(raccolta molto sparsa di pensieri)

fabiotordi

Month: November 2008

Tordo Matto

da Wikipedia l’enciclopedia libera

Il Tordo matto di Zagarolo è un piatto tipico di Zagarolo.

Si tratta di un involto di carne equina con all’interno un battuto di grasso di prosciutto, aglio, prezzemolo, coriandolo, sale, ed altre spezie locali.

Cucinato alla brace di "Troppe" (viti tagliate dai vigneti "stincati") con i giusti tempi di cottura può essere infilzato allo spiedo o sulla graticola.

In alternativa può essere cucinato in padella a fuoco lento con il vino rosso locale oppure al forno con le patate.

In tutte le varianti è fondamentale cuocere a fuoco lento in modo che la carne risulti alla fine morbida e ben cotta fin nel suo interno, dove il battuto di grasso di prosciutto fondendosi condisce e da un sapore particolare alla carne equina.

———

da Romaincampagna.it

Origine e descrizione

Sono degli involtini speziati di carne di cavallo ripieni di lardo, coriandolo, pepe, peperoncino, aglio e prezzemolo cotti alla brace. La ricetta nasce nel XVI secolo, quando il famigerato Ugo di Moncada, inviato da Carlo V, diede l’avvio ad una serie di intrighi in collaborazione con i Colonna.
A questi si unirono anche i Lanzichenecchi. Gli abitanti di Zagarolo si rifugiarono nelle campagne circostanti. Un giorno un lanzichenecco ferito, con al seguito un cavallo malconcio, si rifugiò in una capanna abitata da due anziani coniugi. L’uomo, rifiutando ogni cura, fece capir loro che aveva fame e ripeteva in continuazione la parola "drossel". Il cibo però a quei tempi scarseggiava, così che, alla morte del cavallo, la donna tagliò la sua carne in sottili fettine alle quali aggiunse lardo e varie spezie e le offrì all’uomo assieme a del buon vino. Questi, una volta finito il pasto, si ubriacò continuando a gridare la parola "drossel", facendo pensare a tutti che fosse matto. Il mattino seguente l’uomo era sparito. Terminati i combattimenti, la popolazione rientrò nelle case e si diffuse la ricetta che quietò il lanzichenecco, ormai ricordato come il soldato "matto" che ripeteva in continuazione la parola "drossel", che in tedesco significa tordo. Da qui il nome di questa ricetta.

Always on

Ok ragazzi, lo ammetto, io sono uno di quelli abbastanza patiti della tecnologia, insomma sono abbastanza sopra la media per quanto riguarda l’utilizzo di tutte le cazzatine nuove e sono un fan dei tecnogadget. Su internet sono iscritto a un mare di roba: siti, portali, forum… ho account su myspace, facebook (attualmente cancellato, ma tornerò prima o poi), hi5, orkut, su wikipedia, ho mns, icq, skype, gtalk. Uso le irq. Uso o ho usato twitter, scrivo sui newsgroup, ho un blog (come un tecno-esibizionista deve avere), ho centinaia di indirizzi email, leggo la posta dal pc, dal portatile, dal palmare, dal telefonino. Posso definirimi "always on (line)", cioè "sempre connesso".

Detto questo, c’è gente che invece fa un sacco di confusione… mi spego meglio: per esempio ci sono quelli che mi scrivono email per comunicazioni importanti o urgenti. Se mi scrivi al pomeriggio per un appuntamento alla sera c’è il grave rischio che io non legga l’email in tempo. Poi ci sono quelli che ti rispondono via email ad un sms la cui risposta sarebbe gradita subito (ve lo pago io l’sms se è questo il problema).

Poi ci sono quelli a cui scrivo via sms e mi rispondono su msn (e sono un discreto numero) offline. Adesso è nata la moda di scrivere solo via FaceBook… oppure ci sono quelli che per dirmi le cose mi lasciano un commento sul blog (così come quelli che per commentare il blog mi scrivono un’email)

Quindi, fatemi un favore, se avete delle cose importanti o urgenti da comunicarmi fatelo seguendo la seguente scala di priorità: telefono, sms, email. Altri sistemi lasciateli perdere, vanno bene solo per divertimento.


