(raccolta molto sparsa di pensieri)

fabiotordi

Month: September 2019

Le stragi di Barostro e Cencerate

Ho letto questo libro del 2002 di Fabrizio Bernini dal titolo “Le stragi di Barostro e Cencerate – Autunno 1944 nel varzese“.

Racconta episodi della guerra civile che c’è stata in Italia negli ultimi anni della Seconda Guerra Mondiale, che si svolsero nell’alta Valle Staffora, a Varzi e ancora sopra. La zona è stata inizialmente sotto il controllo di bande organizzate di “ribelli“, come li chiamarono in tanti, oppure di “partigiani“, come vengono storicamente definiti. Erano tutti giovani che per qualche motivo si ritrovarono a combattere per cercare di liberare il nord Italia dal regime Fascista. C’era chi ci credeva, chi ci sperava, chi non voleva sottostare ai soprusi dell’esercito regolare, chi non aveva scelta e chi ne approfittava. E qualcuno per più di uno di questi motivi.

La guerra è davvero brutta, e anche se non l’ho vissuta in prima persona l’ho sentita spesso raccontare dai miei genitori, da mio nonno e da alcuni anziani dei miei paesi. La guerra civile è una cosa ancora più brutta perché mette di fronte persone che abitano o vivono negli stessi luoghi. E quindi è intrisa maggiormente di ingiustizie, ripicche, vendette, soprusi, angherie e tragedie.

Nelle brigate partigiane militava il “Commissario Piero“, nome di battaglia di Giovanni Orfeo Landini, nipote di quel Landini che fondò lo stabilimento di trattori agricoli. Divenuto strenuo antifascista fu arrestato negli anni ’40 per cospirazione e tenuto in carcere fino ad ottobre del ’43, quando entra nei ranghi della rete organizzativa e militare del PCI. Rimane coinvolto nell’assassinio di un commissario federale fascista a Milano e quindi il PCI ritiene opportuno il suo allontanamento in Oltrepò Pavese, per coordinare bande di ribelli irregolari in formazioni regolari e divenne commissario politico della brigata Aliotta.

Occorreva un luogo da dedicare a campo di prigionia per i prigionieri e si scelsero due paesi situati nel comune di Brallo (all’epoca comune di Pregola): Barostro e Cencerate, raggiungibili risalendo la valle dello Staffora fin quasi alla fonte, percorrendo una stretta mulattiera. Nel settembre 1944 tra i prigionieri si contavano soldati dell’esercito regolare, civili, esponenti del Partito Fascista, tedeschi.

A metà ottobre si scatena una rappresaglia, ovvero una “risposta” a fatti di sangue, fucilazioni a danno di partigiani commesse dai fascisti. Si decide di fucilare 33 esponenti della brigata San Marco. Una commissione partigiana dette una parvenza di tribunale e i condannati scesero a 9. Essi erano nel campo di prigionia di Barostro. Don Rino Cristiani, parroco di Nivione, li confessa, dà loro la comunione e raccoglie i loro ultimi desideri. Un ragazzino di 15 anni, Oreste Flauto, si offre per essere fucilato al posto di un commilitone. Il racconto di don Cristiani è commovente, dirò soltanto che convinse un condannato a perdonare ed abbracciare chi lo stava per uccidere, un attimo prima della fucilazione.

Nell’agosto ’44 ci fu una rappresaglia a Milano, in piazzale Loreto, per via di un attentato che costò la vita  a militari tedeschi e civili: i fascisti prelevarono quindici partigiani e li fucilarono. La delegazione lombarda dei partigiani ordinò quindi di passare per le armi i prigionieri nazifascisti.
A Varzi questa notizia fu accolta con sgomento e una piccola delegazione parlò col commissario Piero per avere garanzie su un giusto processo, prima di ordinare qualsiasi fucilazione. 

Il problema dei prigionieri era che nell’autunno ’44 era in corso un grande rastrellamento a largo raggio delle truppe tedesche e dei “mongoli” (truppe in realtà calmucche) e portarsi dei prigionieri durante un’eventuale ritirata era un impiccio. Liberarli voleva dire esporsi a possibili fughe di notizie. Quindi, che fare? C’era l’ordine di fucilazione, ma questo ordine scritto non fu mai confermato. Il Landini sostenne sempre che questo ordine fosse esistito, ma non fu mai provato.

Alla fine questo ordine fu dato a chi comandava i due campi, quello di Barostro e quello di Cencerate. Quelli che dovevano occuparsene erano comunque dei giovani, erano comunque degli uomini, e molti furono presi, se non da dubbi, da scrupoli, perlomeno da pietà, da paura, e cercano di far fuggire i prigionieri, almeno quelli come i borghesi che godevano di un’ampia autonomia all’interno dei campi.

