fabiotordi

(raccolta molto sparsa di pensieri)

fabiotordi

Same Govi

Chi ha più di trent’anni non può non ricordarsi della mitica ditta Same Govi (infatti io, che sono gggggggiòvane, non me la ricordo).

Pubblicizzava i suoi fetidi prodotti nella quarta di copertina di giornali come il Monello e l’Intrepido Sport. Cercavano sempre di propinarti cose assurde tipo gli occhiali a raggi X per vedere attraverso i vestiti delle ragazze o la penna spia, per ascoltare ciò che dice il tuo vicino… cose assurde simili insomma. Purtroppo non ho mai conosciuto qualcuno che avesse ordinato veramente tali prodotti per sapere che cavolo ti avrebbero spedito una volta ricevuto il pagamento: mattoni? segatura?

Cercando "same govi" su google ho trovato tanta gente che ne parla, e il mio pensiero è riassunto da un tizio che dice:

"qualche pirla li ha mai comprati? La tentazione di acquistare qualche cazzata era fortissima. Mi pare fossero annunci stampati sul retro dell’Intrepido"

 

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Campari

Gaspare Campari nacque a Cassolnovo, in provincia di Pavia, nel 1828. A quattordici anni si trasferì a Torino e imparò l’arte del liquorista lavorando in due locali storici dell’epoca: la Pasticceria Bass e il Ristorante Cambio.Nel 1860 circa acquistò a Novara il "Caffè dell’Amicizia". Ed è proprio elaborando una serie straordinaria di elisir e di infusi che Gaspare sarà in grado di trovare la formula magica del suo primo e vero prodotto industriale: il "bitter all’uso d’Hollanda". E’ un liquore dal brillante colore rosso, un gusto amaro-dolce; gli ingredienti, frutta e radici di erbe aromatiche, insieme ad una media gradazione alcolica, lo trasformano immediatamente in un aperitivo dal gusto nuovo ed originale.

Nel 1862 Gaspare Campari si trasferì a Milano e qui aprì cinque anni dopo, nella Galleria Vittorio Emanuele, il “Caffè Campari”, un locale di grande classe dove artisti come Puccini e Boito si ritrovano per bere il suo aperitivo.

Ormai il modo di dire tra i bauscioni è "andiamo a farci un Campari". E così Davide, l’erede di Gaspare, prende la palla al balzo, rinomina "Campari" il rosso aperitivo, inventa il "Campari Soda" e apre il primo e storico stabilimento a Sesto San giovanni , che va avanti fino a qualche anno fa, quando viene tutto trasferito nel nuovo stabilimento di Novi Ligure (AL, posto famoso per il cioccolato, visto che è la sede della Novi e della Pernigotti)

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Il prisma di Kapferer

Format Distributivi del settore moda abbigliamento in Italia: situazione e prospettive del piccolo punto vendita

Quarta puntata – Il prisma di Kapferer

 

Il prisma di Kapferer
(fonte: J-N Kapferer, “The New Strategic Brand Management: Creating And Sustaining Brand Equity”, Kogan Page, 2004)
Kapferer sostiene che “la marca è un segno la cui funzione è rilevare le qualità nascoste del prodotto che sono difficili da trovare”.
Questo autore utilizza come modello per definire l’identità della marca un prisma esagonale.

Secondo questo schema l’identità e costituita da 6 elementi:

