(raccolta molto sparsa di pensieri)

fabiotordi

Tag: viaggi Page 3 of 4

5 minuti

Siccome siamo tutti stanchi e siamo in vacanza ci alziamo relativamente tardi. Evviva: oggi i negozi dei dintorni sono aperti e il luogo sembra più vivo. Il nostro appartamento è nel bel mezzo del cosiddetto Barrio del Carmen, che dovrebbe essere il centro della movida di Valencia, ma finora era un po’ desolante. Facciamo colazione e scopriamo che qui vige ancora la barbara usanza di fumare nei locali. Al mattino non ti dico com’è piacevole addentare una tostada con marmelada mentre ti sfumazzano addosso.

Dopo una breve visita ai Jardines del Real prendiamo la metropolitana di superficie (in Italia la chiamiamo “tram”) in direzione mare: oggi spiaggia!

La spiaggia, come dicevo, è molto estesa in lunghezza, ma lo è anche in larghezza. Bella, non aspettatevi però niente di eccezionale. A parte pochi posti non è attrezzata con sdraio, lettini e ombrelloni, quindi piazziamo giù i nostri salviettoni sulla sabbia sabbiosa sabbiolosa. Il mare ricorda Rimini: dopo cento metri l’acqua arriva ancora alla vita. Non ci sono chiatte dove prendere il sole al largo o fare tuffi, nessuno che affitta pedalò o cose simili. Insomma un po’ mortina. In compenso non ci sono neanche venditori ambulanti a rompere le palle, a parte qualche raro personaggio che vende cocco (quelli ci sono in tutto il mondo, credo). Io e Maestro Avogado abbiamo portato gli occhialini ma c’è poco da vedere: i fondali sono sabbiosi e poco limpidi, però l’acqua è calda e pulita e si sta bene. C’è una bella arietta, magari ci frega e stasera saremo tutti scottati. Orio Il Serio dorme, Fabio fa il sudoku, io leggo (e scrivo questi appunti) e Lorenzo e il Galinero passeggiano sul bagnasciuga. Dopo le 2 affrontiamo il pranzo in una specie di Mc Donald’s. Da buoni italiani insistiamo, in un altro locale, a prendere il caffè, ma Migueliton Oriòn vuole seguire le tradizioni locali e si prende un bicchierone di horchata, credendo, per assonanza, che sia orzata, salvo poi scoprire che è una bevanda a base di latte di uno strano tubero. E poi si lamenta se lo prendiamo in giro.Stiamo in spiaggia fino alle 6, per poi tornare verso il centro.

Il mezzo a Valencia c’è l’alveo di un fiume, il Turia, che è stato artificialmente deviato dopo lo straripamento del 1957 che costò la vita a molte persone. Nel letto asciutto è stato quindi realizzato un enorme parco che corre lungo tutta la città dove ci sono giardini, piste ciclabili, campi da tennis, calcio, rugby, minigolf e chi più ne ha più ne metta. Una trovata a dir poco geniale, non credo ci siano una cosa simile in altre parti del mondo. Lungo tutto l’ex fiume ci sono ancora i ponti che lo attraversavano. Alcuni molto caratteristici, anche se li abbiamo visti solo di passaggio dal finestrino del bus.

Visitiamo la zona della Città delle Arti e delle Scienze, un complesso architettonico anch’esso costruito nel letto prosciugato composto da strutture modernissime e spettacolari. Molto molto molto molto carina. Pare che qualcuno, come sempre succede, abbia criticato la costruzione di queste opere, come è naturale che sia. Pensate alla storia della Torre Eiffel o cose simili. Però non le concepisco troppo queste contestazioni: un conto è distruggere qualcosa di antico per costruire delle porcherie, un altro è approfittare di uno spazio che prima non c’era per costruzioni avveniristiche. La cittadella è composta dal Palazzo delle Arti (che ha la forma che mi ricorda un pesciolone, utilizzato per concerti di musica classica, opere, danza, teatro e via dicendo), l’Emisferico (usato per proiezioni 3D), l’Umbracle (usato come parcheggio), il Museo delle Scienze (cosa sia lo dice il nome) e l’Oceanografico (un acquario, stile quello di Genova), l’Agorà (pare che non gli abbiano ancora trovato una destinazione). Tra queste costruzioni ci sono delle fontane che completano la coreografia. Insieme alle nuove strutture del porto secondo me danno un certo carattere alla città, che ha tradizioni antichissime (fu fondata dai Romani) e, pur mantenendo intatte la sua storia, viene spinta verso il futuro. Ecco l’impressione che mi da Valencia.

