Scritto il 29 maggio 2017 nella categoria Citazioni
Quando spunta la luna
tacciono le campane
e i sentieri sembrano
impenetrabili.
Quando spunta la luna
il mare copre la terra
e il cuore diventa
isola nell’infinito.
Il lonfo non vaterca né gluisce
e molto raramente barigatta,
ma quando soffia il bego a bisce bisce
sdilenca un poco, e gnagio s’archipatta.
È frusco il lonfo! È pieno di lupigna
arrafferìa malversa e sofolenta!
Se cionfi ti sbiduglia e t’arrupigna
se lugri ti botalla e ti criventa.
Eppure il vecchio lonfo ammargelluto
che bete e zugghia e fonca nei trombazzi
fa lègica busìa, fa gisbuto;
e quasi quasi, in segno di sberdazzi
gli affarfaresti un gniffo. Ma lui zuto
t’alloppa, ti sbernecchia; e tu l’accazzi.
Come l’insetto nell’ambra
che vorrebbe ancora volare
come sul capo al naufrago
l’onda s’avvolve e pesa
come le stalattiti e le stalagmiti
stufe del buio della grotta
come il ghiaccio nel profondo dell’antartico
che non ha mai visto il sole
come il ferro nel cemento armato
che regge, regge, ma non regge più
come gli anelli dei tronchi
che segnano il passare degli anni
come l’ergastolano che canta
sognando di farlo sulla spiaggia
così il tuo cuore è.
Come la farfalla colorata
che era bruco
come l’astronauta
che vede la terra dall’alto
come la melodia
che era pensiero, carta ed ora suono
come il bucaneve
che fiorisce alla fine dell’inverno
come il rompicapo
una volta che è stato risolto
come l’aquila reale
che vola, fiera e felice
così il tuo cuore sarà.
Scritto il 23 ottobre 2014 nella categoria Citazioni
D’in su la vetta della torre antica,
Tordo solitario, alla campagna
Cantando vai finchè non more il giorno;
Ed erra l’armonia per questa valle.
Primavera dintorno
Brilla nell’aria, e per li campi esulta,
Sì ch’a mirarla intenerisce il core.
Odi greggi belar, muggire armenti;
Gli altri augelli contenti, a gara insieme
Per lo libero ciel fan mille giri,
Pur festeggiando il lor tempo migliore:
Tu pensoso in disparte il tutto miri;
Non compagni, non voli
Non ti cal d’allegria, schivi gli spassi;
Canti, e così trapassi
Dell’anno e di tua vita il più bel fiore.
Oimè, quanto somiglia
Al tuo costume il mio! Sollazzo e riso,
Della novella età dolce famiglia,
E te german di giovinezza, amore,
Sospiro acerbo de’ provetti giorni,
Non curo, io non so come; anzi da loro
Quasi fuggo lontano;
Quasi romito, e strano
Al mio loco natio,
Passo del viver mio la primavera.
Questo giorno ch’omai cede alla sera,
Festeggiar si costuma al nostro borgo.
Odi per lo sereno un suon di squilla,
Odi spesso un tonar di ferree canne,
Che rimbomba lontan di villa in villa.
Tutta vestita a festa
La gioventù del loco
Lascia le case, e per le vie si spande;
E mira ed è mirata, e in cor s’allegra.
Io solitario in questa
Rimota parte alla campagna uscendo,
Ogni diletto e gioco
Indugio in altro tempo: e intanto il guardo
Steso nell’aria aprica
Mi fere il Sol che tra lontani monti,
Dopo il giorno sereno,
Cadendo si dilegua, e par che dica
Che la beata gioventù vien meno.
Tu, solingo augellin, venuto a sera
Del viver che daranno a te le stelle,
Certo del tuo costume
Non ti dorrai; che di natura è frutto
Ogni vostra vaghezza.
A me, se di vecchiezza
La detestata soglia
Evitar non impetro,
Quando muti questi occhi all’altrui core,
E lor fia vóto il mondo, e il dì futuro
Del dì presente più noioso e tetro,
Che parrà di tal voglia?
Che di quest’anni miei? che di me stesso?
Ahi pentirornmi, e spesso,
Ma sconsolato, volgerommi indietro.
Scritto il 22 agosto 2014 nella categoria Arte,testi
Che dire?
Niente di nuovo sotto il sole.
Niente di nuovo, come sempre.
Quante volte l’ho già detto? Quante volte l’ho già scritto?
Quante volte ho già scritto “Quante volte”?
Dovremmo darci una mossa?
Lo so, lo so, quante volte? Cambierò, lo so, lo so.
Sono già cambiato, quante volte?
Spero di farcela, realmente.
Lo spero per me…
…di rivederla… quanto tempo?
(da "Randagio" – nessuno – 2004/2008 – per la cronaca "Chiara" è una persona che non esiste)
Questa volta lasciate che sia felice,
non è successo nulla a nessuno,
non sono da nessuna parte,
succede solo che sono felice
fino all’ultimo profondo angolino del cuore.
