(raccolta molto sparsa di pensieri)

fabiotordi

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Adiós

Oggi è il giorno del rientro. Quindi ci vuole subito una buona colazione. Andiamo nel bar di ieri, è bellino, roba buona, è lungo la strada e c’è la connessione wi-fi per chi è dotato di iPhone. Lasciamo le valigie nella reception della ditta che gestisce il nostro appartamento e scegliamo la meta di stamattina: il bioparc.

È un enorme e modernissimo zoo. Scordatevi gli animali in gabbie di due metri per due. Qui sono liberi di muoversi in territori adeguatamente ampi. Il visitatore compie un percorso che lo fa attraversare virtualmente l’Africa, passando a fianco a questi territori popolati dagli animali. Gli animali più innocui si possono tranquillamente vedere ad occhio nudo, quelli più pericolosi sono separati da uno spesso vetro (anche se c’è sempre un metodo per vederli, da lontano, senza vetro). Gli ambienti ricordano la loro terra naturale e al posto dei recinti ci sono alte rocce, che in realtà sono fatte di cemento colorato. Ci sono giraffe, leoni, leopardi, gorilla, coccodrilli, pesci, lemuri, zebre, rinoceronti, ippopotami, iene.. a volte sembra di stare dentro al cartone Madagascar, mancano solo i pinguini !



Guardate che bel micione questo leopardo

Certo che qui a Valencia ne hanno avute di idee, e hanno saputo realizzarle: e il fiume, e la Coppa America, e la Formula 1, e l’acquario, e la città della scienza, e il bioparco. Da noi sarebbe dura realizzare un posto così. Perlomeno al nord, intendo, visto che il clima non permetterebbe una vita agevole a tutti questi animali. Si potrebbe farlo in una qualche città del sud, sempre che.. va beh non fatemi parlare di politica. Io da piccolino ero stato allo zoo di Milano, chissà se esiste ancora? Non credo.

Mangiamo un panino al barino, dove il simpatico barista ci regala anche olive e patatine. Meditiamo sul dafarsi per il pomeriggio, c’è chi propone una visitina all’Oceanografico, ma sinceramente non ho più voglia di vedere animali per oggi, probabilmente ci andrò la prossima volta. Perché chiaramente ho intenzione di tornarci a Valencia, prima o poi. Sono quei posti che hanno un fascino particolare. Nella vita tornerò sicuramente a Parigi, la città romantica per eccellenza, a Londra con le sue frenesie e le sue meraviglie nascoste in ogni piega (per chi le sa trovare), magari a Budapest e sicuramente a Valencia.

I soci mi danno retta e ci incamminiamo verso il Museo delle Scienze. Un grandissimo str..ano autista di autobus ci lascia a piedi e quindi attendiamo quello dopo. Col bus ci vediamo per l’ultima volta la città. Ho notato che qui se ne fregano bellamente della vittoria della Spagna ai mondiali di Calcio. Mi sa che non sono contentissimi da queste parti. Non c’è in giro una bandiera che sia una. Ci sono invece, tantissime, le bandiere della Comunità Valenciana.

Al museo almeno c’è fresco, ma l’esposizione è un po’ una cazzata. Niente di particolarmente interessante. Allora prendiamo la gita come parco giochi per adulti e passiamo il tempo a fare foto strane. È un posto dove portarci i bambini. Infatti ci sono i personaggi Marvel, le astronavi di Star Trek e cose simili. E poi ci sono tanti esperimenti da fare per scoprire le leggi della fisica. Niente di scientificamente rilevante, un grosso passatempo, a nostro non qualificato parere.

Decidiamo di tornare verso le valigie percorrendo il Parco del Turia, ma oggi fa veramente caldo e dopo qualche centinaio di metri stiamo per schiattare e optiamo ancora per il bus. Ultime foto, ultimo saluto alla città, ultima telefonata verso la costa ligure e poi sul Ryanair che ci porta, nuovamente in ritardo, in Italia. D’ora in avanti non abbiamo più diritto di lamentarci dei ritardi aerei,  che ci hanno permesso di fare questa gita, e così sopportiamo in silenzio.

E passiamo ai voti:
Valencia: 8 (I motivi li avete letti in queste quattro puntate)
Compagnia: 8 (Ben assortita, o mal assortita se preferite. Ognuno con la sua personalità, come fossimo personaggi di un film ben riuscito)
Maestro Miguel Cornelio Orionès: voto 8 per il numero di sms/telefonate (di cui almeno la metà alla nonna, secondo lui), voto 4 per il numero di sms ricevuti durante la notte con la suoneria accesa, voto 2 per il senso di orientamento in una città dove peraltro c’era già stato. Voto 1 per non averci mai portato a vedere la città della scienza di notte nonostante le nostre continue richieste.
Maestro Miguel Galinero Arrostido: voto 7 per il cambiamento di colore al sole, voto 8 per aver tenuto la cassa comune in quanto militare con più alto grado.
Maestro Lorenzo de Toma detto El Tomate: voto 6 per la borsa gialla da spiaggia, voto 9 per la maglietta ma voto 2 per non aversi voluto far crescere i baffetti, voto 7 per la perseveranza a fare foto, voto 2 per non aver voluto assaggiare la bistecca di toro cruda.
Maestro Brunos Fabi: voto 7 per l’abilità a risolvere i sudoku, voto 9 per essere diventato ufficialmente Maestro proprio in quest’occasione.
Maestro Martin Tordero Palermo: voto 8 per aver portato una borsa di 10kg piena di cazzate, ma di aver dimenticato il cavo di rete e l’adattatore elettrico, voto 5 per l’ordine in stanza (d’altronde, senza comodino…), voto 4 per aver sempre qualcosa da ridire sul cibo.
Lola: 9 (non solo per il cibo)
Movida valenciana: 5 (molto al di sotto delle aspettative)
Trasporti: 5 (aerei in ritardo, autisti di autobus che sono veramente delle cacche)
Premio speciale della giuria a Maestro Tomato e milioni di punti maestro a Orion el Matador de noantri (promozione TIM: ogni sms spedito 1 punto maestro, ogni sms ricevuto 100 punti maestro, ogni telefonata dall’estero 1000 punti maestri, nefer 2010 è praticamente tua!)
 