Sarebbe bello vivere in una città di mare così: spiagge facilmente raggiungibili, centro storico caratteristico e vivibile, porto molto turistico, divertimenti e relax… insomma c’è un po’ di tutto, calibrato attentamente.

Alla sera ci spariamo ancora parecchia strada a piedi, giusto per gradire. Ceniamo in un ristorante vicino alla cattedrale, sempre con cucina tradizionale spagnola. Per digerire passeggiamo ancora fino alla stazione e alla Plaza de Toros. Quando ci buttiamo nel letto siamo veramente ma veramente a pezzi.

Valencia

Stanotte ho dormito poco, sonno agitato. Alle 7 sono già pronto e guardo la TV. Arriva Lorenzo e raggiungiamo gli altri.

Per raggiungere l’aeroporto di Bergamo scegliamo di passare a Piacenza e Brescia per non trovare il traffico di Milano del lunedì mattina. Abbiamo fatto male i nostri calcoli, visto che verso Piacenza c’è molto traffico. Tranquilli, è tutta gente che va in vacanza. Invece no, sul tratto per Brescia è quasi peggio: molto traffico e tutti in corsia di sorpasso. Iniziamo a preoccuparci. Il magister alla guida si innervosisce. Dopo Brescia peggio ancora, ci sono code. Sono le 9 passate e il gate chiude alle dieci meno un quarto. Dobbiamo  ancora raggiungere l’aeroporto, parcheggiare, fare il controllo bagagli. Alle 9 e 35 siamo fermi in autostrada. Aereo peso, accidenti (siccome siamo persone educate esclamiamo tutti: accidenti!). Ma non ci perdiamo d’animo, tentiamo il tutto per tutto. Grazie ad un’intuizione di Mastro Geometra usciamo a Seriate, troviamo per colpo di culo un posto vuoto all’inizio del parcheggio e ci buttiamo di corsa verso gli imbarchi. X fortuna c’è poca fila e i tizi sono in leggero ritardo.
Ce la facciamo, mitici! C’è stato un momento in cui non ci avremmo creduto.

L’aereo parte con 45 minuti di ritardo. Pensa che beffa se avessimo trovato il gate chiuso per poi vedere l’aereo fermo sula pista.

Arrivati a Valencia prendiamo la metro direttamente in aeroporto (che comodità) e raggiungiamo il centro per un pranzetto in un posticino carino, dove ordiniamo pietanze ignote, ispirati solo dal nome. Maestro Michele alla fine del pranzo ordina ancora un piccolo spuntino e gli arriva un piattone con uova e prosciutto crudo. Ottimo, visto che dice di essere intollerante alle uova (e ai latticini). Il nostro appartamento è carino, su due piani, 3 stanze, 2 bagni e una living room con cucina. Mastro Toma viene rinchiuso in una stanza, così saremo immuni dal rumore di motosega. Don Orione decide di sistemarsi sul divano, gli altri nelle stanze di sopra.

Dopo un sonnellino ristoratore usciamo per un primo giro. La nostra guida spirituale, il Maestro Orione, ci conduce presso le il Convento del Carmen, le Torri di Serranos e presso la Basilica e la Cattedrale (dove è custodito un calice che si dice essere il mitologico Santo Graal). Da lì saliamo sul campanile, dove dopo più di 200 ripidissimi scalini arriviamo sulla sommità dove sta la campana del Miguelet  da dove si ha una supervista della città.