  • Fisici: sono gli elementi di base della marca, quelli che evocano un aspetto fisico o prestazionale (Nike: scarpe sportive; Colmar: abbigliamento da neve con elevate prestazioni). Sono necessari ma non certo sufficienti per formare una marca.
  • Personalità: una marca acquista un carattere, viene identificata come fosse una persona, con – appunto – la sua personalità (Sweet Years è giovane e casual, Lacoste è tranquillizzante).
  • Cultura: i prodotti derivano da un ben definito tipo di cultura (di Paese, di territorio, di azienda) di cui essi sono l’espressione: la marca incapsula questa cultura e può renderla durevole nel tempo, al di là delle persone che l’hanno generata. Una marca può dunque evocare un paese d’origine (Le Coq Sportif), oppure il know how e la tecnologia (Gore-tex).
  • Relazione: la marca spesso fornisce l’opportunità di uno scambio intangibile fra persone, stabilendo fra esse un legame più o meno esplicito.
  • Immagine riflessa. La marca riflette una certa immagine del suo segmento-target: non si tratta perciò del target ma del modo nel quale esso viene identificato dagli altri. L’immagine riflessa di Lacoste sono persone che giocano a tennis, quella di Monella Vagabonda sono ragazze e giovani donne. Ma in ambedue i casi il target di mercato e più ampio. L’immagine riflessa esprime il fatto che chi acquista una marca desidera essere visto non come è ma come vorrebbe essere percepito in quanto utilizzatore di quella marca.
  • Auto-immagine: è l’immagine che il target ha di se stesso e che deve trovare conferma nella marca che viene scelta. In tal caso non si ha a che fare con l’immagine che si aspira ad avere presso gli altri, bensì con le proprie autopercezioni rispetto alle quali l’individuo vuole trovarsi in equilibrio.

Figura 2 – Prisma dell’identità della marca Lacoste

Ecco un esempio: Lacoste, la famosa marca del coccodrillo. L’elemento fisico è dato dalla polo, il coccodrillo, il tessuto di qualità extra fine a nido d’ape, l’associazione con il mondo del tennis e del golf. La personalità è discreta, senza eccessi. La cultura è data da un universo individualista, classico, aristocratico. Le relazioni si hanno con distinzione ed elevazione sociale. L’immagine riflessa è trasgenerazionale, unisex, di classe medio-alta e l’auto-immagine è data da desiderio di distinguersi e di appartenere a un club.

…a lunedì prossimo !!!

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Sergio Paoletti

Vi chiederete: chi è questo tizio? Ma come: non conoscete Sergio Paoletti? Beh posso capirvi, non siete lettori di Topolino, come me, da anni e anni e anni. E’ stato per tantissimo tempo curatore e oggi collaboratore della rubrica di brzellette del sopracitato giornalino. In realtà come ho già detto, io questo tipo di freddure amo definirle "piangellette" in quanto a volte sono veramente "tristissime", cioè quando le ascolti ti viene da dire "che cazzata!".

Io e mia sorella sospettavamo che fosse lo pseudonimo di nostra mamma, in quanto il genere di battute è lo stesso…
Negli anni ha sfornato decine, centinaia, migliaia (!) di queste freddure. E ha creato dei mostri. Si perchè oramai sono gli stessi lettori che inviano le proprie barzellette. Perle di questo genere:

Il colmo di un barista: ritirarsi in convento e fare il cappuccino.
Una chitarra dice al marito: ti sei scordato di nuovo!
Come si chiamano gli abitanti di Lucca? Lucchetti.
Che ore sono? Le zero. Come le zero? Eh si sono le 10 meno 10.
Il colmo per un elettricista: essere a corto di energia!
Un roditore va in profumeria: vorrei comprare un topobarba!

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Sottigliezze della lingua

Un cortigiano: un uomo che vive a corte.
Una cortigiana: una …

Un massaggiatore: un Kinesiterapista.
Una massaggiatrice: una …

Un professionista: un uomo che conosce bene la sua professione.
Una professionista: una …

Un uomo di strada: un uomo duro.
Una donna di strada: una …

Un uomo senza morale: un politico.
Una donna senza morale: una …

Un uomo pubblico: un uomo famoso, in vista.
Una donna pubblica: una …

Un uomo facile: un uomo con il quale è facile vivere.
Una donna facile: una …

Un intrattenitore: un uomo socievole affabulatore.
Una intrattenitrice: una …

Un adescatore: un uomo che coglie al volo persone e situazioni.
Un’adescatrice: una …

Un uomo molto disponibile: un uomo gentile.
Una donna molto disponibile: una …

Un ragazzo generoso: uno generoso economicamente
Una ragazza generosa: una che la dà via.

