(raccolta molto sparsa di pensieri)

fabiotordi

Month: May 2012

Non sono pazza

Qualche tempo fa mi è arrivata un’email da una mia amica che diceva più o meno così (gli asterischi li ho messi io…)

Help
Mi è successo ancora!!!
Da m******@******.it a m******@*******.it
e poi tutta una scritta strana in lingua bohhhh
Ma come può essere???????
Domanda unica: visto un bel chisssssenefregaaaaa,
a questo punto :è pericoloso?
Se si, help me please
se no, ok grazie fiuuu
Baci a te e Eli
La tua amica diversamente informatica(politicaly correctly)

L’ho riletta pù volte e ogni volta ridevo da solo…. Poi mi ha spiegato che in precedenza mi aveva mandato un’altra email (che evidentemente non mi è mai arrivata, oppure è finita nell’antispam).

Però questa è proprio forte: sicuramente se facessi la classifica delle email dell’anno finirebbe di sicuro al primo posto !!!

Pane e Bugie – 2

…segue da ieri…

Qualche considerazione economica:

"Secondo le Nazioni Unite e la FAO, entro il 2050 la richiesta di cibo nel mondo raddoppierà. Chi sostiene che c’è abbastanza cibo per tutti e che basta ridistribuirlo fa un’affermazione priva di prospettiva, oltre che banalmente ingenua ed economicamente sciocca. Sarebbe come dire che il problema della povertà non sono i soldi: infatti ce ne sono abbastanza per tutti, si tratta solo di ridistribuirli. Facile vero? Come ho fatto a non pensarci prima! Il problema non è ridistribuire il cibo. L’agricoltura non è un’attività che si svolge per beneficenza. Lo scopo dell’agricoltore è il profitto. Forse che voi lavorate gratis? Invece si devono mettere i poveri del mondo nelle condizioni di produrre il loro cibo e di migliorare le loro condizioni di vita."

"L’Italia dipende dall’estero per il 40 per cento del grano duro, per il 70 per cento del grano tenero, per il 25 per cento del mais, per il 90 per cento della soia e per il 50 per cento delle carni. Ogni anno la nostra bilancia agroalimentare è in rosso per circa dieci miliardi di euro. Non è certo coltivando cipolla di Tropea biologica (per carità, ottima) o lenticchie di Castelluccio (ottime pure loro) che possiamo pareggiare i conti."

"Secondo un’analisi della Coldiretti il vino dall’Australia per giungere sulle tavole italiane deve percorrere oltre sedicimila chilometri con un consumo di 9,4 chili di petrolio e l’emissione di 29,3 chili di anidride carbonica. Che senso ha tuonare contro il vino (per altro ottimo) importato dall’Australia e poi compiacersi per le vendite di vino italiano negli Stati Uniti? Forse che ci vanno a nuoto le bottiglie di vino italiano a New York?"

Perchè comprare prodotti della zona?

"Altra faccenda invece  è il discorso di chi dice: Non mi interessa l’efficienza energetica, compro local perché mi piace di più, perché voglio sostenere l’economia locale, perché per me è meglio dare un euro al contadino italiano piuttosto che a quello cileno e così via. Mi sta benissimo. basta non giustificare questi comportamenti, difficilmente riconducibili a indagini scientifiche, parlando di emissioni di anidride carbonica e di energia. Se si afferma che <la spesa a km 0 riduce le emissioni di CO2 e il consumo energetico> è di dati numerici che si sta parlando. L’affermazione è verificabile in linea di principio, e quindi i numeri finali possono dire se la frase è vera o falsa. I numeri non si interpretano: parlano da soli."

E infine una frase che riuassume un po’ tutto il discorso:

"Pensavate che i pompelmi senza semi, i mandarini senza semi e così via fossero stati selezionati nel corso dei secoli da contadini con il cappello di paglia, la camicia a scacchi e un filo d’erba in bocca, come vuol l’immaginario popolare? Scordatevelo. Scienziati in camice bianco, maschera e tuta sterile hanno manipolato gli embrioni di quelle piante, sottoponendole all’azione della colchicina o di altri procedimenti mutageni, al fine di ottenere delle varietà commercialmente interessanti."