Valencia sembra vecchiotta, ma pare pulita. Ha un passato arabo e lo si nota in alcuni tratti, ma in giro di arabi se ne vedono pochi. Da questo punto di vista mi ricorda Palermo. Dopo una granita abbiamo visto la Stazione, in stile Liberty, molto caratteristica. A fianco c’è l’Arena, dove fanno le corride.

A questo punto un salto alla FNAC per comprare un cavo di rete, perché da noi c’è il collegamento a internet, ma solo via cavo. Ovviamente poi scopriamo che c’era un cavetto nel cassetto sotto la TV. Un altro problema è che tutte le prese elettriche hanno due buchi, mentre io ho tutte spine con tre “robi”. Domani comprerò un adattatore, sono venuto a Valencia per comprare cose elettriche…

Qui gli orari sono molto spostati rispetto a noi, caratteristica comune a tutta la Spagna. Si pranza tardi, si cena tardi.

Sulle saracinesche dei negozi spesso ci sono dei disegni (stile street art, o graffiti che dir si voglia) che spesso ricordano il negozio a cui appartengono. Evidentemente sono fatti apposta, molto caratteristici.

Alla sera abbiamo raggiunto la zona del porto, dove ci sono tutti gli “hangar” dei team che hanno partecipato alla 32ma (e alla 33ma) Coppa America: Alinghi, Oracle, Prada, Shosholoza, ecc. e dove è stato realizzato il nuovo circuito di Formula Uno. Un edificio molto caratteristico è il Veles e Vent, dai cui balconi si dovrebbe ammirare tutta la zona. Da lì, verso nord parte la spiaggia sabbiosa che si estende per parecchi km: prima Las Arenas e poi la più nota Malvarrosa. Dopo 5 minuti di cammino (si fa per dire) raggiungiamo una zona costellata da una miriadi di ristorantini. Ne abbiamo scelto uno e abbiamo cenato con paella valenciana, sorseggiando sangria. La paella, piatto tipicamente spagnolo, è nato proprio qui e, contrariamente a quanto si crede, la ricetta tradizionale prevede riso, zafferano, olio, carne di pollo e coniglio e verdure. Niente pesce quindi. Infatti il cameriere, vedendo che siamo stranieri, ce lo spiega in modo da non trovarci delusi. A me che il pesce non piace va benissimo! Altra info: sembra banale, ma il nome deriva dalle padelle che vengono usate. Incredibile: anche qui il Maestro Orione appena entrato ha salutato due tipe italiane che conosce. Idolo.

Quando abbiamo finito era mezzanotte passata da un pezzo e quindi siamo tornati in taxi. Finora  abbiamo visto sommariamente il centro storico e il porto e devo dire che il feeling con questa città è piacevole: accomuna tradizione e innovazione (che frase da depliant turistico che mi è uscita.) Buonanotte, a domani.
 

Lisbona tre

Ritorniamo al barino sotto casa e scopriamo che il cappuccino, senza cannella, è gradevole. I croissant invece qui in Portogallo hanno dimensioni enormi, infatti te li portano tagliati in due altrimenti non ce la faresti ad azzannarli.

Gironzolando per la città si notano molti africani, di più rispetto alla media dei paesi europei dove sono stato (con alcune eccezioni). Magari perché fino a non molti decenni fa il Portogallo aveva ancora colonie in Africa (come la Francia) e quindi ci sono facilitati gli spostamenti. Un altro popolo con numerose presenze è quello dei cinesi. Ci sono tantissimissimi negozi al pubblico gestiti dai figli della Terra di Mezzo che vendono un po’ di tutto, ma soprattutto abbigliamento. Siamo finiti anche in una specie di centro commerciale a più piani straripante di questi negozi, che probabilmente vendevano anche all’ingrosso vista la notevole mole di merce accatastata.

Ci siamo diretti alla Cattedrale di Lisbona. Non mi ha impressionato. La struttura è imponente ma molto austera. Anche l’interno segue lo stesso stile e quindi è tutto di pietra senza (o quasi) statue, affreschi, abbellimenti. Solo alte colonne di fredda pietra. Imponente, ma un po’ troppo cruda.

