(raccolta molto sparsa di pensieri)

fabiotordi

Tag: poesia Page 1 of 4

Gatto solitario

D’in su la vetta della torre antica,
Gatto solitario, alla campagna
Miagolando vai finchè non more il giorno;

Città vista dal basso

La città più fresca
è la città al mattino
quando si sveglia.

La città più viva
è la città di giorno
tanti colori, tanti rumori.

La città più strana
è la città di sera
le prime luci di buio
le prime ombre.

La città più bella
è la città di notte
spensierata e pensierosa.

Puesiâ

PUESIA

S'è chl'è la puesiâ? In d'è ch'la s'tröva?
A s'vêdla? A s'sentla? A s-pö tucàla?
Gh'è sul dâ dì che ognidön la pröva
a sò möd, pârchè s-pö sempar truvala
in tüt'i rob dâl mond, a dl'ünivèrs,
no sul int'i pârol scrit pâr furmà di vèrs.
 
L'è puesiâ la gràn felicità
ch'a s'vêda dentar j ög âd tüt'i fjò,
l'è puesiâ scuprìs inâmurà,
brâsà sü quajdöna püsè fort ch'â s-pö.
L'è puesiâ truvà pâr cas un fjur
ma câtàl no, pâr lâsagh âl sò splendur.
 
L'è puesiâ vêd âl su ch'u nasa
o vêdâl a murì quând l'è âl trâmont;
l'è puesiâ vârdà l'aqua ch'la pasa
e spegiàs dentâr vârdândâ sü da un pont.
L'è puesiâ vèrs j atar vègh amúr,
o sentìs j ög bagnà pr'un grân dulúr.
 
L'è puesiâ sentì un üsé cântà,
câminà schis in mès dla cunfüsjón
optira cur da sul âl longh d'un prà,
o smicià in cel âl vul d'un 'âquilón.
Gh'è puesià int'una nöt a scüra
âncâ se j ombar, di volt, i fân pâgürâ.
 
Puesiâ l'è 'l vent che tüt u spasa,
âl câmbjà di stagión, viv in libertà,
rivêd âl su quând âl timpural u pasa
rivàndà in ca tüt bèj e mâsârà.
Puesiâ truvà int'un gràn scunfòrt
sufrândâ tânt, pâr culpa d'un intòrt.
 
Puesiâ a l'è viv in mânérà
dâ vêd st'u povar mond un pò men brüt;
l'è un qu'àjcos ch'a t'disa: spera
e ricordàt che s'â s-pö no vègh tüt
a s-pö viv ben istès, in ârmunia,
se int'i rob a t'cerch la puesiâ.
 
Insì, quând int'j ög a gh'sarà un vel
e '1 respir u fâdigârà a nì sü,
cun un sfors s-cercârà d'vârdà incù '1 cel
âncâ s'a s'senta ch'a s'n'in pö propi pü;
pârchè quând l'ultim fjà sarà 'ndat via
u s'farà vent d'un atra puesiâ.
 
Angelo Vicini

Spunta la luna

Quando spunta la luna
tacciono le campane
e i sentieri sembrano
impenetrabili.
Quando spunta la luna
il mare copre la terra
e il cuore diventa
isola nell’infinito.

Federico García Lorca

Il Lonfo

Il lonfo non vaterca né gluisce
e molto raramente barigatta,
ma quando soffia il bego a bisce bisce
sdilenca un poco, e gnagio s’archipatta.
È frusco il lonfo! È pieno di lupigna
arrafferìa malversa e sofolenta!
Se cionfi ti sbiduglia e t’arrupigna
se lugri ti botalla e ti criventa.
Eppure il vecchio lonfo ammargelluto
che bete e zugghia e fonca nei trombazzi
fa lègica busìa, fa gisbuto;
e quasi quasi, in segno di sberdazzi
gli affarfaresti un gniffo. Ma lui zuto
t’alloppa, ti sbernecchia; e tu l’accazzi.
 

Fosco Maraini (poesia metasemantica)

Tordamici

Come l’insetto nell’ambra
che vorrebbe ancora volare
come sul capo al naufrago
l’onda s’avvolve e pesa
come le stalattiti e le stalagmiti
stufe del buio della grotta
come il ghiaccio nel profondo dell’antartico
che non ha mai visto il sole
come il ferro nel cemento armato
che regge, regge, ma non regge più
come gli anelli dei tronchi
che segnano il passare degli anni
come l’ergastolano che canta
sognando di farlo sulla spiaggia
così il tuo cuore è.