Finisco citando i due blog di Bressanini:

http://bressanini-lescienze.blogautore.espresso.repubblica.it/
http://www.ilfattoquotidiano.it/blog/dbressanini/

Pane e Bugie – 1

Vi prego, leggete questo libro. E’ scritto da Dario Bressanini, chimico, divulgatore scientifico e scrittore.

Da chimico, quindi da persona che "ne sa", ci spiega cosa c’è di vero e cosa invece è pura propaganda (e talvolta menzogna) nelle campagne a fare dei prodotti "biologici", "naturali", "grezzi", o come altro li vanno a chiamare. Spiega, in modo molto terra terra e senza mai usare paroloni astrusi, che una molecola è una molecola e che a volte quello che dice la pubblicità (o i giornalisti che cavalcano l’onda, o alcune organizzazioni) non è proprio da prendere come oro colato, anzi!

Ripeto: vi prego di leggerlo, è una delle letture più interessanti che abbia mai fatto.

Come faccio spesso, vi segnalo qualche passo del libro che mi sono sottolineato:

"Questo libro è una sorta di <vaccino> contro i pericoli della cattiva informazione a tavola. Ciò che mangiamo ogni giorno è al centro di messaggi contraddittori che ci lasciano confusi e talvolta persino spaventati".

"La disinformazione ha molte facce: si traveste da leggenda urbana che continua a propagarsi di bocca in bocca, di sito in sito, e trae credibilità proprio dall’ampia diffusione, di cui si autoalimenta."

L’autore vuol porre l’attenzione sul fatto che l’opinione pubblica è contraria agli OGM per una non meglio precisata pericolosità, ma non è per nulla informata sul fatto che ben altri esperimenti sono stati condotti sulle piante alimentari negli ultimi cento anni. Sostiene che in realtà gli OGM sono molto controllati e quindi sani, da molti punti di vista.

"Ogni anni arrivano sul mercato tantissime nuove varietà vegetali, frutto di selezioni mirate assistite da tecniche biotecnologiche. Anche se si tratta a tutti gli effetti di manipolazioni del DNA, gli organismi che ne risultano non sono OGM perchè, secondo la definizione dell’Unione Europea, sotto tale sigla sono compresi soltanto gli organismi che derivano da modificazioni mirate effettuate attraverso la tecnica del DNA ricombinante. Tra le manipolazioni che non ricadono legalmente sotto la categoria degli OGM ci sono quelle ottenute con le radiazioni nucleari: raggi gamma, raggi X, raggi alfa, raggi beta e fasci di neutroni lenti. Sembrano più l’armamentario di Mazinga e di Goldrake che strumenti dell’agricoltura."

"Dopo la seconda guerra mondiale iniziano i cosiddetti <usi pacifici dell’energia atomica>. Nelle nazioni più avanzate e in quelle in via di sviluppo molti giovani ricercatori cominciarono a utilizzare le radiazioni nucleari con l’obiettivo di modificare le caratteristiche delle piante esistenti."

"Nel 1984 il Creso (varietà di grano ottenuto incrociando grano irradiato con fasci di neutroni, NotaDiFabio) rappresentava il 53,3 per cento del mercato italiano di semi certificati di grano duro ed era coltivato su 430.000 ettari."

"La pasta ovviamente non è radioattiva, ma nessuno lo aveva mai messo in dubbio. Le radiazioni sono soltanto servite per indurre una mutazione nella prima pianticella. Negli ultimi settant’anni sono state create più di 2200 varietà mutanti."

"A differenza degli OGM, che sono molto controllati, le piante prodotte per irraggiamento possono essere coltivate senza nessuna autorizzazione specifica."

"Per coerenza, chi vuole bandire gli OGM in nome di una visione romantica e arcaica dell’agricoltura e rifiuta le varietà inventate da scienziati in camice bianco e mascherina dovrebbe comportarsi nella stessa maniera nei confronti dei prodotti ottenuti da semi mutati con radiazioni. Ad esempio la COOP, che è contraria agli OGM, non dovrebbe venderli. Niente più pompelmi rosa sui banconi della frutta o spaghetti di grano duro Creso sugli scaffali!"

