(raccolta molto sparsa di pensieri)

fabiotordi

Month: August 2009

Vivere…come ridere

Eccomi qua, alla sera davanti al mio pc. Ancora una volta adulto in un mondo bambino e ancora una volta bambino in un mondo troppo adulto. Mi è stato detto che faccio fatica ad invecchiare, perchè sono sempre in movimento, ho il cervello sempre acceso e sempre pronto a inventare nuove idee. E’ un bel complimento, e io sono fortunato perchè è un periodo in cui ne ricevo tanti: che siano completamente sinceri oppure no, fanno comunque piacere e danno quella spinta in più che nella vita non guasta mai. E’ bello sapere che c’è gente che crede in me, no? E così anche domani mi sveglierò con nuovi pensieri, nati nella notta, trasportati fino a me dal vento. E la vita continua, sempre in movimento, sempre affrontando nuove piccole e grandi sfide. Cercando comunque di ritagliarmi i miei spazi per riflettere, godersi la vita. Anche solo per stare in silenzio, da solo, senza pensare a niente. Quelle volte in cui, come dice Vasco "..oggi non ho tempo, oggi voglio stare spento…" per poi tornare a "…vivere….e sorridere dei guai così come non hai fatto mai e poi pensare che domani sarà sempre meglio…"

 

T'immagini

T’IMMAGINI
la faccia che farebbero
se da domani davvero
davvero tutti quanti "smettessimo"!!
T’IMMAGINI
quante famiglie sul lastrico
altro che crisi del dollaro
questa sì che sarebbe la Crisi del Secolo!!!

T’IMMAGINI
se fosse sempre DOMENICA
tu fossi sempre libera
e se tua madre fosse meno "nevrotica"!!!

A meno che
non siate già tutti d’accordo con me
che c’è qualcosa che…
QUALCOSA che non va…
NON SO…PERÒ…MAH!

Secondo me
qui c’è qualcuno che ha sbagliato mestiere…
non voglio mica dire che sia in mala fede…per carità….
pero’…pero’ qui qualche cosa NON VA!!!

Fantasie, fantasie che volano libere
fantasie che a volte fan ridere
fantasie che credono alle favole…

T’IMMAGINI
la fregatura che han preso
quelli che son partiti
tutti di corsa, tutti quanti per il Messico…

T’IMMAGINI
se fosse sempre Domenica
tu fossi sempre libera
e se tua madre fosse meno Nevrotica!!!

Fantasie, fantasie che volano libere
fantasie che a volte fan ridere
fantasie che credono alle favole…
….favole, favole, favole, favole,
favole……FA! FA! FAVOLE!!!!!

Il corvo

Una volta in una fosca mezzanotte, mentre io meditavo, debole e stanco, sopra alcuni bizzarri e strani volumi d’una scienza dimenticata; mentre io chinavo la testa, quasi sonnecchiando – d’un tratto, sentii un colpo leggero, come di qualcuno che leggermente picchiasse – pichiasse alla porta della mia camera. «È qualche visitatore – mormorai – che batte alla porta della mia camera.» Questo soltanto, e nulla più.

Ah! distintamente ricordo; era nel fosco Dicembre, e ciascun tizzo moribondo proiettava il suo fantasma sul pavimento. Febbrilmente desideravo il mattino: invano avevo tentato di trarre dai miei libri un sollievo al dolore – al dolore per la mia perduta Eleonora, e che nessuno chiamerà in terra – mai più.

E il serico triste fruscio di ciascuna cortina purpurea, facendomi trasalire – mi riempiva di tenori fantastici, mai provati prima, sicchè, in quell’istante, per calmare i battiti del mio cuore, io andava ripetendo: «È qualche visitatore, che chiede supplicando d’entrare, alla porta della mia stanza. Qualche tardivo visitatore, che supplica d’entrare alla porta della mia stanza; è questo soltanto, e nulla più».

