(raccolta molto sparsa di pensieri)

fabiotordi

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Aneddoti 21

Sottotitolo: quando uno è convinto delle proprie idee non c’è niente che gli potrebbe fargli cambiare idea!

Scena uno: entra una signora e chiede:

"Ma quella pelliccia in vetrina è vera?"
"Si signora, è pelo vero"
"Cavoli, io sono animalista"
"…"
"Beh, comunque…insomma…cioè…"
"Mi dica"
"E’ proprio vera pelliccia"
"Eh si"
"E però a questo prezzo…e poi mi sta anche bene, è la mia taglia…Ma si: la prendo! Io sono animalista, ma d’altronde a questo prezzo la devo prendere!"

Devo dire: un animalista convinta! Magari di quelle con la borsetta in pelle, le scarpe di cucciolo di foca, la cintura di pitone e i guanti di zerba nana del Madagascar.

Scena due: una signora mi chiede di vedere delle scarpe da ginnastica.

"Mi dia dei 35 da adulto"
"Ecco, i 35 sono da questa parte"
"Mi raccomando, me li dia da adulto"
"Signora, adulto o ragazzo che differenza fa? Sempre 35 rimane"
"Eh no, perchè in certi negozi tentano di rifilarmi dei 35 da bambino, che hanno la pianta più stretta, ma io non li voglio"

E proprio in quel momento mi viene da fare caso a che calzature indossa: aveva le Lelly Kelly, con tanto di disegnini multicolor e di scrittona "LELLY KELLY" in bella evidenza!!!

Eh già, lei le scarpe junior non le vuole…..

Aneddoti 20

C’è caldo, abbiamo la porta spalancata.
Arriva una signora in bicicletta. Sembra quasi che dallo slancio voglia entrare in negozio con il velocipede!

"Signora, non entri in negozio con la bici", la apostrofiamo come facciamo di solito con quelli che parcheggiano sul marciapiede davanti all’entrata ("Se vuole le apro la porta e la faccio parcheggiare dentro").

Solo che in questo caso, appunto, la porta è già aperta e la signora (appunto!) entra veramente dentro in sella al cavallo di ferro!

"Guardi che non può entrare con la bici !"
"Ma solo per 5 minuti". E prima  che ce ne rendiamo contro scende dalla sella e appoggia la bici sul cavalletto, esattamente tra la porta e la cassa… insomma in mezzo, in un punto dove non sarebbe più potuto passare nessuno. Io mi chiedo: ma che cosa le frulla nel cervello?
"Signora, non può lasciarla lì, almeno la sposti"
"Ma solo per 5 minuti" ripete quella come fosse una litania.
"Ma neanche 5 secondi, la deve spostare"

Allora la prende, la porta fuori, la lega col lucchetto, rientra, chiede se di un paio di scarpe in vetrina c’è il suo numero, alla nostra risposta purtroppo negativa esce, riapre il lucchetto, salta sulla bici e se ne va. Ma non poteva risparmiare questi benedetti "5 minuti" e metterci solo 5 secondi per chiedere?

Gli attacchi degli sci

Come ben sapete, e se non lo sapete ve lo dico io, gli sci  sono formati dallo sci (appunto) e dall’attacco di sicurezza. Ormai la grande maggioranza di questi attrezzi escono già dalla fabbrica con gli attacchi integrati, regolabili dal venditore in base allo scarpone, al peso e stile di sciata del cliente. Fino a qualche anno fa invece la normalità era che gli attacchi erano un’entità separata dallo sci, e occorreva fissarli al momento dell’acquisto.

Noi venditori abbiamo sicuramente la vita più facile coi nuovi modelli: prendi un cacciavite e in meno di 5 minuti fai tutte le regolazioni. Sono rari gli sci a cui devi mettere gli attacchi ancora "a mano".

Io ho imparato a fare questo lavoro fin da ragazzino. Nel negozio dei miei genitori era mia mamma la "ski man" (le "ski woman" non erano contemplate a quei tempi..e forse neanche a questi tempi!) e gli attacchi li montava lei. Ha partecipato anche a diversi stage organizzati dalle ditte produttrici per spiegare le nuove tecnologie e le nuove tecniche. Quando avevo circa 12/13 anni ho iniziato a farle da assistente. Lei mi ha insegnato la tecnica, i trucchi e il fatto che ogni lavoro è diverso dall’altro. Ho avuto un altro maestro, Fiorello (no, non quello della TV!)  che mi ha insegnato la precisione.

Una volta venduti gli sci, li si mette sul banco di lavoro e si fermano in una morsa. Poi si prende una "maschera", detta anche "dima". E’ un aggeggio, fornito dalla ditta produttrice degli attacchi, che permette di fare i fori sullo sci nel punto giusto, una volta regolata in base alla lunghezza dello scarpone. Una gran bella comodità: prima ancora si faceva tutto a mano, occorreva fare dei calcoli e delle misurazioni precise al millimetro per individuare il punto giusto dove forare.