"Nel caso degli OGM poi si fa leva sull'<innaturalità> del processo di generazione di nuove varietà contrapposto alla <naturalità> dell’evoluzione lasciata a sè stessa, mentre nel caso della mutagenesi da radiazioni la stessa argomentazione viene usata in favore dell’intervento umano. Ci sarebbe una modificazione genetica cattiva (quella degli OGM) perché effettuata in modo mirato dall’uomo, e una modificazione genetica buona (quella delle radiazioni) perché casuale e incontrollata."

"Quindi le piante modificate dalle radiazioni sono OGM? Dipende dall’interlocutore a cui rivolgete questa domanda: dal punto di vista legale no, non lo sono. I burocrati di Bruxelles hanno definito con precisione le tecniche di modifica del genoma che qualificano gli OGM. Tuttavia, volendo badare più alla sostanza che alla forma, sì, queste piante sono OGM, nel senso che indubbiamente sono state geneticamente modificate dall’uomo. Certo, non in modo preciso come accade con le tecniche per produrre gli organismi transgenici, ma il DNA di queste piante è stato effettivamente trasformato. In modo solitamente sconosciuto, tra l’altro."

"La domanda che invece mi faccio è perché gli attivisti anti OGM non si battano anche contro queste tecniche. La risposta è banale: perché non c’è la <cattiva multinazionale americana> da combattere, perché una tale battaglia non accrescerebbe il consenso politico, non sarebbe utilizzabile come tecnica pubblicitaria e di marketing, non attrarrebbe fondi e firme ai banchetti, non aiuterebbe nessuno a sentirsi in lotta <per la causa> e quindi non alimenterebbe quel senso di autocompiacimento che è uno dei motori psicologici di un certo attivismo fine a sè stesso."

"Prima di approvare un OGM viene fatto uno screening sull’allergenicità della proteina espressa nel gene inserito. Se è <potenzialmente> allergenica, l’OGM non viene approvato. Punto. Se la stessa procedura venisse seguita per i normali cibi dovremmo ritirare dal mercato fragole, soia, arance, kiwi, cioccolato, noci, uova e molti altri prodotti che sappiamo essere non <potenzialmente> ma sicuramente allergenici. Questo è uno dei motivi per cui si dice che gli OGM sono più sicuri degli alimenti tradizionali."

"Insomma, una sostanza chimica non è potenzialmente più cancerogena solo per il fatto di essere stata sintetizzata in laboratorio, e una sostanza naturale non è necessariamente più benigna perchè l’ha prodotta la natura. Questo fatto va contro il diffuso pregiudizio secondo cui ciò che è naturale è anche benefico. Sarebbe bello che fosse così, ma purtroppo è solo un luogo comune, ampiamente sfruttato dal marketing (e vi giuro che mi fa una rabbia!)."

"Siccome nella scienza l’onere della prova sta in chi fa delle affermazioni, se qualcuno sostiene che il cibo biologico è più nutriente lo deve dimostrare, e quel che emerge dalle ricerche condotte sino a ora è che questa dimostrazione non è stata trovata."

"C’è chi l’ha buttata sul lato economico: <Il comparto bio è in forte crescita. In questo modo lo si danneggia>. Forse, e allora? Da quando in qua la correttezza scientifica si basa sui dati di vendita? Se cerchi di convincere il consumatore a comperare i tuoi prodotti basandoti su messaggi scientificamente non dimostrati ti devi aspettare che prima o poi qualcuno ne verifichi la veridicità. Anche il mercato degli oroscopi e quello dell’omeopatia sono in forte crescita. Forse che uno scienziato non dovrebbe dire nulla che possa danneggiare un settore? Perchè non ribaltiamo la prospettiva  e diciamo invece che, se si fa credere al consumatore che ci sono dei benefici ma questi non sono affatto dimostrati dalla ricerca scientifica, si danneggia il consumatore?"

