(raccolta molto sparsa di pensieri)

fabiotordi

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Tutto quello che non rientra nelle altre categorie

La triste verità sull’amore

 

The Darkest Truth About Love from Hannah Jacobs on Vimeo.

La persona perfetta non esiste. Siamo irrimediabilmente soli. L’amore è un’illusione.

Dylan Top

Su "Topolino" 3094, oltre alla meravigliosa storia "L’Isola del Tesoro", splendido omaggio al romanzo di Robert Louis Stevenson che mi ha fatto riaffiorare bei ricordi di quando ero giovinetto,  c’è un altro graditissimo omaggio. Nientepopodimeno che all’Indagatore dell’Incubo, il misterioso, politically correct, fascinoso ex poliziotto Dylan Dog,  creato dal bronese Tiziano Sclavi

Proprio in questi ultimi mesi Dylan Dog è passato sotto la supervisione di Roberto Recchioni che ne sta modificando un po’ l’ambientazione (non il carattere, o lo stile) per dargli forse quel pizzico di novità che dopo quasi trent’anni (Dyd è uscito nel 1986) forse ci voleva.

Topolino ha omaggiato questo eroe bonelliano con una storia molto bella, "L’alba dei topi invadenti", sulla falsariga del titolo del primo albo Dylaniato "L’alba dei morti viventi" (che a sua volta si rifà sia nel titolo che ai personaggi non-morti ai film del capostipite del genere: Zombi di Romero, che nel titolo originale si chiamava "L’alba dei morti").

ll soggetto della storia è proprio del nuovo curatore, Recchioni, mentre la sceneggiatura di una vecchia conoscenza per i lettori dei Dylan: Tito Faraci
Topolino nei panni di Dylan Top, Pippo in quelli di… Pippo (Groucho), Basettoni e Manetta sembrano essere identici all’ispettore Bloch e Jenkins, mentre Xabaras è magistralmente interpretato da Macchia Nera, infine  Morgana non poteva che essere Minni. La vicenda si svolge a Uninvited, anzichè Undead. L’unica pecca è stata quella di metterlo nello stesso albo di Topolino con un’altra storia così importante che gli ha "rubato" la copertina (anche se una versione di "Topolino" con Dylan Top in copertina è stata realizzata in tiratura limitata per la fiera "Cartoomics")

 

Amala!

E’ vero ci sono cose più importanti

Di calciatori e di cantanti

Ma dimmi cosa c’è di meglio

Di una continua sofferenza

Per arrivare alla vittoria

E poi non rompermi i coglioni

per me c’è solo l’Inter

 

A me che sono innamorato

Non venite a raccontare

Quel che l’Inter deve fare

Per noi niente è mai normale

Né sconfitta né vittoria

Che tanto è sempre la stessa storia

Un’ora e mezza senza fiato

Perché c’è solo l’Inter

 

C’è solo l’Inter per me

Solo l’Inter

c’è solo l’Inter per me

 

No, non puoi cambiare la bandiera

E la maglia nerazzurra

Dei campioni del passato

Che poi è la stessa

Di quelli del presente

Io da loro voglio orgoglio

Per la squadra di Milano

Perché c’è solo l’Inter

 