Un ragazzo che ha molte donne: un figo sul modello di Fonzie
Una ragazza che ha molti uomini: una …

Un ragazzo sveglio: ragazzo intelligente
Una ragazza sveglia: una …

Un ragazzo vispo: un tipo acuto che non si lascia sfuggire nulla
Una ragazza vispa: una …

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Hardware libero

Su wired del mese scorso ho letto un interessante articolo su Arduino, rarissimo esempio di hardware libero. Massimo Benzi, 40 anni, ha realizzato questa patriottica scheda, Arduino appunto, con una minuscola immagine dell’Italia stampata sopra. L’articolo dice che è un chip. In realtà è una scheda, che monta un chip Atmel.

E’ un hardware "open source" nel senso che le specifiche hardware sono aperte e liberamente riutilizzabili, si collega al pc tramite una porta USB da cui ricava l’alimentazione, è dotato di una piattaforma di programmazione GUI compatibile PC/MAC/Linux, e si programma in "C" in modo molto semplice.

Finora ne sono state vendute circa 50 mila unità. Come vendute, direte voi? Ma non è possibile costruirselo da soli? Certo, ma magari se è già fatto, soprattutto da gente che sa quello che fa, è meglio no?

E il business dove sarebbe? Beh, se la cosa funziona, e gli altri lo "copiano", la scheda si diffonde, si crea una sorta di pubblicità gratuita e magari c’è gente interessata. E allora se si tratta di un interessamento puramente accademico o ludico, se lo costruiscono da soli, altrimenti chi contattano? Quelli che lo hanno costruito. E’ una scommessa. magri vincente.

ps nel blog ufficiale trovate un po’ di appliazioni, spesso strampalate..

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Arduino

Sapete cos’è il Software Libero? Per chi non lo sapesse, vi cito la definizione che ne da la Free Software Foundation:

L’espressione "software libero" si riferisce alla libertà dell’utente di eseguire, copiare, distribuire, studiare, cambiare e migliorare il software. Più precisamente, esso si riferisce a quattro tipi di libertà per gli utenti del software:

  • Libertà di eseguire il programma, per qualsiasi scopo (libertà 0).
  • Libertà di studiare come funziona il programma e adattarlo alle proprie necessità (libertà 1). L’accesso al codice sorgente ne è un prerequisito.
  • Libertà di ridistribuire copie in modo da aiutare il prossimo (libertà 2).
  • Libertà di migliorare il programma e distribuirne pubblicamente i miglioramenti (e le versioni modificate in genere), in modo tale che tutta la comunità ne tragga beneficio (libertà 3). L’accesso al codice sorgente ne è un prerequisito.

Notate che, come da ogni buon informatico che si rispetti, gli elenchi iniziano da zero e non da uno ;-)
Più sotto c’è scritta anche un’altra cosa interessante, soprattutto per i profani: "Quando si parla di software libero, è meglio evitare di usare espressioni come regalato o gratuito, perché esse pongono l’attenzione sul prezzo, e non sulla libertà"

Ora voi ci chiederete: dove può arrivare un software così concepito? Non sarà una pirlata rispetto al software concepito e prodotto da una "seria" impresa commerciale? A parte il fatto che un’impresa commerciale può benissimo rilasciare il proprio software con licenza libera, senza per questo perdere la possibilità di "fare soldi" (è solo il modello di business che cambia), ci sono migliaia di esempi di software libero decisamente più affidabile ed efficiente del software commerciale. Come mai? Semplice: il software proprietario è sviluppato, per forza di cose, da un numero limitato di persone che hanno delle scadenze da rispettare per esigenze puramente commerciali. Il software libero può in teoria (e spesso in pratica) essere sviluppato da un numero enorme di persone e quindi i test sono molto più completi ed esaustivi. E poi non ha quelle sigenze di rilascio che ha il software commerciale: finchè non funziona non viene rilasciato. Leggetevi anche, se ne avete voglia, questo vecchio articolo di Alessandro Rubini (che, tra l’altro, è stato assistente al fu -ahimè- prof. Savini col quale ho sostenuto l’esame di… probabilmente si chiamava Fondamenti di Informatica, è opassato talmente tanto tempo…)

Ma a parte questo… non ci crederete ma non volevo parlare di software libero, bensì di… hardware libero, ma ormai si è fatto tardi, ve ne parlerò domani….

