(raccolta molto sparsa di pensieri)

fabiotordi

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La Rovere Grossa è caduta

Ne avevo parlato in questo articolo.  E anche in questo articolo. Sto parlando della millenaria rovere che stava a Pieve di Montarsolo, frazione del comune di Corte Brugnatella (PC).
Da qualche anno aveva, come dire, l’encefalogramma piatto. Orta è proprio caduta. Che triste: ha aspettato mille anni per morire proprio nel 2016. Caduta, schiantata al suolo. Riassorbita dopo tanto tempo dal sottobosco circostante. 
Quante volte sono stato sotto i suoi rami, per una breve sosta. Era rassicurante sapere che lei era lì "da sempre". 

Foto di Gabriele Malaspina

Siro del Brallo – Puntata 16 – Pregola

Pregola un tempo era capoluogo del Comune. Siro ci racconta quando e come ci andava.

 

Gran Premio del Passo del Brallo

25 anni dopo

Più o meno nel 1991..o anche dopo, o magari anche prima…si andava in giro a far disastri, al Trebbia in bici, in Cròsa a far grigliate, in giro in scooter, al Colletta, da Cavanna, al Kursaal, nella sabbia di Normanno o sulle rotoballe della Bula, i bottiglioni della Linda, il parco giochi, e così via…

Brallo – Avagnone (più o meno)

Inizio questo mio giro a Luglio con una leggerissima salita, quella che mi porta in centro al Passo del Brallo (via della Fontana) e poi da lì sulla strada che porta a Someglio (via delle Piane).

La discesa verso il paesello è una bella passeggiata: fino alle piane (da cui il nome della via) si sta sulla strada asfaltata, poi si tagliano i tornanti passando nei sentieri nel bosco e in breve tempo si raggiunge Someglio.

Una volta arrivato in paese, l’amico Osvaldo, purtroppo recentemente scomparso, mi indica con la sua consueta gentilezza la strada che prosegue verso il torrente Avagnone. E’ bella larga e non presenta nessuna difficoltà.

Si scende si scende si scende, si attraversa il torrente e poi….surprise! La strada che porta a Lama è allagata e io ho le scarpe basse.

Che faccio? Nessun problema, decido di seguire il greto dell’Avagnone. Non è agevolessimo, in quanto l’acqua è un po’ di qua e un po’ di là, ma questo fuori programma mi permette di vedere dei posti davvero speciali, delle anse, degli scorci, dei particolari stupendi.

Arrivo quindi all’intersezione con la strada Ponti – Lama, che prendo per tagliare subito nei campi e approdare dalle parti di Rovaiolo. Da qui risalgo a Lama passando dalle vigne di Alfredo. Incontro due signori che mi danno due consigli, il primo è quello di riempire la borraccia dalla fontana fuori dal paese, dove l’acqua era realmente freschissima e molto buona. Il secondo è sulla strada per arrivare a Collistano

Io invece faccio di testa mia (ma va? ma dai, strano… ) e raggiungo Pratolungo. Dopo qualche decina di metri sull’asfalto prendo un’altra sterrata che gira che ti rigira mi porta nei pressi del mulino di Colleri.

Qui faccio nuovamente di testa mia e attraverso il bosco per cercare di raggiungere la "Panoramica". Ve lo devo dire? Anche stavolta rovi, fossi, erba alta e io non solo ho le scarpe basse ma anche i pantaloni corti, e cose simili. Mi sono "bsiato" tutto. Però raggiungo la "Panoramica" nei pressi di un bosco veramente fitto fitto fitto ma fitto. Da li proseguo e arrivo fino al Pian del Lago e poi giù a Brallo.

Totale: 7 ore e mezzo di cammino, praticamente ininterrotto, a parte le foto. 21km, circa mille metri di dislivello (tra scendere, salire, ecc.)

Siro del Brallo – Puntata 15 – Valformosa

 Siro ci racconta di quando andava a Valformosa, paese della Valle Staffora nel comune di Brallo

Cambio del nome del comune di Pregola

DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
31 gennaio 1958, n. 151 

 

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

  Vista la deliberazione del Consiglio comunale di Pregola (Pavia) in
data  10  agosto  1957,  n.  3,  con  la  quale  e' stato chiesto che
l'attuale denominazione del Comune sia mutata in quella di "Brallo di
Pregola";
  Vista  la  deliberazione del Consiglio provinciale di Pavia in data
18  ottobre  1957,  n.  33,  con  la  quale  e' stato espresso parere
favorevole in merito al cambiamento di denominazione predetto;
  Visto   l'art.   266   del  testo  unico  della  legge  comunale  e
provinciale, approvato con regio decreto 3 marzo 1934, n. 383;
  Sulla  proposta  del  Ministro  Segretario  di Stato per gli affari
dell'interno;

                              Decreta:

  La  denominazione  del comune di Pregola, in provincia di Pavia, e'
mutata in quella di "Brallo di Pregola".