Veduta di Pavia dalla sponda meridionale del Ticino

Terrorismo psicologico

Crisi crisi crisi… in questo periodo non si fa altro che parlare di crisi. Molti mi chiedono se io, nel mio lavoro, la sento. Eccome se la sento. Si vende meno, balle non ce ne sono. E la crisi è sotto gli occhi di tutti: anche le grandi aziende falliscono o hanno seri problemi. Però io sono convinto di una cosa e ne parlavo l’altra sera col mio clone con un mio amico: in questa situzione sono anche i media che ci marciano e ingrandiscono la cosa. Io mi ricordo nei primi anni ’90 che, dopo la grande abbuffata dei "favolosi anni 80" si parlava di crisi crisi crisie crisi fu. Se la gente sui giornali, in tv, nei tg, nei talk show, sente parlare di crisi crisi crisi… è ovvio che poi si preoccupa e sta più attenta a spendere. In realtà io sono convinto che, finora, la crisi non c’è. Anche perchè quando hanno lanciato l’iPhone davanti ai negozi c’era la fila di gente pronta a spendere 500 euro per un tecnogadget. E la tv piatta, e la Wii, e la settimana nell’oceano indiano, ecc.

Oltre a questa crisi, ingigantita dalle paure fomentate dai giornalisti, a preoccuparmi c’è anche la notizia di continue nuove aperture di Centri Commerciali. Io da cliente sono abbastanza un fanatico di Centri Commerciali. Quando facevo ingegneria prendevo l’auto e da Pavia me ne andavo nell’hinterland milanese per giracchiare in questi megastore e mi chiedevo come mai qui in Oltrepo non ce ne fossero. Ora è il contrario: c’è una concentrazione quasi maggiore che nel Varesotto, con la piccola differenza che non c’è lo stresso bacino di utenza! Una volta i miei amici di Pavia venivano a fare la spesa all’Iper, adesso con la Bennet e il Carrefour… col cavolo.

Settimane fa circolava la notizia di una possibile nuova apertura di un nuovo centro (con Decathlon) in via Piacenza, prima della rotonda ex-Colussi. E oggi sul giornale si ventila la possibilità di impiantare un megacentro a Casei Gerola. Ma davvero in questo periodo di crisi c’è gente disposta ad investire tanto nel commercio?? E davvero pensano che questa zona non sia ancora satura?? Inizieranno a volare i coltelli!!! E chi ci perderà saranno ovviamente i piccoli negozi di città. Peccato. Andrò a fare un altro lavoro, potrei fare l’istruttore di nuoto, il medico, il pittore… voi che dite??

Tanti tanti tanti anni fa

Ti ricordi quell’estate
in moto anche se pioveva
tentavamo un po’ con tutte
cosa non si raccontava
ci divertivamo anche
con delle cose senza senso
questo piccolo quartiere
ci sembrava quasi immenso
Poi le strade piano piano
ci hanno fatto allontanare
e il motivo sembra strano
non lo saprei neanche dire
solo ti vedevo qualche volta
in giro con quegli altri
tu che mi dicevi
qualche sera passerò a trovarti
io che avevo i fatti miei
ti ricordi quella
con quegli occhi grandi bianchi
mi dicevi è troppa bella
forse è stato il tempo
forse quella solitudine
che ci portiamo dentro
però credimi
se tornerai
magari poi
noi riconquisteremo tutto
come tanti anni fa

quando per noi
forse la vita era più facile

Forse è stato il tempo
forse quella solitudine
che ci portiamo dentro
troppo grande per noi
Ti ho rivisto stamattina
sul giornale la tua foto
steso su quella panchina
non sembravi neanche tu
forse te la sei cercata
forse non sei stato forte
non m’importa ma non so
se eri pronto per la morte
io che ho sempre i fatti miei
con un’altra donna
con degli occhi grandi
che
anche tu
mi diresti
è troppo bella

forse è stato il tempo
forse quella solitudine
che ci portiamo dentro
però credimi
se tornerai
magari poi
noi riconquisteremo tutto
come tanti anni fa
quando per noi
forse la vita era più facile
se tornerai
magari poi
noi riconquisteremo tutto
come tanti anni fa
quando per noi
forse la vita era più facile