Camminando, dormendo o scrivendo,
che posso farci, sono felice.
Sono più sterminato dell’erba nelle praterie,
sento la pelle come un albero raggrinzito,
e l’acqua sotto, gli uccelli in cima,
il mare come un anello intorno alla mia vita,
fatta di pane e pietra la terra
l’aria canta come una chitarra.
Tu al mio fianco sulla sabbia, sei sabbia,
tu canti e sei canto.
Il mondo è oggi la mia anima
canto e sabbia, il mondo oggi è la tua bocca,
lasciatemi sulla tua bocca e sulla sabbia
essere felice,
essere felice perché sì,
perché respiro e perché respiri,
essere felice perché tocco il tuo ginocchio
ed è come se toccassi la pelle azzurra del cielo
e la sua freschezza.
Oggi lasciate che sia felice, io e basta,
con o senza tutti, essere felice con l’erba
e la sabbia essere felice con l’aria e la terra,
essere felice con te, con la tua bocca,
essere felice.
Scritto il 19 gennaio 2014 nella categoria Altro,Citazioni
"Goodbye Malincònia Maybe tomorrow, I hope we find tomorrow"
cantava Tony Hadley insieme a Caparezza.
Io sono un diversamente malinconico. Nel senso che ho una malinconia latente di fondo che mi ha accompagnato e mi accompagnerà per tutta la vita. Non la reputo una cosa negativa, anzi mi aiuta a superare i momenti brutti.
Perché io sono profondamente innamorato della vita.
E’ un po’ difficile da spiegare. Quando sono giù passo da momenti in cui vorrei spaccare i muri a testate a momenti in cui non mi scollerei dal non-fare-niente (ma proprio nientenienteniente, neanche accendere la tv in sottofondo). E questo penso che sia una cosa normale, o comunque comune. Poi sprofondo nella malinconia.
Cecco Angiolieri scrive:
La mia malinconia è tanta e tale,
ch’i’ non discredo che, s’egli ’l sapesse
un che mi fosse nemico mortale,
che di me di pietade non piangesse.
Ma non ci resto più di tanto. Come ho detto: è difficile da spiegare. Non sono come un Leopardi che viveva interamente in questo triste sentimento ed era prigioniero dell’abisso. A me serve andarci, per recuperare le forze e tornare a galla: sono un sommozzatore della malinconia, uno speleologo che esplora gli anfratti più oscuri… ma poi torna al sole. Non sono un decadentista, anzi proprio io sono un inguaribile ottimista. Così come mi rifugio nei bassifondi, ho la ferma fiera e forte consapevolezza che la vita è strabella e che tutto andrà sicuramente per il meglio.
Diciamo che sono un malinconico cronico al 5% (come la miscela). QB (quanto basta).
Scritto il 30 dicembre 2013 nella categoria Altro,testi
Scende la neve. Lieve lieve. Scende la neve. E’ bello vedere quei fiocconi che cadono così lentamente. E tutto diventa più silenzioso: un silenzio bello, che rende più vicini. E i fiocchi si posano sul manto già bianco, si sommano, si compongono e creano una coltre magica. E’ magica la neve. E’ fredda, fastidiosa, brutta, pericolosa, ma è anche magica. Può essere bella, scintillante, radiosa. E poi è buona la neve. Mantiene la vita. Il proverbio dice "sotto la neve pane". Perché il grano viene riparato dal gelo invernale grazie alla neve. La neve può essere portata dal vento: gli spifferi portano qualche fiocco sotto ai cornicioni, nelle cascine, nei portichetti. La neve ricopre le auto, entra dalle finestre rotte delle cantine, imbianca i tetti. Può entrare anche nel cuore. Lui che è rosso si colora di bianco. Sembra magari congelato, ma sappiamo bene che non è così: sotto la neve c’è la vita. La neve serve proprio a quello. E quindi quando la neve si scioglierà il cuore, ancora vivo, tornerà a battere. Più forte di prima.
La notte è diversa.
La notte è vita,
è piena di progetti,
tutto è buono tutto è giusto.
Il mondo è tuo.
Ti togli la maschera,
vedi tutto con occhi buoni.
Non hai problemi di notte,
fai solo quello che vuoi.
La notte di pace
La notte spietata
La notte frivola
La notte assassina
Forse è solo un sogno
che ci manda la luna,
oppure è stato un bacio
che ci ha dato la fortuna.
Sempre caro mi fu quest’ermo colle,
e questa siepe, che da tanta parte
dell’ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
spazi di là da quella, e sovrumani
silenzi, e profondissima quiete
io nel pensier mi fingo, ove per poco
il cor non si spaura. E come il vento
odo stormir tra queste piante, io quello
infinito silenzio a questa voce
vo comparando: e mi sovvien l’eterno,
e le morte stagioni, e la presente
e viva, e il suon di lei. Così tra questa
immensità s’annega il pensier mio:
e il naufragar m’è dolce in questo mare