  Il  presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sara' inserto
nella  Raccolta  ufficiale delle leggi e dei decreti della Repubblica
italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo
osservare.

  Dato a Roma, addi' 31 gennaio 1958

                               GRONCHI

                                                             TAMBRONI

Visto, il Guardasigilli: GONELLA
  Registrato alla Corte dei conti, addi' 12 marzo 1958
  Atti del Governo, registro n. 111, foglio n. 139. - RELLEVA

I pini di Brallo

C’era una volta una piazza pieni di pini. La piazza del Passo del Brallo.

Poi sono spariti alcuni pini, poi altri, poi altri. Adesso sono spariti tutti.

Non so dirvi se erano pericolosi, non ne capisco niente di queste cose e onestamente non è questo il punto; se erano pericolosi è giusto che siano stati abbattuti, però paesaggisticamente stavano bene, IMHO.

Pazienza, mettiamoli di plastica.

Margherose

Il tempo che hai perso per la tua rosa è ciò che fa la tua rosa tanto importante 

Animalucolo vicino a casa

Buy it, use it, break it, fix it, Trash it, change it, melt – upgrade it, Charge it, pawn it, zoom it, press it, Snap it, work it, quick – erase it, Write it, cut it, paste it, save it, Load it, check it, quick – rewrite it, Plug it, play it, burn it, rip it, Drag and drop it, zip – unzip it, Lock it, fill it, curl it, find it, View it, coat it, jam – unlock it, Surf it, scroll it, pose it, click it, Cross it, crack it, twitch – update it, Name it, rate it, tune it, print it, Scan it, send it, fax – rename it, Touch it, bring it, obey it, watch it, Turn it, leave it, stop – format it. Technologic…..

Cascate del Carlone

Vi state già chiedendo dove ho scattato questa foto. Il luogo, se non lo conoscete, è a meno di 2 ore di passeggiata dal passo del Brallo. E sto parlando di una cosa tranquilla.

Si parte dalla piazza in direzione Via della Faggeta. Non sapete qual è? Ma dai, a Brallo è facile: via del Castagneto è per andare al castagneto, via della Pineta è dove c’è la pineta, via della Fontana… dove trovate la fontana e così via. E quindi? Dov’è la faggeta? Esatto, sulla strada che conduce a Dezza. Andate su di li, lasciatevi il paese alle spalle e raggiungete il campo da calcio del Pian del Lago. Siete già stanchi? Suvvia. Dopo qualche centinaio di metri, sulla destra troverete una stradina sterrata (finora era tutto asfalto) che vi conduce alla cosiddetta "Panoramica", che passa sopra Feligara e scende a Colleri. Imboccate quella, ma dopo poche decine di metri troverete un bivio sulla sinistra che invece porta alla "Fontana dei Ramà".


Probabilmente fin qui ci siete già stati. Fate una bella sosta alla fontana, riempite le borracce, sedetevi sulla panchina e poi ripartite.

A questo punto state passeggiando nel bosco, belli al fresco. Sulla vostra sinistra, da qualche parte, prosegue la strada per Dezza. Proseguite per questo largo sentiero che vi porta presto alla valle dietro alla valle dell’Avagnone (dietro a Feligara, dietro a Colleri, per intenderci). Che valle è? Beh, prende ovviamente il nome dal torrente che ci scorre, il Carlone.

Il sentiero si apre un po’ sulla destra e potete ammirare il panorama. Il Carlone poi scende scende scende e infine si butterà nella Trebbia nei pressi di Bobbio, ma a voi questo non interessa, continuate il percorso. Dopo un po’, sotto di voi, scorgerete delle case: è l’abitato di Mogliazze, dove è presente una cooperativa.

Quando arriverete nei pressi dei prati vedrete che c’è un cancello legato con una catena che ostruisce il passaggio. Non abbiatene paura, il sentiero continua proprio lì ! Se non ne siete convinti osservate  i segni dei percorsi CAI sugli alberi appena dopo la catena. Quindi che fare? Semplice: staccate il moschettone, passate e lo riattaccate. Probabilmente il cancelletto serve a non far uscire le bestie (mi è sembrato di sentire delle pecore, o capre, da qualche parte). La stessa cosa dovete fare una volta terminato il paese (paese è una parola grossa, sono quattro case, e non me ne vogliano). Da qui si scende a San Cristoforo. la strada più breve, e praticamente l’unica è quella asfaltata, anche perchè si scende parecchio come altitudine. Arrivati a San Cristoforo si può visitare la chiesa. Io non l’ho fatto e mi sono pentito, perchè volevo visitarla al ritorno, ma come vi spiegherò ho fatto un’altra strada. Dal secondo tornante del paese, si vede un sentierino, molto più stretto della strada sterrata di prima, che in un quarto d’ora vi porterà giù sul greto del Carlone. Qui, anche grazie ad una corda a cui aggrapparsi, potete scendere lungo questa suggestiva cascata e ammirarla dal basso