Un’altra caratteristica di Lisbona è costituita dai tram. Sono piccolini (di solito una sola carrozza) perché molto spesso vanno in salita in vie strette. Guardando le rotaie ci si accorge che talvolta non c’è proprio spazio per i pedoni e altre volte i tram sono costretti ad “allargare” la curva, altrimenti non ci passerebbero.

Ci siamo dati allo shopping da turista con cartoline e ricordini, per poi tornare al ristorante italiano: agnolotti, maccheroni (cioè le penne) e gnocchi, annaffiati da ottimo vino portoghese. Eh si ce la spassiamo.

Cosa ci manca di importante da visitare? Pensiamo di raggiungere la Piazza del Marchese di Pombal, uno dei tre personaggi mitici di Lisbona (gli altri due sono Sant’Antonio da Padova, nato qui, e Vasco da Gama). Percorriamo quindi il grande viale alberato, Avenida da Liberdade, anch’esso pavimentato con migliaia i migliaia di questi ciottoli bianchi e neri. Lungo la strada ci imbattiamo nella funicolare “Elevador da Glória”, ma era chiusa per restauri, quindi poco più avanti sperimentiamo l’Elevador do Lavra, che ci porta in alto per (soli) 188 metri. Ma si la gita in funicolare è, ovviamente, una gita, non è di grande utilità. Però è molto caratteristico e in più è uno dei monumenti nazionali del Portogallo.

Ci imbattiamo in un simpatico parco dove fare una sosta, prima di tornare sull’Avenida. Si fa tardi e siamo stanchetti, quindi per raggiungere la piazza utilizziamo la metropolitana (e così abbiamo visto tutti i mezzi di trasporto). La piazza è bella, ma il tempo è scarso, giusto una breve visita nel parco e si ritorna.

In taxi verso l’aeroporto noto ancora tanti palazzi ricoperti di ceramiche (gli azulejos).

Giudizio: una gita a Lisbona? Ma si, vale la pena. Non è una delle città più belle d’Europa, ma è caratteristica.

Lisbona due

Dopo almeno 10 ore di sonno si riparte. Subito una sosta per un cappuccino, ma anche qui una brutta sorpresa: invece del cacao ci hanno messo la cannella. Ma dico io: "ma che testa c’hanno?"

Cinzia si sente sola, nel senso che nota che non ci sono bionde in giro. Si vede che qui non va di moda.

Andiamo in Piazza Figueira, dove troviamo un bus che ci porterà su fino al Castello di San Giorgio. E’ un bus piccolino, e subito capiamo il perchè: le stradine sono piccolissime e molto ripide. Anzi, mi chiedo come fa ad andare così veloce con 30 persone circa a bordo. Nel castello non entriamo, perchè in fondo sono solo ruderi circodati da mura. Quindi ci mettiamo ad esplorare i dintorni. In quartiere non è male. Ci sono delle viuzze strette e particolari. La privacy è una chimera x questa gente in quanto c’è molto passaggio e tutti sbirciano nelle case (e poi loro appendono il bucato di fuori e lasciano le finestre aperte). Un’altra particolarità è che hanno delle mezze persiane. Cioè, sono persiane, ma coprono solo mezza finestra. Boh.

Nelle chiese c’è una balaustra che divide la zona centrale, dove ci sono i banchi, dal camminamento perimetrale vicino alle statue. Sono quasi sempre di legno, molto particolari.

Nei ristoranti non c’è molta scelta tra le portate: o pesce o carne. La cosa che non mi piace è che tutti hanno ii vetrina queste cose (cioè il pesce e la carne). Nelle loro intenzioni serve a dimostrare che sono veramente fresche, ma a me fanno una brutta impressione, lì in vetrina. Ne scegliamo uno discreto e pranziamo. Bene.