Si fissa la maschera sullo sci, la si sblocca, la si regola in base allo scarpone del cliente e poi la si blocca. A questo punto la si posiziona in modo che, una volta finito il lavoro, la metà dello scarpone risulti in un punto ben preciso dello sci (che non è la metà, ma un po’ più indietro verso la coda). Per fare questo c’è un segno sulla maschera che deve essere allineato ad un segno ben preciso sullo sci (anche questa operazione una volta andava fatta a mano, segnando con una squadra e una matita un punto dello sci e poi facendo dei calcoli)

Ora bisogna forare. Per prima cosa bisogna scegliere la punta del trapano da usare. Le punte sono un mix tra quelle per il legno e quelle per il metallo. La cosa simpatica e utile è che sono costruite in modo che, anche volendo, il foro risulti di una lunghezza predefinita. I diametri più comuni sono quelli da 3,5 e da 4,1 millimetri. Le lunghezze variano da 7 a 10 millimetri. Solitamente gli sci meno strutturati, come quelli da bambino, necessitano una punta piccola e corta, viceversa per gli sci molto tosti occorre quella grande. In ogni caso la punta più grossa è andata via via scemando di utilità, in quanto da una decina di anni gli sci hanno una struttura esterna molto meno rigida di una volta e si forano meglio.

Ricordo quella volta che mi è stato concesso di preparare il mio primo sci tutto da solo: era per la morosa di un ragazzo di Brallo, il quale mi disse: "Sei bravo, eh? Chissà quanti ne hai già preparati". La morosa, attuale moglie e madre di figli, è tuttora viva e vegeta, quindi mi è andata bene.
Certo, negli anni gli errori non sono mancati: sbagliare maschera, non regolarla sulla lunghezza dello scarpone, perdere una vite… insomma il campionario dei casini combinati è vario. Anche qui c’è da dire che negli ultimi anni gli errori si sono praticamente azzerati, vuoi per l’ormai più che ventennale esperienza, vuoi per il sopracitato meccanismo di integrazione sci-attacco che lascia ben poco spazio al lavoro dello ski-man (e quindi anche ai possibili errori). (ecco, adesso me la sono gufata, speriamo bene)

E poi ricordo quel periodo, primi anni ’90, in cui gli sci erano durissimi e si faceva una fatica bestia a far entrare le viti, e dovevi avvitarle e svitarle più volte per cercare di farle entrare. E quella volta che mi sono fatto un bel taglio sulla mano perché ho "pulito" il foro appena fatto, dimenticandomi delle schegge di metallo. E quella volta che si è rotto il filettatore dentro al foro. E quella volta che era tutto giusto: maschera, regolazioni, punta, ecc, solo che per un inspiegabile motivo l’attacco era di un particolarissimo modello che aveva altri fori. E quei pomeriggi in cui mi capitava di preparare anche una ventina di paia di sci. Ovviamente tutti uno diverso dall’altro e tutti di clienti con una fretta pazzesca. Eh si, perché magari stavano lì tutto il pomeriggio a pensarci, poi una volta decisi pretendevano lo sci pronto immediatamente. E allora venivano lì a vedere, a chiedere, a insistere, a parlare, a curiosare… insomma a rompere le scatole: il modo migliore per farmi deconcentrare e quindi perdere ancora più tempo.

I più facili da montare erano i Salomon, i più complicati gli ESS / Atomic, ma anche i Tyrolia Freeflex. Non mi sono mai piaciuti i Look. I Geze e i Marker erano senza infamia e senza lode. Parlo per il lato montaggio, chiaramente, non discuto sulla validità tecnica.

Attualmente quasi tutte le marche si sono integrate: la Rossignol faceva solo sci, adesso fa sci, attacchi (rilevando la Geze e la Look) e scarponi. Salomon faceva attacchi, adesso fa anche sci e scarponi (rilevando la Sangiorgio). Nordica faceva scarponi e adesso da anche sci e attacchi, ecc. Ormai offrono tutti la gamma completa. E, come detto, gli attacchi sono spesso integrati nello sci: si montano ad incastro oppure con le viti, ma occorre più forare direttamente lo sci, quindi sempre più il trapano e soprattutto le maschere diventano strumenti non necessari.

Era ora, aggiungo io, e chiudo. Buona sciata a tutti.

Aneddoti 19

Una signora si lamenta di una giacca che ha comprato da noi.

Io e mio marito abbiamo preso un giubbino per lui, ma non può metterla perchè perde.
Cosa perde signora, il colore?
No, no, la toglie ed è tutto bagnato.
Come bagnato?
Quando la mette, dopo un po’ si ritrova tutto bagnato, soprattutto sulle spalle.
Ah, intende dire che fa sudare?
No, no, non è sudore, è la giacca che perde…e bagna.
Ma perde cosa?
Eh non lo so, fatto sta che mio marito dopo un po’ è tutto bagnato.
Ho capito signora, ma lei mi dice che a distanza di tempo, ogni volta che suo marito la indossa, dopo un po’ la giacca rilascia del liquido?
Io non so cosa succede, so solo che mio marito non può mettere la giacca.
Ma quando l’avete presa?
L’anno scorso.
Ma scusi, non le sembra strano che dopo un anno c’è una giacca che continua a perdere liquidi sulle spalle?
Non è passato un anno, io ho detto l’anno scorso, ma intedevo la scorsa stagione, era il periodo dei saldi e l’ho pagata 25 euro.
Si va beh, anche se fossero passati 5 giorni… non le sembra strano? Non ha mica dentro un serbatoio che continua a perdere liquidi. Sarà sudore.
No, no, cosa sta dicendo: non è sudore! Quando mio marito non mette quella giacca non suda!
Si vede che è un materiale che lo fa sudare. In ogni caso di quelle giacche ne ho vendute un sacco e nessuno ha mai lamentato questo problema di perdita di liquidi.
Si si va beh, io volevo solo far presente che quella che mi avete venduto fa così.
Certo che anche lei poteva venire un po’ prima e non aspettare mesi. Comunque venga, porti la giacca che la analizziamo e vediamo cosa si può fare.
Va bene.