Subitamente la mia anima divenne forte; e non esitando più a lungo: «Signore – dissi – o Signora, veramente io imploro il vostro perdono; ma il fatto è che io sonnecchiavo: e voi picchiaste sì leggermente, e voi sì lievemente bussaste – bussaste alla porta della mia camera, che io ero poco sicuro d’avervi udito». E a questo punto, aprii intieramente la porta. Vi era solo la tenebra, e nulla più.

Scrutando in quella profonda oscurità, rimasi a lungo, stupito impaurito sospettoso, sognando sogni, che nessun mortale mai ha osato sognare; ma il silenzio rimase intatto, e l’oscurità non diede nessun segno di vita; e l’unica parola detta colà fu la sussurrata parola «Eleonora!» Soltanto questo, e nulla più.

Ritornando nella camera, con tutta la mia anima in fiamme; ben presto udii di nuovo battere, un poco più forte di prima. «Certamente – dissi – certamente è qualche cosa al graticcio della mia finestra.» Io debbo vedere, perciò, cosa sia, e esplorare questo mistero. È certo il vento, e nulla più.

Quindi io spalancai l’imposta; e con molta civetteria, agitando le ali, si avanzò un maestoso corvo dei santi giorni d’altri tempi; egli non fece la menoma riverenza; non esitò, nè ristette un istante ma con aria di Lord o di Lady, si appollaiò sulla porta della mia camera, s’appollaiò, e s’installò – e nulla più.

Allora, quest’uccello d’ebano, inducendo la mia triste fantasia a sorridere, con la grave e severa dignità del suo aspetto: «Sebbene il tuo ciuffo sia tagliato e raso – io dissi – tu non sei certo un vile, orrido, torvo e antico corvo errante lontanto dalle spiagge della Notte dimmi qual’è il tuo nome signorile sulle spiagge avernali della Notte!» Disse il corvo: «Mai più».

Mi meravigliai molto udendo parlare sì chiaramente questo sgraziato uccello, sebbene la sua risposta fosse poco sensata – fosse poco a proposito; poichè non possiamo fare a meno d’ammettere, che nessuna vivente creatura umana, mai, finora, fu beata dalla visione d’un uccello sulla porta della sua camera, con un nome siffatto: «Mai più».

Ma il corvo, appollaiato solitario sul placido busto, profferì solamente quest’unica parola, come se la sua anima in quest’unica parola avesse effusa. Niente di nuovo egli pronunziò – nessuna penna egli agitò – finchè in tono appena più forte di un murmure, io dissi: «Altri amici mi hanno già abbandonato, domani anch’esso mi lascerà, come le mie speranze, che mi hanno già abbandonato». Allora, l’uccello disse: «Mai più».

Trasalendo, perchè il silenzio veniva rotto da una risposta sì giusta: «Senza dubbio – io dissi – ciò ch’egli pronunzia è tutto il suo sapere e la sua ricchezza, presi da qualche infelice padrone, che la spietata sciagura perseguì sempre più rapida, finchè le sue canzoni ebbero un solo ritornello, finchè i canti funebri della sua Speranza ebbero il malinconico ritornello: «Mai, – mai più».

Ma il corvo inducendo ancora tutta la mia triste anima al sorriso, subito volsi una sedia con ricchi cuscini di fronte all’uccello, al busto e alla porta; quindi, affondandomi nel velluto, mi misi a concatenare fantasia a fantasia, pensando che cosa questo sinistro uccello d’altri tempi, che cosa questo torvo sgraziato orrido scarno e sinistro uccello d’altri tempi intendea significare gracchiando: «Mai più».

Così sedevo, immerso a congetturare, senza rivolgere una sillaba all’uccello, i cui occhi infuocati ardevano ora nell’intimo del mio petto; io sedeva pronosticando su ciò e su altro ancora, con la testa reclinata adagio sulla fodera di velluto del cuscino su cui la lampada guardava fissamente; ma la cui fodera di velluto viola, che la lampada guarda fissamente Ella non premerà, ah! – mai più!

