Stanotte ho dormito poco, sonno agitato. Alle 7 sono già pronto e guardo la TV. Arriva Lorenzo e raggiungiamo gli altri.

Per raggiungere l’aeroporto di Bergamo scegliamo di passare a Piacenza e Brescia per non trovare il traffico di Milano del lunedì mattina. Abbiamo fatto male i nostri calcoli, visto che verso Piacenza c’è molto traffico. Tranquilli, è tutta gente che va in vacanza. Invece no, sul tratto per Brescia è quasi peggio: molto traffico e tutti in corsia di sorpasso. Iniziamo a preoccuparci. Il magister alla guida si innervosisce. Dopo Brescia peggio ancora, ci sono code. Sono le 9 passate e il gate chiude alle dieci meno un quarto. Dobbiamo  ancora raggiungere l’aeroporto, parcheggiare, fare il controllo bagagli. Alle 9 e 35 siamo fermi in autostrada. Aereo peso, accidenti (siccome siamo persone educate esclamiamo tutti: accidenti!). Ma non ci perdiamo d’animo, tentiamo il tutto per tutto. Grazie ad un’intuizione di Mastro Geometra usciamo a Seriate, troviamo per colpo di culo un posto vuoto all’inizio del parcheggio e ci buttiamo di corsa verso gli imbarchi. X fortuna c’è poca fila e i tizi sono in leggero ritardo.
Ce la facciamo, mitici! C’è stato un momento in cui non ci avremmo creduto.

L’aereo parte con 45 minuti di ritardo. Pensa che beffa se avessimo trovato il gate chiuso per poi vedere l’aereo fermo sula pista.

Arrivati a Valencia prendiamo la metro direttamente in aeroporto (che comodità) e raggiungiamo il centro per un pranzetto in un posticino carino, dove ordiniamo pietanze ignote, ispirati solo dal nome. Maestro Michele alla fine del pranzo ordina ancora un piccolo spuntino e gli arriva un piattone con uova e prosciutto crudo. Ottimo, visto che dice di essere intollerante alle uova (e ai latticini). Il nostro appartamento è carino, su due piani, 3 stanze, 2 bagni e una living room con cucina. Mastro Toma viene rinchiuso in una stanza, così saremo immuni dal rumore di motosega. Don Orione decide di sistemarsi sul divano, gli altri nelle stanze di sopra.

Dopo un sonnellino ristoratore usciamo per un primo giro. La nostra guida spirituale, il Maestro Orione, ci conduce presso le il Convento del Carmen, le Torri di Serranos e presso la Basilica e la Cattedrale (dove è custodito un calice che si dice essere il mitologico Santo Graal). Da lì saliamo sul campanile, dove dopo più di 200 ripidissimi scalini arriviamo sulla sommità dove sta la campana del Miguelet  da dove si ha una supervista della città.

Valencia sembra vecchiotta, ma pare pulita. Ha un passato arabo e lo si nota in alcuni tratti, ma in giro di arabi se ne vedono pochi. Da questo punto di vista mi ricorda Palermo. Dopo una granita abbiamo visto la Stazione, in stile Liberty, molto caratteristica. A fianco c’è l’Arena, dove fanno le corride.

A questo punto un salto alla FNAC per comprare un cavo di rete, perché da noi c’è il collegamento a internet, ma solo via cavo. Ovviamente poi scopriamo che c’era un cavetto nel cassetto sotto la TV. Un altro problema è che tutte le prese elettriche hanno due buchi, mentre io ho tutte spine con tre “robi”. Domani comprerò un adattatore, sono venuto a Valencia per comprare cose elettriche…

Qui gli orari sono molto spostati rispetto a noi, caratteristica comune a tutta la Spagna. Si pranza tardi, si cena tardi.

Sulle saracinesche dei negozi spesso ci sono dei disegni (stile street art, o graffiti che dir si voglia) che spesso ricordano il negozio a cui appartengono. Evidentemente sono fatti apposta, molto caratteristici.

Alla sera abbiamo raggiunto la zona del porto, dove ci sono tutti gli “hangar” dei team che hanno partecipato alla 32ma (e alla 33ma) Coppa America: Alinghi, Oracle, Prada, Shosholoza, ecc. e dove è stato realizzato il nuovo circuito di Formula Uno. Un edificio molto caratteristico è il Veles e Vent, dai cui balconi si dovrebbe ammirare tutta la zona. Da lì, verso nord parte la spiaggia sabbiosa che si estende per parecchi km: prima Las Arenas e poi la più nota Malvarrosa. Dopo 5 minuti di cammino (si fa per dire) raggiungiamo una zona costellata da una miriadi di ristorantini. Ne abbiamo scelto uno e abbiamo cenato con paella valenciana, sorseggiando sangria. La paella, piatto tipicamente spagnolo, è nato proprio qui e, contrariamente a quanto si crede, la ricetta tradizionale prevede riso, zafferano, olio, carne di pollo e coniglio e verdure. Niente pesce quindi. Infatti il cameriere, vedendo che siamo stranieri, ce lo spiega in modo da non trovarci delusi. A me che il pesce non piace va benissimo! Altra info: sembra banale, ma il nome deriva dalle padelle che vengono usate. Incredibile: anche qui il Maestro Orione appena entrato ha salutato due tipe italiane che conosce. Idolo.

Quando abbiamo finito era mezzanotte passata da un pezzo e quindi siamo tornati in taxi. Finora  abbiamo visto sommariamente il centro storico e il porto e devo dire che il feeling con questa città è piacevole: accomuna tradizione e innovazione (che frase da depliant turistico che mi è uscita.) Buonanotte, a domani.
 

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