SAAAAAAAAANTA PAZIENZAAAAAAAAAAA !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! Si, come no, la porto ai RIS di Parma. Per la cronaca la signora non si è mai più ripresentata.

Viene una signora, molto distinta, a provare una pelliccia.

– Ma che pelo è?
– Volpe
– Ma è volpe?
– Si, signora
– Ma è proprio volpe?
– Si, è volpe
– Hai detto che è volpe?

E così via. Ogni cosa me la chiedeva dalle 5 alle 10 volte. Estenuante. Alla fine mi fa mettere da parte la pelliccia, fino al giorno dopo. L’indomani torna e subito dice:

– Quella pelliccia non la prendo più
– Va bene signora, come mai?
– Non sono convinta del fatto che sia volpe
– Come crede, signora.
E poi si mette a guardare le altre pellicce. Vorrebbe acquistarne una, lunga, ma allo stesso prezzo di quelle corte. Io dico che non è possibile, cerco di spiegarle, con calma, che quello è un modello più lungo, di pelli più pregiate, ecc. ecc.

Lei esce dicendo: torno domani, se me la dai allo stesso prezzo la prendo, altrimenti te la tieni e io qui non compro proprio niente. Che educazione!

Torna il giorno dopo ancora e le dico che nel frattempo qualcun altro, più avveduto, ha comprato le pellicce. Lei si prende male, all’inizio fa l’arrabbiata perchè secondo lei avrei dovuto tenerle da parte per lei, poi, probabilmente presa dal fatto che comunque le pellicce le vendo anche senza le sue minacce, prova un’ulteriore giacca. Mi chiede più volte lo sconto, che puntualmente le nego. Ci mancherebbe altro: fare anche solo un euro di sconto ad una persona così arrogante. Decide di comprarla, ma continua a insistere per avere una garanzia.

– Signora, la garanzia è data dal fatto che l’ha comprata qui in negozio, guardi che non ho intenzione di chiudere, sono qui da 14 anni. Lei avrà il suo bello scontrino che vale da garanzia, come qualsiasi altro prodotto venduto nell’Unione Europea.
– Si ma chi mi garantisce che è una pelliccia di castoro?
– Vada in una qualunque pellicceria e la faccia controllare.
– Certo che vado, voglio proprio vedere se qui mi state truffando!!!
– Signora, noi non stiamo truffando proprio nessuno: abbiamo dei prodotti in vendita e non obblighiamo nessuno a comprarli. Se lei compra un articolo già con l’idea di essere truffata faccia una bella cosa: non compri nulla.

E’ finita che la signora ha comprato la pelliccia di castoro. Altre volte ho raccontato aneddoti che fanno sorridere, qui, se solo fossi stato nervoso al 5% l’avrei mandata a quel paese. Si vede che mi ha preso in giorni di buona… Per la cronaca la signora è tornata, ha comprato un’altra pelliccia, poi l’ha riportata dicendo che provandola a casa non le stava bene e l’ha cambiata con un’altra. Altre volte è passata ancora a fare altri acquisti, con un po’ meno arroganza e un pizzico in più di educazione, ma sempre con l’abitudine di fare la stessa domanda per almeno una decina di volte (e, credetemi, di domande ne fa parecchie)….

Tre tipi di concorrenza

Volevo sottoporvi una mia riflessione riguardante la concorrenza dei centri commerciali verso i negozi tradizionali. Ovviamente mi sto riferendo nello specifico ai negozi di Voghera, nella fattispecie al mio.

Ho individuato tre tipi di concorrenza. Vado ad illustrarvi il Teorema di Tordi sulla Concorrenza.

Il primo tipo è la concorrenza "di prodotti". E’ il tipo tradizionale di concorrenza e il più facile da spiegare. Facciamo un esempio: se io vendo piumini e aprono nuovi negozi / centri commerciali in cui si vendono piumini è facile capire che i clienti in cerca di piumini hanno più possibilità di poter acquistare ciò che vogliono da un’altra parte. Detto in altre parole, il fatto che abbiano aperto nuovi negozi di abbigliamento è fonte di concorrenza per il mio negozio.