La Lola

A Valencia si parla ovviamente il castigliano, vale a dire lo spagnolo, ma anche il valenciano, che altro non è che una forma di catalano, come a Barcellona. Sono molto campanilisti da queste parti, in tutta la cosiddetta Comunità Valenciana vige una specie di bilinguismo e alcune scritte sono in entrambe le lingue. In Italia succede che se lo fanno in Alto Adige o in Val d’Aosta è chiamato bilinguismo ed è una cosa bella, se invece lo fanno a Bergamo lo chiamano razzismo, ignoranza e viene criticato da tutti. Ma così va il mondo.

Un’altra particolarità di Valencia sono i balconi. Hanno una struttura di ferro, ma il “fondo” è costituito da piastrelle. Generalmente non ci si fa caso, ma alcuni hanno delle notevoli piastrelle disegnate che si fanno notare (beh per forza, se sono "notevoli"…) (mi prendo in giro da solo).

Oggi visitiamo il mercato coperto. Mi piace proprio come idea: ci sono tanti banchi di generi alimentari, dal pesce alla frutta, e alcuni di generi non alimentari. Dà una sensazione di pulizia, essendo al chiuso. Inoltre hanno la possibilità di tenere aperto con qualsiasi condizione climatica. Facciamo un giro, qualche foto di rito, prendiamo qualche ricordino e poi ci dirigiamo ancora verso la spiaggia. Stavolta prendiamo i lettini per crogiolarci comodamente al sole, a parte El Tomason che preferisce l’ombra, anzi la sombra. Oggi ci arrostiamo ben bene, il sole picchia parecchio e ogni tanto ci tuffiamo in cerca di refrigerio, anche se l’acqua pare brodo. Io non ho niente da leggere e mi annoio, allora vado in cerca di un’edicola. Mi rendo ancora più conto che qui non hanno molto il senso degli affari per quanto riguarda le attività della spiaggia. Oltre al fatto che i barini sono proprio pochi e non tanto forniti, non ci sono negozietti vicino al litorale. Ieri LLLorenzo ha dovuto scarpinare parecchio per trovare una crema protettiva (che poi è una delle poche cose che hanno i barini sulla spiaggia), oggi tocca me alla ricerca insensata di un Corriere della Sera. Dopo aver scoperto che si dice “diario”, mi hanno indirizzato sempre più verso l’interno, per poi trovare una specie di cartoleria che aveva solo quotidiani spagnoli e cruciverba. Per la sola soddisfazione di non aver fatto tanta strada per niente acquisto un sudoku (identico a quello di Don Fabio Bruneiro). Per pranzo scegliamo una vicina cervezeria in stile messicano, dove prendo una bella insalatona.


Il mercato

A metà pomeriggio smettiamo di drogarci di raggi UVA e raggiungiamo la Plaza de Toros per assistere alla corrida. È una di quelle cose, se sei in Spagna, e specialmente in una città come Valencia, a cui vale la pena assistere. Lo spettacolo in sé è una gran pirlata, nel senso che è uno sport (o similare) veramente assurdo: alcuni uomini torturano un povero e stupido animale, finché arriva il matador e lo finisce. Lo spettacolo sta tutto nella teatralità. Per la carità, si potrebbe obiettare che gli stessi spagnoli hanno appena vinto la coppa del mondo in uno sport dove 22 uomini in mutande corrono dietro a una palla, ma almeno lì c’è poco di cruento e non si sa mai come va a finire, qui il risultato è scontato. Gli altri spettatori, turisti a parte, erano di ben altro avviso e si emozionavano parecchio; probabilmente siamo noi inesperti che non capivamo appieno i gesti. Resta il fatto che io un bambino non ce lo porterei di certo, può fare una brutta impressione vedere quei molossi punzecchiati sulla nuca che perdono litri di sangue… Funziona essenzialmente così: entra il toro, una mezza dozzina di matador di basso livello lo sfiancano facendolo correre qua e la, poi altri matador più alti in grado iniziano a piantagli in corpo delle picche infine arriva il fenomeno e lo finisce. Non subito, ci mette un buon venti minuti di saltelli. Gente che ha fegato, indubbiamente, ma il confronto è chiaramente impari. E poi, onestamente, a veder seccare un animale non mi importa così tanto. Però è folkloristico.