E mi torna ancora in mente l’Avvocato Prisco

Lui diceva che la serie A è nel nostro DNA

Io non rubo il campionato

Ed in serie B non son mai stato


Football Club Internazionale Milano 1908

Stardust

Ricordi quando ti avevo detto che non so niente sull’amore? Non era la verità… So molto sull’amore. Vi ho visto! L’ho visto nascere per secoli e secoli. Era l’unica cosa che rendeva il tuo mondo sopportabile. Ah… Tutte quelle guerre, le falsità, il dolore, l’odio. Ero tentata di posare il mio sguardo altrove in eterno. Ma il vedere come l’umanità si arrende all’amore! Si possono setacciare gli angoli più remoti dell’universo senza trovare una cosa altrettanto meravigliosa… Si certo, io so che l’amore è incondizionato. Ma ho imparato che può essere imprevedibile, inaspettato, incontrollabile… insopprimibile! E molto facile da confondere con l’avversione… e quello che cerco di dirti Tristan, è che credo di amarti! Il mio cuore è come se ora il mio petto non lo potesse più contenere. È come se… come se ormai non appartenesse più a me ma fosse tuo. E se tu lo volessi, in cambio io non ti chiederei niente. Niente preziosi, niente doni o manifestazioni di grande devozione… niente, vorrei solo sapere che mi ami. È il tuo cuore in cambio del mio. (Yvaine a Tristan)

Padre Pio – prima parte

Sono le 2153

Eccoci qui, sul treno. Finalmente sto andando in Puglia, a San Giovanni Rotondo, “da Padre Pio”, come si suol dire. Sono anni che sto progettando questo viaggio, o meglio che ci sto pensando. Non so se è un pellegrinaggio, non sono particolarmente devoto a questo a questo santo, a dir la verità non conosco neanche bene la sua storia, se non qualche spezzone che si legge sui giornali o qualcosa detta alla tv, ma è una cosa che mi ero imposto di fare.
Dite che scrivo dei periodi troppo lunghi? Scusatemi, in italiano, raggiungevo il sei, sei e mezzo. I miei ci andavano spesso anni addietro, una volta l’anno, forse per un fioretto o cose simili, non l’ho mai saputo. Come sempre senza dire nulla fino all’ultimo giorno, quando a cena dicevano: “Guarda che noi andiamo da Padre Pio”, e prendevano il treno di notte, per arrivare a Foggia all’alba. Lo stesso treno su cui sto viaggiando. Dopo aver partecipato alla messa tornavano, e per la sera del giorno dopo la partenza erano a casa. Ricordo quella volta che mi hanno telefonato mentre ero al bar a vedere la partita dicendomi che, causa ritardi, avevano perso la coincidenza. E così sono andato a prenderli alla stazione di Piacenza. È stato un “diversivo”, ero contento di andarli a prendere. Ricordo che, ascoltando l’autoradio, sentimmo la partita inframmezzata dai loro racconti. L’Inter vinse quella sera.
Quasi sette anni fa gli dissi: “La prossima volta verrò anche io”. Avevo un mio motivo e feci quella promessa. Solo che l’anno successivo mia mamma aveva già problemi alla gamba e avrebbe fatto fatica a fare quella sfacchinata. Nei periodi in cui stava meglio non aveva tempo, oppure ci eravamo imbarcati in altri viaggi, come a Lisbona e ad Atene. Poi la malattia si è improvvisamente aggravata, con tragico epilogo. Quando era in ospedale, quasi due anni fa, le promisi che l’avrei accompagnata io fin là, magari con mezzi più comodi, come l’auto, ma il destino non me ne ha dato la possibilità.
Nei mesi successivi se ne è parlato qualche volta in famiglia, ma è una di quelle cose che rimandi sempre: quando farà più caldo, quando avrò più tempo, quando sarò più libero, quando, quando ,quando, quando.
E così mi sono deciso. Avevo ovviamente pensato ad uno dei miei viaggi lampo: dalla Rita qualcosa avrò pur preso, no? Solo che raggiungere San Giovanni Rotondo in aereo è complicato. Foggia ha un aeroporto servito malissimo (non so neppure se è ancora funzionante) e atterrare a Bari comporta delle perdite di tempo e denaro e aggiunge delle complicazioni che rende il treno una scelta quasi obbligata per una breve visita. Quindi, una notte di novembre (la notte è il paradiso -o l’inferno, dipende dai punti di vista- di chi  come ma fa –incauti– acquisti su internet. Sia benedetta/maledetta la carta di credito) ho preso i biglietti per gennaio, intercity notte, direttamente da Voghera a Foggia.
E quindi eccomi qui. Viaggiare da solo non mi ha mai messo ansia, malinconia o preoccupazione, ma stavolta un pochino si, starò invecchiando? Mi sembra di partire per un lungo viaggio, ma sarò di ritorno nel mio letto tra… dunque… 31 ore? O 32. 
Il treno sembra mediamente tranquillo. Ci sono, ovviamente, anche delle brutte facce, ma niente di che. È anche abbastanza frequentato. Né troppo, né troppo poco. Dovremmo essere a Piacenza. Credevo ci fossero dei vagoni cuccette, invece mi sa di no. Adesso mi metto a leggere.
 