Dopo, con la pancia piena, vorremmo buttarci su uno di quei bus che ti fanno fare il giro della città, ma visti i costi, decidiamo di andare a vedere la Torre di Belem. Il problema è che fatichiamo a trovare un bus che vada in quella zona. Alla fine lo troviamo, ma saltiamo la fermata giusta e peggioriamo la situazione pensando che di lì a poco ci fosse il capolinea e che tornasse indietro. Invece andava sempre più in periferia. Beh possiamo dire che abbiamo visto dov’è l’Ikea di Lisbona. Alla fine il conducente ha avuto pietà di noi e ci ha consigliato di scendere e prendere quello che tornava indietro. Dopo questa simpatica gitarella e dopo un bel po’ di strada a piedi (vedendo da fuori un monumeto tutelato dall’Unesco, il Monastero dos Jerónimos) arriviamo alla torre. E’ proprio un bel posto e poi la luce del crepuscolo lo rende ancora più speciale. Torniamo finalmente in centro e ci rechiamo in una pizzeria pseudoitaliana che avevamo già adocchiato ieri. Dopo cena anche oggi siamo stravolti e torniamo in camera.

Lisbona uno

Partenza alle 8 da Voghera. Prima scoperta: l’aereo parte dal terminal 1 di Malpensa e non dal solito caro terminal 2. Bella menata, qui i parcheggi costano un assassinamento. E poi noi torniamo con Easyjet quindi siamo sicuramente al 2. E va beh.

Per fortuna il viaggio in aereo è molto tosto: Lufthansa ci coccola e ci da il giornale da leggere e il pranzo. Very good. Peccato che la scelta sia tra il merluzzo e le lasagne. Ovviamente ho scelto le lasagne, ma.. erano alle verdure (zucchine comprese). Il viaggio dura tre ore, ma viaggiamo lisci.

A Lisbona fa più caldo che in Italia, si gira ancora in maniche corte. Raggiungiamo in taxi l’albergo e ci dedichiamo subito a girare per la città. Grazie alla mitica guida del Touring scendiamo dalla nostra via (Almirante) per raggiungere il cuore della città, il Rossio.

Poi abbiamo proseguito per la Baixa, il quartiere più pedonale. Altra sorpresa: Lisbona non è in pianura, ma è tutto un saliscendi di colline. La gente che circola non è bellissima, mi ricorda un po’ Atene… e non so se mi spiego. Anche se a prima vista qui sembra un pelino meglio. La città è carina, molte cose sono state ricostruite dopo un terribile terremoto del 1755, da un certo tizio, aspetta come si chiama. Ah si. Il marchese di Pombal. Ci sono delle funicolari (piccoli trenini a cremagliera) per raggiungere i punti più alti, ma non le abbiamo ancora viste.

Abbiamo raggiunto il mare, ma… altra sorpresa: nella mia beata ignoranza ho sempre creduto che Lisbona fosse in riva all’oceano, invece no: da sull’estuario del fiume Tago. La mitica Piazza del Commercio era purtroppo chiusa per lavori e non l’abbiamo vista nel suo splendore.

Si faceva buio e ci siamo inerpicati su fino al Chiado, zona di mostre d’arte, librerie, vinerie e chiese. C’era addirittura la chiesa della Madonna di Loreto.

Devo dire che Lisbona mi ispira simpatia. La città è piccola per essee una capitale, non è caotica è ha tanti punti…come dire.. di sosta: piazze, giardini, ecc.

I marciapiedi sono tutti lastricati con quadrelli bianchi e neri che formano disegni. E’ una particolarità di questa città.

Abbiamo girato finchè ce l’abbiamo fatta, per poi tornare in camera e crollare dalla stanchezza.

Il posto più bello

Il posto più bello del mondo? Quello dove se chiudo gli occhi vorrei sempre essere? In cima alla Tour Eiffel, a Parigi. Con la fantasia ci sono stato migliaia di volte, e ci andrò ancora. Da li si vede tutto, sei in cima al mondo, sei sulla Torre!!

Spalato. Sole

Stamattina quel simpaticone lì del mio socio mi sveglia spruzzandomi con la pistola ad acqua. Andiamo a pagare la signora dell’appartamento e, visto che alla strafaccia delle previsioni c’è un sole che spakka i sassi, ci dirigiamo lestamente in spiaggia. Stavolta, per non fare chilometri, ne scegliamo una più vicina.