 

(Max Pezzali – Se Tornerai)

Phelps e Keynes

Scusate, ma il mio animo di economista (una delle mie tante personalità che talvolta hanno il sopravvento l’una sull’altra) mi spinge a rubare questo articolo apparso giorni fa sul Corriere della Sera. Indovinate dove? Nella sezione "Lettere"… e già perchè magari nelle pagine più importanti avevano altre cazzate da scrivere… ma dai!!! così va il mondo….

Perché è sbagliato tornare all’ interventismo di Keynes
di EDMUND PHELPS

(premio Nobel per l’economia 2006)

Di quale teoria possiamo avvalerci per uscire dall’ imminente recessione in modo rapido ed efficace? Usare la «nuova teoria classica» delle fluttuazioni nata a Chicago negli anni Settanta – che incorpora i modelli di «gestione del rischio» – è inimmaginabile, dato che con il crollo dei prezzi degli asset è proprio questa teoria a essersi dimostrata errata. Alcuni hanno pensato di rivolgersi a John Maynard Keynes. Le sue riflessioni sui rischi e sulle speculazioni sono acute, ma la sua teoria sull’ occupazione è problematica e le soluzioni politiche «keynesiane» sono, nel migliore dei casi, discutibili. Le banche hanno parlato della discesa dei prezzi delle case come se fosse la conseguenza di un qualche shock. Secondo i loro modelli, sono shock casuali a far deviare il prezzo degli asset dai valori previsti. In realtà non sono stati terremoti, periodi di siccità o altri fattori esterni a provocare la caduta dei prezzi. La causa principale è stata una previsione basata su modelli del tutto erronei. Gli speculatori e gli acquirenti di case, pensando che gli affitti o i costi di costruzione sarebbero saliti, contavano sul fatto che nel futuro il prezzo delle case sarebbe aumentato e questo provocava anche un aumento di prezzo delle case esistenti. Ma nel corso degli anni né gli affitti né i costi (in termini reali) sono cambiati. In una situazione del genere, i prezzi (reali) prima o poi devono tornare a scendere. Questo era il mondo di Keynes. A Cambridge, nel suo Treatise on Probability, Keynes mostrò come un investitore debba tenere conto di circostanze non note. A Londra gestì un fondo con O. T. «Foxy» Falk e si arricchì, ma fu poi colto di sorpresa dal crollo dei prezzi delle materie prime all’ inizio del 1929. Si rese conto così della fragilità delle certezze degli investitori. Quando gli investitori cominciano a ritirarsi, il prezzo dei beni, che in precedenza aumentava, dapprima fluttua, e alla fine precipita insieme alle convinzioni su cui si basava. Nella Teoria generale del 1936 Keynes affermò che il prezzo degli asset era determinante per l’ occupazione. Se un cambiamento nel modo di sentire della gente provoca il crollo dei prezzi degli asset (insieme a quello delle azioni e delle case), gli investimenti si riducono e l’ occupazione si contrae (aumenta la disoccupazione), soprattutto nelle industrie di beni capitali (capital goods). Sfortunatamente, da allora nulla andò più bene. Keynes fece un grave errore, non distinguendo tra una caduta dei prezzi degli asset dovuta a cause monetarie – un aumento esogeno, o autonomo, della domanda di denaro – e una caduta dovuta a cause che non hanno nulla a che fare con l’ offerta e la domanda di denaro – ma dipendono, per esempio, da una minore fiducia negli investimenti azionari o nel settore immobiliare. Il