 
È quasi mezzanotte e siamo a Bologna. I compagni di viaggio del mio scompartimento sono scesi tutti, compresi i chiacchieroni saliti a Piacenza. Ora vediamo chi sale. Speriamo bene.
 
 
Sono le 7:17. È appena finita la messa al santuario di Santa Maria delle Grazie. Sono molto in anticipo sulla tabella di marcia.
Da Bologna in avanti ho fatto il viaggio in compagnia di due ragazze e un ragazzo. C’era anche un altro, ma è sceso subito. Potrei definirlo “di colore”, ma è una definizione che non mi piace. Di che colore? Quando ero bambino si diceva “negro”, ma poi è diventata una parola offensiva. Dovrebbero inventarne una, perché “di colore” è proprio brutta. 
Le due tipe invece erano di una strana nazionalità che ci ho messo un po’ ad individuare. La fisionomia era europea, ma la lingua che parlavano mi era ignota. Non era italiano, inglese, francese, spagnolo, tedesco, neanche nordica tipo fiammingo, olandese, svedese. Neppure slava, russa, ecc. Quindi? Quando una delle due ha estratto un libretto per scrivere qualcosa ho sbirciato e ho riconosciuto una theta minuscola: erano greche! Tra l’altro: perché si dice greco, greca, greche, ma il maschile plurale è greci? Boh.
Ad un certo punto abbiamo spento la luce, cercando di dormire. Una delle due si è calata in faccia uno scalda collo, ma nonostante quello ha cambiato posizione cento volte: seduta, allungata, sdraiata, stravaccata. Ogni volta scontrandomi e svegliandomi.
Il tipo russava. Quindi si può dire che non ho dormito molto. Alle 4 ci ha pensato pure il controllore.
Alle 5 e 20 il treno era già fermo appena fuori dalla stazione di Foggia. Wow, si prospettava un arrivo anticipato. Esco e cerco una pensilina del bus. Chiedo a una signora, ma lei sta andando in Romania. In quella passa un autobus cono scritto “S.G. Rotondo”. Lo rincorro, si ferma, salgo. Purtroppo non è possibile acquistare il ticket sul mezzo, l’autista mi indica un bar. Mi precipito. Sta entrando una decina di persone col trolley: li sorpasso con astuzia e un pizzico di maleducazione e chiedo il biglietto. “Tanto il prossimo è alle 7”. “No, mi sta aspettando”. “Ah, parte in ritardo?”. Io penso “Si, perché è amico mio, tiè
Sulla corriera cerco di dormire, visto che il viaggio dovrebbe durare oltre un’ora. Avrei voluto leggere la guida che mi sono stampato, visto che non ho bene idea di cosa ci sia da visitare, ma è buio pesto.
Se avevo dimenticato come è scomodo cercare di dormire in treno, riscopro che sull’autobus è proprio impossibile. Per fortuna non fa soste (e chi dovrebbe salire o scendere a quest’ora?) e arriviamo in anticipo di un quarto d’ora. Riesco così ad assistere alla messa delle sei e mezza

Aneddoti 24

Nel post che potete leggere cliccando qui avevo parlato di alcune storpiature delle marche. Eccone altre.

"ANDI" invece di "AND1" (leggasi "and one", quello finale è il numero uno)

Sulla stessa strada è "WOLKL" pronunciato "FOLCHI", perché la L finale, scritta in minuscolo, viene scambiata per una I.