Allora mi parve che l’aria si facesse più densa, profumata da un incensiere invisibile, agiato da Serafini, i cui morbidi passi tintinnavano sul soffice pavimento, «Disgraziato! – esclamai – il tuo Dio per mezzo di questi angeli ti ha inviato il sollievo – il sollievo e il nepente per le tue memorie di Eleonora! Tracanna, oh! tracanna questo dolce nepente, e dimentica la perduta Eleonora!» Disse il corvo: «Mai più».

«Profeta – io dissi – creatura del male! – certamente profeta, sii tu uccello o demonio! Sia che il tentatore l’abbia mandato, sia che la tempesta t’abbia gettato qui a riva, desolato, ma ancora indomito, su questa deserta terra incantata in questa visitata dall’orrore – dimmi, in verità, ti scongiuro. Vi è – vi è un balsamo in Galaad? dimmi, dimmi – ti scongiuro». Disse il corvo: «Mai più».

«Profeta! – io dissi – creatura del male! – Certamente profeta, sii tu uccello o demonio! Per questo Cielo che s’incurva su di noi – per questo Dio che tutti e due adoriamo – di’ a quest’anima oppressa dal dolore, se, nel lontano Eden, essa abbraccerà una santa fanciulla, che gli angeli chiamano Eleonora, abbraccerà una rara e radiosa fanciulla che gli angeli chiamano Eleonora». Disse il corvo: «Mai più».

«Sia questa parola il nostro segno d’addio, uccello o demonio!» – io urlai, balzando in piedi. «Ritorna nella tempesta e sulla riva avernale della notte! Non lasciare nessuna piuma nera come una traccia della menzogna che la tua anima ha profferita! Lascia inviolata la mia solitudine! Sgombra il busto sopra la mia porta!». Disse il corvo: «Mai più».

E il corvo, non svolazzando mai, ancora si posa, ancora è posato sul pallido busto di Pallade, sovra la porta della mia stanza, e i suoi occhi sembrano quelli d’un demonio che sogna; e la luce della lampada, raggiando su di lui, proietta la sua ombra sul pavimento, e la mia, fuori di quest’ombra, che giace ondeggiando sul pavimento non si solleverà mai più!

Edgar Allan Poe

Davanti il giorno

Anche quest’anno mi viene da fare un po’ il resoconto di questa estate, anche se non è ancora finita. Un’altra estate, sempre diversa come sempre. Luglio l’ho passato praticamente a Voghera, perchè l’invenzione di quest’anno è stata quella di tenere aperto il negozio nei weekend di luglio. Devo dire che ha funzionato. Agosto è stato un mese strano. Misto di nostalgie x le estati passate, risate per l’estate presente e confusione sulle estati future (molto dickensiana quest’immagine, non trovate?). E si, perchè sembra sempre di non aver fatto niente, ma poi pensi agli ultimi 23 giorni e ti accorgi che cmq un po’ di cose le ho fatte. Non le solite, perchè, come ho detto, le estati mutano. C’è stato l’anno delle grigliate, quello dei giri in bici, ecc. L’anno dei personaggi, l’anno dei giri a piedi, l’anno del mare, quello dei capelli azzurri, ecc.

Questa è stata l’estate del Capo dei Commessi, dell’Uomo senza fame (e senza paura), delle Scarpe, del giro-para in vetta al Penice, dell’albergo Costantino, del cuba col Pampero al Malaspina, di Tony Dallara… e poi di quando sono andato ad Alassio alla domenica sera, e quando, la settimana successiva, ho assistito ad un pauroso incidente all’andata e ho rischiato di rimanere a piedi al ritorno…

Questa è l’estate 2009, e non è ancora finita.

 inseguo il giorno
 fino a lasciarmi dietro la mia ombra
 ma poi sfinito
 sorpreso dalla notte
 mi accorgo
 di trovarmi dall’altra parte del mattino