Il primo matador era a cavallo ed era parecchio bravo, soprattutto erano bravi i cavalli che usava. Il terzo era un tizio giovane, con cappa e spada, con molto fegato e molto benvoluto dal pubblico. La teatralità non mancava, c’era pure la banda che suonava le musichette. Come ho detto, se non siete di stomaco debole ne vale la pena, anche se lo reputo uno spettacolo insulso e abbastanza inutile. Lorenzito invece era totalmente contrario a questa violenza gratuita e ha abbandonato l’arena lamentandosi parecchio, seguito dopo un po’ da Miguelon che si era un po’ stufato, mentre io, Miguelin e il Legale siamo rimasti fin dopo le 9 di sera. Al ritorno ne ho approfittato per scegliere un bel regalino por la mi novia.

Dopo una rinfrescante doccia decidiamo il luogo della cena. La scelta va su un ristorante molto fashion: La Lola, sempre dalle parti della cattedrale, che ci era stato consigliato da amici di amici di amici di amici che abitano da queste parti. L’ambiente è particolare, strano ma non stravagante, elegante ma non snob. Abbiamo paura che le porzioni siano da nouvelle cuisine, ma siamo smentiti: il cibo è buono e abbondante. Il conto non è basso, ma ne vale la pena. Consigliato. Ci chiediamo chi sia la Lola che da il nome al locale, e abbiamo dei sospetti: non necessariamente deve essere una donna

Dopo cena ci buttiamo ancora per il calli del centro a fare un po’ di foto sceme. All’una tentiamo di andare a bere qualcosa sedendoci ai tavolini di un bar, ma stava chiudendo. Tenete presente che qui l’una è appena dopo cena. Non possono farci finire di cenare a mezzanotte e poi chiudere i locali all’una! Ci dicono che possiamo stare all’interno, ma poi non fanno entrare Micorio perché non è elegante..pensate che io avevo su le infradito !! L’Avvocato e il Geometra ci abbandonano, noi tre cerchiamo un altro locale e riusciamo almeno a bere qualcosa. Poi abbandono anch’io. Dopo mezz’ora arriva il Tomatino e infine Miguel de Valencia. È l’ultima notte. Buonanotte.

5 minuti

Siccome siamo tutti stanchi e siamo in vacanza ci alziamo relativamente tardi. Evviva: oggi i negozi dei dintorni sono aperti e il luogo sembra più vivo. Il nostro appartamento è nel bel mezzo del cosiddetto Barrio del Carmen, che dovrebbe essere il centro della movida di Valencia, ma finora era un po’ desolante. Facciamo colazione e scopriamo che qui vige ancora la barbara usanza di fumare nei locali. Al mattino non ti dico com’è piacevole addentare una tostada con marmelada mentre ti sfumazzano addosso.

Dopo una breve visita ai Jardines del Real prendiamo la metropolitana di superficie (in Italia la chiamiamo “tram”) in direzione mare: oggi spiaggia!

La spiaggia, come dicevo, è molto estesa in lunghezza, ma lo è anche in larghezza. Bella, non aspettatevi però niente di eccezionale. A parte pochi posti non è attrezzata con sdraio, lettini e ombrelloni, quindi piazziamo giù i nostri salviettoni sulla sabbia sabbiosa sabbiolosa. Il mare ricorda Rimini: dopo cento metri l’acqua arriva ancora alla vita. Non ci sono chiatte dove prendere il sole al largo o fare tuffi, nessuno che affitta pedalò o cose simili. Insomma un po’ mortina. In compenso non ci sono neanche venditori ambulanti a rompere le palle, a parte qualche raro personaggio che vende cocco (quelli ci sono in tutto il mondo, credo). Io e Maestro Avogado abbiamo portato gli occhialini ma c’è poco da vedere: i fondali sono sabbiosi e poco limpidi, però l’acqua è calda e pulita e si sta bene. C’è una bella arietta, magari ci frega e stasera saremo tutti scottati. Orio Il Serio dorme, Fabio fa il sudoku, io leggo (e scrivo questi appunti) e Lorenzo e il Galinero passeggiano sul bagnasciuga. Dopo le 2 affrontiamo il pranzo in una specie di Mc Donald’s. Da buoni italiani insistiamo, in un altro locale, a prendere il caffè, ma Migueliton Oriòn vuole seguire le tradizioni locali e si prende un bicchierone di horchata, credendo, per assonanza, che sia orzata, salvo poi scoprire che è una bevanda a base di latte di uno strano tubero. E poi si lamenta se lo prendiamo in giro.Stiamo in spiaggia fino alle 6, per poi tornare verso il centro.

Il mezzo a Valencia c’è l’alveo di un fiume, il Turia, che è stato artificialmente deviato dopo lo straripamento del 1957 che costò la vita a molte persone. Nel letto asciutto è stato quindi realizzato un enorme parco che corre lungo tutta la città dove ci sono giardini, piste ciclabili, campi da tennis, calcio, rugby, minigolf e chi più ne ha più ne metta. Una trovata a dir poco geniale, non credo ci siano una cosa simile in altre parti del mondo. Lungo tutto l’ex fiume ci sono ancora i ponti che lo attraversavano. Alcuni molto caratteristici, anche se li abbiamo visti solo di passaggio dal finestrino del bus.