Poi c’è "DOLOMITE" che alcuni pronunciano inspiegabilmente "DOLOMITI". Tipo: "Avete una giacca della Dolomiti?"

Oppure la marca sportiva "DUBIN" pronunciata alla francese "DUBEN", quando invece è italianissima e deriva dal nome del fondatore Dunio Bini. 

Stessa cosa per "COLMAR" che alcuni si pavoneggiano di chiamare "COLMàR", sostenendo addirittura che il nome derivi dal paese francese omonimo, quando invece, anche in questo caso deriva dal nome del fondatore (italiano, di Monza) Mario Colombo.

Va beh poi non citiamo neanche la "NAPAPIJRI" che ognuno pronuncia come vuole. Poi c’è stato chi diceva "GURU" con l’accento sulla U finale, come fosse francese, o come quello che chiedeva le camicie della "POSCIACCHE", che altro non era che la napoletanizzazione di "PAUL SHARK".

Ma poi ho sentito anche pronunciare "NEW BALANCE" come fosse "NEW BLANCHE", e la marca di occhiali "PICASOL" detta "PICASSO". 

I tre colonnelli

Dario Rebolini è mio zio. E’ stato partigiano. Qualche anno fa ha scritto una storia romanzata, intitolata "I tre colonnelli", che poi è stata pubblicata sottoforma di libro. 

Deve essere stata un’esperienza che ti sconvolge la vita. Parti militare, ti mandano in Jugoslavia a combattere a 19 anni, età in cui i ragazzi di oggi giocano alla Playstation e si lamentano che la squadra del cuore ha perso. E’ tornato in Italia e dopo l’8 settembre ’43 ha disertato, si è dato alla macchia e poi si è arruolato nella resistenza. Non voglio sindacare su cosa fosse giusto e sbagliato, perché quei momenti, quel periodo storico, quella vita l’ha vissuta lui e non io. Io conosco molte storie che mi ha raccontato mia mamma –sua sorella– sul periodo del fascismo, sui rastrellamenti, sul comportamento dei "regolari" (i "fascisti") e di quelli dei "ribelli" (come venivano definiti allora quelli che poi sono stati chiamati "partigiani"). 

Penso tuttavia a quello che poteva succedere, anche leggendo questo racconto che, a parte la parte romanzata, racconta tutte storie vere, fatti e avvenimenti realmente accaduti e vissuti in prima persona da Dario. Il governo si butta in una guerra, che già per definizione (come tutte le guerre) è inutile, dannosa, rovinosa, e questa più delle altre. Tanti ragazzi vengono arruolati e mandati a morire per la brama di pochi. Quando mezza Italia viene invasa dagli Alleati a molti è chiaro che la dittatura è prossima alla fine, è solo una questione di tempo. E si organizzano le frange di resistenza. E’ storia abbastanza nota, o perlomeno risaputa. Dove è più facile darsi alla macchia? Naturalmente sui monti, e quindi anche sui nostri monti. Per la varietà del genere umano immagino che ci fosse chi stava da una parte o dall’altra perché ci credeva e chi invece lo faceva per convenienza. Hai una casa, una famiglia, una posizione e rischi tutto per difendere una fantomatica "libertà"? Puoi decidere di farlo, ma sei giustificato se non lo fai. Mio zio scelse di farlo, non so se per convinzione, se per l’incoscienza dei vent’anni, se per non tornare a combattere per un capo "ingiusto", se perché ritenesse di poter realmente contribuire a qualcosa di grande e nobile, se per una presunta convenienza o se una miscela di tutte queste cose. Mia mamma mi diceva che in famiglia questo suo unirsi ai "ribelli" non era stato visto molto di buon occhio, non fosse altro per la paura di ritorsioni sulla famiglia. Era pur sempre un figlio, ma aiutarlo significava rischiare di compromettere gli altri membri: i fratelli, i genitori, ecc. Ma tant’è: Dario aveva vent’anni, non era più un bambino, aveva già vissuto sulla sua pelle la guerra, e come tutti i ventenni era convinto di poter cambiare il mondo. In quei mesi in cui è stato partigiano deve averne viste e vissute di tutti i colori, atti di eroismo e di vigliaccheria, momenti di disperazione e di trionfo. Che cosa orribile la guerra, e ancora più orribile la guerra civile, quella che c’è stata in Italia, nei nostri luoghi, dal ’43 al ’45. L’amico, il parente, il vicino che in tempo di pace conoscevi come amico, potevi trovartelo "dall’altra parte". Magari tu eri un "partigiano" e sparavi, mentre di là c’era un "fascista", e un tempo eravate amici. La guerra tira fuori le brutture e trovarsi con un fucile in mano può portare a gesti orribili. Perchè i caduti della guerra in quel caso non erano gli "stranieri", i "nemici", ma i tuoi connazionali
E pensate forse che i soldati tedeschi mandati a combattere e morire nelle nostre valli fossero dei cattivoni senza cuore? Indubbiamente qualche gerarca si, senza dubbio, così come qualche gerarca fascista. Ma a morire di solito non sono mai i capi. Bush ha fatto tante guerre stando comodamente seduto nella sua poltrona. Ripeto: che cosa brutta la guerra