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La piramide dei bisogni di Maslow

Format Distributivi del settore moda abbigliamento in Italia: situazione e prospettive del piccolo punto vendita

Terza puntata – La piramide dei bisogni di Maslow

 

Tra il 1943 e il 1954 lo psicologo statunitense Abraham Maslow concepì il concetto di "Hierarchy of Needs" (gerarchia dei bisogni o necessità) e la divulgò nel libro Motivation and Personality del 1954.

Questa scala di bisogni è suddivisa in cinque differenti livelli, dai più elementari (necessari alla sopravvivenza dell’individuo) ai più complessi (di carattere sociale). L’individuo si realizza passando per i vari stadi, i quali devono essere soddisfatti in modo progressivo. Questa scala è internazionalmente conosciuta come "La piramide di Maslow". I livelli di bisogno concepiti sono:

  • Bisogni fisiologici (fame, sete, ecc.)
  • Bisogni di salvezza, sicurezza e protezione
  • Bisogni di appartenenza (affetto, identificazione)
  • Bisogni di stima, di prestigio, di successo
  • Bisogni di realizzazione di sé (realizzando la propria identità e le proprie aspettative e occupando una posizione soddisfacente nel gruppo sociale).

(fonte: http://it.wikipedia.org/wiki/Piramide_di_Maslow)

 

Figura 1 – La piramide dei bisogni di Maslow

Questa scala di identificazione è stata soggetta a critiche per aver semplificato eccessivamente i reali bisogni dell’uomo e per averne dimenticati alcuni, ma resta un valido supporto per capire le motivazioni che spingono all’acquisto dei beni.
Seguendo la teoria di Engels secondo la quale la percentuale della spesa dei consumatori destinata ai bisogni primari è decrescente al crescere del reddito disponibile, Maslow cerca di dimostrare una conseguente differenziazione delle motivazioni d’acquisto, per le quali i consumatori delle fasce sociali più basse tenderanno a soddisfare i bisogni primari, mentre quelli delle classi più elevate saranno invece piuttosto propensi all’acquisto di beni sempre più voluttuari e rappresentativi di uno status sociale.

Questa sarebbe la ragione dell’affermarsi delle mode e dei prodotti "griffati": il bisogno degli appartenenti ad una classe sociale inferiore di rapportarsi al loro gruppo di riferimento, ovvero una classe sociale non necessariamente superiore, ma che ai loro occhi gode di quel successo che essi desiderano.

continua lunedi prossimo…

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Boh

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Leggi al macero

Cavoli che storia: nel giro di pochi mesi il governo e il parlamento hanno cancellato circa 36mila leggi vecchie e stravecchie. La scorsa estate il dl 112 del 25 giugno, convertito in legge il 6 agosto, ne aveva già cancellate quasi 7 mila e lo scorso 17 febbraio è stato convertito in legge il dl 200 del 2008 che depenna dal nostro ordinamento ben 28406 leggi!

Chissenefrega, direte voi. E no, perchè il mantenimento in vita di queste leggi costa, e non solo in senso burocratico, mantenere una singola legge ha dei costi.  Tra quelle abriogate ce ne sono veramente di fantastiche. Ovviamente erano anni e anni che non venivano applicate, e quindi, a maggior ragione andavano cancellate.