"Spesso ci si dimentica dell’altra faccia della medaglia, e cioè che molte nuove varietà agricole una volta non esistevano. In più, praticamente tutte le varietà agricole che coltiviamo e consumiamo, a parte poche eccezioni, non esistono allo stato selvatico e non sopravvivrebbero due stagioni se non fossero continuamente coltivate (avete forse mai visto un peperone selvatico in un bosco?)."

…prosegue domani…

Aspetti esteriori

Format Distributivi del settore moda abbigliamento in Italia: situazione e prospettive del piccolo punto vendita

Trentacinquesima puntata

Gli aspetti esteriori del negozio rappresentano un importante strumento di vendita perché, oltre a consentire l’identificazione del punto vendita, creano come si è visto l’immagine del negozio stesso.
Ad esempio un negozio specializzato di centro città, rivolto a soddisfare esigenze di status (boutiques, articoli da regalo) tende ad enfatizzare il duplice ruolo delle vetrine, quello di informazione del mix merceologico offerto e quello di attrazione per acquisire nuovi clienti.
L’immagine del punto vendita deve sempre essere pensata in modo coerente con il target di consumatori a cui ci si rivolge in modo da indurlo a entrare, curiosare e, se possibile, acquistare.


Vetrina di un negozio a Londra durante i saldi

Un punto vendita comunica all’esterno tramite tre strumenti principali: l’insegna, l’ingresso e le vetrine.

L’insegna, assieme al design di tutta la parte esterna del punto vendita, serve a comunicare immediatamente e sinteticamente l’immagine del negozio attraverso il marchio, il nome, i caratteri usati, i colori, i materiali, l’illuminazione, i messaggi.
Anche l’ingresso ha un ruolo comunicativo: in base alle suggestioni che vuole evocare può essere spazioso, ampio, senza vincoli architettonici oppure più complicato, in modo che il cliente abbia la sensazione di un’esclusività.
Le vetrine, come si è detto, hanno lo scopo di mostrare i prodotti in vendita, ma anche di comunicare lo stile del negozio. Gli articolo possono essere esposti sistematicamente oppure disposti ad arte, possono essere tanti (per concentrarsi sulla varietà o sul prezzo) oppure pochi e valorizzati, magari con abili giochi di luce (per concentrarsi sullo stile ed eleganza). Il loro scopo principale è quello di fare entrare il cliente all’interno del punto vendita, pertanto dovranno colpire favorevolmente il soggetti appartenenti al target cercato.


Il nome e l’insegna sono da sempre un aspetto fondamentale per un punto vendita. La Rinascente, prima grande magazzino italiano, deve il suo nome a Gabriele D’Annunzio.

I cinesi eravamo noi

Sono stato alla mostra allestita in questi giorni (fino al 9 giugno) presso il Castello Visconteo di Voghera intitolata "L’industria nella provincia di Pavia".

E’ una mostra fotografica interessante, che ci fa scoprire le attività industriali della nostra provincia, spesso dimenticate o sottovalutate.

La prima parte mi è piaciuta molto, anche se mi ha reso un po’ triste: sono le foto delle industrie che furono. Spaziavano in tutti settori: dal tessile all’alimentare, dalla meccanica ai laterizi. Foto di capannoni, operai e operaie, produzioni; foto vive che raccontano una realtà che non esiste più, purtroppo. I cinesi eravamo noi. I vestiti che indossavamo, i cappelli che portavamo, il formaggio che compravamo, le scarpe che calzavamo e persino le macchine per cucire che usavano le nostre nonne erano prodotte qui, nella provincia di Pavia. Se lo raccontassi un giorno a mia nipote che adesso ha 6 anni rimarrebbe certo stupita.

La seconda parte è forse meno interessante sul lato storico, ma sicurante più intrigante sul piano pratico. Sono le foto delle industrie attuali. L’ottimismo, per fortuna, ritorna e ci si rende conto di quante industrie continuano comunque ad esistere sul nostro territorio. Speriamo che rimangano ancora per tanto tanto tempo.

Visitatela, è anche un’occasione per vedere il castello!