Visitiamo la zona della Città delle Arti e delle Scienze, un complesso architettonico anch’esso costruito nel letto prosciugato composto da strutture modernissime e spettacolari. Molto molto molto molto carina. Pare che qualcuno, come sempre succede, abbia criticato la costruzione di queste opere, come è naturale che sia. Pensate alla storia della Torre Eiffel o cose simili. Però non le concepisco troppo queste contestazioni: un conto è distruggere qualcosa di antico per costruire delle porcherie, un altro è approfittare di uno spazio che prima non c’era per costruzioni avveniristiche. La cittadella è composta dal Palazzo delle Arti (che ha la forma che mi ricorda un pesciolone, utilizzato per concerti di musica classica, opere, danza, teatro e via dicendo), l’Emisferico (usato per proiezioni 3D), l’Umbracle (usato come parcheggio), il Museo delle Scienze (cosa sia lo dice il nome) e l’Oceanografico (un acquario, stile quello di Genova), l’Agorà (pare che non gli abbiano ancora trovato una destinazione). Tra queste costruzioni ci sono delle fontane che completano la coreografia. Insieme alle nuove strutture del porto secondo me danno un certo carattere alla città, che ha tradizioni antichissime (fu fondata dai Romani) e, pur mantenendo intatte la sua storia, viene spinta verso il futuro. Ecco l’impressione che mi da Valencia.

Sarebbe bello vivere in una città di mare così: spiagge facilmente raggiungibili, centro storico caratteristico e vivibile, porto molto turistico, divertimenti e relax… insomma c’è un po’ di tutto, calibrato attentamente.

Alla sera ci spariamo ancora parecchia strada a piedi, giusto per gradire. Ceniamo in un ristorante vicino alla cattedrale, sempre con cucina tradizionale spagnola. Per digerire passeggiamo ancora fino alla stazione e alla Plaza de Toros. Quando ci buttiamo nel letto siamo veramente ma veramente a pezzi.

Valencia

Stanotte ho dormito poco, sonno agitato. Alle 7 sono già pronto e guardo la TV. Arriva Lorenzo e raggiungiamo gli altri.

Per raggiungere l’aeroporto di Bergamo scegliamo di passare a Piacenza e Brescia per non trovare il traffico di Milano del lunedì mattina. Abbiamo fatto male i nostri calcoli, visto che verso Piacenza c’è molto traffico. Tranquilli, è tutta gente che va in vacanza. Invece no, sul tratto per Brescia è quasi peggio: molto traffico e tutti in corsia di sorpasso. Iniziamo a preoccuparci. Il magister alla guida si innervosisce. Dopo Brescia peggio ancora, ci sono code. Sono le 9 passate e il gate chiude alle dieci meno un quarto. Dobbiamo  ancora raggiungere l’aeroporto, parcheggiare, fare il controllo bagagli. Alle 9 e 35 siamo fermi in autostrada. Aereo peso, accidenti (siccome siamo persone educate esclamiamo tutti: accidenti!). Ma non ci perdiamo d’animo, tentiamo il tutto per tutto. Grazie ad un’intuizione di Mastro Geometra usciamo a Seriate, troviamo per colpo di culo un posto vuoto all’inizio del parcheggio e ci buttiamo di corsa verso gli imbarchi. X fortuna c’è poca fila e i tizi sono in leggero ritardo.
Ce la facciamo, mitici! C’è stato un momento in cui non ci avremmo creduto.

L’aereo parte con 45 minuti di ritardo. Pensa che beffa se avessimo trovato il gate chiuso per poi vedere l’aereo fermo sula pista.

Arrivati a Valencia prendiamo la metro direttamente in aeroporto (che comodità) e raggiungiamo il centro per un pranzetto in un posticino carino, dove ordiniamo pietanze ignote, ispirati solo dal nome. Maestro Michele alla fine del pranzo ordina ancora un piccolo spuntino e gli arriva un piattone con uova e prosciutto crudo. Ottimo, visto che dice di essere intollerante alle uova (e ai latticini). Il nostro appartamento è carino, su due piani, 3 stanze, 2 bagni e una living room con cucina. Mastro Toma viene rinchiuso in una stanza, così saremo immuni dal rumore di motosega. Don Orione decide di sistemarsi sul divano, gli altri nelle stanze di sopra.

Dopo un sonnellino ristoratore usciamo per un primo giro. La nostra guida spirituale, il Maestro Orione, ci conduce presso le il Convento del Carmen, le Torri di Serranos e presso la Basilica e la Cattedrale (dove è custodito un calice che si dice essere il mitologico Santo Graal). Da lì saliamo sul campanile, dove dopo più di 200 ripidissimi scalini arriviamo sulla sommità dove sta la campana del Miguelet  da dove si ha una supervista della città.

Valencia sembra vecchiotta, ma pare pulita. Ha un passato arabo e lo si nota in alcuni tratti, ma in giro di arabi se ne vedono pochi. Da questo punto di vista mi ricorda Palermo. Dopo una granita abbiamo visto la Stazione, in stile Liberty, molto caratteristica. A fianco c’è l’Arena, dove fanno le corride.

A questo punto un salto alla FNAC per comprare un cavo di rete, perché da noi c’è il collegamento a internet, ma solo via cavo. Ovviamente poi scopriamo che c’era un cavetto nel cassetto sotto la TV. Un altro problema è che tutte le prese elettriche hanno due buchi, mentre io ho tutte spine con tre “robi”. Domani comprerò un adattatore, sono venuto a Valencia per comprare cose elettriche…

Qui gli orari sono molto spostati rispetto a noi, caratteristica comune a tutta la Spagna. Si pranza tardi, si cena tardi.

Sulle saracinesche dei negozi spesso ci sono dei disegni (stile street art, o graffiti che dir si voglia) che spesso ricordano il negozio a cui appartengono. Evidentemente sono fatti apposta, molto caratteristici.

