Quest’anno per 4 volte ho scritto un cartello “Chiuso” sulla porta del mio negozio.

La prima volta per la festa più grande: il matrimonio con Valentina. Come tradizione vuole, il “giorno più bello“. L’abbiamo pensato nel 2019, l’abbiamo sempre rimandato, perché volevamo fare una supermegafesta, così come è stata, con tanti amici. Non è stata una passeggiata, siamo arrivati lunghi e tante cose che volevamo fare non le abbiamo fatte, ma va bene così: la perfezione è noia e noi invece ci siamo divertiti da matti. Una festa stupenda che ha suggellato un amore stupendo.

La seconda volta ho scritto il famoso (mio malgrado) “chiuso per paura“. E’ stato un anno difficile, non lo nego. Anzi, lo rivendico, con forza, per quelli che “tanto a te va sempre tutto bene“, o per quelli che volevano o vogliono derubricare il tutto a una semplice ragazzata o addirittura a una litigata, quand’anche il dizionario insegna che per litigare bisogna essere in due, quando invece nel caso ci sia un accanimento in una sola direzione il termine corretto è un altro. E’ stato un anno e mezzo difficile, di tensioni, di paure. Fossi stato libero e da solo, sarebbe stata tutta un’altra storia, ma con una moglie e un figlio cambia tutto: la prima preoccupazione sono loro e, credetemi, l’angoscia era tangibile (nulla mi toglie dalla testa che il ricovero di Valentina, a pochi giorni dal matrimonio, sia dovuto anche a questa tensione per la situazione vissuta). Stare chiuso dentro al MIO negozio, telefonare a casa all’orario di chiusura per dire se tardavo qualche minuto, fare percorsi diversi ogni volta, sempre con in tasca lo spray antiaggressione, avere addirittura quasi in odio lo stare a Voghera (città che mi ha adottato nel 1988). Tutto ciò in Italia, nel 2022? E qualcuno che ancora dice “non è successo niente“. Dopo un anno in cui ci tenevamo tutto dentro, quel cartello è stato anche liberatorio e ha innescato una serie di dimostrazioni di solidarietà e di amicizia che ci ha fatto sentire bene, ci ha fatto capire che il mondo non è tutto cattivo, che noi non eravamo paranoici e che tante persone ci vogliono bene. Speriamo che sia tutto alle spalle.

La terza volta ho tenuto chiuso per lutto, quando ho perso mio fratello Ivo. I nonni (io ne ho avuto uno solo) li vedi sempre come dei “vecchi” e sai che prima o poi potrebbero andarsene. I genitori vorresti che non se ne andassero mai, ma è purtroppo ineluttabile. Un fratello è diverso, non credi mai che possa succedere. Ho perso un altro punto fermo della mia vita, dopo mia madre, Daniele, mio padre. E’ stato talmente improvviso che ancora fatico a rendermene conto.

L’ultima volta ho chiuso per il battesimo di Nicolas. Una nuova vita, un messaggio di speranza, un bambino dagli occhi blu color del cielo, un bel messaggio di speranza per questo duemilaventitrè.

(Visto 2 volte, di cui 1 oggi)

Commenti

comments