primo fenomeno potrebbe essere risolto con mezzi monetari: la banca centrale potrebbe accrescere l’ offerta di denaro, risollevando così il prezzo degli asset senza trascinare gli altri prezzi e i salari in un’ inutile spirale di aumenti. La recente crisi della speculazione sugli immobili è però un fenomeno non monetario: deve esserci un calo dei prezzi delle case, in termini monetari, rispetto a quelli dei beni di consumo. Keynes sosteneva che l’ aumento dell’ offerta di denaro potrebbe funzionare anche in questo caso: i lavoratori non sono consapevoli che altrove i salari per lavori analoghi sono saliti come i loro e si astengono quindi dal richiedere salari alti quanto prima, in termini reali; in questo modo le assunzioni sono incentivate e l’ occupazione torna a crescere. Ma continuare a sostenere una ripresa di questo tipo richiederebbe di sicuro un aumento senza fine dei salari, che continui a precedere le aspettative – una prospettiva poco attraente. Keynes pensava sempre di più a misure non monetarie per cambiare il nuovo equilibrio non monetario derivante da una perdita di fiducia degli investitori. Riteneva che anche la domanda dei consumatori incentivasse l’ occupazione. Un aumento della domanda incoraggia, in un primo tempo, le aziende ad aumentare la produzione e ad assumere un maggior numero di lavoratori. Ma in un’ economia aperta quest’ incentivo sarebbe di stimolo soprattutto per i paesi esteri. Nell’ economia globale, l’ aumento della domanda dei consumatori farebbe solo aumentare i tassi d’ interesse, spianando la strada al calo dei prezzi reali degli asset, degli investimenti e dei salari. Keynes poneva l’ accento sull’ investimento come leva per aumentare l’ occupazione. Secondo questa teoria, si potevano stimolare gli investimenti privati attraverso sgravi fiscali, o aiuti alle nuove aziende o a chi assume. Keynes vedeva con favore gli investimenti da parte dello Stato o di imprese statali. Gli americani, con i loro aeroporti da incubo e i ponti che crollano, accoglierebbero volentieri la realizzazione di nuove «infrastrutture». Ci si deve chiedere, però, se un massiccio spostamento di investimenti dai privati allo Stato non soffochi la creazione, lo sviluppo e l’ adozione di idee innovative da immettere sul mercato. La teoria del capitalismo si basa sulla diversità delle fonti da cui possono scaturire nuove idee commerciali, sulla varietà dei gruppi di imprenditori disposti a investire, delle risorse finanziarie – angel investors, venture capitalists e altri – e degli utenti. E si basa anche sull’ importante presupposto che i proprietari di imprese finanziarie e commerciali non debbano render conto a nessuno (se non alla propria coscienza) – e siano quindi liberi di usare il loro intuito, una condizione molto diversa da quella di rigido controllo a cui devono giustamente sottostare i funzionari dello Stato. Un considerevole aumento della presenza del governo nel settore degli investimenti potrebbe quindi limitare l’ innovazione e abbassarne la qualità. Continueremmo a essere in crisi. Alla fine della vita Keynes disse all’ amico Friedrich Hayek che intendeva riesaminare la sua teoria in un libro successivo. Sarebbe andato oltre. L’ ammirazione che noi tutti nutriamo per l’ enorme contributo di Keynes non dovrebbe trattenerci dall’ andare oltre.