Alla sera abbiamo raggiunto la zona del porto, dove ci sono tutti gli “hangar” dei team che hanno partecipato alla 32ma (e alla 33ma) Coppa America: Alinghi, Oracle, Prada, Shosholoza, ecc. e dove è stato realizzato il nuovo circuito di Formula Uno. Un edificio molto caratteristico è il Veles e Vent, dai cui balconi si dovrebbe ammirare tutta la zona. Da lì, verso nord parte la spiaggia sabbiosa che si estende per parecchi km: prima Las Arenas e poi la più nota Malvarrosa. Dopo 5 minuti di cammino (si fa per dire) raggiungiamo una zona costellata da una miriadi di ristorantini. Ne abbiamo scelto uno e abbiamo cenato con paella valenciana, sorseggiando sangria. La paella, piatto tipicamente spagnolo, è nato proprio qui e, contrariamente a quanto si crede, la ricetta tradizionale prevede riso, zafferano, olio, carne di pollo e coniglio e verdure. Niente pesce quindi. Infatti il cameriere, vedendo che siamo stranieri, ce lo spiega in modo da non trovarci delusi. A me che il pesce non piace va benissimo! Altra info: sembra banale, ma il nome deriva dalle padelle che vengono usate. Incredibile: anche qui il Maestro Orione appena entrato ha salutato due tipe italiane che conosce. Idolo.

Quando abbiamo finito era mezzanotte passata da un pezzo e quindi siamo tornati in taxi. Finora  abbiamo visto sommariamente il centro storico e il porto e devo dire che il feeling con questa città è piacevole: accomuna tradizione e innovazione (che frase da depliant turistico che mi è uscita.) Buonanotte, a domani.
 

A.A.A.

Annuncio importante: cercasi lavoro, rigorosamente in nero, quindi senza contributi, inps, inpdap, inail, irap, iciap, irfep, irpeg, iva e quant’altro.

Zona di lavoro: Milano o sud hinterland.

Soggetto disposto a questo tipo di lavoro: trentunenne educato e gentile, automunito, militare assolto, quindicinale esperienza come operaio specializzato, attualmente cassintegrato e abbastanza sco*****ato. Esperienza saltuaria come cassiere / barman presso pub e esperienza, sempre chiaramente in nero, come commesso in stagione estiva.

Il soggetto non intende sottoporsi a turni di lavoro troppo duri, nè a spostarsi troppo distante dalla propria abitazione (zona Milano Sud, per la precisione vicino a Via Giovanni da Cermenate).

Il suddetto lavoro gli servirebbe per arrotondare la già cospicua paga rubata allo stato attraverso la cassa intergazione straordinaria, per salvarsi dall’inedia, per salvare i propri contatti di facebook da continui aforismi negativi, cinici, malinconici e autodistruttivi, per non buttare tutti i soldi in macchinette e magari anche per conoscere gente nuova.

Si prega di astenersi datori di lavoro troppo pretenziosi. Cercate di capire la situazione, qui si tratta di salvare una vita, non di farlo faticare.

Ovviamente mi impegno a non divulgare notizie inerenti tali offerte fuorilegge alle forze dell’ordine.

Sostieni il governo, aiutaci a trovare un nuovo posto di lavoro: commesso, garzone, magazziniere, tornitore, spazzacamino, maschera del cinema, aiuto-portantino, ascensorista, tronista, comparsa, partecipante ai reality… insomma tutto fa brodo.

 

Energia del sole

Un articolo che parla del mio amico Rudy tratto da "La Provincia Pavese" del 14 novembre 2009:

Ottobiano, energia dal sole

OTTOBIANO. E’ stato inaugurato ieri alla cascina Bonaparte il parco fotovoltaico «Papà Pierino», il più grande impianto a film sottile d’Italia, realizzato dalla famiglia Sacchi. La Lomellina diventa capitale degli impianti a fonti rinnovabili con un investimento da 24 milioni di euro.  Il progetto è dell’azienda agricola Afelio, presieduta da Rodolfo Sacchi, che ha ricevuto la collaborazione tecnica di Enel.si, società di Enel Green Power. L’impianto a terra è costituito da 59.040 pannelli fotovoltaici con una potenza installata superiore a 4 megawatt, produrrà oltre 5 milioni di chilowattora l’anno e sarà in grado di soddisfare il fabbisogno di 1.900 famiglie. Sotto l’aspetto ambientale, saranno evitate 3mila tonnellate l’anno di emissioni di anidride carbonica. Intorno alla cascina, 17 ettari di risaie e campi di mais sono stati convertiti in più di 4 megawatt di energia solare.  L’impianto fotovoltaico, collegato alla rete elettrica già da alcuni mesi, è stato realizzato con pannelli solari a film sottile, che garantiscono una buona risposta alle alte temperature e alla luce diffusa. «Questo impianto, intitolato alla memoria di mio padre, rappresenta l’inizio di un percorso industriale che ci porterà nel prossimo anno a realizzare impianti per almeno 30 megawatt di potenza – ha commentato Sacchi -. Ora siamo pronti per sbarcare nel Sud d’Italia».  Il taglio del nastro è stato affidato a Stefano Saglia, sottosegretario allo Sviluppo Economico. Poco prima avevano parlato il vice presidente della Provincia, Marco Facchinotti, e il sindaco di Ottobiano, Giuseppe Campeggi; presente anche l’onorevole Carlo Nola. «Oggi la Lomellina è minacciata da progetti che non tutelano l’ambiente: qui a Ottobiano hanno fatto esattamente l’opposto», ha detto Facchinotti.