Il secondo tipo è la concorrenza "di soldi". Prima di fare, anche in questo caso, un esempio, voglio farvi riflette sul fatto che, in generale, gli acquisti del settore abbigliamento non sono di stretta necessità. Mi spiego meglio: noi tutti abbiamo bisogni primari, come quello di mangiare. Acquistare una camicia nuova non è invece un bisogno di primaria importanza: se non la prendiamo non andremmo di certo in giro nudi o coi vestiti rattoppati. E’ un tipo di acquisto che non è strettamente necessario. E qui si arriva al punto: se vado in un centro commerciale e spendo per comprare qualcosa d’altro (un profumo, una griglia per il barbecue, un videogioco, ecc.), quando passo davanti alla vetrina di Piazza Affari e vedo una camicia che mi ispira, magari decido che per questa settimana ho già speso un po’ troppo e quindi rinvio l’acquisto.

Apro una parentesi necessaria. Tutte e tre questi tipi di concorrenza sottendono una verità: la gente va nei centri commerciali. Ci va per la grande scelta, ci va per fare un giro, ci va perché spesso sono gli unici negozi aperti, ci va perché fa caldo d’inverno e fresco d’estate. Insomma, non devo certo fare un trattato di costume o filosofia spicciola per spiegarvi il perché nei centri commerciali ci si va. E quando sei li cosa fai… gironzoli. E magari va a finire che approfitti dell’occasione e… spendi.

Il terzo tipo è la concorrenza "di tempo". Se passo la giornata al centro commerciale, dove per andarci devo prendere l’auto perché sono fuori città… è ovvio che in città non ci sono fisicamente. E quindi non passo davanti ai negozi. E quindi non posso acquistare quella camicia… semplicemente perché non la vedo, in quanto io non sono li, ma sono al centro commerciale.

Ricapitolando: la camicia non la compro perché l’ho comprata in un altro negozio, oppure perché ho già comprato un orologio (o mi sono fermato a mangiare la pizza con la famiglia), oppure perché non sono neanche passato davanti al negozio.

Aneddoti 18

Primo giorno di apertura a settembre, entra un tizio.

"Posso provare quella giacca da un euro?"
"Certo, eccola"

Il tizio si specchia un attimo, poi con una nonchalance incredibile, prende la porta e se ne va lungo Via Cavour. Rimango basito un attimo… penso che magari sta guardano la giacca alla luce del sole. Poi vedo che se ne sta proprio andando. Non ci credo: mi sta portando via una giacca da… UN euro ??? Esco per vedere se realmente se ne sta andando e in quel mentre il tizio fa retromarcia (dopo aver fatto circa una decina di metri) e torna dentro.

"No, ho cambiato idea, non mi sta bene, è piccola, non la prendo"

e se la toglie

"Ok, va bene"

e il tizio stava li ad aspettare…

"Ha bisogno qualcosa?"
"Si, non la prendo più la giacca"
"Ho capito… e quindi ?"
"Mi devi restituire un euro"
"Guardi che non l’aveva pagata"
"Ah, non l’avevo pagata?"
"No"
"Va bene"

Prende la porta e se ne va.

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Un venerdì a mezzogiorno entra una ragazza.

"Ciao, ho un buono di 30 euro, avevo riportato delle cose"
"Va bene"
"Ok, allora ti ricordi, no?"
"Sinceramente no, ma sai com’è, capita spesso che qualcuno abbia dei resi e noi gli facciamo il buono, guarda pure se c’è qualcosa che ti interessa"

Quando stiamo per chiudere per pranzo le chiedo se ha trovato qualcosa. Mi dice che vuol prendere qualcosa per il moroso. Una felpa, una paio di jeans. Benissimo, vieni pure alla cassa. Eh no, adesso vuol guardare qualcosa per lei. Noooo, ho già capito, questa qui mi fa stare qui fino all’una solo per fare un cambio. Eh va beh il cliente ha (quasi) sempre ragione. Allora prende tre magliettine per lei. Ok, si va? No, deve vedere le scarpe, sempre per lei. Finalmente andiamo alla cassa. Abbiamo abbondantemente superato il valore del buono, quindi c’è da pagare la differenza.
Tragedia: è senza soldi, devo aspettarla mentre va a ritirare al bancomat in Piazza Duomo. Ok, la aspetto, abbiamo fatto 30 e facciamo pure 31. Allora si mette a rovistare nella borsetta. Non disponendo di portafogli ha tutto buttato li a caso: documenti, fogliettini, fazzoletti, ecc. Ma del bancomat non c’è traccia. Cerca cerca e cerca, ma non c’è. Nooo, e per fortuna che se n’è accorta qui, altrimenti l’avrei dovuta aspettare per niente.

"Facciamo così, passo oggi pomeriggio"
"D’accordo"
"Inizio a prendere la merce in cambio del buono da 30 euro, il resto passo oggi a pagarlo"
"Si ma me lo devi dare il buono"
"Ah si? Non ce l’ho, ce l’avrò a casa"
"Senza buono non ti posso dare la merce. Facciamo una bella cosa, intanto che cerchi il bancomat cerchi anche il buono e ci vediamo oggi pomeriggio"
"Certo, alle tre e mezza sono subito qui"

Ovviamente arriva alle sei e mezza, coi soldi in contanti, ma… senza il buono!