Traduzione di Maria Sepa

Francesco Guccini al Forum di Assago

Martedì undici/undici sono stato, come preannunciato, a vedere Guccini. Sempre bello. C’era il pienone, ed infatti ha esordito dicendo che gli fa sempre una certa emozione cantare di fronte a tanta gente. Come al solito Guccini fa un po’ di teatro, i soldi del biglietto sono spesi bene sia per ascoltare le canzoni dal vivo, con l’altmosfera creata dall’autore e dal pubblico che canta a squarciagola, sia per il corollario di dissertazioni (quasi sempre in chiave politica) del Nostro.

Anche stavolta non si è tirato indietro dal fare battute sull’attuale maggioranza e soprattutto sul premier. Mi viene in mente qualche aneddoto del tipo che sia lui che Fini, abitando a Bologna, hanno visto lo stesso film nello stesso cinema da ragazzi. E quindi si chiedeva se, in una sorta di sliding doors, lui avesse potuto diventare presidente di Alleanza Nazionale e Fini avesso scritto "La locomotiva"… scrivendo "gli eroi son tutti giovani e belli…. e abbronzati". E poi sotto cone le allusioni, le battutine, ecc. E giù applausi del pubblico.

Oltre a questo introduceva ogni canzone, sempre piene di "malinconia positiva" come solo lui sa fare. Calzoni un po’ retrò, un po nostalgiche, ma con una forza che spacca.

Ha iniziato con la classica "Canzone per un’amica", ma poi ha percorso una strada insolita introducendo non le classiche canzoni superfamose, ma un sequenza di successi minori che e stato piacevole riascoltare dal vivo, come "Canzone quasi d’amore". La mia preferita è stata sicuramente "Canzone delle osterie di fuori porta": Sono ancora aperte come un tempo le osterie di fuori porta, ma la gente che ci andava a bere fuori o dentro è tutta morta: qualcuno è andato per età, qualcuno perchè già dottore e insegue una maturità, si è sposato, fa carriera ed è una morte un po’ peggiore

Poi, dopo la metà del concerto parlava sempre meno e cantava sempre più, con Noi non ci saremo, Eskimo, Cirano, Don Chisciotte… cavoli ci mancava l’Avvelenata maledizione, ma ovviamente neanche stavolta l’ha fatta. Inutile dirvi che ha chiuso con "La locomotiva".

nel frattempo la bottiglia di Bonarda che avevo abusivamente introdotto era misteriosamente finita….

Sono ancora aperte come un tempo le osterie di fuori porta,
ma la gente che ci andava a bere fuori o dentro è tutta morta:
qualcuno è andato per formarsi, chi per seguire la ragione,
chi perchè stanco di giocare, bere il vino, sputtanarsi ed è una morte un po’ peggiore

Aspettando Guccini

In attesa di una recensione più dettagliata, posso anticiparvi che martedì sera sono andato al DatchForum di Assago a vedere il mio quinto concerto di Francesco Guccini. Volevo qui inserire il testo di una delle canzoni che ha fatto quella sera, ma non so proprio quale scegliere tra due, quindi le metto entrambe (mi sono reso conto che "Cirano" l’ho già pubblicata sul mio blog, pertanto metto solo "Don Chisciotte". L’altra la potete trovare in un vecchio post, cliccando qui). Un grazie ai miei due soci che erano avec moi e una dedica particolare a quel borghese ammuffito de "Il Cire": sei vecchio! D’altronde è un po’ che non ci vediamo e mi sa che ormai hai raggiunto addirittura i 34 anni… però ti perdono perchè sei tu che mi hai fatto scoprire il Guccio.

Ho letto millanta storie di cavalieri erranti, di imprese e di vittorie dei giusti sui prepotenti per starmene ancora chiuso coi miei libri in questa stanza come un vigliacco ozioso, sordo ad ogni sofferenza. Nel mondo oggi più di ieri domina l’ingiustizia, ma di eroici cavalieri non abbiamo più notizia; proprio per questo, Sancho, c’è bisogno soprattutto
d’uno slancio generoso, fosse anche un sogno matto:
vammi a prendere la sella, che il mio impegno ardimentoso l’ho promesso alla mia bella, Dulcinea del Toboso, e a te Sancho io prometto che guadagnerai un castello, ma un rifiuto non l’accetto, forza sellami il cavallo !
Tu sarai il mio scudiero, la mia ombra confortante e con questo cuore puro, col mio scudo e Ronzinante, colpirò con la mia lancia l’ingiustizia giorno e notte, com’è vero nella Mancha che mi chiamo Don Chisciotte…

Questo folle non sta bene, ha bisogno di un dottore, contraddirlo non conviene, non è mai di buon umore…  E’ la più triste figura che sia apparsa sulla Terra, cavalier senza paura di una solitaria guerra cominciata per amore di una donna conosciuta dentro a una locanda a ore dove fa la prostituta, ma credendo di aver visto una vera principessa,
lui ha voluto ad ogni costo farle quella sua promessa.
E così da giorni abbiamo solo calci nel sedere, non sappiamo dove siamo, senza pane e senza bere e questo pazzo scatenato che è il più ingenuo dei bambini proprio ieri si è stroncato fra le pale dei mulini… E’ un testardo, un idealista, troppi sogni ha nel cervello: io che sono più realista mi accontento di un castello. Mi farà Governatore e avrò terre in abbondanza, quant’è vero che anch’io ho un cuore e che mi chiamo Sancho Panza…