Aaaaah che bella giornata. C’era veramente caldo, pareva di essere in piena estate. La spiaggia era molto più carina, è un insenatura riparata, ci sono un paio di bar e invece della sabbia c’è una ghiaietta fine che risulta comunque morbida ma non ha i difetti delle sabbia: non vola col vento, non ti sporca salvietta, vestiti, calze, zaino, ecc. quando esci dall’acqua riesci a restare "pulito" senza che ti si appiccichi addosso di tutto, ecc ecc. Avrete capito che non sono un amante della sabbia, ma che volete farci, è più forte di me, mi da un fastidio terribile sentirmela dappertutto…

Ho fatto anche il bagno con la maschera e boccaglio, ma non c’era un granchè da osservare nei fondali, anche se erano più fondi dell’altra spiaggia.

Il maestronzolo ha avuto la brillante idea di farmi fare centomila passi solo per prendere un gelato nella solita spiaggia di Bacvice, salvo poi accorgersi che in effetti era veramente distante. Allora ne abbiamo approfittato per pranzare al medesimo posto dell’altro giorno (stesso menu: insalata e pizza all’ana. al ritorno siamo stati ancora un po’ sotto il solleone, un altro bagno per il sottoscritto e poi di nuovo a casa, pronti per uscire x la sera.

Alle 5 eravamo di nuovo in giro. Io mi sono fatto un giro in centro, mentre lui raggiungeva l pallazzetto per la partita Croazia – Belgio che avrebbe determinato la prima e la seconda del girone di qualificazioni.

E’ strano come nel weekend ci sia poca gente in giro per Spalato. E dire che è una città turistica. Anche oggi i negozi e anche le bancarelle erano quasi tutti chiusi. Ho rivisto i monumenti principali, ho fatto gli ultimi acquisti e ho raggiunto la zona del Gripe dove c’è il palazzetto. La partita stava cominciando ed è finati per una  vittoria della Croazia, sempre per 3 set a 0.

Che fare? Un ultimo giro per Split, o Spalato che dir si voglia, una cena in un ristorante all’aperto dentro alle mura del palazzo di Diocleziano, un giretto finale sul lungomare raccontando pietose favolose barzellette.

Addio Spalato, oppure au revoir. Devo dire che è una cità carina, seppure con le sue contraddizioni, ma piacevole da visitare. Una gita da maestr.

Spalato. Ancora Pallavolo

Qui tengono molto alla loro squadra di calcio, l’Hajduk: in giro si vede disegnato dappertutto il logo della società sportiva. Così come è scritto dappertutto il nome del gruppo di ultras: Torcida.

Ieri abbiamo assistito a Belgio – Ungheria, vinto dalle belghe per 3 set a zero. La partita è stata un po’ più combattuta di quella del giorno prima. Finita la partita ci siamo maestricamente fermati perchè il Gran Maestro della Pallavolo aveva dei doni dolciari per le ragazze e quindi giù foto con la Dora e la Angie Bland, e la Anita Filipovics.

Dopo la partita era già tardi e allora siamo rimasti in zona centro per cercare un posto dove mangiare un boccone e siamo finiti in una pizzeria tranquilla. Stranamente c’era poca gente in giro.. si vede che escono durante la settimana e il sabato stanno a casa… boh? Ci siamo sparati due o tre volte il giro del centro, un gelato, un salto in salagiochi e siam tornati a casa.

Michele si è accaparrato il pc per pubblicare subito le foto della pallavolo su FB e rispondere ai vari commenti, e poi io per aggiornare il blog..

Spalato. Shopping selvaggio

Stamattina il tempo non era bellissimo, così ne abbiamo approfittato per gironzolare x la città a piedi. Come dicevo il centro è molto carino (al contrario, appena fuori dal centro ci sono enormi palazzoni parasovietici che fanno veramente schifo).

Abbiamo girato tutta la mattina, acquistando un po’ di cagate ricordini nei vari negozi e bancarelle. Ci siamo presi un caffè in una delle belle piazze e un dolcetto in un negozio. Il mio socio ha investito qualche kuna (la moneta locale) in una salagiochi alla roulette. Quando è uscito il sole ci siamo precipitati nella spiaggia più vicina, cioè sempre la solita, a stenderci un po’.