(Christian, detto "GIM", che inseguiva il giorno guidando verso il tramonto)

poca luce

zero uno zero uno uno uno zero casa albero bosco tanti alberi luce poca luce buio sentiero foglie camminare luce poca luce fatica scarpe respiro salita strada arrivo andiamo dove sono? pensieri pensieri pensieri nelle foglie solo tronchi di alberi solo erba e foglie discesa o salita? piove o è fatica? pensieri ancora pensieri torniamo ancora salita tanta luce stavolta ma che stanchezza profonda stanchezza sonno

Cosa è importante

E’ successo tanto tempo fa, ma potrebbe essere anche oggi. C’è un signore dal’accento milanese che mi telefona perchè ha visto un bel piumino in vetrina. Arrivo lì, apro il negozio e glielo faccio vedere. Noto la sua auto, una sportiva cabriolet che deve valere un sacco di soldi. Guarda gli altri piumini, con fare un po’ da bausciotto della Brianza. E’ un tipo tutto firmatissimo e cerca solo cose di marca. Non pensate ad un tipo borioso e snob, era semplicemente "milanese", ma gentilissimo ed  educato. Insomma una persona con cui è un piacere fare affari. Il piumino sarebbe per la moglie, e mi chiede se posso aspettare: lui sarebbe andato a prenderla entro pochi minuti. Lo aspetto. Arriva e parcheggia in mezzo alla strada. Che sborone, penso io. Entra e mi chiede se posso portare il piumino di fuori per farlo provare alla moglie. Che sborone, ripenso io. Invece no, noto una carrozzella piegata sul retro dell’auto. infatti la moglie non cammina, lui la aiuta ad alzarsi e ad appoggiarsi all’auto. Il piumino non va bene, è troppo grande e quindi non lo comprano profondendosi in scuse. Però non importa, avevo comunque imparato una cosa: al di là di tutti gli sfizi e le apparenze, le cose importanti sono altre, e mi ha fatto ancora più piacere aver avuto a che fare con quelle persone.

La mucca viola

Qual è il concetto spiegato da Seth Godin, l’autore di questo libro di marketing? Semplice: quando un cittadino va in campagna e vede una mucca, rimane ammirato ad osservarla. Ma dopo una settimana le mucche non attirano più la sua attenzione. E se vedesse una mucca viola?

Ecco quello che dice: in questo mondo pieno di bombardamenti mediatici, la pubblicità banale non funziona più. E il vecchio sistema, dove i produttori sfornavano un prodotto e poi delegavano al marketing il compito di venderlo, è superato. Ora gli esperti di marketing devono contribuire a progettare il prodotto, in modo che esso stesso sia veicolo promozionale.

In una parola, occorre essere straordinari. Fare successo con l’ordinarietà è sempre più difficile.

La matrice SWOT

Format Distributivi del settore moda abbigliamento in Italia: situazione e prospettive del piccolo punto vendita

Dodicesima puntata

Qui inizia la terza parte, relativa ai modelli di distribuzione al dettaglio.

Per esemplificare meglio i diversi modelli distributivi verrà adoperata la matrice SWOT, che schematizza, per ogni modello, i punti di forza, le debolezze, le opportunità e le minacce. Le forze sono risorse o attività specifiche di cui il modello è in possesso; se utilizzate in modo efficace conferiscono una competenza distintiva rispetto ai concorrenti. Le debolezze sono risorse o capacità che mancano o non sono adeguatamente utilizzate, mentre i concorrenti ne dispongono. Le opportunità sono fattori esterni che, se opportunamente gestiti, possono rafforzare la posizione sul mercato, mentre le minacce sono sempre fattori esterni, ma che possono indebolire la posizione.
Si analizzano se le condizioni in cui ci si trova ad operare sono favorevoli o sfavorevoli e se sono dovute a fattori interni (e quindi modificabili) o a fattori esterni. In questo modo è possibile evidenziare in modo chiaro e sintetico le variabili che possono agevolare oppure ostacolare il raggiungimento degli obiettivi del progetto, distinguendo tra fattori legati all’ambiente esterno e fattori legati invece all’organizzazione interna, e consentendo di orientare in modo più efficace le successive scelte strategiche ed operative.
 