"Eccomi, ti pago la merce in più e prendo tutto"
"Si, ma mi devi dare il buono"
"Ah, non ti fidi?"
"Non è questione di fiducia, altrimenti a cosa serve il buono?"
"Mamma mia, non ti fidi, e va beh… vengo domani col buono"

Ma secondo voi quanta pazienza devo avere con questi personaggi ?? Per la cronaca è tornata il giorno dopo con ‘sto benedetto buono…

Il negozio

Format Distributivi del settore moda abbigliamento in Italia: situazione e prospettive del piccolo punto vendita

Trentunesima puntata

Se si spengono le luci dei negozi qualcosa scompare per sempre, finisce la vita urbana così come l’abbiamo conosciuta per secoli. La bottega è il luogo in cui un mondo minimo di adulti e di bambini, di anziani e di giovani, di più e meno agiati si incontrano, si conoscono, si scambiano non solo beni ma anche notizie e cultura e sono il luogo piccolo e solido in cui si forma la vita sociale delle città” .
(Da un articolo di Furio Colombo, giornalista, scrittore e politico  su “la Repubblica”, 1996)

Tra le tante categorie di distribuzione al dettaglio, prendiamo in considerazione quella del negozio, inteso sia come negozio tradizionale, sia come attività commerciale avviata con una delle formule innovative di cui sono già stati citati esempi.
Questo canale di vendita ha delle caratteristiche peculiari di lunga tradizione, specialmente in Italia, è caratterizzato da una propria immagine e utilizza opportuni strumenti di comunicazione per la vendita.
Alcuni degli aspetti considerati possono essere comuni anche ad altri canali distributivi, ma in questo capitolo vogliamo comunque focalizzare l’attenzione sul piccolo dettaglio.


Esterno del negozio Sportler di Brunico BZ

Sebbene negli ultimi anni la media e grande distribuzione abbia in parte offuscato il dettaglio tradizionale, quest’ultimo torna a essere percepito come elemento integrante e essenziale di un moderno sistema distributivo, in grado di soddisfare esigenze di specifiche nicchie di mercato. Inoltre il commercio di prossimità è un punto di riferimento per le fasce di popolazione più avanti nell’età, per le popolazioni dei comuni più isolati, ravviva il territorio, svolge dunque una funzione sociale e di socializzazione importante. Un po’ ovunque, inoltre, molti dettaglianti tradizionali hanno intrapreso un processo di rinnovamento e di riconversione, puntando su prodotti di elevata qualità o che si collocano in particolari settori del mercato, e su un elevato livello di professionalità e di servizio al cliente.
 

Aneddoti 17

Prima considerazione: perché c’è un sacco di gente che entra, saluta a malapena (ma solo se li saluto io per primo) e si fionda nell’altro reparto, nel posto più lontano? Se capitasse una volta sola penserei che quel qualcuno ha intenzioni furtive, ma visto che succede spesso e volentieri…beh spero che non siano tutti ladruncoli!!!

Primo aneddotino: entra una signora e mi dice:
"Vedo che in tutti  cartelli hai scritto <<Piazza Affari>>. Cosa vuol dire Piazza Affari?"
"Signora, è il nome del negozio…"
"Ah ecco, anche perchè qui siamo in Via Cavour"

Seconda considerazione: perchè se io scrivo a caratteri cubitali "Giacca di Pelle 90 euro" e sotto ci metto una camicia con un cartellino microscopico che recita "Camicia 10 euro" la gente si convince che la giacca di pelle costi 10 euro? E’ una cosa che succede sempre, sempre, sempre!

Aneddotino: una signora entra dicendo: 
"Mi dia quella magliettina che ha fuori a 1 euro, sarà cinese, sintetica, si romperà subito, ma per un euro…"
"No signora, è 100% cotone e, come può leggere dall’etichetta, è addirittura Made in Italy. Inoltre prima le vendevo a 10 euro, ma sono le ultime quattro…"
"Ah si? La vendeva a 10 euro? Allora le compro tutte e quattro!"
Morale: che sia bella di qualità non gliene frega niente, le importa solo che prima fosse costata 10 euro…

Una signora lascia 50 euro in acconto di merce del valore di 160 euro, dicendo che sarebbe passata il giorno dopo. Passa dopo una settimana e dice che non vuole più la merce. E tu cosa fai? Se non le rendi l’acconto (come sarebbe giusto) perdi il cliente, finisci per litigare ecc. ecc. Se glielo rendi passi per fesso e dai bruttissime abitudini ai clienti. Allora cerchi di farle capire che ti sta arrecando un danno: la merce l’ho tenuta da parte per lei, se adesso non la compra più, io che faccio? Allora prende altre cose per 100 euro e mi da i 50 euro di differenza. Oggi torna e mi dice che vuol passare domani cambiare ancora i prodotti… per giunta con altri che costerebbero 140 euro, quindi 40 euro in più che lei non ha intenzione di tirare fuori. Ma tutti a me capitano? Quindi domani ci saranno da fare discussioni….