Salta in piedi, Sancho, è tardi, non vorrai dormire ancora,
solo i cinici e i codardi non si svegliano all’aurora: per i primi è indifferenza e disprezzo dei valori e per gli altri è riluttanza nei confronti dei doveri ! L’ingiustizia non è il solo male che divora il mondo, anche l’anima dell’uomo ha toccato spesso il fondo, ma dobbiamo fare presto perché più che il tempo passa il nemico si fà d’ombra e s’ingarbuglia la matassa…

A proposito di questo farsi d’ombra delle cose, l’altro giorno quando ha visto quelle pecore indifese le ha attaccate come fossero un esercito di Mori, ma che alla fine ci mordessero oltre i cani anche i pastori era chiaro come il giorno, non è vero, mio Signore? Io sarò un codardo e dormo, ma non sono un traditore, credo solo in quel che vedo e la realtà per me rimane il solo metro che possiedo, com’è vero… che ora ho fame !

Sancho ascoltami, ti prego, sono stato anch’io un realista,
ma ormai oggi me ne frego e, anche se ho una buona vista,
l’apparenza delle cose come vedi non m’inganna, preferisco le sorprese di quest’anima tiranna che trasforma coi suoi trucchi la realtà che hai lì davanti, ma ti apre nuovi occhi e ti accende i sentimenti. Prima d’oggi mi annoiavo e volevo anche morire, ma ora sono un uomo nuovo che non teme di soffrire…

Mio Signore, io purtoppo sono un povero ignorante e del suo discorso astratto ci ho capito poco o niente, ma anche ammesso che il coraggio mi cancelli la pigrizia, riusciremo noi da soli a riportare la giustizia? In un mondo dove il male è di casa e ha vinto sempre, dove regna il "capitale", oggi più spietatamente, riuscirà con questo brocco e questo inutile scudiero al "potere" dare scacco e salvare il mondo intero ?

Mi vuoi dire, caro Sancho, che dovrei tirarmi indietro perchè il "male" ed il "potere" hanno un aspetto così tetro? Dovrei anche rinunciare ad un po’ di dignità, farmi umile e accettare che sia questa la realtà?

Il "potere" è l’immondizia della storia degli umani e, anche se siamo soltanto due romantici rottami, sputeremo il cuore in faccia all’ingiustizia giorno e notte: siamo i "Grandi della Mancha", Sancho Panza… e Don Chisciotte !

Love is gonna save us

Stones and flowers on the ground
We are lost and found
but love is gonna save us

Shadows walking in the crowd
we are lost and found
but love is gonna save us

But love is gonna save us


Segesta – (c) foto by lorenzo.tomasoni su Flickr

Gli uomini rossi

Il primo uomo rosso di cui vi vorrei parlare è Felipe Massa, il pilota brasiliano della Ferrari F1. L’ho molto ammirato nei giorni scorsi per come ha accolto e vissuto la notizia di aver perso il campionato del mondo per un solo punto, soprattutto per come questa sconfitta è maturata. Mi ha impressionato la sua dignità, la sua maturità. Il suo crudo realismo, la sua fede e la sua fiducia in tempi migliori. Oltre che campione si è dimostrato un grande uomo, e ha dimostrato quindi di essere pronto ad essere campione. Per la carità, non stiamo parlando di un povero disgraziato delle favelas, stiamo parlando di un milionario che probabilmente passerà gran parte dell’inverno con le chiappe al sole a Copacabana, ma cmq è un bell’esempio. Lo includo quindi tra i miei preferiti di questa stagione, oltre ad Alonso, Kubica e Vettel. Però vorrei farvi notare che dal 1953 non c’è più stato un italiano campione del mondo!!!

