Una riflessione sulle borse di plastica (e sugli imballaggi in generale): tassarle serve davvero a ridurre l’uso? Temo di no. Serve più a lavarsi la coscienza e a fare cassa, un po’ come i messaggi allarmanti sui pacchetti di sigarette che, diciamocelo, non hanno mai fermato un fumatore.
Nel mio negozio, ogni giorno, mi trovo sommerso da un’ondata di plastica inutile: prodotti imballati singolarmente, poi raggruppati in confezioni ancora più grandi. Ogni arrivo di merce si traduce in due bidoni stracolmi di questa plasticaccia.
Vogliamo davvero fare la differenza? Allora smettiamola di prenderci in giro con i 10 centesimi per il sacchetto della verdura al supermercato. Un palliativo che non risolve il problema alla radice. Perché, diciamocelo, quel sacchetto siamo obbligati a prenderlo, il costo aggiuntivo non cambia la sostanza.
La vera soluzione è una sola: vietare la plastica superflua. Punto.
Scommettiamo che, di fronte a un divieto, i “geni” dell’industria troverebbero alternative valide in un batter d’occhio? Ma finché la plastica è consentita, chi si prenderebbe la briga di cambiare?
Ricordo quando da bambino andavo al negozietto del paese: la spesa era un rito semplice e sostenibile. Mele nel sacchetto di carta, pane avvolto allo stesso modo, pasta nel cartone, latte e aranciata in bottiglie di vetro, focaccia nella carta oleata, detersivo nel cartone. E tutto questo trasportato in una sportina di cotone.
Oggi, torniamo a casa con montagne di plastica: banane, carne, pasta, merendine, verdura, formaggio, pesce… l’elenco è infinito. Però i 10 cents del sacchetto dei pomodori ci rendono “green“? Un’ipocrisia che grida vendetta.
È ora di smetterla di prenderci in giro e di affrontare il problema con serietà. Vietare la plastica inutile è l’unica strada percorribile.
Questo anello di circa 9 km parte (e arriva) da Menconico, scende verso Montemartino, risale fino alla strada per Roncassi e scende di nuovo a Carrobiolo e quindi Menconico. Il tutto quasi completamente su sterrato.
“Come una notte a Bali” di Gianluca Gotto è un libro che mi è piaciuto per la sua sincerità e il suo romanticismo. L’autore ci conduce in un viaggio che molti di noi hanno sognato: lasciare tutto e partire alla scoperta del mondo, liberi da vincoli e convenzioni.
Il protagonista, un giovane milanese (anche se non c’è scritto, l’ambientazione è quella), si trova a un bivio: una relazione in declino, un lavoro insoddisfacente, la pressione delle aspettative sociali. La sua reazione è un atto di coraggio: un biglietto di sola andata per Bali, alla ricerca di se stesso e di una nuova prospettiva.
Gotto descrive con vividezza le emozioni e le scoperte del protagonista, trasportando il lettore in un’avventura che è al tempo stesso interiore ed esteriore. Il libro è una riflessione sulla libertà, sull’importanza di seguire i propri sogni e sul coraggio di cambiare rotta quando la vita ci sembra stretta.
Gotto è uno scrittore e viaggiatore, conosciuto per il suo blog “Mangia Vivi Viaggia” dove condivide le sue esperienze di viaggio e riflessioni sulla vita.
Approfittando di una bellissima giornata di nebbia il nostro Fabio ci conduce in un percorso, metà asfalto e metà sterrato, nel comune di Montesegale PV
Dopo una tranquilla colazione in camera, siamo partiti alla scoperta di Beatty. Devo ammettere che la mia richiesta di lasciare l’auto nel parcheggio del motel per un’oretta ha suscitato un’espressione perplessa nella receptionist.
Presto ne abbiamo capito il motivo: eravamo troppo abituati ai pittoreschi borghi italiani ed europei. Beatty si è rivelata una cittadina piuttosto anonima, con un’atmosfera quasi spettrale. Molti dei paesi che abbiamo visto in questa zona sono così: qualche casa o attività commerciale lungo la strada principale e poi distese di costruzioni in legno con “giardini” di sabbia, un modo eufemistico per descrivere delle vere e proprie baracche nel deserto.
Seguendo i consigli di una guida online, abbiamo deciso di visitare una ghost town nelle vicinanze, Rhyolite. Devo dire che, a nostro parere, non vale la deviazione, nemmeno se vi trovate a passare da quelle parti. L’unica nota positiva è stata la possibilità di scattare qualche foto con degli asinelli pacifici e curiosi che si aggiravano nei dintorni.
