Nel mio mestiere o arte scontrosa
Praticato nella notte immobile,
Quando solo la luna infuria,
E gli amanti riposano insieme
Con tutti i loro affanni tra le braccia,
Io fatico presso un lume che canta,
Non per ambizione o pane,
O per la ruota e lo smercio d’incanti,
O per i palchi d’avorio,
Ma per i comuni salari,
Dei loro più intimi cuori.
Non per l’uomo fiero in disparte
Dalla luna che infuria io scrivo
Su queste pagine di spruzzi
Non per il morto arroccato
Con i suoi salmi e usignoli
Ma per gli amanti, le loro braccia
Cinte agli affanni dei secoli
Che non offrono lode o salari,
Né attenzione al mio mestiere o arte.
In my craft or sullen art
Exercised in the still night
When only the moon rages
And the lovers lie abed
With all their griefs in their arms,
I labor by singing light
Not for ambition or bread
Or the strut and trade of charms
On the ivory stages
But for the common wages
Of their most secret heart.
Not for the proud man apart
From the raging moon I write
On these spindrift pages
Nor for the towering dead
With their nightingales and psalms
But for the lovers, their arms
Round the griefs of the ages,
Who pay no praise or wages
Nor heed my craft or art.
DYLAN THOMAS

(Giorgio De Chirico – Melanconia di un uomo politico – 1938)


La svolta di Magritte avvenne nel 1927, quando trasferendosi a Parigi si trovò a vivere il movimento surrealista dall’interno […] Con la sua tecnica essenziale, lucida, Magritte dipinse gli oggetti in modo così banale quasi fossero usciti da un abbecedario: una mela, un pettine, una bombetta, una nuvola, una gabbia, una strada di provincia con casette squadrate, un uomo d’affari con il soprabito scuro, un nudo impassibile. Nel suo repertorio non vi erano molte cose, prese singolarmente, che a un qualunque impiegato belga non capitasse di vedere nel corso di una giornata qualunque nel 1935. Ma il modo in cui Magritte le combinava tra loro era assolutamente nuovo.