RED ROCK CANYON & LAS VEGAS
Dopo una tranquilla colazione in camera, siamo partiti alla scoperta di Beatty. Devo ammettere che la mia richiesta di lasciare l’auto nel parcheggio del motel per un’oretta ha suscitato un’espressione perplessa nella receptionist.

Presto ne abbiamo capito il motivo: eravamo troppo abituati ai pittoreschi borghi italiani ed europei. Beatty si è rivelata una cittadina piuttosto anonima, con un’atmosfera quasi spettrale. Molti dei paesi che abbiamo visto in questa zona sono così: qualche casa o attività commerciale lungo la strada principale e poi distese di costruzioni in legno con “giardini” di sabbia, un modo eufemistico per descrivere delle vere e proprie baracche nel deserto.

Seguendo i consigli di una guida online, abbiamo deciso di visitare una ghost town nelle vicinanze, Rhyolite. Devo dire che, a nostro parere, non vale la deviazione, nemmeno se vi trovate a passare da quelle parti. L’unica nota positiva è stata la possibilità di scattare qualche foto con degli asinelli pacifici e curiosi che si aggiravano nei dintorni.

La nostra prossima tappa era il Red Rock Canyon, a circa un’ora e mezza di auto, vicino a Las Vegas. Durante la strada ci siamo però imbattuti nel “Area 51 Alien Center“, un minimarket nel deserto del Nevada vicino alla famosa zona segreta. Molder sarebbe stato fiero di noi!

Arrivati al visitor center del Red Rock Canyon, abbiamo appreso che il parco si esplora percorrendo una strada panoramica a senso unico di circa 13 miglia, con diverse piazzole di sosta per ammirare i punti panoramici e le attrazioni principali. Da ogni piazzola partono anche dei sentieri escursionistici, ma abbiamo preferito non avventurarci, sia per il caldo torrido, sia per la presenza di un bimbo piccolo, sia per la minaccia di pioggia imminente. Alcuni punti panoramici erano facilmente accessibili dal parcheggio, mentre altri richiedevano una breve passeggiata. Ad un certo punto, i nostri telefoni hanno iniziato a suonare all’unisono, emettendo un suono simile all’IT ALERT italiano, segnalando un rischio di “flash flood“, ovvero un’inondazione improvvisa, nelle ore successive. La cosa curiosa è che il segnale è partito anche dal telefono di Leo, che non ha una scheda SIM.

Dopo aver ammirato le bellezze del Red Rock Canyon, che ci ha davvero entusiasmato, siamo scesi a Las Vegas, dove ci siamo diretti verso il celebre cartello “Welcome to Fabulous Las Vegas“. Ovviamente, c’era una lunga fila di turisti in attesa di scattare la classica foto di rito. Non mancavano i “professionisti” che offrivano di scattare foto a pagamento o di “saltare la fila” (in realtà ti accompagnavano di lato e ti scattavano la foto in un breve intervallo tra un gruppo e l’altro).

A questo punto, abbiamo cercato il nostro hotel, che, sulla carta, avrebbe dovuto trovarsi vicino al famoso Bellagio. Trovarlo, però, si è rivelata un’impresa più ardua del previsto, data la confusione e il traffico di Las Vegas. La nostra camera era in realtà un appartamento spazioso, probabilmente una vecchia suite non ristrutturata di recente (l’arredamento era un po’ datato, ma in buone condizioni). Avevamo a disposizione un salotto, un frigorifero, una lavastoviglie, due televisori e altri comfort.

Dopo una rinfrescante doccia, siamo usciti per immergerci nella vibrante atmosfera notturna di Las Vegas! Le strade erano gremite di gente, tanto che per percorrere pochi metri ci voleva un’eternità. Abbiamo accontentato Leo, che aveva una gran voglia di McDonald’s, e ci siamo diretti verso il fast food più vicino. Leo era così stanco che si è addormentato mentre mangiava. La nostra “trasgressiva” notte di Las Vegas è finita così!


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