Don Rino tento di persuadere il Landini a ravvedersi dal suo proposito, ma inutilmente. Arrivati i fucilandi, il prete li accolse per dare loro conforto e qualcuno di loro gli lasciò degli scritti per i famigliari. 

Nel dopoguerra Orfeo Landini fu processato e considerato colpevole di omicidio volontario continuato. Lui si difese sostenendo di aver solo obbedito a un ordine, ma prove in tal senso non ne furono mai prodotte e le testimonianze non deponevano a suo favore. Si ritenne che, pur essendo gli avvenimenti occorsi in stato di guerra, il Commissario Piero ebbe la colpa di far fucilare anche 4 civili, perlopiù non in un atto di guerra, ma compiendo un omicidio dettato da moventi politici. Fu condannato a 18 anni, ma non scontò in pieno la pena in carcere per un’amnistia.

50 anni dopo la guerra Landini rilasciò a Bernini stesso, l’autore di questo libro, un’intervista dove si dichiarava membro del commando che da Milano partì nell’aprile 1945 per prendere in consegna Mussolini e che invece lo fucilò. 

Cagliostro 6

Quiz: dov’è Cagliostro?
Vi assicuro che in questa foto c’è un gatto, ma il subdolo felino ama mimitizzarsi.

Cane da guardia

Pisaré cane da guardia del Brallo.
Nessuno può entrare senza il suo permesso!

Estate duemiladiciannove

Questa estate come è stata? E’ stata l’estate di Trotty II, la 500. L’estate senza grigliate, l’estate di tanti libri, l’estate di Riva Trigoso e la sua spiaggia.
L’estate del sempre caldo, insopportabile. All’inizio perlomeno non c’erano zanzare, uno degli animali più odiosi del globo.
L’estate di Brallo, di Cagliostro e di Pisaré. L’estate senza “Inferno 125” a luglio, ma a settembre con tempo record e col fantastico giro a Brugnello, l’estate del trebbia a Valsigiara.
L’estate della solita polenta a Cortevezzo, ma poi sono sceso a Voghera, l’estate delle prove di teatro allo Stanzone e poi dello strepitoso spettacolo al castello.
L’estate delle persiane da scartavetrare e l’estate del bargnolino. Le verdure si, i giri para no. La polenta di Corbesassi si, Someglio no.
L’estate di Montagne di Carta terza edizione, l’estate senza danni alla casa, finalmente. Discofragolina no, San Lorenzo a Valformosa si.
Pisa, Abetone e Garlenda. Pizza, vino e cubalibre.
Una bella estate.

Cagliostro 5

Io e Cagliostro partiamo.
Verso l’infinito e oltre.
Arrivederci.

Eternità

L’eternità è il mare mischiato col sole.

Canto narrativo al Brallo (4)

Vi rimando alla prima puntata, alla seconda e alla terza

Il disco

Il disco intende offrire un’esemplificazione dei canti narrativi ancora in uso al Brallo, nella loro pluralità di modi esecutivi, a solo e in coro. La scelta non è limitata al canto epico-lirico classico, anche se lo privilegia. Sarebbe stato scorretto trascurare i canti recenti “da cantastorie” che hanno conosciuto maggior sincretismo nel repertorio locale, tanto da divenire sincronicamente parte integrante del patrimonio canoro locale.
Appartengono allo strato arcaico : Cecilia, E l’ui bella l’è là sul mar, Inglesina, Rosina la va la rusa, La povera Lena. Esiste tuttavia un corpus sostanzioso e tutt’ora vivissimo di altri canti narrativi, che potremmo dire “da cantastorie“. A questo gruppo, che si differenzia dal precedente anche strutturalmente, appartengono Isabella, La Milia la va Robbi, Isidora.
Spazio particolare ha, nella scelta, il canto solistico di Eva Tagliani, che rappresenta la testimonianza del livello più arcaico del la tradizione del Brallo. Rispettando il gusto estetico di Eva Tagliani sono stati inserite i canti che più le piacevano (Cecilia, La povera Lena, Teresina e Eugenio (il brano non è compreso nel disco).
I canti drammatizzati durante il carnevale in tempi passati provengono sia dal repertorio “vecchio” che da quello “moderno“. Dal primo Cecilia, E l’ui bella l’è là sul mar, dal secondo Ferruccio, Isabella.
Benchè l’esecuzione in coro sia la norma (si sentano, per esempio, Isabella, La Rosina la va la rusa) per la generazione più moderna di cantatrici (cioè le figlie di Eva), vengono anche inclusi alcuni canti a solo di Iride Tagliani (L’inglesina, Isidora, Ferruccio) e di Enrica “Richetta” Pasquella (La Milia la va Robbi) per la loro nettezza d’esecuzione e per il loro interesse intrinseco.
Per ogni canto si danno le varianti di maggior rilievo raccolte al Brallo (con qualche glossa linguistica); una bibliografia minima per il confronto con altre varianti settentrionali; commenti o notizie relative al canto, fbrnite, quanto possibile, dalle cantanti stesse. Soltanto per Cecilia il commento è sommario, considerando la mole di materiale che verrà pubblicata altrove 10.
Lo spazio posto a disposizione dal disco ha obbligato ad una (difficile) scelta ristretta che costituisce una parte esigua del repertorio del Brallo. Ciò che ci dispiace soprattutto è di non aver potuto includere nel disco esecuzioni di tutte le cantatrici che ho incontrato nella nostra ricerca. Voglio tuttavia ringraziarle tutte.