Come la farfalla colorata
che era bruco
come l’astronauta
che vede la terra dall’alto
come la melodia
che era pensiero, carta ed ora suono
come il bucaneve
che fiorisce alla fine dell’inverno
come il rompicapo
una volta che è stato risolto
come l’aquila reale
che vola, fiera e felice
così il tuo cuore sarà.

La quinta direzione

a Sud ci sono già stato

il Nord l’ho già visitato

a Est i primi raggi

a Ovest solo miraggi

cerco una direzione per i miei bisogni

seguirò la quinta, quella dei sogni


Nighthawks (I nottambuli) (1942) Art Institute of Chicago

Il tordo solitario

D’in su la vetta della torre antica,
Tordo solitario, alla campagna
Cantando vai finchè non more il giorno;
Ed erra l’armonia per questa valle.
Primavera dintorno
Brilla nell’aria, e per li campi esulta,
Sì ch’a mirarla intenerisce il core.
Odi greggi belar, muggire armenti;
Gli altri augelli contenti, a gara insieme
Per lo libero ciel fan mille giri,
Pur festeggiando il lor tempo migliore:
Tu pensoso in disparte il tutto miri;
Non compagni, non voli
Non ti cal d’allegria, schivi gli spassi;
Canti, e così trapassi
Dell’anno e di tua vita il più bel fiore.
Oimè, quanto somiglia
Al tuo costume il mio! Sollazzo e riso,
Della novella età dolce famiglia,
E te german di giovinezza, amore,
Sospiro acerbo de’ provetti giorni,
Non curo, io non so come; anzi da loro
Quasi fuggo lontano;
Quasi romito, e strano
Al mio loco natio, 
Passo del viver mio la primavera.
Questo giorno ch’omai cede alla sera,
Festeggiar si costuma al nostro borgo.
Odi per lo sereno un suon di squilla,
Odi spesso un tonar di ferree canne,
Che rimbomba lontan di villa in villa.
Tutta vestita a festa
La gioventù del loco
Lascia le case, e per le vie si spande;
E mira ed è mirata, e in cor s’allegra.
Io solitario in questa
Rimota parte alla campagna uscendo,
Ogni diletto e gioco
Indugio in altro tempo: e intanto il guardo
Steso nell’aria aprica
Mi fere il Sol che tra lontani monti,
Dopo il giorno sereno,
Cadendo si dilegua, e par che dica
Che la beata gioventù vien meno.
Tu, solingo augellin, venuto a sera
Del viver che daranno a te le stelle,
Certo del tuo costume
Non ti dorrai; che di natura è frutto
Ogni vostra vaghezza.
A me, se di vecchiezza
La detestata soglia
Evitar non impetro,
Quando muti questi occhi all’altrui core,
E lor fia vóto il mondo, e il dì futuro
Del dì presente più noioso e tetro,
Che parrà di tal voglia?
Che di quest’anni miei? che di me stesso?
Ahi pentirornmi, e spesso,
Ma sconsolato, vol
gerommi indietro.

Dedicato a Chiara

Che dire?
Niente di nuovo sotto il sole.
Niente di nuovo, come sempre.
Quante volte l’ho già detto?
Quante volte l’ho già scritto?
Quante volte ho già scritto “Quante volte”?
Dovremmo darci una mossa?
Lo so, lo so, quante volte?
Cambierò, lo so, lo so.
Sono già cambiato, quante volte?
Spero di farcela, realmente.
Lo spero per me…
…di rivederla… quanto tempo?

(da "Randagio" – nessuno – 2004/2008 – per la cronaca "Chiara" è una persona che non esiste)


René Magritte – Les vacances de Hegel – 1958

 

Lombrico

Se fossi un lombrico?

Vivrei notte e giorno nella campagna umida.

Penserei solo a mangiare e sputare terra.

Se una mattina mi svegliassi

e come un novello Gregor Samsa

non avessi più le mie sembianze

ma quelle di un vermiciattolo del terreno.

La mia unica preoccupazione

sarebbe quella di vivere e sopravvivere.

Se fossi un lombrico?

Non avrei problemi,

né gioie o soddisfazioni,

nessun dubbio nessun dramma.

Un piccolo anellide

viscido e sfuggente

agorafobico e antopofobico introverso.

Se fossi un lombrico.


Antonio Canova – Venere Italica – 1804/1812 – Galleria Palatina Firenze

Ode al giorno felice

Questa volta lasciate che sia felice,
non è successo nulla a nessuno,
non sono da nessuna parte,
succede solo che sono felice
fino all’ultimo profondo angolino del cuore.

Camminando, dormendo o scrivendo,
che posso farci, sono felice.
Sono più sterminato dell’erba nelle praterie,
sento la pelle come un albero raggrinzito,
e l’acqua sotto, gli uccelli in cima,
il mare come un anello intorno alla mia vita,
fatta di pane e pietra la terra
l’aria canta come una chitarra.