La rabbia e l’orgoglio

I morti,ahimé,sono tutti uguali, quindi ho rispetto assoluto per ogni vita che finisce, ma mi chiedo: perchè quando muore uno sportivo o un cantante tutti ne parlano, mentre molti si dimenticano che tutti i giorni si tolgono la vita lavoratori, imprenditori? Il fatto che ci siano persone disposte a suicidarsi perchè si sentono sopraffatti dagli eventi e contemporaneamente per lanciare un messaggio desolato, laconico, ma duro come un pugno nello stomaco è una cosa che mi fa paura, sgomento, tristezza e rabbia. Paura, perchè di primo acchito non lo capisco. Sgomento, quando lo capisco. Tristezza, pensando alla vacuità del gesto. Rabbia, quando penso che la vita è una cosa meravigliosa. Ricordate: sempre orgogliosi del nostro lavoro e disperati mai!!!!

Come sul capo al naufrago / L’onda s’avvolve e pesa, / L’onda su cui del misero, / Alta pur dianzi e tesa, / Scorrea la vista a scernere / Prode remote invan;
Tal su quell’alma il cumulo / Delle memorie scese! / Oh quante volte ai posteri / Narrar se stesso imprese, / E sull’eterne pagine / Cadde la stanca man!
Oh quante volte, al tacito / Morir d’un giorno inerte, / Chinati i rai fulminei, / Le braccia al sen conserte, / Stette, e dei dì che furono / L’assalse il sovvenir!
E ripensò le mobili / Tende, e i percossi valli, / E il lampo de’ manipoli, / E l’onda dei cavalli, / E il concitato imperio,/ E il celere ubbidir.
Ahi! forse a tanto strazio / Cadde lo spirto anelo, / E disperò: ma valida / Venne una man dal cielo, / E in più spirabil aere / Pietosa il trasportò;

da "Il cinque maggio" di Alessandro Manzoni, 1821

Siro del Brallo – 5

Ancora qualche notizia relativa all’infanzia, e agli anni ’50, per poi passare agli anni ’60, alla nascita della figlia e all’apertura del negozio.

La Genovese

Durante il ponte del 1 Maggio siamo stati in questo ristorante nel centro di Rapallo. Per la precisione in Passo Tigullio, vicino a Via Mameli, proprio dietro all’Upim…pardon.. all’Oviesse (ma si possono citare le marche in un blog ;-) ? )

Sono gli stessi titolari del ristorante Romantico di Corso Italia, vale a dire gli stessi del pastificio che attualmente è proprio lì a fianco. L’ambiente è meno raffinato del Romantico, più da "trattoria", e fanno anche la pizza. A pranzo propongono un menu a 12 euro e alla sera il giropizza, formula che ormai sta spopolando un po’ dappertutto. Io ho preso della pasta "paglia e fieno" con un ragù di carne che era veramente una figata (= squisitezza, prelibatezza, leccornia, insomma: una figata!), poi una cotoletta di pollo morbidissima con crocchette di patate. Elisa ha preso delle trenette con pesto, panna e pomodoro, e la cotoletta coi finocchi gratinati. Le porzioni sono sicuramente abbondanti, alla faccia della leggenda che vuole i luguri corti di braccio. Infine abbiamo preso due fette di una torta che non era il massimo, in quanto troppo dolce e troppo pasticciata. In definitiva: da provare, spendete poco e mangiate bene. Occhio: meglio prenotare, anche se nel nostro caso non è servito perchè ci hanno fatto accomodare lo stesso con quasi 40 minuti di ritardo, cosa che io non sopporto. Consideriamo tuttavia che era giorno di (quasi) festa (era lunedì 30). Ho messo un sacco di parentesi in questo post ;-)

 

Chinotto

Decidere di scrivere questo post mi è costato molto… perchè d’ora in avanti vincerò meno scommesse. Infatti la mia scommessa di gran lungo preferita è quella sul chinotto. Quante volte mi è capitato di parlare del chinotto come se fosse un frutto e sentirmi dire: "Ma sei impazzito? Il chinotto è una bevanda creata artificialmente, come la Coca Cola!". Io non aspetto altro e ci piazzo la zampata: "Ah si? Beh, allora scommettiamo!". E giù vittorie: bevute gratis, pizze, gelati… Ma ormai basta, è giunto il momento di rendere pubblico questo sconvolgente segreto: il chinotto è un agrume !!!