CONDIZIONI
Utili Pericolosi
Interni Forze Debolezze
Esterni Opportunità Minacce

 

Qualcosa di simile

Dopo aver letto l’ultimo post del mio amico Michele, mi è venuto in mente questo aneddoto, non so il perchè: anni fa ero abituale frequentatore dei giovedì estivi all’Acquatica di Milano, che smetteva di essere, per quela sera, parco acquatico e diventava discoteca rock (erano "quelli del Rolling"). Una di quelle sere stavo girando da solo quando vedo una tipa, distesa per terra, a guardare il cielo. Una persona normale avrebbe pensato che fosse matta o ubriaca o qualcosa di simile. Invece, per istinto, mi sono coricato anche io, a un paio di metri di distanza da lei, abbastanza distante da non disturbarla, abbastanza vicino per poterle parlare. "Cosa vedi?", le chiesi. E parlammo per circa dieci minuti di quello che vedevamo in cielo. Poi ad un certo punto lei disse "Devo andare", e andò. Ma furono dieci minuti di poesia. E’ una di quelle cose che sono contento di aver fatto nella vita: seguire l’istinto, restare bambino a guardare il cielo. Anche in mezzo ad una discoteca. Perchè no? Probabilmente penserete che io sia matto o ubriaco o qualcosa di simile

Felice

…stanco ma felice…

L'italiano. Lezioni semiserie.

Un gradevole libro di Beppe Severgnini. Sono consigli su come scrivere bene, ma non è un libro supponente o pedagogico, è sempre nello stile di Severgnini, quindi abbastanza ironico e, appunto, semiserio.

Spiega le cose da fare (per esempio scrivere chiaro e conciso) e soprattutto da non fare (usare metafore abusate, niente punteggiatura, ecc.). Tra le tante cito: l’abuso di parole straniere che potrebbero benissimo essere sostituite dalle corrispondenti italiane ("vision"); il cosiddetto "italiano parallelo", quello che si usa solamente scrivendo (faccia = volto, macchina = autoveicolo, ecc.); il poco utilizzo delle virgole e il troppo uso dei punti esclamativi o dei puntini di sospensione.

E poi i "Sedici Semplici Suggerimenti":

  1. Avere qualcosa da dire (non è scontato)
  2. Dirlo (invece di dire altro)
  3. Dirlo brevemente (questa è autoesplicativa)
  4. Non ridirlo. Se mai, rileggerlo (quasi nessuno lo fa)
  5. Scriverlo esatto (quando si usa il cq? ci vuole la i? e l’accento? e la doppia?)
  6. Scriverlo chiaro (la colpa non è mai di chi non capisce, ma sempre di chi -non- si spiega)
  7. Scriverlo in modo interessante (non è facile)
  8. Scriverlo in italiano (alcune parole straniere sono inevitabili, ma altre sono insopportabili)
  9. Non calpestare i congiuntivi
  10. Non gettate oggettive dal finestrino (meno "che" si usano, meglio è)
  11. Spegnete gli aggettivi (le parolone sono come le parolacce: meglio non usarle, ma è importante conoscerle)
  12. Non date da mangiare alle maiuscole (quando e come usarle)
  13. Slacciate le metafore di sicurezza (alcune sono stantie)
  14. In vista della citazione, rallentate (stessa cosa dicesi delle citazioni, meglio non abusarne)
  15. Evitate i colpi di sonno verbale (piccole disattenzioni che rendono difficle la lettura)
  16. L’ultimo che esce, chiuda il periodo (prima o poi bisogna finire di scrivere ciò che si sta scrivendo. Con stile)

