a questo punto che interviene la Fila, società di grande prestigio nel campo dell’abbigliamento sportivo. D’accordo col Cotonificio Olcese, nel dicembre 1977, preleva lo stabilimento di Voghera e ne fa, in pochi mesi, una fabbrica di racchette. L’investimento iniziale è di un miliardo e mezzo. Il posto di lavoro è salvo per tutti gli operai, anzi qualcuno viene assunto ex novo. La Fila (30 miliardi di fatturato nel 1978) opera da oltre 100 anni nel campo dell’abbigliamento: si è guadagnata un’immagine di azienda seria, al servizio di clienti particolarmente esigenti; c’è da prevedere che la tradizionale serietà e correttezza della Fila saranno sicuramente confermate in questa fase operativa del tutto nuova: la produzione dell’attrezzo. “ Siamo solo agli inizi – commenta il responsabile della ditta – e cerchiamo di operare secondo quanto è emerso dalle precedenti fasi di ricerca, sia tecnologica sia commerciale. Abbiamo considerato tutte le tendenze nel campo delle racchette, abbiamo ascoltato i rivenditori, ci siamo valsi della preziosa esperienza di Martin Mulligan, che è stato un grande giocatore di livello mondiale. A questo punto abbiamo fatto le nostre scelte e abbiamo privilegiato il legno, presentando una gamma diversificata e ragionata di racchette. Dice un nostro slogan pubblicitario: “la Fila ha migliorato un materiale già perfetto in natura, il legno”. Abbiamo puntato su una racchetta che sia tendenzialmente rigida, la più adatta al gioco aggressivo e moderno che oggi si va imponendo. Per legni base, abbiamo scelto il faggio e il frassino, un frassino speciale che cresce solo in Francia: si presenta piuttosto chiaro con fibra longitudinale e col giusto peso specifico per la lavorazione dei telai. Come assoluta novità abbiamo inserito nelle nostre Wud legni grassi, pregiati, mai usati nel tennis: il padouk e il palissandro. Si tratta di legni molto costosi: provengono dai boschi dell’India e dell’Africa, dove il clima particolare favorisce la crescita di alberi dotati di non comune robustezza e rigidità”. La visita allo stabilimento ci ha permesso di prendere atto dell’alta tecnologia e della valida esperienza che presiedono alla produzione di 600 telai al giorno per un totale di 120 mila all’anno. Per chi ama le cifre, diciamo che una racchetta finita (non incordata) nello stabilimento di Voghera, comporta 108 successive operazioni. Di sicuro effetto è una macchina speciale che piega il telaio agendo con una forza impressionante, pari a 4,5 atmosfere, corrispondente ad un peso di 80 chilogrammi. Si capisce che se la serie delle operazioni è stata ben fatta, il telaio deve superare brillantemente anche questa prova.”

Trapianto di testa

Il neurochirurgo Sergio Canavero sostiene che la tecnologia per fare un trapianto di testa esiste. Si può fare. Funzionerebbe

In pratica, con questo sistema, si diventerebbe quasi immortali. Hai un corpo che non funziona più? Rischi un infarto? Sei un disabile? Tranquillo, ti fai trapiantare la testa su un nuovo corpo e tutto tornerà a funzionare. Basta attaccare un po’ di fili, cioè un po’ di nervi o cosa cavolo sono e il gioco è fatto. Torni ad avere un corpo giovane e sano. Fantascienza? Lui dice di no.

Ma ci pensate? E con quali conseguenze? Così facendo ti scegli il corpo che più ti aggrada, bello sano, magari in forma, muscoloso. Puoi magari diventare un ragazzino, oppure perché no diventare uomo se sei donna e viceversa. Chissà che casino.

Ma veramente?

E poi scusate, ovviamente dovranno essere cadaveri, cioè corpi di gente morta, ma con il corpo sano. Ma come è possibile? Va be metti uno che muore perché ha preso una botta in testa. E va beh, te la concedo. Ma mica tutti muoiono così, se uno muore, di solito, è perché ha qualcosa nel corpo che non funziona, fosse anche "solo" un foro di proiettile.

E quindi? Ovviamente non ce ne sarebbero per tutti. In questo caso perché non pensare di fabbricarli? Dei bei corpi già pronti per sostituire il precedente. 

Si ma che du bal, se uno mi sta antipatico non posso neanche sperare che muoia, devo sorbirmelo…per sempre? Ma anche no.

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