E così abbiamo deciso di partire. Partire insieme, ovviamente. E per farlo non abbiamo scelto una macchina scattante, costosa, sportiva o elegante, ma una simpatica 500 degli anni ’70. Il nostro viaggio come è andato finora? Beh, come vedete c’è il sole, quindi siamo felici. Qualche fermata per un caffè o per la toilette, incombenze di percorso, ma per il resto tutto a meraviglia. Dove stiamo andando? Lontano.
Tramonta il sole, un’altra giornata finisce, ma rimaniamo in attesa, perché domani ne inizierà una nuova. Cerchiamo di fare in modo che possa essere sempre un pochino migliore.
E si gira io e te, chiacchierando, mentre Milli ci dà le spalle, del presente, del passato, del lavoro, del futuro, di politica, di storia, di quello fatto e di quello da fare, del mondo e del nostro paese. Passeggiando e chiacchierando.
Insieme x scelta, insieme x sempre. Quella sera di gennaio io non pensavo a niente, ma poi tutto è successo e adesso, confesso, è come una magia quella che mi hai trasmesso. Il cervello si ferma e il mio cuore si ferma, la musica si abbassa e il tuo sguardo conferma. Mi fermo un po’ a riflettere, non so che cosa mettere, non so che cosa fare, cosa dire, dove andare, come posso continuare? Voglio solo amare, voglio solo disegnare insieme a te, insieme a te
Insieme x scelta, insieme x sempre. Non ci sono ombre, non mi serve niente. Poi voglio viaggiare, tremare, ballare sotto il temporale come quella notte, per te farei a botte. Non so che cosa fare, cosa dire, dove andare, come posso fartelo capire che mi fai morire. Ti vesti, ti prendo e ti porto via. Ti svesti nel fuoco di questa malattia, questa malattia che brucia come febbre. E ancora abbracciati nel freddo di dicembre…
Insieme x scelta, insieme x sempre. Insieme x scelta, insieme x sempre.
Lucio Dalla scriveva: “Ma l’impresa eccezionale, dammi retta, è essere normale“. È più facile divertirsi facendo cose eccezionali, ma l’eccezionalità è essere felici facendo cose semplici. Ecco: la vera felicità sta nella semplicità (che per questa sua eccezionalità non è mai banale)
L’invidia? Non è un sentimento che mi appartiene. Non mi è mai piaciuto il “mal comune, mezzo gaudio”, non godo nelle disgrazie altrui, né soffro dei successi di qualcuno. Al contrario: sono felice quando le cose vanno bene ad un amico, un parente, ma anche ad un perfetto sconosciuto. Felice per lui, perché la sua felicità nulla toglie alla mia vita. La vita è davvero troppo breve e piena di imprevisti, per essere triste, arrabbiato, invidioso. Godetevi la VOSTRA vita e carpite solo il meglio da quella degli altri, fa solo bene. Iniziate da me: io sono felice :-)
L’ospedale è il luogo dove ci si sente più soli al mondo. Non conta quanta gente possa venire a farti compagnia e a darti il suo sostegno: la distanza che passa tra sani e malati è uno spazio infinito che neanche l’amore può colmare. La malattia mette chi ne viene colpito al di fuori del consorzioumano e per quanto amici e parenti possano volerti bene, nella parte più atavica del loro cervello ci sarà sempre un uomo delle caverne ansioso di allontanarsi dall’animale infetto che sei diventato. Del resto, agli occhi di chi sta male, quelli in salute saranno sempre manchevoli, perché incapaci di comprendere il loro bisogno, perché ignari della loro sofferenza e perché colpevoli di potersene andare sulle proprie gambe. Il malato è un vampiro assetato di vita e poco importa quante lacrime vengono versate per lui: non saranno mai abbastanza da placare la sua sete. La malattia non celebra alcuna comunione. I letti di una stanza d’ospedale sono come le camere di scoppio di un revolver, con i pazienti a fare da proiettili e la guarigione come unico obiettivo. Nessuno è triste nell’abbandonare un ospedale e quel lieve senso di rammarico per i compagni di sventura lasciati indietro si scioglierà come neve al sole appena tornati in libertà. Qualcuno ha detto che nessun uomo è un’isola, ma sono ragionevolmente certo che a dirlo è stata una persona in buona salute.
La montagna, la velocità, abbassare un braccio e sfiorare il terreno, il vento sulla faccia, la neve, il sole in fronte, la sensazione di spazio, la natura, il silenzio, il contatto, la gente, il riflesso della luce, il verde degli alberi, il blu del cielo, libertà.
Perché dietro a un sorriso potrebbe esserci una lacrima, un malessere, un dispiacere, una sofferenza. Non si può mai sapere e non si dovrebbe mai giudicare la vita degli altri. Io, come tutti, ho le mie gioie e i miei dolori, le mie soddisfazioni e le mie preoccupazioni. Ma sono grato a Dio ogni giorno per quello che mi dà. Sono fortunato.
Le Cento Città d’Italia illustrate è una celebre collana di monografie, illustrate con fotografie dei luoghi e dei monumenti notevoli italiani, edita da Sonzogno, con cadenza settimanale, dal 1924 al 1929.
Ce n’è una dedicata a Voghera.
Inizia dicendo che a Voghera c’è poco da vedere in fatto di storia e arte, ma trattasi di cittadina di costruttori e non di contemplatori. Città di intraprendenti, industriosi, moderni, nonché di ottimi agricoltori.
Prosegue con la storia, a partire forse dai greci, poi i liguri, i romani e i cosiddetti barbari. Poi si passa al medioevo, con la fortificazione del Castello Visconteo, all’età moderna col Ducato di Milano, l’arrivo degli spagnoli e infine i Savoia (con la parentesi francese di Napoleone).
Passa in seguito ai personaggi illustri di Voghera e dintorni, e qui sembra di scorrere l’elenco delle vie: Plana, Depretis, Scarabelli, Ricotti, Angelini, Grattoni, Cavagna, Borroni, eec.
Si sofferma sui monumenti e il luoghi degni di menzione, come il duomo al centro di Piazza Vittorio Emanuele (si chiamava così), il Castello, mentre le chiese del Carmine, di San Rocco, di San Sebastiano, di San Giovanni sono liquidate per mediocrità.
Le foto accompagnatorio sono interessanti, di una Voghera di 100 anni fa.
Somewhere over the rainbow way up high and the dreams that you dream of once in a lullaby Somewhere over the rainbow bluebirds fly and the dreams that you dream of dreams really do come true..