Per la precisione si chiama Citrus myrtifolia, chiamato così perchè le foglie della pianta ricordano quelle del mirto (che, ebbene si, è una pianta, prima ancora di essere un liquore).

Il frutto ha l’aspetto di un’arancia, forse un po’ più piccolo, dal gusto molto molto amaro e praticamente immangiabile. Come faccio a sapere tutte queste cose? Beh in Italia le piante di Chinotto sono presenti in Calabria, Sicilia, Toscana e Liguria. Per esempio a Rapallo, ameno luogo di mare da me frequentato, utilizzano gli alberi di chinotto come piante ornamentali (per esempio in via Gramsci).

Dal frutto si ricava l’omonima bibita, che va molto soprattutto in Italia (all’estero la bevono solo gli emigranti italiani). In alcuni locali infatti ho visto la versione del famoso cocktail "Cuba Libre" composto da Rum e Coca-Cola fatta con il chinotto e chiamata "Italy Libre" (un nome, ahimè, penoso). La bibita più famosa attualmente è quella della Nestlè "Chinò Sanpellegrino", seguita da tante altre che puntano sul marketing del "vero chinotto", come la Abbondio di Tortona o la Lurisia con il chinotto di Savona.In tutti i casi si tratta di bevande che "contengono" succo di chinotto, a parte la Fanta Chinotto (rarissima) che stranamente non annovera questo agrume tra i suoi ingredienti!!!

La Multipla

Ecco mia mamma, nel 1960, alla guida di una Fiat Multipla, da poco acquistata. Certo che per la Fiat il nome Multipla ha sempre voluto dire "Macchina Orribile". Ho trovato questa foto qualche giorno fa in un cassetto, non avevo mai visto quest’auto, ma mio papà me ne ha sempre parlato con enfasi dicendo che ci si poteva caricare tantissima roba. Una sorta di monovolume ante litteram. E qullo che non ci stava dentro troava alloggiamento su portapacchi! Che mezzo…. !!

La trota laureata

Preso da cocente invidia, anch’io non ho voluto esser meno del Trota e mi sono preso la laurea in Gestione Finanziaria all’istituto Krystal di Tirana, ecco il "pezzo di carta" da appendere sopra al camino:

Made by Trota & Lode

Nati con la cravatta

Ci sono parecchi modi per fare il nodo alla cravatta. Molti pensano che sia una cosa complicata, e talvolta lo è, ma non scoraggiamoci: si sono dei nodi di facilissima realizzazione. Basta un poco di pratica davanti allo specchio e i risultati saranno soddisfacenti. Eccone alcuni (fonte: Nodi-di-cravatta.com)

Il nodo semplice è il grande classico dei nodi per cravatta. È ampiamente il più utilizzato, poiché si tratta del più semplice da realizzare e si accorda con la maggior parte delle cravatte e praticamente con tutti i colli di camicia. Lascia la cravatta molto lunga, quindi va bene per le persone alte, oppure per le cravatte corte.

Il nodo doppio è molto simile al nodo semplice, differenziandosene per il fatto che necessita una seconda rotazione; all’inizio, la gamba della cravatta deve essere passata per due volte attorno alla gambetta.
Di aspetto più spesso rispetto al nodo semplice, il nodo doppio è ideale con la maggior parte delle camicie. È perfetto anche con tutte le cravatte, eccetto quelle troppo spesse.

Il nodo Windsor è il nodo delle grandi occasioni. Molto inglese, il suo nome deriva dal Duca di Windsor, che lo ha reso popolare.
Visto il suo volume importante, deve essere realizzato preferibilmente su dei colli aperti, come i colli italiani.
Talvolta complesso da realizzare, deve, per essere perfetto, cadere esattamente al centro del collo e nascondere l’ultimo bottone della camicia.

Il mezzo Windsor assomiglia al nodo Windsor, essendo al contempo meno spesso e più facile da realizzare.
Si accorda idealmente con delle cravatte fini o poco spesse. Elegante e triangolare, si porta di preferenza con una camicia a collo classico o con una camicia a collo aperto.