E poi è capitato di quelli che vogliono pagare con assegno, magari con assegni non propri, dicono che sono assegni del "datore di lavoro" da incassare o cose simili… Una volta arriva un tizio, compra per circa 100 euro e vorrebbe darmi un assegno intestato a non-so-chi, firmato da non-so-chi, del valore di 500 euro…e voleva il resto!!!

E quando ho messo una pelliccia di lapin in vetrina a 100 euro una signora entra, la misura, la rimisura, si guarda allo specchio, si gira e si rigira e poi dice "beh si non mi sta benissimissimo, ma a questo prezzo la prendo, qualche volta la metterò, poi la regalo". "Ha ragione signora, a questo prezzo le conviene. Bene, sono 100 euro". "Come 100? Non c’è scritto un euro???". Capito? Non solo pensava che una pelliccia potesse costare un euro, ma si faceva anche dei problemi a comprarla a quella cifra!!!

Regole quasi-matematiche sui clienti NON compranti:
– Se un cliente entra all’orario di chiusura quasi sicuramente non comprerà
– Se un cliente entra dopo l’orario di chiusura sicuramente non comprerà: alle tue domande risponderà con monosillabi, girerà per mezz’ora per poi accorgersi dell’ora tarda e congedarsi dicendo che tornerà con calma. E no, cazzo: mi hai fatto stare qui e adesso compri !!!
– Se un cliente ti dice di tenergli della merce perchè deve fare una commissione e torna subito ha il 50% di probabilità di tornare
– Se un cliente dice che torna il giorno dopo non tornerà per nessun motivo il giorno dopo. Questa è una regola ferrea, succede anche coi clienti in buonafede che magari tornano due giorni dopo, ma mai mai mai il giorno dopo.
– Se un cliente ti sta aspettando quando vai ad aprire e magari sbuffa perchè lui "è li dalle 9" (quando c’è scritto sulla porta che il negozio apre alle 9 e 30) quasi certamente non comprerà nulla. Nella maggior parte dei casi entra, ti chiede qualcosa di assurdo (del tipo "Maconi oggi è aperto?" (ndFabio, Maconi è il negozio vicino al mio) oppure "Avete i camici da infermiere in pile con interno in velluto?" o cose simili e poi esce in tutta fretta lamentandosi ancora del tempo perso
– Se un cliente ti ordina qualcosa non te la comprerà mai, ma dico mai e sottolineo mai. Tu gliela procuri e lui nella maggior parte dei casi non si farà mai più rivedere. Se per disgrazia si fa vivo l’articolo che gli hai procurato avrà qualche infinitesimale differenza da quello che aveva chiesto lui, oppure ha semplicemente cambiato idea, tutto qui.

Aneddoti sui cambi merce ne avrei a migliaia:
– quelli che sono abbonati al cambio e regolarmente vengono a cambiare quello che hanno comprato la volta prima
– quelli che riportano le maglie che profumano di detersivo e sostengono di non averle mai indossate (una volta uno si era pure dimenticato l’etichetta della lavanderia)
– quelli che sostengono di non aver mai messo le scarpe quando invece hanno le suole sporche di terra (almeno lavale, che diamine, mi prendo proprio per fesso?!)
– quelli che sostengono di aver misurato una taglia e di essersi ritrovati nella borsa un’altra taglia (di questi, l’uno per cento ha ragione, tutti gli altri fanno talmente confusione quando provano che non sanno più neanche loro qual è la taglia giusta)
– quelli che vorrebbero cambiare merce comprata mesi prima, anche molti mesi prima !!!
– quelli che vorrebbero cambiare la merce senza riportarla nella confezione originale (insomma vanno a casa e buttano la scatola delle scarpe, tagliano le etichette,  ecc ecc e riportano il tutto magari nella carta della focaccia… e poi si arrabbiano quando non gliela cambi !!!!)
– quelli che vengono a cambiare e (come nell’esempio sopra) vorrebbero prendere qualcosa di più caro senza tirar fuori un euro
– quelli che vengono a ricambiare quello già cambiato e alla fine riprendono quello che avevano portato indietro la prima volta
– quelli che vengono a cambiare le cose da un euro, e magari no trovano nulla che li convinca e vogliono il "buono spesa"

Alla prossima… e ricordatevi che tutte queste non sono barzellette, è tutta roba vera!!!


Il negozio PIAZZA AFFARI di Fagagna (UD)

L’evoluzione del ruolo del punto vendita

Format Distributivi del settore moda abbigliamento in Italia: situazione e prospettive del piccolo punto vendita

Trentesima puntata

L’evoluzione del ruolo del punto vendita.