Umberto De Agostino


(Foto tratta da Ottoblog.it)

 

Radio Cassa Integrata

Un mio amico è cassintegrato. Peccato. E’ un tipo così pieno di vita, di iniziative. La sua passione è andare a pescare al mattino presto al Ticino. A volte va in qualche cava. Comunque è un tipo sportivo, uno che fa sport con impegno. Ha mille passioni, mille interessi. La cosa fondamentale nella sua vita sono i viaggi: è andato dappertutto, anche a Bergamo Alta. Il suo lavoro gli piaceva, ormai era un esperto, stava li da 15 anni. Si sbatteva di brutto, parlava sempre con soddisfazione del suo lavoro, anche se aveva la sensazione di essere un mobbizzato. Ma poi è arrivata la Cassa Integrazione. E’ una brutta malattia, un po’ come la depressione: subdola e molto velenosa. Il mio amico, che ha l’animo del poeta, dell’artista, ne ha approfittato per i suoi viaggi. Viaggi di piacere e viaggi all’interno di sè stesso, per riscoprirsi. Giovane adulto nella metropoli spersonalizzata. Come un regista ha trovato il tempo di fare tante cose diverse e focalizzarle secondo una logica artistica. Ha fatto della propria vita un film. Poi, lentamente, è subentrati il malessere. Un personaggio come lui abituato al movimento fisico, si è perso nel movimento del pensiero. Anche dopo innumerevoli tentativi non è riuscito a trovare un altro lavoro. E lui si è come chiuso in una gabbia cibernetica. Passa ore davanti alla tastiera, ad elaborare poesie, piccoli racconti, aneddoti con morale. Un poeta, un illusionista della parola. O forse un illuso poeta. I suoni della metropoli lo circondano, i simboli digitali lo pervadono: musica immagini parole pensieri. E’ diventato il Jack Kerouac multimediale: sempre sulla strada informatica. Ma come un novello Charles Bukowski sta perdendosi dentro finto mondo tecnologico, senza riuscire a capirlo nè a farsi capire. Continuando a provare a far sentire la propria voce, inutilmente persa e vacua.

« Hai mai fatto un sogno tanto realistico da sembrarti vero? E se da un sogno così non ti dovessi più svegliare? Come potresti distinguere il mondo dei sogni da quello della realtà? »


 

R e la tavoletta

Fabiano detto Genova… perchè abitava a Genova. Flavio detto Flavietto. Il Camionita. La Foresta degli Eroi coi tarlon con Luke Scavalcher. La festa della birra di Brallo. Le guerre di pigne. Le guerre tra i Mafaball, i Tranch e gli Stemacrips. Io e R. R e la tavoletta. Il campo da calcio alle Piane per Smegi. La carambola di sotto da Max. Vittorio di Pavia. La Casa (oggi detta l’università). Quando io e Diego siamo scomparsi. In Trebbia in bici con Christian con il gesso. Sulle balle di fieno a vedere le stelle cadenti. Roberto di Milano e Mauro. Amdavamo a cercare i tappi in tutti i bar di Brallo: Cavanna, Appennino, Normanno, Edelweiss. I tappi del Campari avevano la gommina. Io e R a rubare i giornali destinati al macero. Quando ci hanno regalato gli Zagor. Io e Andrea e le capanne nella pineta vicino a Mario. In bob nel prato dietro alla Lina. I Paninari. Accendevamo i fuochi in pineta. Quando si entrava di sgamo in palestra. Quel posto là.

Questi potrebbero essere tutti i titoli di altrettanti miei racconti di infanzia. In uno delgi ultimi post vi ho parlato del Kursaal, che rappresenta soprattutto le mie estati da quando sono "grande". Questi invece sono tutti racconti di quando ero ragazzino. Scegliamone uno a caso, non posso raccontarveli tutti: R e la tavoletta. Da piccolo avevo un grande amico: R. Viveva ad Abbiategrasso con sua mamma, suo fratello, il compagno di sua mamma e suo figlio. Questi ultimi due l’ho capito solo quando sono diventato un po’ grandicello chi erano, da piccolo ero convinto che fossero suo zio e suo cugino, anche perchè lui stesso li definiva così. Io e R eravamo grandi amici. Lui veniva su a Brallo in tutte le feste e poi d’estate era su da Giugno a Settembre. Aveva un anno in meno di me e quindi io, che ero quello "grande" e inoltre conoscevo i posti, ero quello che "comandava". Cavoli quante cose con R. Quando pioveva passavamo le giornate a casa sua a giocare a Scala 40, ma in tutti gli altri giorni… non ci fermava nessuno, giravamo dappertutto e ne combinavamo di ogni. Poi un anno, quando avevo circa 12 anni, la brutta notizia: la sua famiglia reputava l’affitto troppo caro e quindi dall’anno dopo sarebbero andati in vacanza a Cegni. Pochi chilometri da Brallo, ma per un dodicenne come se fosse un altro pianeta. Ma prima di partire, proprio quell’anno un ente, se non sbaglio la Provincia, aveva organizzato una specie di campus estivo per i ragazzini. Organizzavano giochi, gite e quant’altro. E così io e R siamo finiti in gita alla piscina di Varzi. Era la prima volta che andavo in piscina (e fino all’anno scorso anche unica). Sia io che lui avevamo paura dell’acqua alta. Ad un certo punto io ero fuori e lui mi chiama, tutto contento, per farmi vedere che aveva recuperato una tavoletta, non so dove, e si era avventurato dove non si toccava. Dopo qualche minuto arriva un bagnino, portando R tutto malconcio in braccio: stava affogando e l’aveva preso appena in tempo. Gli organizzatori ovviamente si sono cagati sotto.

