Tratto da “Castelli, Rocche, Case-forti, Torri della provincia di Pavia”, volume n° 6 “Oltrepò seconda parte”, a cura di Mario Merlo, Edizioni Selecta 2009 (ma molto probabilmente è una ristampa di un libro parecchio datato, diciamo almeno una quarantina d’anni):

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Il territorio di Pregola è nominato in un diploma dell’imperatore Ottone I del 29 luglio 972. Nel documento vengono descritti – secondo valide testimonianze – per sommi capi i possedimenti locali del Monastero di Bobbio, con implicita conferma dei medesimi al predetto cenobio. Sembra che Pregola sia stato donato al Monastero da Re Agilulfo, ed è quindi probabile che il castello ivi esistito e l’intero abitato siano stati fondati da quei monaci in epoca imprecisabile, ma certo assai antica.

Per lungo tempo essi ne furono feudatari, finché, il 28 settembre 1164, Federico non lo devolse, unitamente ad altri luoghi della Valle Staffora, ai Malaspina. Quell’atto fu poi confermato da Federico II, nel 1220, Carlo IV, nel 1355, e Carlo V, nel 1541. Risulta che nel 1207 ci furono vertenze giudiziarie tra gli abati di Bobbio ed i feudatari imperiali, in ordine a contestazioni relative a benefici terrieri perduti.

Tralasciando altri passaggi, si arriva a Corrado, figlio di Morello Malaspina, che divise nel 1221, con il nipote Opizzo, i feudi della Liguria, riservandosi per sé quello di Pregola. Egli è considerato il capostipite dei Marchesi del luogo. Il feudo si estendeva verso mezzogiorno e comprendeva molti torri e castelli, che poi passarono in altre mani. Forse per divergenze familiari, Pregola fu assediato nel 1570 da un Giovanni Malaspina e figli, in lotta con altri componenti il casato; ma ebbero la peggio, ed uno di essi fu fatto prigioniero, deportato a Milano ed ivi decapitato. Il Marchesato di Pregola fu annesso alla comunità di S. Margherita Staffora.

L’antica rocca era posta alla sommità del cono roccioso che sovrasta l’attuale paese, già Comune ed ora frazione di Brallo di Pregola. Di essa e del primitivo abitato – testimoniato nel  1725, in forbito latino, da un parroco locale citato dal Goggi – non rimanevano all’inizio del sec. XVIII altro che vestigia plantari e ruderi più o meno consistenti. Non bisogna dimenticare che la pieve locale, dedicata a S. Agata (risarcita interamente in epoca recente), viene fatta risalire al tempo dei Longobardi e, precisamente, al secolo VII.

L’originario fortilizio fu distrutto quasi interamente, a quanto sembra, nel 1571. Con i materiali ricavati dalla macerie fu in seguito eretto un nuovo massiccio casamento, che da allora fu sempre denominato castello, ma la fama del paese andò progressivamente oscurandosi, fino a scomparire dalla scena politico-sociale della Valle Staffora. (Nota di Fabio: a mio parere Pregola era nella scena politico-sociale della Val Trebbia, pur essendo il paese nella Valle Staffora, tant’è che i marchesi di Pregola facevano parte del ramo dello Spino Secco, che dominava in Val Trebbia) Dell’antica rocca sono andate perdute anche le ultime vestigia murarie a ridosso del colle su cui sorgeva.


Casaforte di Pregola

Il castello attuale ha più aspetto di residenza patrizia di campagna che di casa-forte nel senso tradizionale del termine. Esso risalirebbe alla fine del Cinquecento o ai primi del Seicento ed è di proprietà Leveratto-Mangini. (Nota di Fabio: da quasi 40 anni è di proprietà Tordi, mi sa che questo libro è vecchiotto.) Vi si accede da nord per portoncino con arco a tutto sesto e serramento borchiato a teste di chiodi, oppure da sud, all’altezza della chiesa parrocchiale. La facciata principale è a capanna e presenta cinque finestrelle intermediate longitudinalmente da una incrinatura della parete.

Esternamente si nota nell’angolo di nord-est un corpo aggettante rinforzato da un barbacane appena accennato. Sul fianco sinistro si notano in corrispondenza ad un locale rustico una finestra strombata a guisa di profonda feritoia e, più innanzi, un’apertura difesa da una robusta inferriata cinquecentesca. Il locale interno era adibito a prigione. Le pareti sono in pietra locale a vista, su orditura comune.

Entrando dal portoncino si è subito in un vasto atrio contrassegnato da tre archivolti, uno dei quali gravemente lesionato. Due diverse scale conducono al piano superiore, suddiviso in locali di diversa capienza, tutti in precario stato di manutenzione. Nella sala maggiore, con soffitto su travature lignee, si vede un ricco camino sormontato da un grande stemma dei Marchesi Malaspina di Pregola, inquartato di rosso e d’azzurro. Nel I e nel IV campo si vedono aquile bicipiti in rosso nel II e nel III uno spino secco afferrato da un leone bianco rampante, coronato d’argento, entrambi in azzurro. Lo stemma gentilizio è sovrastato dalla corona marchionale a tre punte ed è avvolto da una ricca decorazione a stucco comprendente figure allegoriche ed ampie volute e caulicoli. L’opera è ascrivibile al sec. XVII. Il sottostante camino è in pietra color lavagna e presenta una leggera modanatura nell’architrave con radi dentelli, nonché due fascette laterali ed una specie di serraglia centrale.

 

In un’ampia cucina a pianterreno, sita nel corpo ad ovest come il salone precedente, esiste un secondo camino rustico a cappa, che ha la particolarità di possedere due fornelli laterali, oltre al focolare propriamente detto. L’ala dell’edificio volta a levante terminava con una torricciola la cui parte sommitale sarebbe rovinata alcuni decenni or sono. Il castello è felicemente ambientato e conferisce una certa nobiltà al piccolo ma pittoresco paese, che è ora dominato verso levante dal prestigioso complesso del Centro federale tennistico del CONI, con la sequela dei suoi rossi campi da gioco.

Pregola riveste una certa importanza come archetipo di antico paese signorile del Pavese montano. Anticamente il suo feudo si estendeva molto verso mezzogiorno e l’abitato ebbe funzioni di guardia e controllo con diritto di pedaggio, ciò che rappresentò una delle principali fonti patrimoniali per i suoi feudatari.

 


I Marchesi Malaspina

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