Si va dalla norma che imponeva una tassa sulla preparazione della radica di cicoria (1874) a quella sul bollo della carte da "giuoco" (1861), passando dalla riduzione di tariffa per la spedizione da parte di case fonografiche di pieghi o pacchi contenenti dischi diretti alla discoteca di stato (1935) o da quella relativa all’importazione in franchigia da dazio doganale di peperoni rossi secchi, di origine e provenienza libica (1942). Vi rendete conto? 36 mila leggi che andavano ad intasare il nostro ordinamento.

Un plauso a Brunetta e Calderoli.

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Pino Melia

Anche il mio amico Pino Melia ha il suo sito! Eccolo:

www.pinomelia.altervista.org

C’è il suo curriculum, ci sono i suoi articoli, i suoi link e le sue idee. Bravo Pino, bel sito… hai messo anche la tua foto con De Mita: mitico!!!

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La marca nel prodotto moda

Format Distributivi del settore moda abbigliamento in Italia: situazione e prospettive del piccolo punto vendita

Seconda puntata – La marca nel prodotto moda

 

Il prodotto moda
Nella visione attuale del marketing l’idea del prodotto è un’astrazione che tende ad essere sempre più ampliata andando a contenere elementi che si aggiungono alle semplici particolarità del prodotto stesso come i servizi accessori che accompagnano la vendita e una serie di attributi immateriali quali la confezione, i colori utilizzati, il prestigio del produttore, il fascino dei testimonial, ecc. Sono caratteristiche che aumentano il valore percepito dal consumatore. Tutto questo è ancora più vero se si considera il prodotto moda.

Il prodotto moda caratterizzato da una specifica etichetta, è un elemento ad alto valore simbolico, che possiede un significato e un’anima, che crea emozioni, che consente l’espressione dell’identità, sociale e individuale, di chi ne è fruitore, che permette al consumatore di comunicare messaggi diversi in differenti occasioni d’uso.
Le sapienti strategie di marketing mix creano al consumatore nuove esigenze, e fanno sì che il prodotto sia quello che l’acquirente desidera: l’offerta deve esprimere una gamma di emozioni capace di conquistarlo.
Un prodotto moda come tale richiederà originalità, creatività, styling, tessuto, colore, differenziazione.

La marca
Nel settore moda, particolarmente legato al prodotto, risulta essenziale il ruolo svolto dalla marca. Per essere forte, una marca deve avere elementi forti, distintivi, difendibili legalmente, facili da ricordare, che risultino simpatici, che richiamino alla mente la categoria a cui il prodotto appartiene e che evochino le associazioni desiderate. Nell’ultima decina di anni si è avuto un netto cambiamento della concezione della marca e quindi del modo in cui è intesa e percepita:

Il prodotto è ciò che viene fabbricato in uno stabilimento; la marca è invece ciò che il consumatore acquista; il prodotto può essere imitato da un concorrente, la marca è unica; il prodotto può risultare rapidamente superato, la marca di successo dura nel tempo.”  (S. King – WPP Group, London, citazione da D. Aaker, “Brand Equity. La gestione del valore della marca”, Franco Angeli, 1997)

Nel mercato del sistema moda, oggi il ruolo della marca è andato progressivamente crescendo d’importanza: da semplice nome o simbolo identificativo di un prodotto è divenuta una componente essenziale e centrale capace di sopraffare, talvolta, i prodotti stessi. La marca rappresenta l’idea, il concetto soggettivo che il consumatore si è fatto in maniera sintetica di un’azienda; una buona marca sarà sinonimo di sicurezza, affidabilità, immagine.
La griffe di un prodotto, se è affermata, esercita un valore psicologico di grande influenza assicurandogli un maggiore peso sul mercato ed un migliore rapporto coi consumatori.
Per stabilire l’importanza e la forza che il brand ha tra i fattori del mix, basti dire che in presenza di più prodotti tra loro in concorrenza e che rispondono più o meno in uguale misura alle esigenze del cliente, viene premiato quel prodotto che può vantare una marca affermata, visto che il suo valore simbolico ha una grande influenza.
La marca dovrà tenere conto dei posizionamenti in cui si trovano i suoi prodotti, in caso contrario non sarà accettata, ma anzi completamente ignorata. Non esistono prodotti “giusti” o sbagliati, esistono prodotti giusti e sbagliati in relazione al target, al contesto, al cliente cui sono rivolti.