Un’ora in più

E chi di voi, per quanto si sia da fare, può aggiungere un’ora sola alla sua vita?
(Matteo 6,27)

Camillo Benso

“Sono figlio della libertà. Ad essa devo tutto quello che sono.”

Assurdo

Se un’idea non è assurda, pazza o furiosa, allora per quell’ idea non c’è speranza.
(Albert Einstein)

Brallo – Brugnello (e ritorno)

Il 12 agosto abbiamo intrapreso questa camminata.
Con me due bomber assoluti delle camminate: Ricky e Fly. Gente da record per tempo record.

Partiamo alle 7,00 dal Passo del Brallo e prendiamo subito per la faggeta. Dopo 10 minuti di passeggiata la strada si inerpica e chiacchierare diventa più difficile. Sbagliamo itinerario e invece di sbucare sulla strada asfaltata appena prima del Pian del Lago arriviamo molto prima. A questo punto seguiamo la strada fino al bivio per la “Panoramica” che passa sopra Feligara e scende a Colleri, ma dopo poche decine di metri c’è la deviazione per Mogliazze.

Il sentiero è agevole, si chiacchiera allegramente. Io e Ricky parliamo di assicurazioni mentre Filippo è già in fuga. Ci aspetta sopra Mogliazze, dove la visuale si allarga e si possono fare le foto di rito. Dopo aver passato la fattoria del famoso dietologo si scende, sempre su asfalto, in direzione San Cristoforo. Qui, in una curva, parte lo stretto sentierino in direzione del torrente Carlone. Quando arriviamo, a pochi metri ci sono le famose cascate, e ci si ferma una decina di minuti per le foto.

Si riparte allegri per il castagneto, dove ci sono degli alberi davvero imponenti. Vuol piovere, ma noi siamo al riparo. Quando arriviamo nei prati, invece di prendere la direzione di Moglia, tagliamo verso l’alto, raggiungendo poi ancora il sentiero segnato. Da qui, con una ripida salita sassosa (dove i miei soci mi distanziano) si raggiunge Carana, dei pressi sel singolare Bricco di Carana. Andiamo a destra in direzione Collegio / Pieve, ma poi scendiamo verso l’abitato fantasma di Pietranera, giungendo nei pressi dell’oratorio di Sant’Anna.

Da qui una ripidissima discesa ci porta sempre più giù, fino a Brugnello, che si erge sopra il fiume Trebbia e sopra il paesone di Marsaglia, capoluogo del comune di Corte Brugnatella. Dalla balconata dietro la chiesa si possono vedere, giù dal burrone là in fondo, i turisti che fanno il bagno. Mangiamo un tramezzino, beviamo una bibita, accendiamo una candela e ripartiamo per la salita.

Penso: a scendere da Pietranera ci abbiamo messo 45 minuti, per salire ce ne metteremo il doppio. Invece no, in 45 minuti siamo su. A dire il vero anche qui i miei compagni d’avventura mi distanziano e arrivano prima. Si risale ancora e riprendiamo il sentiero che passa sopra Rossarola, sopra Collegio e sopra Pieve di Montarsolo. Filippo la sa lunga e ad un certo punto ci fa passare in un pascolo recintato che pare essere una scorciatoia. Si dimostra molto esperto di queste zone, ha capito dove siamo. Qui inizio a sentire male ai piedi. Raggiungiamo finalmente la “Panoramica“, che agevolmente ci porterà a destinazione, ma i piedi mi fanno sempre più male. Il dolore inizia a diventare insopportabile una volta raggiunto l’asfalto. Chiedo ai miei amici di passare per la faggeta, ma non li convinco e quindi ritorniamo al Passo seguendo la linea di asfalto.

Arriviamo alle 14,20. Tempo record. bevo un paio di birre e vado a dormire. Buonanotte ;-)
42081 passi e 31,32 km

Non lamentarti

Lamentarsi NON è MAI una strategia.

Cagliostro 4

Silenzio, per favore: qui c’è gente che dorme!

L’amore è imprevedibile

In fondo l’amore è imprevedibile! Passa per vie strette e nascoste, ma trova sempre la sua strada.

Error

Non faccio mai un errore due volte di fila, lo faccio quattro, cinque volte, così da essere sicuro.
Bill Murray

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