Fantastica è la lettera che gli hanno inviato alcuni studenti di un suo corso su "come scrivere bene". E’ ovviamente uno scherzo, ma spiega bene come non ci si deve comportare:

Chiarissimo Professor Severgini, cogliamo l’opportunità di un’interfaccia amichevole con Lei per ringraziarLa che fosse stato disponibile alle lezioni di scrittura in Bocconi. Certo non è la location giusta, ma dopo un brevissimo briefing tra di noi, come disse Churchill, e lei lo sa, "tra intimi" ci si capisce. Mostriamo la nostra accresciuta e imperitura gratitudine. Se sarebbe possibile incontrarLa di persona, Le faremmo i nostri ringraziamenti personalmente, ma data la nostra estrema, dissrmante, forse eccessiva, arrossata "timidezza", restiamo seduti in attesa della Sua attenzione in classe, restando muti come pesci. Nel manifestarci gradevolmente a Lei, ma "lingua mortal non dice quel che io sentia in seno" Foscolo dice. Le problematiche da Lei trattate nel corso ci saranno di grande aiuto nel corso del "cammino della nostra vita". E’ nostra Speranza che questa missiva giunga alla Sua Cortese Attenzione, nell’attesa di un prossimo e pronto riscontro, thanks for disturbing.

Plesiosauro

Wikipedia dice che i psesiosauri sono un gruppo di rettili acquatici vissuti tra il Triassico superiore e il Cretaceo superiore. Essi hanno conteso il predominio dei mari del Mesozoico agli altri rettili marini, come gli Ittiosauri.

Qualche sera fa, resso il cinema comunale di Brallo, l’Associazione Commercianti, Artigiani e Piccoli Imprenditori (ACAPI) ha organizzato una serata dal titolo "PALEONTOLOGIA,GEOLOGIA E DINOSAURI", con la presenza di Simona Guioli, del Civico Museo di Scienze Naturali di Voghera. Durante l’interessante serata ho addirittura scoperto che a Zavattarello, qui vicino, in un affioramento di Argille Varicolori, agli inizi degli anni ’90, è stato trovato un omero destro isolato di Plesiosauro. Un calco del resto è stato donato al Civico Museo di Scienze Naturali di Voghera, dove è tuttora esposto.

 

La sete

Teoria D sulla sete:

per far passare la sete occorre bere una bevanda dolce, per esempio la cedrata, la quale manderà degli stimoli di piacere al cervello, che crederà di dissetarsi. In realtà tali bevande non dissetano veramente. E’ per questo motivo che subito dopo occorre bere acqua per dissetarsi veramente.

Io dico: ma allora perchè non bere subito acqua?

R e la tavoletta

Fabiano detto Genova… perchè abitava a Genova. Flavio detto Flavietto. Il Camionita. La Foresta degli Eroi coi tarlon con Luke Scavalcher. La festa della birra di Brallo. Le guerre di pigne. Le guerre tra i Mafaball, i Tranch e gli Stemacrips. Io e R. R e la tavoletta. Il campo da calcio alle Piane per Smegi. La carambola di sotto da Max. Vittorio di Pavia. La Casa (oggi detta l’università). Quando io e Diego siamo scomparsi. In Trebbia in bici con Christian con il gesso. Sulle balle di fieno a vedere le stelle cadenti. Roberto di Milano e Mauro. Amdavamo a cercare i tappi in tutti i bar di Brallo: Cavanna, Appennino, Normanno, Edelweiss. I tappi del Campari avevano la gommina. Io e R a rubare i giornali destinati al macero. Quando ci hanno regalato gli Zagor. Io e Andrea e le capanne nella pineta vicino a Mario. In bob nel prato dietro alla Lina. I Paninari. Accendevamo i fuochi in pineta. Quando si entrava di sgamo in palestra. Quel posto là.