“Bisogna principiar a mesurarse le ongie, a scambiar el nome a tutta la roba che se vende, a tor in credenza dai marcanti grossi, andar pagando a bonora per acquistar concetto, e po, co s’ha fatto el credito, ordenar della roba assae, e co s’ha avudo la roba, serrar bottega e falir” da “Il mercante fallito” di Carlo Goldoni, 1741

Il punto vendita è oggi unanimemente riconosciuto, sia dalle imprese industriali, sia dalle imprese commerciali, come un luogo privilegiato all’interno del quale dare concreta attuazione al sistema delle decisioni strategiche relative alla comunicazione di marketing. La crescente complessità delle dinamiche competitive e dei comportamenti del consumatore ha accresciuto l’importanza della comunicazione nel punto vendita.
In passato i punti vendita erano concepiti come luoghi logistici e di transazione dell’attività commerciale: la scelta del punto vendita e il comportamento d’acquisto sono comportamenti razionali che perseguono l’obiettivo di soddisfare bisogni funzionali. Ora invece l’attenzione si è spostata sul consumatore, che ricerca benefici che vanno al di là della funzione di uso del prodotto. Da “punto vendita” si è passati a “punto di acquisto”, fino a diventare “punto di permanenza”, all’interno del quale il consumatore non entra esclusivamente per acquistare, ma anche per visitare un luogo che lo attrae, lo incuriosisce e rende la propria esperienza il più gradevole e confortevole possibile  (A. Pastore, M. Vernuccio, “Impresa e comunicazione”, Apogeo, 2006).

 

Aneddoti estivi

– Non hai le Nike Air Max?
– Si, ne ho un paio.
– Dove?
– Queste?
– Ma dove?
– Queste qui.
– No, ma io voglio le Nike Air Max, come quelle che indossa mia figlia.
– Sono queste, è un altro colore, un altro numero, ma il modello è lo stesso.
– No, sono diverse

E’ il colmo: dire che due scarpe identiche, di diverso colore e di taglia diversa, siano diverse…!!! Mah…

Altro cliente:
– Voglio un paio di scarpe numero 44
– Ho queste
– Le provo….mmm… sono piccole
– Eccone un altro paio
– Piccole anche queste
– Un altro paio
– Sono piccole, ma queste non sono il 44
– Si, sono il 44, c’è anche scritto, legga
– No, non sono il 44, mi sono piccole
– Va beh, eccone un altro paio
– Non sono 44 neanche queste
– Un altro paio
– Neanche queste sono 44

Ma scusa: non fai prima a dirmi che hai il 45 invece di intestardisti??

Aneddoti 15

Dopo quella del tizio che prenendeva gli cambiassi una tuta da ginnastica usata che ho raccontato su Facebook, vi racconto questa:

Ieri entra una signora e dice:

"Cosa vuol direquesto cartello che dice : e sette ?"
"Che costa sette euro"
"Si ma perchè c’è scritto: e sette ?"
"Signora, e (con le due barrette) sta per euro e 7 sta per…. sette, quindi sette euro!"
"E ma perchè non c’è scritto: virgola zero zero?"
"Perchè noi i centesimi non li vogliamo"
"Ah, ho capito, vi siete sbagliati…."

e va beh….


Negozio "Piazza Affari" di Mantova

Piazza Affari Facebook Contest

E’ partito da un paio di settimane il contest di Piazza Affari su Facebook, ecco come funziona:

Diventa fan di Piazza Affari Voghera e ottieni fino a €50,00!

Dobbiamo diventare 200 entro il 31 maggio !!!!

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Se il 31 maggio 2011 avremo raggiunto almeno il numero di 200 fan la promozione sarà valida e ogni fan di Piazza Affari riceverà un buono personale che darà diritto a:

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  • € 5,00 di sconto per acquisti di qualsiasi importo !!!!!

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Se il numero di fan sarà raggiunto prima, la promozione partirà in anticipo, quindi avrai più tempo per sfruttare il tuo buono sconto.

Il buono ha comunque scadenza il 30 giugno 2011.

Non rapinate il salumiere

Leggete l’articolo qui sotto tratto da "La Repubblica". Ma come è possibile che quel maledetto razzista di un salumiere abbia osato aggredire un povero rapinatore? In fondo quello non stava cercando di fare nulla di male. E poi non si lamenti quando questi, vista l’arroganza e la prepotenza del negoziante, gli ha sparato un colpo di rivoltella. Inaudito, oggigiorno non è possibile neanche fare una rapina che subito ti sparano. Io gli darei il massimo della pena, secondo me è tentato omicidio volontario, io a quello gli darei l’ergastolo e butterei via la chiave. L’Italia è un paese civile che accoglie tutti a braccia aperte, e quell’uomo ha infangato il buon nome di una nazione. Suvvia, fatti rapinare e stai zitto!

Rapina in salumeria a Milano
ferito il titolare, è gravissimo

L’uomo, 56 anni, è stato ferito all’addome da colpi di arma da fuoco e trasportato all’ospedale
Fatebenefratelli in condizioni critiche. Il negozio è in via Mac Mahon: sul posto è intervenuto il 113

di MASSIMO PISA

Ha la forza per chiamare la moglie Michela al cellulare: "Mi hanno sparato". Ha un proiettile nell’addome, Giovanni Ravanotto: gliel’ha sparato da un metro il bandito incappucciato che gli ha appena chiesto l’incasso della sua latteria-salumeria, e che non ha esitato a premere il grilletto quando il negoziante, invece delle poche centinaia di euro nel registratore, ha preso in mano il coltello con cui affetta il prosciutto. Agli operatori del 118 e ai poliziotti delle volanti, prima che un’ambulanza lo porti al Fatebenefratelli, riesce a sussurrare: "Aveva il passamontagna, gli occhi chiari e un accento dell’est, forse albanese". Operato per l’estrazione del proiettile, l’uomo, 56 anni, sarebbe fuori pericolo.