 

E’ Natale!

è Natale… ma io non ci sto dentro

Non sono il tipo

Ecco la mia nuova fatica: dai fatevi due risate :-) Però almeno il video è carino dai… Gli altri due li trovate cliccando qui e qui.

…io sono il tipo di tipo che girava con gli amici sopra una tipo…

Gli sbattimenti della vita (6)

  1.  L’etichetta dei vestiti che punge
  2. I sacchetti della spesa che si tagliano
  3. Le persone che stanno bene, qualsiasi cosa indossino
  4. Una mosca in auto, o peggio una zanzara
  5. Non ricordarsi le parole di una canzone
  6. Quelli che ti chiedono le cose, ma poi fanno come vogliono loro
  7. Le risatine delle ragazzine ochette
  8. Ammalarsi in vacanza
  9. Quelli che non ringraziano quando gli tiene la porta aperta
  10. Scattarsi col coperchio della pentola
  11. Dimenticarsi il PIN del bancomat
  12. La torcia che quando serve ha le pile scariche
  13. Quelli di SKY, Fastweb, Wind, Enel, ecc.
  14. I panini al salame con dentro poche fette
  15. I bagni degli autogrill
  16. Hai trentasette penne e nessuna scrive
  17. Dimenticarsi di non puntare la sveglia quando invece puoi dormire
  18. Quando ti dicono che hai un capello bianco
  19. Il distributore automatico che ti mangia i soldi
  20. I volantini sotto ai tergi
  21. La birra analcolica
  22. I dossi rallentatraffico
  23. Saltare il casello di uscita in autostrada
  24. Gli adesivi "Bebè a bordo"
  25. Quelli che non abbassano gli abbaglianti
  26. Il cellulare che non prende
  27. Quelli che ti dicono "stai tranquillo, non arrabbiarti" quando sei arrabbiato
  28. La rucola che ti si incastra tra i denti
  29. Non trovare la chiave giusta in un mazzo di ventisette chiavi
  30. Dover cambiare l’ora all’orologio quando c’è l’ora legale
  31. Il conto del supermercato è €10,01 e tu hai 10 euro oppure cento !
  32. Tagliarsi con la carta
  33. Perdere il segno del libro che stai leggendo
  34. Dimenticarsi di comprare proprio quella cosa per cui eri andato al supermercato
  35. Parcheggiare talmente vicino al muro che devi uscire dall’altra portiera
  36. Le email di SPAM
  37. I peli del gatto sul maglione blu appena messo
  38. La gente che tira i bidoni
  39. Non sapere che ore sono
  40. Dimenticarsi il foglietto con segnate le cose da ricordare
  41. Scrivere i post del blog quando non sai cosa scrivere
  42. Quelli che insistono
  43. Gli amici di convenienza
  44. Le foto che ti fanno gli altri che non vengono bene
  45. Il cell scarico quando ti serve
  46. Quando manca un centesimo per pagare il conto e allora devi cambiare 100 euro
  47. Andare a dormire presto e svegliarsi stanchissimi
  48. Farsi la barba
  49. Perdere il segno nel libro che stai leggendo
  50. Le scarpe che fanno bagnare i piedi