Questi potrebbero essere tutti i titoli di altrettanti miei racconti di infanzia. In uno delgi ultimi post vi ho parlato del Kursaal, che rappresenta soprattutto le mie estati da quando sono "grande". Questi invece sono tutti racconti di quando ero ragazzino. Scegliamone uno a caso, non posso raccontarveli tutti: R e la tavoletta. Da piccolo avevo un grande amico: R. Viveva ad Abbiategrasso con sua mamma, suo fratello, il compagno di sua mamma e suo figlio. Questi ultimi due l’ho capito solo quando sono diventato un po’ grandicello chi erano, da piccolo ero convinto che fossero suo zio e suo cugino, anche perchè lui stesso li definiva così. Io e R eravamo grandi amici. Lui veniva su a Brallo in tutte le feste e poi d’estate era su da Giugno a Settembre. Aveva un anno in meno di me e quindi io, che ero quello "grande" e inoltre conoscevo i posti, ero quello che "comandava". Cavoli quante cose con R. Quando pioveva passavamo le giornate a casa sua a giocare a Scala 40, ma in tutti gli altri giorni… non ci fermava nessuno, giravamo dappertutto e ne combinavamo di ogni. Poi un anno, quando avevo circa 12 anni, la brutta notizia: la sua famiglia reputava l’affitto troppo caro e quindi dall’anno dopo sarebbero andati in vacanza a Cegni. Pochi chilometri da Brallo, ma per un dodicenne come se fosse un altro pianeta. Ma prima di partire, proprio quell’anno un ente, se non sbaglio la Provincia, aveva organizzato una specie di campus estivo per i ragazzini. Organizzavano giochi, gite e quant’altro. E così io e R siamo finiti in gita alla piscina di Varzi. Era la prima volta che andavo in piscina (e fino all’anno scorso anche unica). Sia io che lui avevamo paura dell’acqua alta. Ad un certo punto io ero fuori e lui mi chiama, tutto contento, per farmi vedere che aveva recuperato una tavoletta, non so dove, e si era avventurato dove non si toccava. Dopo qualche minuto arriva un bagnino, portando R tutto malconcio in braccio: stava affogando e l’aveva preso appena in tempo. Gli organizzatori ovviamente si sono cagati sotto.

Non ho visto R per tanti anni. Un giorno, quando avevo 18 anni (nel mitico 1992 !!) un’amica mi si avvicina al Kursaal e mi dice: ma tu conosci un certo R? Beh si una volta, tanto tempo fa. Guarda che è lui. Fammelo vedere. Ok vado a cercarlo.

Cazzo era lui, proprio lui, il mio amico. Proprio lui. Ci siamo frequantati quel’estate, ci siamo ritrovati. Un giorno c’erano dei ragazzi che suonavano dal vivo in piazza a Brallo, lui era lì a vederli e allora abbiamo fatto un giro a piedi per il paese, fino a dove abitava lui una volta. Anche l’anno successivo ci siamo rivisti, d’estate. Era un po’ conciato. Sempre messo male, ubriachissimo, sporco. Ricordo che metteva su una giacca degli operai Sip. Un giorno l’ho beccato mentre litigava coi buttafuori che non volevano farlo entrare al Kursaal. Era abbastanza fatto. Allora l’ho caricato in auto e l’ho portato a fare un giro fino a Pregola, o forse fino al Penice. Ho perso mezza serata, e quelle erano serate da non perdere per nulla al mondo. Ma lui era R, perdio. Il mio amico. Al ritorno ha voluto che lo lasciassi li, sarebbe andato a casa con qualcuno. Non l’ho mai più rivisto. L’anno dopo e quelli successivi chiedevo di lui a ragazzi che lo sconoscevano. Ma non era mai più venuto su in Valle Staffora. Un ragazzo una volta mi ha detto di averlo visto in compagni di aluni punkabbestia nelle metro di Milano. Chissà se è vero. Cazzo chissà dove sei finito R.

(la foto non c’entra nulla, è del 1959 e l’ho presa su questo sito: /www.sanmauropavia.it)

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