Il nodo piccolo è, come lo dice il nome, piccolo.
Si accorda in modo particolare con le cravatte spesse o con le camicie a collo stretto. Deve essere evitato con le camicie a collo lungo o aperto.
Relativamente facile da realizzare, necessita tuttavia un “avvitamento” di 180°. Il nodo piccolo è il modo più semplice per annodare una cravatta.

Skrillex – Dubstep

Nell’ambiente della musica elettronica c’è un nuovo personaggio DJ / Compositore / produttore statunitense. Il suo nome è Skrillex e quest’anno ha vinto 3 Grammy Awards
Fa un genere musicale elettronico che si chiama Dubstep, una roba molto sincopata, quasi uno scretch.
Se volete degli esempi andate sulla sul suo canale Youtube oppure cercate "dubstep", ma non credo che, se avete più di 20 anni, vi possa piacere, è difficile. Però in questo periodo spacca di brutto ed è una delle sole cose un po’ originali in questo settore dai tempi della techno e poi della progressive.
Il personaggio è ovviamente un tipo strano, un po’ nerd occhialuto e un po’ punk, capello lungo da una parte e rasato dall’altra. A mio parere troppo di nicchia per durare, ma magari mi sbaglio. Se vi piace il genere (ma, ripeto, non credo), fateci un giro :-)

Aneddoti 21

Sottotitolo: quando uno è convinto delle proprie idee non c’è niente che gli potrebbe fargli cambiare idea!

Scena uno: entra una signora e chiede:

"Ma quella pelliccia in vetrina è vera?"
"Si signora, è pelo vero"
"Cavoli, io sono animalista"
"…"
"Beh, comunque…insomma…cioè…"
"Mi dica"
"E’ proprio vera pelliccia"
"Eh si"
"E però a questo prezzo…e poi mi sta anche bene, è la mia taglia…Ma si: la prendo! Io sono animalista, ma d’altronde a questo prezzo la devo prendere!"

Devo dire: un animalista convinta! Magari di quelle con la borsetta in pelle, le scarpe di cucciolo di foca, la cintura di pitone e i guanti di zerba nana del Madagascar.

Scena due: una signora mi chiede di vedere delle scarpe da ginnastica.

"Mi dia dei 35 da adulto"
"Ecco, i 35 sono da questa parte"
"Mi raccomando, me li dia da adulto"
"Signora, adulto o ragazzo che differenza fa? Sempre 35 rimane"
"Eh no, perchè in certi negozi tentano di rifilarmi dei 35 da bambino, che hanno la pianta più stretta, ma io non li voglio"

E proprio in quel momento mi viene da fare caso a che calzature indossa: aveva le Lelly Kelly, con tanto di disegnini multicolor e di scrittona "LELLY KELLY" in bella evidenza!!!

Eh già, lei le scarpe junior non le vuole…..

Guadagnare con le foto

Questo è un articolo dedicato a tutti i miei amici fotografi. Ovviamente parlo per quelli che non lo fanno per professione….oppure anche a quelli (un arrotondamento potrebbe non fare male, no?)

Magari sono servizi che conoscete già , ma ve li segnalo lo stesso. Sono siti che permettono di guadagnare con le vostre foto: ti iscrivi, mandi le tue foto e se qualcuno le acquista… guadagni!!
Ci sono diversi siti con diverse modalità. Solitamente accettano solo foto di alta qualità (come il latte granarolo).

Io ho provato a mandare qualche mia foto, ma le hanno scartate: errori nell’esposizione, disturbi, luce sbagliata, ecc. Insomma errori da fotografo della domenica come me, che fa fotografie algi amici che fano le boccacce e senza pretesa di far foto "belle", quelle da farci un quadretto. Voi che invece ne siete capaci e che ne avete voglia, ecco i link. Tentar non nuoce, l’iscrizione è gratis, basta solo mandargli le foto e chissà… magari si vendono!!

FOTOLIA
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DREAMSTIME
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Sara, Manu e Lorenzo

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