Aneddoti 23

IN QUESTO MONDO DI LADRI
Entra una signora, fa un giro e sta per uscire dicendo:
"Ripasso quando ho più tempo"
"Va bene signora, ha visto quante belle cose?"
"Si, si sono già venuta quest’estate a fare un po’ di refurtiva".
Spero intendesse "rifornimento" o_O !

MA CHE TE LO DICO A FARE?
Una signora vuole una tuta sportiva per il marito.
"La volevo di questo modello, ma ha solo questa grigia chiara"
"No signora, ne ho altre, che taglia ha bisogno?"
"La volevo di questo modello, ma lei ha solo questa chiara, la volevo scura"
"No signora, di quel modello ho altri colori. Che taglia le serve?"
"Si, ma io la volevo di questo modello, ma lei non ce l’ha"
"Siiiiii che ce l’ho signoraaaaaaa!!! Se mi dice che taglia ha bisogno le faccio vedere gli altri coloriiiiiiiii"
"XXL"
"Eccole, c’è nero, blu e grigio scuro"
"Va bene, prendo quella grigia chiara" (come volevasi dimostrare)
"D’accordo, poi se per caso non dovesse andare bene può cambiarla"
"Va bene, ma le posso chiedere una cosa? Se non dovesse andare bene posso cambiarla?"
"Si signora, certo" (ma che te lo dico a fare?)

AZZURRO
Entrano marito e moglie. La moglie mi dice:
"Mio marito vuole questo maglione azzurro, ma di un altro colore".
(ma perchè il marito non ce l’ha una voce?)
"Guardi signora, qui ci sono tutti i colori, quale le piace?"
"Azzurro"
"Ma è quello che lei ha in mano"
"No, ma io volevo un azzurro più chiaro, e poi questo è una XL, non vede che mio marito è magro?"
(Signora, non si arrabbi, io non le ho detto niente, ha fatto tutto lei)

TUTA
Poi ci sono quelli, e sono tanti, che chiedono:
"Vorrei una tuta, insomma un completo felpa e pantalone, li avete?"
"Certo, venga, eccoli"
"No, ma io volevo solo il pantalone" (oppure "solo la felpa")
(ma allora perchè mi hai chiesto una tuta?)

La Torre degli Aquila

Sono stato a cena in questo ristorantino di Pavia. E’ proprio in centro, in Strada Nuova

E’ piccolino, perlomeno se non ha altre stanze oltre a quella dove abbiamo cenato, ma non credo. Sulle pareti ha appeso vecchi attrezzi, mi ha ricordato un po’ l’altro ristorante qui vicino, il Cupolone.

Come antipasti, dalle nostre parti non puoi sbagliarti: salumi su salumi, niente da dire! Sembrava quasi però di stare all’estero, parlavano tutti inglese. Probabilmente c’era in giro un qualche simposio di professoroni. Infatti, nel tavolo a fianco (e il posto è talmente piccolo che TUTTI I TAVOLI sono "a fianco") ho riconosciuto due miei professori ai tempi di Ingegneria. Non mitici, miticissimi. Non dico i nome per la privacy, dico solo che sono marito e moglie e chi c’era a quei tempi capirà.

Come primo (e unico) piatto ho assaporato gli gnocchi di patate e pancetta con ragù di manzo e vitello tagliato al coltello. Very Good. Saltato il secondo, per dolce ho scelto la mousse di castagne con salsa al bracchetto e biscotto canestrello. Più facile a mangiarsi che a scriversi, delicata e deliziosa.