Non ho visto R per tanti anni. Un giorno, quando avevo 18 anni (nel mitico 1992 !!) un’amica mi si avvicina al Kursaal e mi dice: ma tu conosci un certo R? Beh si una volta, tanto tempo fa. Guarda che è lui. Fammelo vedere. Ok vado a cercarlo.

Cazzo era lui, proprio lui, il mio amico. Proprio lui. Ci siamo frequantati quel’estate, ci siamo ritrovati. Un giorno c’erano dei ragazzi che suonavano dal vivo in piazza a Brallo, lui era lì a vederli e allora abbiamo fatto un giro a piedi per il paese, fino a dove abitava lui una volta. Anche l’anno successivo ci siamo rivisti, d’estate. Era un po’ conciato. Sempre messo male, ubriachissimo, sporco. Ricordo che metteva su una giacca degli operai Sip. Un giorno l’ho beccato mentre litigava coi buttafuori che non volevano farlo entrare al Kursaal. Era abbastanza fatto. Allora l’ho caricato in auto e l’ho portato a fare un giro fino a Pregola, o forse fino al Penice. Ho perso mezza serata, e quelle erano serate da non perdere per nulla al mondo. Ma lui era R, perdio. Il mio amico. Al ritorno ha voluto che lo lasciassi li, sarebbe andato a casa con qualcuno. Non l’ho mai più rivisto. L’anno dopo e quelli successivi chiedevo di lui a ragazzi che lo sconoscevano. Ma non era mai più venuto su in Valle Staffora. Un ragazzo una volta mi ha detto di averlo visto in compagni di aluni punkabbestia nelle metro di Milano. Chissà se è vero. Cazzo chissà dove sei finito R.

(la foto non c’entra nulla, è del 1959 e l’ho presa su questo sito: /www.sanmauropavia.it)

Pino Melia

Anche il mio amico Pino Melia ha il suo sito! Eccolo:

www.pinomelia.altervista.org

C’è il suo curriculum, ci sono i suoi articoli, i suoi link e le sue idee. Bravo Pino, bel sito… hai messo anche la tua foto con De Mita: mitico!!!

Tanti tanti tanti anni fa

Ti ricordi quell’estate
in moto anche se pioveva
tentavamo un po’ con tutte
cosa non si raccontava
ci divertivamo anche
con delle cose senza senso
questo piccolo quartiere
ci sembrava quasi immenso
Poi le strade piano piano
ci hanno fatto allontanare
e il motivo sembra strano
non lo saprei neanche dire
solo ti vedevo qualche volta
in giro con quegli altri
tu che mi dicevi
qualche sera passerò a trovarti
io che avevo i fatti miei
ti ricordi quella
con quegli occhi grandi bianchi
mi dicevi è troppa bella
forse è stato il tempo
forse quella solitudine
che ci portiamo dentro
però credimi
se tornerai
magari poi
noi riconquisteremo tutto
come tanti anni fa

quando per noi
forse la vita era più facile

Forse è stato il tempo
forse quella solitudine
che ci portiamo dentro
troppo grande per noi
Ti ho rivisto stamattina
sul giornale la tua foto
steso su quella panchina
non sembravi neanche tu
forse te la sei cercata
forse non sei stato forte
non m’importa ma non so
se eri pronto per la morte
io che ho sempre i fatti miei
con un’altra donna
con degli occhi grandi
che
anche tu
mi diresti
è troppo bella

forse è stato il tempo
forse quella solitudine
che ci portiamo dentro
però credimi
se tornerai
magari poi
noi riconquisteremo tutto
come tanti anni fa
quando per noi
forse la vita era più facile
se tornerai
magari poi
noi riconquisteremo tutto
come tanti anni fa
quando per noi
forse la vita era più facile

 

(Max Pezzali – Se Tornerai)

Heka&Rigel

Cosa sono Heka e Rigel? Sono due stelle della costellazione di Orione. E’ anche il nome del blog del mio amico Michele Orione. L’ha aperto da poco. Ricordo un giorno che mi chiama e mi chiede come si fa ad aprire un blog. E’ urgente, mi dice. Io gli consiglio Blogspot, mi sembra fatto bene, anche se personalmente non l’ho mai usato. E così, giorno dopo giorno, ha cominciato a scrivere. Per ora lo fa con una frequenza veramente formidabile, di solito i blogger partono in sordina, lui ha cominciato alla grande. L’argomento principale rimane la sua grande passione, la pallavolo (specialmente femminile), ma alla fine fa come me, parla di quello che ha in mente in quei giorni. Da una parte mi stupisce, e questo è bello perché quando una persona ti stupisce vuol dire che la stai conoscendo ancora meglio, dall’altra non mi stupisce, in quanto lo conosco abbastanza e quindi so che, essendo un “maestro” ha mille frecce al suo arco.
Grande Miky, buona fortuna col tuo blog.

http://mikyorione.blogspot.com

Eroi e Gloria

Volevo segnalarvi il blog di un mio amico, Cristian Fabbri.

