(raccolta molto sparsa di pensieri)

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Gli uomini rossi

Il primo uomo rosso di cui vi vorrei parlare è Felipe Massa, il pilota brasiliano della Ferrari F1. L’ho molto ammirato nei giorni scorsi per come ha accolto e vissuto la notizia di aver perso il campionato del mondo per un solo punto, soprattutto per come questa sconfitta è maturata. Mi ha impressionato la sua dignità, la sua maturità. Il suo crudo realismo, la sua fede e la sua fiducia in tempi migliori. Oltre che campione si è dimostrato un grande uomo, e ha dimostrato quindi di essere pronto ad essere campione. Per la carità, non stiamo parlando di un povero disgraziato delle favelas, stiamo parlando di un milionario che probabilmente passerà gran parte dell’inverno con le chiappe al sole a Copacabana, ma cmq è un bell’esempio. Lo includo quindi tra i miei preferiti di questa stagione, oltre ad Alonso, Kubica e Vettel. Però vorrei farvi notare che dal 1953 non c’è più stato un italiano campione del mondo!!!

Il secondo uomo rosso è molto meno famoso: si tratta del professor Andrea Fumagalli dell’Università di Pavia. Lunedì scorso ho letto un articolo su Il Punto che lo riguardava. Pare, che in pieno clima di proteste contro le nuovi leggi sul sistema di istruzione in Italia, abbia tenuto una lezione di Macroeconomia all’aperto, in Piazza della Vittoria. E pare che un gruppo di persone, prevalementemento attivisti di Azione Giovani, lo abbia sonoramente contestato. Nell’articolo c’erano le due versioni: Fumagalli si sentiva oltraggiato ed insultato, mentre i contestatori sostenevano di essere nel pieno diritto della libertà di, appunto, contestare una lezione tenutasi al di fuori della sede apposita, ovvero l’aula universitaria. Al di là delle rispettive versioni e delle rispettive idee, provo ammirazione per Fumagalli. E’ stato il mio professore di Macroeconomia e l’ho trovato una persona interessante e interessata alla propria materia. Mi è capitato più volte di discutere con lui durante la pausa o al termine della lezione di questioni macroeconomiche (cioè di quello che dice quotidianamente il telegiornale) e mi ha fatto piacere che il giorno della laurea mi abbia riconosciuto e salutato quando mi ha incrcociato per i corridoi della facoltà. Ma a parte questo… ammiro una persona che continua a credere nei propri sogni, che continua a lottare per le proprie idee. Solitamente si lotta a 20 anni e a 50 si è già smesso da tempo. Lui no, ci crede sempre. Bravo Fumagalli.

Detto questo, io non condivido la sua battaglia nè tantomeno condivido alcune sue tesi, come queste. Ma sono comunque contento di essere stato un suo studente.

 

Il buono il brutto e il cattivo

Cominciamo col cattivo: una volta, quando entravi nella segreteria dell’Università di Pavia, per fare gli statini e tutte quelle robe li, dovevi entrare subito a destra. Lì trovavi un tizio veramente scorbutico. Era talmente scorbutico che non ti incazzavi neanche, lo prendevi come fosse una macchietta e ti ci abituavi. Se non ricordo male aveva i baffi. Uno che mi sa non amasse molto il proprio lavoro. Non so che fine abbia fatto.

Il brutto… boh?

Il buono: sempre in segreteria, precisamente per la facoltà di economia (e penso forse anche per altre facoltà umanistiche) c’è Gianni, un idolo. Hai presente quando vai in uno sportello, di qualunque tipo ? Inps, esatri, anagrafe, questura, tutto quello che ti viene in mente. Sei pieno di scartoffie, con il terrore di non averle compilate correttamente o di esserti dimenticato qualche marca da bollo o versmento in c/c. Solitamente gli impiegati che hai di fronte sono stufi e arcistufi di dover ripetere sempre le stesse cose, gli sembra quasi assurdo di avere davanti un gruppo di incapaci che non sanno neanche compilare un semplice modulo.