Vino? Sicuramente era un Bonarda fermo dell’Oltrepo. Purtroppo non ricordo la cantina, non vorrei dire una stronzata, ma mi pare Casarini

Il posto è carino, è facilissimamente raggiungibile. Vista la carenza dei posti bisogna prenotare. Uno di quei posti che bisogna almeno provare una volta, visto che ci si passa sempre davanti!

 

Parapendio

Secondo lancio col parapendio. Un po’ più scarsotto del primo, ma tant’è…

Sciare in Alta Valle Staffora

Stanno rifacendo gli impianti sciistici del Monte Chiappo, vale a dire la seggiovia che parte da Pian del Poggio. E’ una cosa sicuramente bella, perché dalle nostre parti è la pista più lunga. Però io credo che il solo fatto di rimodernare gli impianti non sia, da solo, sufficiente. Negli anni 70 e 80 dello scorso secolo erano GLI impianti. Chiunque volesse cimentarsi con l’attività sciistica e abitava in Valle Staffora o zone limitrofe, poteva contare sugli impianti al Penice, Casamatti, Brallo, Cima Colletta, Caldirola e, appunto, Pian del Poggio. Erano altri tempi. Si partiva, che so, da Voghera e in circa un’ora si era sulle piste da sci: papà, mamme, figli, nipoti e nonni al seguito per un’allegra scampagnata. La neve cadeva abbondante, gli atleti erano poco esigenti e tutti si divertivano. Oggi ci sono le autostrade che con qualche minuto in più ti portano sulle piste della Val d’Aosta che, con tutto il rispetto, sono un altro pianeta rispetto a quelle dell’appennino pavese. Nel 2015 invece chi se la sentirà di partire da Voghera, affrontare un strada che, se fino a Varzi è inadeguata, dopo diventa addirittura terribile? Io spero tanti, me lo auguro. Spero altresì che scenda tanta neve e che le piste siano tenute bene e battute come si deve. Sono in ogni caso convinto, che per i nostri paesi ci siano almeno un paio di grossi handicap che se rimangono incolmati non permetteranno non solo ai turisti di venirci a trovare, ma renderanno sempre più difficile agli abitanti di rimanere e di lavorare. Il primo l’ho già citato: la strada. Se la ex Statale del Penice era talmente importante da essere considerata, appunto, una statale e andava bene per le auto e i mezzi di trasporto di trenta o più anni fa, ormai è inadatta ai mezzi odierni. E questo va a scapito del turismo, dell’industria, del commercio e del traffico stesso. La strada è sempre più intasata e gli abitanti e sindaci dei paesi che attraversa sono ormai stufi, mentre gli automobilisti sono esasperati. A mio avviso, quando c’erano i soldi (e c’erano ancora tanti abitanti, e qualche industria, e molto turismo, cioè i già citati anni 70 e 80) avrebbero dovuto ipotizzare una strada più bella, più larga e che magari evitasse qualche paese. Perlomeno fino alla "capitale" dell’Alta Valle Staffora: Varzi. Da lì in avanti è "normale" che le strade abbiano più curve, siano un po’ più strette. Beh, magari non messe male come quella che va al Pian del Poggio, ecco.

La seconda cosa è un altro tipo di strada: quella informatica. Se una volta era essenziale che il territorio fosse coperto dalle linee elettriche, dall’acquedotto e dalla fognatura, poi è diventato "normale" avere a disposizione le linee telefoniche. Nel duemilaquattordici è ASSOLUTAMENTE ESSENZIALE avere la copertura internet, quella che qualche anno fa era chiamata "banda larga", che ormai è il minimo indispensabile. Senza, siamo tagliati fuori dal mondo. Perché internet non serve per i giochini, ma per il turismo, e quindi per il commercio, per il lavoro, ecc. Così come una volta gli analfabeti erano quelli che non sapevano scrivere e adesso sono quelli che non sanno usare un computer, così adesso internet è un servizio indispensabile come la corrente elettrica. 

La vedo dura. Speriamo bene….

Cat VS Dog

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