Il secondo uomo rosso è molto meno famoso: si tratta del professor Andrea Fumagalli dell’Università di Pavia. Lunedì scorso ho letto un articolo su Il Punto che lo riguardava. Pare, che in pieno clima di proteste contro le nuovi leggi sul sistema di istruzione in Italia, abbia tenuto una lezione di Macroeconomia all’aperto, in Piazza della Vittoria. E pare che un gruppo di persone, prevalementemento attivisti di Azione Giovani, lo abbia sonoramente contestato. Nell’articolo c’erano le due versioni: Fumagalli si sentiva oltraggiato ed insultato, mentre i contestatori sostenevano di essere nel pieno diritto della libertà di, appunto, contestare una lezione tenutasi al di fuori della sede apposita, ovvero l’aula universitaria. Al di là delle rispettive versioni e delle rispettive idee, provo ammirazione per Fumagalli. E’ stato il mio professore di Macroeconomia e l’ho trovato una persona interessante e interessata alla propria materia. Mi è capitato più volte di discutere con lui durante la pausa o al termine della lezione di questioni macroeconomiche (cioè di quello che dice quotidianamente il telegiornale) e mi ha fatto piacere che il giorno della laurea mi abbia riconosciuto e salutato quando mi ha incrcociato per i corridoi della facoltà. Ma a parte questo… ammiro una persona che continua a credere nei propri sogni, che continua a lottare per le proprie idee. Solitamente si lotta a 20 anni e a 50 si è già smesso da tempo. Lui no, ci crede sempre. Bravo Fumagalli.

Detto questo, io non condivido la sua battaglia nè tantomeno condivido alcune sue tesi, come queste. Ma sono comunque contento di essere stato un suo studente.

 

Risate di fantasmi

Anche io come tutti ho i miei momenti di nostalgia. E l’altra sera tornando a casa, mi accade di sentire la lontana musica, le voci e le risa di tante serate in compagnia d’amici. E la mia mente venne sfiorata da un pensiero fugace, non invecchiare mai, non andare oltre questo presente. Allora ho sorriso per quanto sia vano questo mio fantasticare,scaturito da ricordi,ormai senza importanza. Risate di fantasmi che sfiorano la mente.

Anonimo


David Ho – The Difference

Atene – terzo giorno

Il tempo è bello, alla strafaccia delle previsioni. Caldissimo.
Mi da l’impressione che nei negozi parlino fluentemente l’inglese, a differenza dell’Italia. X esempio il tizio dell’internet point dove vado alla sera parla un inglese perfetto. Ma anche i venditori di ricordini.

Poi c’è un altro mistero: lungo le vie c’è una… non so come definirla e descriverla è difficile… una "striscia", larga circa 30/40 cm, che sembra quasi una pista per i trolley… ma in realtà non si capisce a cosa serva. A volte è di materiale plastico, e ha delle linee longitudinali in rilievo… sembra fatta apposta per farci passare qualcosa, ma è stretta e poi ogni tanto fa delle curve. Ma c’è dappertutto, in quasi tutti i marciapiedi.

Un’altra singolarità è che qui mangiano a tutte le ore. In questo momento stiamo pranzando, sono le 3 e mezza del pomeriggio e il ristorante è strapieno imballato di gente.

Oggi era una qualche festa nazionale, gli uffici sono chiusi. Lungo la via c’era una parata di scolari, a gruppi di età variabile dalle elementari alle superiori. Sono molto nazionalisti, ci sono bandiere dappertutto e c’è pieno di venditori ambulanti che vendono bandierine biancazzurre. A mezzogiorno abbiamo assistito al cambio della guardia davanti al parlamento, coi caratteristici guardiani vestiti in modo tradizionale che si muovono come fossero automi. Attraversando il parco lì dietro abbiamo raggiunto lo stadio costruito in occasione delle prime olimpiadi moderne del 1896. Notevole. Poi abbiamo fatto tutta la passeggiata che parte dietro alla rocca dell’Acropoli finché non abbiamo raggiunto questo ristorantino per mangiare qualcosa.