Beh, Gianni non è così. Per niente. Ti ascolta, anzi per prima cosa ti saluta, educatamente. Poi ti ascolta, ti aiuta, ti consiglia, ma sul serio, ti da proprio una mano. Ti rassicura, ti dice cosa devi fare, quando tornare, che fogli compilare… Una persona buona, gentile, educata e chi più ne ha più ne metta. Una persona che ama il proprio lavoro e ama rendersi utile. Chiunque abbia avuto a che fare con lui potrà confermarlo. Grazie Gianni !

Università di bamboccioni

Leggevo stamane un articolo del Corriere della Sera dove si diceva che solo il 30% degli studenti universitari in Italia si laurea in tempo, tutti gli altri restano fuoricorso. Io una mia idea sul perchè ce l’ho. Uno dei motivi è la ripresa dei refrain del ministrone Padoa Schioppa: i bamboccioni. E’ innegabile che tantissimi studenti, arrivati alla maturità (o come si chiama adesso) non hanno intenzione di fare il salto nel mondo del lavoro. Primo perchè non ne hanno voglia: hai 19 anni e non ti va di andare a lavorare. Secondo perchè non ne hanno bisogno, paga papà. Terzo perchè sia lo studente che i genitori sono dell’idea che con il titolo di studio di scuola superiore non puoi trovare un lavoro che ti soddisfi appieno, o magari ribaltare il discorso e dire che con un titolo universitario è più facile. Un mix di questi motivi porta il giovine ad iscriversi a qualche ateneo, magari con poca voglia, giusto per provarci e intanto dilatare un po’ i tempi. Nella mia vita ne ho conosciuti tanti, tra amici e colleghi di studio, che hanno usato l’università come "parcheggio", nell’attesa di "diventare grandi". E così l’iter universitario si trasforma in un percorso dai tempi quasi lassativi: ogni tanto un esamino, tanto per giustificare l’appartenenza al mondo degli studenti. Ma di motivo ce n’è un altro, che si lega anche al primo motivo: troppi esami con la riforma universitaria del 3+2 (lo spiego per chi non la conosce: i corsi di laure sono di 3 anni. Finiti quelli hai in mano la Laurea di primo livello. Se vuoi la Laurea Specialistica devi fare altri 2 anni). In pratica come hanno fatto? Hanno preso gli esami che c’erano prima, li hanno divisi e spalmati e ne hanno aggiunti altri. Vi faccio l’esempio del corso di laurea che sto seguendo io: Laurea di primo livello in Marketing e e-Business all’Università di Pavia. Ci sono circa 40 esami. Si avete capito bene: quaranta. Da sostenersi in 3 anni. Questo perchè l’anno accademico, che va da settembre a giugno, è diviso in quattro "quadrimestri" (lo scrivo tra virgolette in quanto durano meno di due mesi cascuno, tolte tutte le vacanze e i periodi dedicati agli esami) e per ogni quadrimestre ci sono almeno 4 corsi. Capite benissimo che è dispersivo. Se un ragazzo non ha una volontà di ferro, una passione incrollabile, un’ambiente che lo sprona allo studio, come fa a seguire (magari anche bene) così tanti corsi? Anche se mi vengono a dire che sono più facili (singolarmente) di una volta: ma certo, ci mancherebbe, un corso che prima richiedeva tre o quattro mesi di insegnamento non può certo venir ridotto in un mese e mezzo. Ma questo non semplifica le cose, la testa dello studente è tempestata di troppe cognizioni diverse l’una dalle altre, contemporaneamente. Si rischia di studiare un po’ di tutto, ma male. Se invece si volesse fare le cose per bene (come Locatelli. Questo riferimento lo capisce solo chi ha più di 30 anni), magari ci si dedica solo ad un paio di corsi al quadrimestre, lasciando perdere gli altri. E così si accumulano i ritardi, e alla fine si resta fuori corso. Questa è la mia critica. Detto questo, posso egoisticamente dire che per me è stato meglio così in quanto lavorando ho poco tempo da dedicare agli studi, e quindi esami più "piccoli" mi vanno meglio, anche se sono più numerosi. Infatti ci ho messo quasi 6 anni per fare il corso di 3 anni, però, forse ma forse, sono (quasi) arrivato alla fine. Anzi adesso è meglio che vada avanti a scivere un po’ la tesi, visto che sono già le 9 e trenta.

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