La mia battaglia contro il sole continua. Non mi do per vinto e imperterrito sono stato qualche oretta a fronteggiarlo. Anzi ho fatto di più e sono stato anche in acqua rischiando l’assideramento. Devo dire che questi autoctoni hanno usanze un po’ da visigoti. A parte il fatto che camminano strisciando i piedi (e in una cazzo di spiaggia di sabbia non è il massimo perchè fanno un polverone incredibile), giocano tutti con una palla schizzando acqua da tutte le parti e si divertono come dei matti a tirarsi la sabbia, sia fuori che dentro l’acqua. E’ un piacere avere a che fare con loro.

Prima di rientrare siamo passati al supermercato per una spesa intelligente: cicche, fazzoletti di carta, 3 coche, 1 redbull, merendine, pringles, birre, una bottiglia di vino bianco, yogurt, patatine… direi che siamo dei salutisti

Spalato. Aneddoti

Speriamo di riuscire a tornare a casa: alla sera il pedale del freno fa 1 strano verso: sembra quasi che ci sia dentro dell’aria… ma lo fa solo di sera, cosa sarà?

Grazie alla tecnologia siamo riusciti a caricare un centoeuro sul cell di Michele, visto che i cinquanta che aveva messo prima di partire stavano già finendo

Qui i parcheggi a pagamento sono gestiti così: tu prendi il biglietto, entri, cerchi un posto. Se non lo trovi esci, rendi il biglietto e te ne vai.

In spiaggia c’è una tizia che arriva con la pelliccia in mano, la mette giù stile salviettone e si stende. Mah….

Spalato. Seconda sera

Per affrontare la serata ci siamo diretti, stavolta in auto, nella stessa zona dove eravamo stati in spiaggia: Bacvice, che pare essere la zona della movida di Spalato.

Abbiamo trovato, ovviamente per caso, un ristorantino veramente bello: Enoteka Terra. Uno di quei posti dove andare a fare una romantica cenetta con la morosa. Ecco.. e io sono con Michele! Però se capitate da queste parti andateci, ne vale veramente la pena. Da buoni maestri abbiamo preso cibo consono alla stagione e a una località di mare: lui carne con tagliatelle al tartufo e io carne e una specie di polenta, il tutto innaffiato da un vino rosso barricato.

Dopo abbiamo fatto un giro nella zona dei locali, ma anche stavolta eravamo troppo stanchi, e dopo un finto Cuba Libre, siamo tornati a casa dove, x non perdere l’abitudine, lui è andato su FB e io leggevo email e navigavo. Idoli tecnologici.

Spalato. Spiaggia e pallavolo

Stamane abbiamo portato i documenti alla reception, dove ci hanno spiegato dove andare in spiaggia. Dopo una breve colazio al bar "Maestral" siamo andati a piedi lungo la costa finchè siamo approdati all’unica spiaggia sabbiosa. Peccato che un vento di… insomma uno spiacevole e disdicevole venticello buttasse sabbia ovunque. Il cielo era quasi coperto, ma poi è uscito il sole e siamo stati lì un paio di orette, fino alle 2.. proprio quando tutti gli espertoni dicono di non esporsi al sole, infatti credo di essermi ustionato: sono tutto rosso, a parte una zona coperta da Dylan Dog che stavo leggendo. Aragosta.

Dopo abbiamo raggiunto una pizzeria dove io ho preso una buona pizza al prosciutto cotto e ananas e il maestro un’insalata di pasta.

Una rinfrescata in appartamento e poi via verso il palazzetto dello sport per assistere a Croazia – Ungheria, valevole per le qualificazioni ai mondiali di volley femminile del 2010. La partita è stata dominata dalle croate che hanno vinto 3 a 0. Il maestro Michele era ovviamente in fibrillazione, mentre io stavo malissimo per tutto il primo set e mi sono perso un pezzo del secondo passeggiando nel retro per riprendermi…infatti mi sono abbastanza ripreso. Dopo le foto di rito col maestro e le pallavoliste (il mitico ha consegnato alla Dora Horvat una scatola di cioccolatini a forma di cuore precedentemente acquistata qui in un supermarket…) ce ne siamo tornati qui spaparanzati sul letto in attesa di uscire per cena e dopocena.