Succede alle 19.15 in via MacMahon, stradone semiperiferico a nord di Milano tagliato in due dai binari del tram. Ravanotto era solo dietro al bancone. Ha reagito, senza avere il tempo di venire a contatto col rapinatore. Poi ha provato a inseguirlo per dieci metri sul marciapiede, lasciando una scia di sangue, prima di infilarsi nella vicina profumeria per chiedere aiuto, mentre l’ombra scappava verso il cavalcavia della circonvallazione esterna. Nessuno, dai negozi vicini (parrucchiere, orefice, bazar, solarium), pare abbia visto. Un’ora dopo avevano già la saracinesca abbassata.
 

Vetrine sottili

Messaggio per i clienti (si possono definire clienti anche quelli che non comprano? va beh diciamo "potenziali clienti"): guardate che le vetrine del mio negozio sono spesse, sono antiurto e antisfondamento, ma sempre di vetro sono, quindi… vi sento quando dite qualcosa guardando le vetrine.

A volte fa proprio piacere. Capita quando sono in negozio in orario di lavoro, ma spesso e volentieri quando sono lì per caso nella pausa pranzo o alla sera, di ascoltare i commenti della gente che guarda gli articoli e fa apprezzamenti. Cose normali, come
"Guarda che belle quelle scarpe" oppure "Voglio quella giacca!". A volte con risposte del tipo "Guarda che quella è una giacca da donna!" o magari "A me non piace per niente". E’ un metodo per conoscere le opinioni sincere.

Insomma, se sono complimenti fa proprio piacere, perchè sai che sono del tutto sinceri. Se sono critiche in un certo senso fa piacere lo stesso, e sempre per il medesimo motivo: so che sono sincere, senza secondi fini. E quindi cerco di tenerne conto.

A volte mi è capitato di sentire cose "sgradevoli" come: "quelle scarpe lì non le metterei neanche se mi pagano" o peggio "tu sei convinto che qui hanno della roba bella, convinto tu…" o peggio ancora "io in questo posto di merda non ci vengo più". Per la cronaca il ragazzo era semplicemente entrato a cercare una felpa ma dopo mezz’ora di prove non ne abbiamo troavata una che non andase bene per taglia e/o colore e/o modello….e va beh, a questo mondo non si può andare bene a tutti….

Commercianti, qualche sorriso

da "La Provincia Pavese" del 21/12/2010

Commercianti, qualche sorriso
Impennata negli acquisti a pochi giorni dal Natale

di Francesca Toma
VOGHERA. Se ne è andato anche l’ultimo fine settimana prenatalizio. Che aria tira fra i commercianti vogheresi in tempo di crisi e di magri affari?  «Sono contenta – dice Sabrina Ruggeri della libreria Mondadori – Il Natale è andato un po’ peggio dell’anno scorso ma il bilancio è comunque in attivo». Giudizio molto positivo quello di Walter Merli, titolare de «I 3 Merli», negozio a gestione familiare aperto da poco. «Sono soddisfatto, il Natale è andato bene. C’è stato un notevole movimento di clienti».  Di tutt’altro avviso, invece, Ferdinando Armandola, dell’omonima salumeria, il quale si dice demotivato. «Non c’è gente in giro, quindi viene a mancare anche l’entusiasmo nel lavorare e nel vendere». Armandola fa il commerciante da oltre trent’anni. «Una volta – racconta – fuori dal negozio c’era una coda che bloccava la via Emilia, adesso invece manca la voglia di impegnarsi». In giro, ieri pomeriggio, di gente ce n’era pochina. Forse incide sia la concorrenza dei centri commerciali spuntati alla periferia, sia alla difficoltà di parcheggiare l’auto. E’ di questa opinione Enrico Romussi, di Romussi Gioielli. «Il Natale? Non è ancora partito», l’esito delle vendite natalizie non è positivo, ci sono pochi soldi da spendere, i regali si fanno ma con un budget minore e gli articoli di gioielleria possono sembrare superflui. C’è anche chi ha un’opinione a metà fra i due estremi, come Martina Schmidt, di Bersani (giocattoli). «Ovviamente non è il Natale di anni fa, però siamo abbastanza contenti», osserva. C’è infatti un ritorno al giocattolo in legno, prodotto che in genere nei supermercati non si trova, a differenza dei giochi reclamizzati. Opinione che racchiude le idee di entrambi gli «schieramenti» è quella di Fabio Tordi (Piazza Affari, abbigliamento). «Sono a Voghera da 14 anni, e questo è stato il Natale più brutto in assoluto. Ma l’ultimo fine settimana è andato bene». Gli acquisti natalizi sono quindi partiti in ritardo, ma ora si assistendo a un rush finale che potrebbe consolare i commercianti del centro cittadino, anche se i tempi delle vacche grasse restano lontani.

21 dicembre 2010

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