Ho appena terminato la lettura de “Il giardino dei ciliegi” di Anton Cechov e, come spesso accade con le opere teatrali, mi sono ritrovato a riflettere sul loro vero “habitat naturale”: il palcoscenico.
Devo ammettere che, sebbene io preferisca l’esperienza della rappresentazione dal vivo, mi sono comunque immerso nella lettura cercando di visualizzare le scene e i personaggi. L’aiuto delle fotografie della storica messa in scena del 1974 di Giorgio Strehler è stato un valore aggiunto, ma l’emozione della diretta è, a mio avviso, insostituibile. Le opere teatrali nascono per essere interpretate, vissute e condivise in un momento unico e irripetibile.
Ma veniamo alla storia. “Il giardino dei ciliegi” ci trasporta nella Russia dei primi del ‘900, raccontando il declino di un’aristocrazia ormai in disgregazione. È una narrazione malinconica, priva di clamorosi colpi di scena, ma densa di un’intensità emotiva che pervade ogni pagina.

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