Siccome la camminata è stata priva di imprevisti, di difficoltà quasi nulla, cosa vuoi che faccia, mi sono inventato una strada alternativa. Ma perchè accidenti mi vengono queste caspita di idee? Non lo so.

Fatto sta che ho pensato: ma se io devo andare verso sudovest, e invece in primo tratto della via del ritorno va a est, perchè non taglio verso questo simpatico sentierino che va nella mia direzione? E infatti per una buona mezz’ora ho seguito questo sentiero che costeggia il torrente verso monte. Vai e vai, cammina cammina e il sentiero si fa sempre meno pulito, sempre più impervio. Ma continuo imperterrito. Ad un certo punto praticamente finisce nel bosco. Che faccio, torno? Non sia mai, e allora ho proseguito "ad cazzum" nel bosco, cercando di capire la direzione giusta. I nostri boschi non sono più come una volta, quindi zero pulizia, pieni di rami, sterpaglie, rovi. E inoltre, stando nei dintorni del Carlone, ero sempre a una quota troppo bassa, visto che la strada dell’andata stava sulla costa ad una quota di circa 900m e io ero sempre a circa 600m. Alla fine mi sono deciso a fare una deviazione, praticamente in verticale, aprendo una nuova via, che d’ora in avanti gli alpinisti ricorderanno come "Via Tordi". Alla fine della fiera ci ho messo più o meno come se avessi fatto la via del ritorno, che naturalmente consiglio a tutti perchè perdersi nel bosco può essere divertente, a volte piacevole, ma sconsigliabile. Ritornato sulla strada maestra ho raggiunto ancora la faggeta, la fontana dei Ramà, il pian del Lago e poi giù fino a Brallo.

 

Siro del Brallo – Puntata 14 – Someglio

Siro ci parla di Someglio, un paesino del comune di Brallo

Da Rovaiolo Vecchio alla vetta del Monte Lesima

Livello di difficoltà (considerando turisti fai-da-te): 4,5 stelle
Panorama: 5 stelle
Tempo: oltre 5 ore
Dislivello: quasi mille metri (in ascesa, poi da Lesima a Brallo circa 700 in giù)
Livello di soddisfazione: parecchia

Si parte dal Passo del Brallo in auto e si imbocca la strada che porta verso sud in direzione fiume Trebbia. Dopo il paese di Rovaiolo si parcheggia sulla destra in prossimità del bivio verso Rovaiolo Vecchio (non ci sono indicazioni). Da questo punto si prosegue a piedi. La strada non è asfaltata, ma è larga e facilmente percorribile senza nessun tipo difficoltà. In un quarto d’ora di cammino, superato il ponticello sul torrente Avagnone si sale e si arriva al cosiddetto “paese fantasma”.

Da qui l’impresa si fa ardua: si imbocca il sentiero 125 che porta in su, sempre in su, inesorabilmente e ripidamente in su. Il tracciato è abbastanza stretto, ma praticamente tutto pulito e ben segnato, non ci si può sbagliare. Ci si muove quasi sempre nel bosco, a ridosso della cresta, dalla quale a volte si gode di stupendi panorami sulla val Trebbia.

C’è un singolare punto dove è stata istallata una corda per aiutare la salita. Saranno circa un paio di metri, ma non fatevi spaventare: io li ho superati senza corda e senza appoggiare le mani, quindi se ce l’ho fatta io che non sono certo uno stambecco

Dopo 4 ore, di cui una mezz’ora di pausa, si raggiunge la strada asfaltata che dai Piani del Lesima va a Zerba. Da qui, se vi spostate per qualche metro, potete ammirare lo spaventoso “Canalone dell’Inferno”, che è a fianco a quello appena percorso.

Occorre percorrere la strada in direzione Piani del Lesima per qualche centinaio di metri, dopodichè sulla sinistra si notano le indicazioni per la vetta del monte. Da questa parti c’è anche la fontana della Gambetta, ma non è per nulla segnalata bene e si fa fatica a trovarla. Io sapevo che c’era e c’ero già stato, quindi mi sono sbattuto e, girando, l’ho trovata.