Tu al mio fianco sulla sabbia, sei sabbia,
tu canti e sei canto.
Il mondo è oggi la mia anima
canto e sabbia, il mondo oggi è la tua bocca,
lasciatemi sulla tua bocca e sulla sabbia
essere felice,
essere felice perché sì,
perché respiro e perché respiri,
essere felice perché tocco il tuo ginocchio
ed è come se toccassi la pelle azzurra del cielo
e la sua freschezza.
Oggi lasciate che sia felice, io e basta,
con o senza tutti, essere felice con l’erba
e la sabbia essere felice con l’aria e la terra,
essere felice con te, con la tua bocca,
essere felice.

(Pablo Neruda)

Malincònia

"Goodbye Malincònia
Maybe tomorrow, I hope we find tomorrow"

cantava Tony Hadley insieme a Caparezza.
 
Io sono un diversamente malinconico. Nel senso che ho una malinconia latente di fondo che mi ha accompagnato e mi accompagnerà per tutta la vita. Non la reputo una cosa negativa, anzi mi aiuta a superare i momenti brutti. 
Perché io sono profondamente innamorato della vita.
E’ un po’ difficile da spiegare. Quando sono giù passo da momenti in cui vorrei spaccare i muri a testate a momenti in cui non mi scollerei dal non-fare-niente (ma proprio nientenienteniente, neanche accendere la tv in sottofondo). E questo penso che sia una cosa normale, o comunque comune. Poi sprofondo nella malinconia.
 
Cecco Angiolieri scrive:
La mia malinconia è tanta e tale,
ch’i’ non discredo che, s’egli ’l sapesse
un che mi fosse nemico mortale,
che di me di pietade non piangesse.
 
Ma non ci resto più di tanto. Come ho detto: è difficile da spiegare. Non sono come un Leopardi che viveva interamente in questo triste sentimento ed era prigioniero dell’abisso. A me serve andarci, per recuperare le forze e tornare a galla: sono un sommozzatore della malinconia, uno speleologo che esplora gli anfratti più oscuri… ma poi torna al sole. Non sono un decadentista, anzi proprio io sono un inguaribile ottimista. Così come mi rifugio nei bassifondi, ho la ferma fiera e forte consapevolezza che la vita è strabella e che tutto andrà sicuramente per il meglio. 
Diciamo che sono un malinconico cronico al 5% (come la miscela). QB (quanto basta).
 

nnmivedi

Sono il vento tra i tuoi capelli

Sono il punto in fondo alla frase.

Sono il sole d’inverno

So parlare la voce delle rocce

So ascoltare i sospiri degli alberi

So cavalcare i raggi del sole

Sono in fondo al vuoto che hai dentro

Sono nell’ombra che ti sto seguendo

Sono in ogni goccia di pioggia sul tuo viso

 

(da "Randagio" – nessuno – 2004/2008)
 

Neve nel cuore

Scende la neve. Lieve lieve. Scende la neve. E’ bello vedere quei fiocconi che cadono così lentamente. E tutto diventa più silenzioso: un silenzio bello, che rende più vicini. E i fiocchi si posano sul manto già bianco, si sommano, si compongono e creano una coltre magica. E’ magica la neve. E’ fredda, fastidiosa, brutta, pericolosa, ma è anche magica. Può essere bella, scintillante, radiosa. E poi è buona la neve. Mantiene la vita. Il proverbio dice "sotto la neve pane". Perché il grano viene riparato dal gelo invernale grazie alla neve. La neve può essere portata dal vento: gli spifferi portano qualche fiocco sotto ai cornicioni, nelle cascine, nei portichetti. La neve ricopre le auto, entra dalle finestre rotte delle cantine, imbianca i tetti. Può entrare anche nel cuore. Lui che è rosso si colora di bianco. Sembra magari congelato, ma sappiamo bene che non è così: sotto la neve c’è la vita. La neve serve proprio a quello. E quindi quando la neve si scioglierà il cuore, ancora vivo, tornerà a battere. Più forte di prima.

Buonanotte (1996)

La notte è diversa.
La notte è vita,
è piena di progetti,
tutto è buono tutto è giusto.
Il mondo è tuo.
Ti togli la maschera,
vedi tutto con occhi buoni.
Non hai problemi di notte,
fai solo quello che vuoi.
La notte di pace
La notte spietata
La notte frivola
La notte assassina
Forse è solo un sogno
che ci manda la luna,
oppure è stato un bacio
che ci ha dato la fortuna.
 

Page 1 of 4

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén