Una riflessione sulle borse di plastica (e sugli imballaggi in generale): tassarle serve davvero a ridurre l’uso? Temo di no. Serve più a lavarsi la coscienza e a fare cassa, un po’ come i messaggi allarmanti sui pacchetti di sigarette che, diciamocelo, non hanno mai fermato un fumatore.

Nel mio negozio, ogni giorno, mi trovo sommerso da un’ondata di plastica inutile: prodotti imballati singolarmente, poi raggruppati in confezioni ancora più grandi. Ogni arrivo di merce si traduce in due bidoni stracolmi di questa plasticaccia.

Vogliamo davvero fare la differenza? Allora smettiamola di prenderci in giro con i 10 centesimi per il sacchetto della verdura al supermercato. Un palliativo che non risolve il problema alla radice. Perché, diciamocelo, quel sacchetto siamo obbligati a prenderlo, il costo aggiuntivo non cambia la sostanza.

La vera soluzione è una sola: vietare la plastica superflua. Punto.

Scommettiamo che, di fronte a un divieto, i “geni” dell’industria troverebbero alternative valide in un batter d’occhio? Ma finché la plastica è consentita, chi si prenderebbe la briga di cambiare?

Ricordo quando da bambino andavo al negozietto del paese: la spesa era un rito semplice e sostenibile. Mele nel sacchetto di carta, pane avvolto allo stesso modo, pasta nel cartone, latte e aranciata in bottiglie di vetro, focaccia nella carta oleata, detersivo nel cartone. E tutto questo trasportato in una sportina di cotone.

Oggi, torniamo a casa con montagne di plastica: banane, carne, pasta, merendine, verdura, formaggio, pesce… l’elenco è infinito. Però i 10 cents del sacchetto dei pomodori ci rendono “green“? Un’ipocrisia che grida vendetta.

È ora di smetterla di prenderci in giro e di affrontare il problema con serietà. Vietare la plastica inutile è l’unica strada percorribile.

Cosa ne pensate?

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