Spalato. Prima sera

Abbiamo trovato un ristorante molto carino per cenare. Il mio collega maestro mi dice: lascia fare a me. Io penso che lui padroneggi l’inglese come fosse madrelingua, invece quando arriva il tizio gli dice "this!" indicando una portata col dito. Ottimo. Poi ordiniamo altro, tra cui un "dish of potatoes" per chiedere le patatine fritte. Mitici.
Il pasto è stato abbondante e soddisfacente, a parte (per me) il "this" che era un antipasto di pesce (e c’erano anche le olive).. lo so sono un cagacazzo…

Provati dal viaggio e dal cibo ci siamo mestamente diretti verso l’appartamento.

Prima di andare a dormire mi sono messo sulla veranda sul divanetto coi piedi sul tavolino a leggere mentre una brezzolina mi solleticava: che figata!

Spalato – il lungomare

Ieri siamo andati in centro, abbiamo lasciato la macchina in un parcheggio e abbiamo proseguito a piedi.

Spalato è proprio bella. Ma proprio bella. Il lungomare è ampio, spazioso, illuminato, organizzato bene, pulito, costellato di locali coi tavolini fuori. Pieno di gente. Veramente ma veramente carino. In fondo c’era una piazza dove un cantante del luogo si stava esibendo. Gironzolando senza meta siamo finiti in una via dello shopping, sempre molto ben curata, dove c’erano i soliti negozi (ma si, i soliti, c’è bisogno che ve li dica? Zara, Benetton, Intimissimi, ecc.) Cmq proprio una bella città. Peccato che la lingua si così ostica (e anche agnostica). Non si capisce veramente una mazza di niente. Le parole non sono neanche lontanamente o vagamente simili alle nostre.

Spalato. Siamo arrivati.

Partenza stamattina alle 10 io e il gran maestro Orione. Prima maestranza: saluto-lampo alla maestra Elisa e prendiamo l’autostrada che ci porta lontano lontano fino a Trieste. Lì ci fermiamo x un panino, per il pass x le strade slovene (ma serve davvero?)e per cambiare qualche euro in valuta croata. Finora tutto bene. 

Riprendiamo il cammino e attraversiamo la frontiera con la Slovenia. Quella trentina di kilometri in terra slovena sono tutti in strada normale e in…montagna. Pare di essere a Brallo. Stessa vegetazione, stesse strade. Poi arriviamo alla frontiera con la Croazia, dove ci controllano (e ci timbrano) i passaporti.

La Croazia ce la spariamo tutta in autostrada. Deve essere relativamente recente perchè nel mio atlante stradale, che è del 1996, non è neanche abbozzata. Fatto sta che viaggiamo nel nulla, nel nulla più assoluto: tundra e taiga, muschi e licheni. Sembra una steppa desolata di cespugli e sassi, sassi e cespugli. Pochissimissime case, ogni tanto.

Ecco ci appare un autogrill. Beh si fa per dire, il chiosco dei paninari davanti al Golf di Salice è più grande. Un caffè e si riparte. Alle 7 di sera arriviamo a Split. Poco prima avevamo acquistato una cartina che però non c’è di grande aiuto, visto che non segna la nostra via. Ma grazie agli aiuti di qualche passante e a una botta di culo, troviamo il posto.

L’appartamento è molto bello. Zona cucina, banco all’americana con gli sgabelli, zona pranzo, zona notte con due lettoni matrimoniali, bagno, tv, veranda e mega balconata sul mare. Ottimo.

Ora ci ripigliamo un attimo e andiamo a cercare del cibo e a farci un giro…

"Giro di ricognizione del pueblo alla ricerca de los amigos! Hasta la vista! Ah… Ivana… Mi raccomando il panta nell’armadio… Il pantalone bello diritto eh… Hai capito? E un po’ di ordine in stanza. See you later…"

Page 3 of 4

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén