Ricordo una storia che mi raccontava sempre mia mamma Rita. Lei da piccola viveva in un paese povero, in una famiglia povera. Aveva cinque fratelli e in otto a tavola non ci si stava, ma solo i suoi genitori e i due fratelli più grandi. Lei e i tre più piccoli sedevano sulle scale con la zuppa di minestra in mano.
Non si vergognava a dire che erano così poveri che anche il cibo era un problema e magari il pezzetto di pollo usato per il brodo lo mangiava il papà, che faceva il muratore, mentre gli altri toccava solo il gusto e il profumo.
Mi raccontava che alla domenica lei usciva di casa prestissimo, a volte prima dell’alba, come tutti i giorni per andare a pascolare le bestie insieme alla sua fida capretta, è incrociava una signora, sua lontana parente, che ogni settimana le regalava una mela.
A lei quella mela sembrava (ed era!) un regalo bellissimo. La custodiva gelosamente e se la mangiava con avidità nei pascoli sotto al Lesima, non lasciando quasi neanche il torsolo. Mi diceva che per tutta la settimana attendeva la domenica per incontrare quella donna che le avrebbe dato la mela.
Quando ero più adulto e il nostro gatto di casa chiedeva cibo anche se aveva già mangiato lei gliene dava lo stesso ancora dicendo: “io ho patito la fame, e so cosa vuol dire, è una cosa brutta, e se il gatto ha fame io Io gliene do, visto che ora posso.”

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