fabiotordi

(raccolta molto sparsa di pensieri)

fabiotordi

Sindrome da Facebook

Considerazioni sparse su Facebook  da quando non sono più iscritto.

Trovo della gente che dice: "passo ore su FB". Ore? Io ci passavo 5 minuti. Nel senso che FB non è un sito di interattività on-line (a parte la chat). Io mi collegavo, leggevo le novità, lasciavo messaggi ed eventualmente rispondevo a quelli che mi avevano lasciato… e stop. Lasciavo ovviamente la finestra aperta per tutto il tempo che stavo al pc, ma non stavo "su FB" per ore!!! Che cavolo ci fai per ore? Capisco le prime volte che ti fai passare tutti i tuoi contatti, ma poi? Boh. Per me aveva la stessa perdita di tempo delle email: quando ti colleghi leggi le ultime, poi tieni il client aperto per sapere se nel frattempo te ne arrivano e prima di scollegarti da un’ultima occhiata. Stessa cosa con FB, quindi per me NON era una perdita di tempo… o perlomeno relativa.

Il fenomeno FB è esploso in modo esponenziale: ogni giorno senti di persone, magari di cui non sospetteresti mai, gente che non sa la differenza tra un tostapane e un computer, che si è iscritta a FB. Persone che non usano nessun tipo di instant messenger, eppure che sono state conquistate da questo social netowork. Ieri leggevo che in tutto il mondo gli iscritto sono 120 milioni: vi rendete conto di che mole di dati ha in mano mister Zuckerberg? Che bello, dopo il "sogno americano" esiste ancora il sogno di Internet, quello dove lo studente universitario diventa miliardario grazie a una trovata geniale, come Filo e Yang, come Brin e Page, and so on..

Non c’è giorno che un giornale, un telegiornale, una rivista, non parli di FB. La scorsa settimana è uscito un libretto in allegato al Sole24h che parla di FB spiegandone i pregi, i difetti, perchè fa bene, perchè fa male…come le nuove medicine insomma.
Emblematico il caso di una ragazzo che conosco. Lo trovo tempo fa al bar e per prima cosa mi dice: "Ma tu sei su Facebook? No perchè altrimenti diventavamo amici". Ormai invece di dire "Ciao, come stai?" si dice "Ciao sei su facebook?"

Io alterno momenti in cui ho una crisi di astinenza enorme a momenti in cui mi sento "superiore", come quando trovo gente che mi chiede: "Sei su FB?" e io me la meno perchè non ci sono (una chiara sindrome snobistica). In realtà di quei personaggi mi interessa meno, perchè se è gente che incontro nella real life non ho bisogno (oppure ho meno bisogno) di comunicare con loro via FB. In realtà a volte tramite FB riesci a comunicare, nei modi e negli argomenti, in modo diverso. E’ più immediato di altri strumenti e meno formale di altri. Un po’ come lasciarsi i messaggi sul frigorifero. Ma quelli che mi mancano sono le persone che vedo raramente o praticamente mai. Gente che vedo una volta all’anno, o anche meno, gente che non vedo da anni… era un bel modo x rimanere in contatto

Ogni tanto però è bello anche stare un po’ offline. Come quando da piccolo non vedevo l’ora che fosse estate perchè a Brallo arrivavano tanti ragazzini e poi mi ritrovavo a desiderare di stare una giornata da solo, immerso nei miei boschi, nei miei pensieri e nella mia solitudine. Come quando è bello stare col telefono spento.

Comunque, tornerò su FB, prima o poi tornerò, magari un po’ più consapevole degli usi e degli abusi che si possono fare di questo strumento.

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Kowalski

Il mio personaggio preferito di Madagascar? Lo so che vi semprerà strano ma è Kowalski. Chi è Kowalski? E’ un pennuto, uno dei formidabili pinguini. A dire la verità quello che parla sempre è Skipper, il "capo", è lui che dice le battute del tipo "Carini e coccolosi, ragazzi, carini e coccolosi!". Ma a me, chissà perchè, fa impazzire la sua "spalla", Kowalski.

E indovinate chi ho trovato l’altra sera inserendo un euro nella macchinetta che distribuisce i piccoli pupazzetti nelle palline x bambini? Proprio lui, Kowalski. Idolo!!!