Ha iniziato a postare da qualche tempo. Scrive un po’ di tutto, dalle sue riflessioni sui massimi sistemi dell’universo fino alle cronache di vita quotidiana, fino alla sue parodie satiriche, ecc. Insomma un po’ di tutto, dategli un’occhiata (troverete parecchi miei commenti…)

il link è:

http://repetitajuvant.blogspot.com

Lettera ad un'amica

[…]
Anche a me piace imparare, nel senso più completo del termine. Sto leggendo un libro in questo periodo che mi ha regalato un amico, di Fred Uhlman, autore che non conoscevo. Proprio stamattina leggevo un passo dove il protagonista descrive il padre austero e dice:

"Non mi sono mai sentito a mio agio con lui, e da bambino m’apprestavo a vederlo sempre con ansia, paura e a volte con vero e proprio terrore. Non che volesse essere crudele, lo era senza saperlo, essendo incapace di sentimenti come la gente normale. Il grande ostacolo era la sua quasi totale mancanza di immaginazione; non aveva una solida cultura (a parte l’ottima cosnocenza del francese e dell’inglese), era superficiale e niente affato curioso. Sono sicuro che non si è mai chiesto: perchè viviamo? C’è un altro mondo oltre il nostro? Qual è lo scopo della vita? Non ne aveva bisogno. La risposta era chiara: lo scopo della vita è essere un Hohenfels. Questo sterile orgoglio rendeva superflui sentimenti comuni come la pietà, la misericordia e la compassione. Può anche darsi che tale insensibilità l’abbia reso un ambasciatore di successo, perchè nel mondo artificiale nel quale si muoveeva tutto quello che importava erano le apparenze, e di queste aveva una rara padronanza"

Ecco, ha ragione. Molti di quelli che hanno un successo, forse effimero, nella vita, lo hanno perchè sono fatti così. Molti, non tutti, ci sono i sognatori che realizzano i loro sogni con determinazione.
Io mi ritengo una persona sensibile. E curiosa. Due qualità che magari non ti fanno apparire chissà che cosa (ma tanto non ci tengo), ma che ti  fanno avere "successo" in altro modo, con le persone che conosci. Ho un carissimo amico. Ci vediamo si e no una volta l’anno ormai, ma rimaniamo carissimi amici. Lui mi dice sempre che sono uno dei pochi che riescono ad ascoltarlo sul serio, a capirlo e a dargli i consiglio giusti. Io mi imbarazzo tantissimo perchè non faccio altro che dirgli, nel modo più semplice assoluto, quello che penso. Ma quello che mi dice mi fa un piacere immenso.

La curiosità anima gli scienziati, la sensibilità gli artisti. Io non mi voglio includere in nessuna delle due categorie, ma ambiziosamente cerco di "pescare" dagli uni e dagli altri. Gli scienziati sernza sensibilità sono aridi e freddi, gli artisti senza curiosità hanno un’anima fragile.
Preferisco non essere nè l’uno nè l’altro, ma un pochettino di entrambi.

Bello questo pensiero scaturito alle 3 di mattina! Prima o poi lo trasformerò in un post del blog, visto che non ho molte idee ultimamente (è dura il lavoro del blogger, a volte sei in crisi di ispirazione, ma i lettori vorrebbero sempre delle novità !!!!)

Dai ci vediamo domani sera (stasera ormai), e per il futuro mi scuso se non sarò all’altezza di quello che dici… parleremo di quello che ci va, anche se fosse noioso…

Buonanotte
à bientôt

Fab

Weekend da maestri

Lo scorso weekend è stato proprio divertente.
In questo periodo un po’ nebuloso, in cui il tempo non si decide mai a diventare bello, in cui tante ombre si aggirano, periodo nel quale non ho ancora chiaro cosa intendo fare per la prossima estate ormai alle porte, una volta chiuso il negozio per la pausa estiva…. ci voleva un fine settimana così.

Un venerdì sera da maestri in cui ci siamo divertiti tantissimo, con pochissimo, semplicemente sparando cazzate, facendo i cretini come non mai e sprizzando allegria da tutti i pori. Un sabato sera tra amici cmq divertente e per finire una splendida giornata di sole (ci voleva proprio) al mare, ad Alassio.

Grazie quindi a tutti gli amici che hanno reso speciale questo weekend: il maestro Filippo, il maestro Michele, la maestra Alina. E poi il maestro Lorenzo. Un grazie speciale all’altro maestro Michele e soprattutto all’apprendista Elisa e alla maestra Silvia. Tanti ringraziamenti ai maestri e tanti baci alle donzelle. A presto.

Rudy`s wor-L-d

Volevo segnalarvi questo blog  di un mio amico che vive a Clapham. L’ha appena aperto, quindi non c’è ancora molto, ma mi piace molto la sua impostazione. E’ un diario di quello che succede ogni giorno. Perchè mi piace? Perchè, come amo fare anche io, riporta a grandi linee i fatti principali, ma si sofferma tanto sui particolari e sulle riflessioni. E poi è uno che ama le donne… per il fatto di essere donne. Come me adora la femminilità, che traspare talvolta anche dagli atteggiamenti più inconseueti delle protagoniste dell’altra metà del cielo. Buona fortuna, amico mio.

http://rudyarrogant.blogspot.com/

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