Prima della partenza abbiamo deciso di visitare una zona a caso non ancora vista. Abbiamo optato per la zona a nord est di piazza Monastiraki. All’inizio erano tutti locali pieni di gente che mangiava e beveva, poi quartieri sempre più degradati. Che storia, appena ti allontani dal centro si iniziano a vedere case semidistrutte, locali abbandonati, marciapiedi malmessi. Ad un certo punto pareva di essere in un film: arabi, indiani e africani ovunque. Ma tantissimi, a decine se non a centinaia. Tutti uomini. Ovunque ti giravi c’erano le vie piene di queste persone. Ad un certo punto sono spuntati alcuni agenti di polizia che cercavano di incanalare questi  personaggi… x poco non vengo incanalato anche io!! Ma che strano, non ho proprio capito cosa facessero. Vie e vie strapiene di questi tizi… devo ammettere che passarci attraverso dava un certo senso di claustrofobia o di agorafobia. Non per fare del razzismo, ma facce veramente da galera… per fortuna si facevano i fatti loro, non ci hanno mai interpellato a parole, al limite con gli sguardi. Boh sarà stato il raduno del fancazzista, ci saranno stati almeno mille uomini in totale a far nulla. E’ proprio quello lo strano: non stavano facendo nulla: non una festa, un mercato, un rito, non stavano pregando… nulla! Boh?

E poi in metro fino all’aereoporto. Dovrebbero farla anche a Linate.

Voto ad Atene: 6

 
Tempio di Efesto

 

Atene – secondo giorno

Una particolarità notata visitando alcune chiese: non ci sono statue. Solo raffigurazioni, cioè quadri. la gente entra, fa il giro di questi quadri, fermandosi davanti a ciascuno per una manciata di secondi e poi esce, non prima magari di accedere una di quelle piccole , magre e brune candele da conficcare in una cesta piena di sabbia. Le chiese sono tutte molto elaborate.

Andando verso l’Acropoli ci siamo imbattuti nel mercato della carne: allucinante. Sembra di essere in estremo oriente o nel medioevo: è al chiuso, ma sono tutte bancarelle aperte, coi tizi con la mannaia che taglino i pezzi di carne su taglieri di legno in mezzo alla gente, coi camici bianchi tutti sporchi…se allunghi una mano potresti toccagnare tutto ciò che vuoi. Addirittura è passato un carrello stracolmo di pezzi di carne, in mezzo alla gente. C’erano alcuni macellai che fumavano ed è passato anche un motorino. L’Italia sarà un paese di pseudoschizzinosi dove per comprare la frutta ci mettiamo i guanti, ma qui l’igiene non sanno neanche cosa sia!

Siamo saliti verso la mitica Acropoli. Si passa attraverso viuzze, casette, scalette. Tutto molto caratteristico. Tutte quelle casette con un piccolo giardino con viti, fichi, ulivi,…

Prima dell’ingresso c’è una rocca che offre un bel vedere. E’ una roccia marmorea, come molte nella zona, ma moooolto scivolosa, a causa del passaggio di orde di turisti.
 

Il Partenone è molto “conciato”, semidistrutto, però visto da davanti fa ancora la sua figura. Anche perché la posizione, là in alto, rende molto. Sulla guida c’è scritto che molte statue e reperti sono in realtà copie, per preservarle dall’inquinamento. Gli originali sono esposti nei musei, tra cui il BM di Londra.

Eravamo sfiniti, e allora una pennica in hotel. Nel tardo pomeriggio un giro in via Ermou, la via dei negozi del centro. Devo elencarli o ne faccio a meno? Tanto sono sempre i soliti: Benetton, Calzedonia, Zara, H&M, ecc. ecc.
Fino a piazza Syntagma. È la parte “shopping” della città e si non discosta molto da tutte le altre città europee che ho visto.
Abbiamo concluso la giornata con un giro nelle vie dei dintorni.

Qui c’è pieno di motorini. Vanno ovunque, sono abbastanza indisciplinati (e senza casco). Così come le auto: passano e parcheggiano dappertutto.

Ci sono tanti negozi di pellicce, molto spesso maculate, e molto spesso vendono sia pellicce che gioielli.

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