 

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Oggi, il Natale

Cosa mi sembra diventato adesso il Natale? Peggiorato. Orami ci bombardano di pubblicità. La mia parte Marketing è soddisfatta. Noi markettari abbiamo come scopo principale quello di vendere il prodotto, e per farlo usiamo tutti i mezzi che ci vengono in mente. Una delle regole principali è quella di far nascere delle esigenze alla gente e poi proporgli soluzioni. Quindi ci sono dei geni che si scervellano tutto il giorno per creare dei metodi per indurre la gente a spendere. Ci (mi permetto un plurale) aggrappiamo a tutto e ne inventiamo sempre di nuove. Ti facciamo capire che senza il nuovo telefonino che fa anche il caffè sei uno sfigato e pertanto devi assolutamente buttare il tuo (che funziona benissimo ma non fa il caffè) altrimenti sei out. E cose simili. Una delle cose che funzionano di più sono le ricorrenze. Una volta i negozi vendevano maschere di carnevale a carnevale, panettoni a Natale e uova a Pasqua. Adesso, che viviamo condizionati dai grandi centri commerciali (gestiti da markettari miei pari), si sono modificati un po’ i calendari. L’esigenza nasce dal fatto che deve sempre esserci una ricorrenza. Altrimenti il cliente spende in modo “normale” e non spende più di quello che normalmente farebbe. Quindi l’anno è diviso in periodi: scuola, halloween, natale, estate, ecc. Se le feste non ci sono si “creano” (come Halloween), se proprio non si riesce allora si inventano cose del tipo “Anniversario del centro, ecc.”. Ovviamente qual è la festa che “funziona” di più? Natale. Perché è una festa che già di per se “fa spendere”. In primis per la tradizione dei regali. Poi perché ci si vuole comprare qualcosa di nuovo per le feste o per il nuovo anno. E allora perché non pompare al massimo questa cosa? E così veniamo letteralmente bombardati e travolti da messaggi, più o meno subliminali, che ci inducono l’atmosfera natalizia già a partire da metà novembre.
Probabilmente funziona. (beh quest’anno diciamo che funzionicchia, vista la crisi…)

A me, sinceramente, stufa. Non è l’atmosfera che dico io. A me vedere gente che si accapiglia per comprare comprare comprare non mi crea l’atmosfera natalizia. A me l’atmosfera natalizia la danno le cose che ho scritto ieri, non le megapubblicità con la megafiga col cappello di babbonatale che mi dice di comprarmi un palmare. Non le canzoni di natale il 20 di novembre. A me fanno l’effetto opposto, mi danno un senso di “troppo”, e quando una cosa è troppa ti nausea. E questo mi fa incazzare. Mi fa arrabbiare il fatto che riescano a farmi nauseare dal Natale, che dovrebbe essere una festa. Mi fa arrabbiare il fatto che abbiano trasformato una cosa che dovrebbe essere una festa, un periodo in cui gli occhi dei bambini luccicano, in un mero esercizio commerciale. Quello che mi fa proprio arrabbiare è lo scippo che fanno ai bambini, che sono derubato del vero spirito natalizio. Ovvio, non si può generalizzare, ma moti bambini, lasciati a sé stessi, cresceranno con la convinzione che il Natale sia un periodo dove ricevere dei giocattoli. E stop. Che amarezza.

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Ieri, il Natale

Quando ero piccolo com’era il Natale per me? Se ne iniziava a parlare dalla settimana dopo l’Immacolata. A scuola la maestra iniziava a pensare ai “lavoretti” che avremmo potuto fare per Natale. Erano cosine semplici, però ovviamente ci sembrava di fare delle cose bellissime. La cosa che mi piaceva di più, e che rendeva speciali questi lavoretti rispetto agli altri che si facevano durante l’anno scolastico, era che quelli natalizi “luccicavano”. Nel senso che si usava la carta brillante. Mi spiaceva perfino tagliarla… per farci magari delle stelline o cose simili. Mi pareva uno spreco, tenevo anche i ritagli. Anche perché a casa mia di queste cose non se ne parlava neanche e un ritaglio di carta luccicante era già un bel premio… E poi si iniziava a parlare del Natale, si narrava la storia di Gesù, nato lontano lontano al freddo e al gelo.
A messa il parroco, Don Mario, iniziava a convocarci per la Novena in preparazione al Natale. Al termine si cantavano sempre le classiche canzoni, come “Tu scendi dalle stelle”. E poi aveva bisogno di una mano per fare il mega presepe. Andavano di sotto a recuperare le statue. Ovviamente a noi bambini dava il compito di portare su quelle più piccole, le grandi le portava lui. Era un presepe in prospettiva: davanti si mettevano le statue principali, che erano grandi quanto un bambino, e in fondo quelle piccole, fino ad arrivare a quelle molto piccole come quelle di casa mia.
A casa facevamo il presepe non l’albero. Io e mia sorella andavamo nei boschi a cercare il muschio. Mi ricordo una volta che c’era la neve e occorreva ricordarsi dove fosse il muschi, visto magari mesi prima nella bella stagione. Poi ci siamo modernizzati e utilizzavamo il tappeto di erba finta. I primi anni facevamo nascere Gesù in una grotta, che altro non era che un pezzo di legno che pareva proprio una cavità naturale. Di statuine ne avevamo parecchie, molte probabilmente derivavano anche dal fatto che mi mamma ha fatto la maestra in tantissime scuole e, quando dovevano rinnovare un presepe, lei di certo non buttava le statuine. Infatti ci diceva che “quelle di adesso sono in plastica, non come le nostre che sono in gesso, sono più delicate, ma sono molto più belle”. Poi un anno abbiamo recuperato una capanna e da allora la Sacra Famiglia è stata un po’ più comoda. Sopra alla casetta c’era la stella cometa, che era la più difficile da piazzare. Un altro anno è arrivato lo sfondo stellato. E poi c’erano tante statuine: i classici pastori, e poi tutti quelli che facevano tutti i  tipi di lavoro: pescare, filare, mungere, ecc. Poi qualche casetta, qualche pecorella e qualche ochetta da piazzare nel laghetto fatto con la carta stagnola (oops adesso si dice "alluminio" oppure "domopak", ma io sono un preistorico…).  Chissà se anche adesso si fa ancora il presepe nelle scuole o se anche li, per far vedere che noi italiani non siamo razzisti e siamo aperti a tutte le culture, ci divertiamo a soffocare la nostra come al solito…
Ahhh ma mi sono dimenticato di dire che i re Magi li mettevo in fondo e ogni giorno li spostavo di pochi centimetri, fino a farli arrivare il 6 gennaio di fronte alla capanna. Gesù stava nel cassetto sotto al telefono fino al 24 sera. Prima di uscire per andare a messa lo mettevo nella mangiatoia.