La salita verso la vetta, fatta da me parecchie volte, in confronto a quella di sotto mi sembrava una barzelletta. In realtà, prima sale nel bosco e poi nei pascoli, abbastanza ripida e sassosa. Le ultime centinaia di metri prima della vetta sono parecchio rognose, in quanto le pietre fanno scivolare i piedi. Una volta arrivati in vetta… beh che ve lo dico a fare: una figata. Peccato per ‘sto cazzo di coso che hanno costruito a ridosso del cucuzzolo, ai tempi dei mondiali di Italia ’90.

A questo punto si scende lungo il crinale, in direzione opposta. Il sentiero ufficiale ad un certo punto costeggia la strada asfaltata da Cima Colletta al Passo del Giovà, e ne abbiamo approfittato per “tagliare”. Poi, invece di proseguire verso Cima Colletta, abbiamo preso il sentiero che taglia il versante per raggiungere direttamente Bocco. Il sentiero è stretto, poco pulito, e in pendenza (verso valle, quindi a destra). Onestamente mi è piaciuto molto di più quello che scende sempre a Bocco da Cima Colletta che ho fatto lo scorso anno. Attraversato Bocco, si percorre qualche decina di metri di asfalto e si scende verso il passo del Brallo (tagliando via quindi il paese di Bralello). Arrivati !

Gironzolando per la faggeta

Paesi e gente di quassù

Questo è un libro del 1979, a cura del Centro Culturale "Nuova Presenza" di Varzi in collaborazione con la Comunità Montana dell'Oltrepo Pavese.
parla essenzialmente del territorio della Comunità, gli allora 19 comuni. La storia, la geografia, la demografia, l'agricoltura, ecc. Tutto quanto riguarda questo territorio. 

A pagina 130 troviamo, nella sezione dedicata ai castelli, la descrizione di quello di Pregola:

———————————

Il vecchio castello, di cui non esistono nemmeno più le tracce, è stato costruito certamente dai monaci di Bobbio, cui era stato donato il Paese di Pregola dal Re Agilulfo (re dei Longobardi, nota di Fabio) Per qualche secolo essi ne furono i feudatari fino a quando il 28 settembre 1164 Federico Barbarossa passò l'investitura di Pregola ai Malaspina. Il castello non è quello attuale, anzi non sorgeva nemmeno lì, ma sul cono roccioso che domina il paese. Queste vestigia che vengono chiamate castello sono invece i resti di una casa-forte costruita con i materiali ricavati dalle macerie del vecchio fortilizio dopo che andò completamente distrutto, insieme al paese, nel 1571 forse a causa di un incendio.

Dal vol.: Castelli, Rocche, Case-forti, Torri della Provincia di Pavia di Mario Merlo, riprendiamo la descrizione del castello passato da qualche anno in proprietà di Tordi Siro che è intenzionato a restaurarlo:

«Vi si accede da nord per portoncino con arco a tutto sesto e serramento borchiato a teste di chiodi, oppure da sud, all'altezza della chiesa parrocchiale. La facciata principale è a capanna e presenta cinque finestrelle intermediate longitudinalmente da una incrinatura della parete.

Esternamente si nota nell'angolo di nord-est un corpo aggettante rinforzato da un barbacane appena accennato. Sul fianco sinistro si notano, in corrispondenza ad un locale rustico, una finestra strombata a guisa di profonda feritoia e, più innanzi, un'apertura difesa da una robusta inferriata cinquecentesca. Il locale interno era adibito a prigione. Le pareti sono in pietra a vista, su orditura comune.

Entrando dal portoncino si è subito in un vasto atrio contrassegnato da tre archivolti, uno dei quali gravemente lesionato. Due diverse scale conducono al piano superiore, suddiviso in locali di diversa capienza, tutti in precario stato di manutenzione. Nella sala maggiore, con soffitto su travature lignee, si vede un ricco camino sormontato da un grande stemma dei Marchesi Malaspina di Pregola, inquartato di rosso e d'azzurro. Nel I e nel IV campo si vedono aquile bicipiti in rosso; nel II e III uno spino secco afferrato da un leone bianco rampante, coronato d'argento, entrambi in azzurro. Lo stemma gentilizio è sovrastato dalla corona marchionale a tre punte ed è avvolto da una ricca decorazione a stucco comprendente figure allegoriche ed ampie volute e caulicoli. L'opera è ascrivibile al sec. XVII. Il sottostante camino è in pietra color lavagna e presenta una leggera modanatura nell'architrave con radi dentelli, nonché due fascette laterali ed una specie di serraglia centrale.

In un'ampia cucina a pianterreno, sita nel corpo ad ovest come il salone precedente, esiste un secondo camino rustico a cappa, che ha la particolarità di possedere due fornelli laterali, oltre al focolare propriamente detto ». 

 

 

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