La nostra prossima tappa era il Red Rock Canyon, a circa un’ora e mezza di auto, vicino a Las Vegas. Durante la strada ci siamo però imbattuti nel “Area 51 Alien Center“, un minimarket nel deserto del Nevada vicino alla famosa zona segreta. Molder sarebbe stato fiero di noi!
Arrivati al visitor center del Red Rock Canyon, abbiamo appreso che il parco si esplora percorrendo una strada panoramica a senso unico di circa 13 miglia, con diverse piazzole di sosta per ammirare i punti panoramici e le attrazioni principali. Da ogni piazzola partono anche dei sentieri escursionistici, ma abbiamo preferito non avventurarci, sia per il caldo torrido, sia per la presenza di un bimbo piccolo, sia per la minaccia di pioggia imminente. Alcuni punti panoramici erano facilmente accessibili dal parcheggio, mentre altri richiedevano una breve passeggiata. Ad un certo punto, i nostri telefoni hanno iniziato a suonare all’unisono, emettendo un suono simile all’IT ALERT italiano, segnalando un rischio di “flash flood“, ovvero un’inondazione improvvisa, nelle ore successive. La cosa curiosa è che il segnale è partito anche dal telefono di Leo, che non ha una scheda SIM.
Dopo aver ammirato le bellezze del Red Rock Canyon, che ci ha davvero entusiasmato, siamo scesi a Las Vegas, dove ci siamo diretti verso il celebre cartello “Welcome to Fabulous Las Vegas“. Ovviamente, c’era una lunga fila di turisti in attesa di scattare la classica foto di rito. Non mancavano i “professionisti” che offrivano di scattare foto a pagamento o di “saltare la fila” (in realtà ti accompagnavano di lato e ti scattavano la foto in un breve intervallo tra un gruppo e l’altro).
A questo punto, abbiamo cercato il nostro hotel, che, sulla carta, avrebbe dovuto trovarsi vicino al famoso Bellagio. Trovarlo, però, si è rivelata un’impresa più ardua del previsto, data la confusione e il traffico di Las Vegas. La nostra camera era in realtà un appartamento spazioso, probabilmente una vecchia suite non ristrutturata di recente (l’arredamento era un po’ datato, ma in buone condizioni). Avevamo a disposizione un salotto, un frigorifero, una lavastoviglie, due televisori e altri comfort.
Dopo una rinfrescante doccia, siamo usciti per immergerci nella vibrante atmosfera notturna di Las Vegas! Le strade erano gremite di gente, tanto che per percorrere pochi metri ci voleva un’eternità. Abbiamo accontentato Leo, che aveva una gran voglia di McDonald’s, e ci siamo diretti verso il fast food più vicino. Leo era così stanco che si è addormentato mentre mangiava. La nostra “trasgressiva” notte di Las Vegas è finita così!
Sono entrato in possesso del volume “Archeologia a Voghera” di Elena Calandra.
Quest’opera, pubblicata nel 1992, cataloga in modo dettagliato i reperti conservati presso la Civica Biblioteca Ricottiana e i magazzini comunali, offrendo una panoramica completa delle testimonianze del passato, dalle epoche più antiche fino a quelle più recenti.
Ogni reperto è accompagnato da una scheda descrittiva che ne illustra le caratteristiche, la provenienza e il periodo storico di riferimento.
Nel 1983 hanno “inventato” un’ultramaratona di 893km da Sidney a Melbourne.
Si è presentato, tra i vari atleti professionisti, un contadino, Cliff Young, che aveva già corso delle maratone perché lui era abituato a correre dietro alle pecore per giorni.
A volte anche per 3/4, anche 5 giorni di fila. Lì si sarebbe trattato di circa una settimana quindi sarebbero stati “solo” due giorni in più.
Gli altri erano superattrezzati e sponsorizzati, lui correva con stivali di gomma.
Dopo un giorno era il più indietro.
Dopo qualche giorni era invece in testa, perché gli altri si fermavano a dormire, mentre lui non si è mai fermato.
Ha vinto con 10 ore di distacco sul secondo. Ha dichiarato che non aveva capito che fosse consentito fermarsi a dormire. Non aveva neanche capito che il vincitore avrebbe ricevuto un premio in denaro, che ha devoluto ai primi 5 arrivati dopo di lui.
Questo per dire che tutto ciò che sembra impossibile, o anche solo difficile, magari passettino dopo passettino, anche se gli altri ridono, può essere raggiunto.
Anche senza vincere, senza dare 10 ore di distacco agli altri, anzi magai arrivando ultimi. Ma arrivando, cosa che quelli che partono in tutta fretta e con tanto sfarzo magari non riescono a fare.