Storicamente la marca nasce come elemento informativo, identificativo, segnaletico di un’innovazione. Diventa fattore di difesa e di tutela rispetto ad innovazioni non brevettabili. La marca garantisce l’originale e previene la sostituzione con prodotti di qualità inferiore. La marca è una tipica risorsa immateriale; poiché essa consente di capitalizzare il patrimonio di fiducia relazionale, è la più importante risorsa di fiducia dell’impresa.
Rappresenta il presupposto per sviluppare la fedeltà, aiuta il consumatore a memorizzare, interpretare ed elaborare informazioni, riduce la percezione del rischio nell’acquisto e permette di sedimentare informazioni comunicative.
In un numero sempre maggiore di contesti competitivi, l’innovazione di marketing si gioca sulla capacità di continua immissione di componenti estetiche, non funzionali, in prodotti industrializzati.

Per il consumatore, la marca svolge diverse funzioni (M.Raimondi, “Marketing del prodotto-servizio”, Hoepli Editore, 2005) :

  •      Rassicurazione. Riduce il rischio percepito al momento del primo acquisto, oppure presso un nuovo fornitore.
  •      Individuazione. Agevola il cliente nel farsi un’idea della gamma di prodotti disponibili.
  •      Semplificazione e riconoscimento. Associa al prodotto alcune caratteristiche, prestazioni e sensazioni.
  •      Emozioni positive. Assume un significato emozionale per effetto delle associazioni mentali che richiama.

Nella moda, gli elementi simbolici ed evocativi prevalgono su quelli funzionali: il cliente finale non acquista cioè solo prodotti tangibili, ma anche una marca connotata da un sistema di segni di riconoscimento che contribuiscono a identificare la sua appartenenza ad un gruppo socioculturale.

Secondo uno studio del Censis (Centro Studi Investimenti Sociali, è un istituto di ricerca socioeconomica fondato nel 1964. Svolge attività di studio e consulenza nei settori della società italiana, ovvero nella formazione, nel lavoro, nel welfare, nell’ambiente, nell’economia e la cultura) per il 23% degli intervistati ritiene la marca la principale garanzia di qualità del prodotto, e il 9,7% la ritiene molto importante, tanto quanto il consiglio del venditore. (Fonte: indagine Censis – Confcommercio 2004)

Gli armadi delle persone sono pieni di abiti e prodotti di abbigliamento; eppure, la gente continua a comprare. Evidentemente, i bisogni soddisfatti non sono solo quelli funzionali, legati al vestire fisico. La domanda viene continuamente creata attraverso il cambiamento del prodotto e l’insoddisfazione generata nel consumatore dal divario tra il suo look e le ultime tendenze della moda.

Continua lunedì prossimo..

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Eresia Futurista

Fortunato Depero, "Squisito al seltz", 1926, visto alla mostra "1909-2009 L’ERESIA FUTURISTA DA VOGHERA ALL’UNIVERSO" di Voghera, presso la sala Pagano di Piazza Cesare Battisti. Con opere di Balla, Boccioni, Prampolini e altri grandi artisti futuristi.

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Finester 95

Vecchissimissima ma sempre carina: "Popolo padano e del nord-est….

facilisim de duperà!!!!

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I migliori post del 2008

L’anno scorso avevo fatto un articolo sui migliori post del 2007. Ora vi elencherò i migliori del 2008, sempre a mio giudizio. Praticamente, per la serie "faccio tutto io" scrivo e mi do anche i premi da solo !!!

Per la cronaca, non so se avete notato, nella colonna a destra in basso ho inserito la classifica dei post dell’ultimo periodo più letti. La classifica dei più letti di tutti i tempi vede al primo posto "Saw III – L’enigma senza fine" ma per un semplice motivo: cercando "saw" su Google Immagini uno dei primi risultati è proprio quel post.

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