E poi c’era la messa di mezzanotte. Alcune volte mi addormentavo prima e allora i miei mi lasciavano dormire e andavo a quella del 25 mattina. Don Pino che faceva le sue fantastiche omelie.
E poi il 25 respiravi un’altra atmosfera. Era bello alzarsi e uscire, tutto vestito un po’ bene. E girare, magari sotto il sole o sotto la neve, vedendo che tutti erano più allegri, più felici. La gente che usciva da messa e si salutava, quelli che si incrociavano e si sorridevano e si facevano gli auguri. E poi di corsa a casa, aspettando che Cinzia si alzasse, per aprire i regali insieme. Poi abbiamo instaurato l’abitudine di aprire i regali dopo pranzo, in modo che la famiglia fosse tutta unita.
Durante il pranzo del 25 amavo mettere un disco in vinile, un LP, con tutte le musiche di Natale, mentre in tv il Papa lanciava la sua benedizione a Roma e a tutto il mondo.
Il Natale era questo, era l’atmosfera, era l’attesa, aspettare Natale e fare i soliti buoni propositi. Cantare le canzoni di Natale… ma non Jingle Bells della Cocacola… Aspettare la neve, la messa di mezzanotte, aspettare la nascita, aspettare i doni che rigorosamente portava Gesù Bambino. Ormai credo che neanche più nei libri di storia sia citato Gesù Bambino che porta i doni. Ormai la globalizzazione ci ha imposto il biancorosso Babbo Natale e stop. Io invece ero contento che a portare i regali fosse un bambino come me. Anzi mi chiedevo come facesse a individuare tutti i bambini in tutte le case. Una volta avevo espresso il mio desiderio a Milano e lui mi aveva portato il regalo fino a Brallo: che grande!!!
E poi le battaglie a palle di neve con gli amici. E l’oscurità che porta subito la sera. In casa a giocare coi nuovi giochi, sembravano magie, cose bellissime. Mi ricordo il trenino Lego: quanto l’avevo desiderato. E quanto ne ero geloso, guai se qualcuno avesse osato smontarne anche solo un singolo pezzo.
E poi andare al mattino di Natale dalla Linda a svegliare Matteo. E poi… e poi…. E poi…
È lo stesso spirito di Natale che trovo nei visi della gente che, frettolosa ma non troppo, si saluta amichevolmente lungo la via, che ritrovo nel tram di natale che abbiamo visto l’altra sera a Milano, nei sorrisi dei bambini quando vedono le luci, i colori, le fantasmagoriche luccicanze, nel bell’albero addobbato che ho visto l’altro giorno a casa della mia ragazza…

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Aneddoti 10

Ai primi di novembre entra un signore con ai piedi un paio di scarpe che aveva preso in negozio. La conversazione si è svolta più o meno così:

“Sono venuto a reclamare, si è scollata la suola di queste scarpe. Me le dovete cambiare perché sono nuove, le ho appena prese”
“Oh cavolo, ma certo, mi faccia vedere… hey ma queste scarpe le ha prese già da un bel pezzo!”
“Saranno due settimane, e si sono già rotte”
“E no caro signore, queste scarpe le ho messe in svendita a 5 euro il giorno della riapertura autunnale… e abbiamo aperto i primi di settembre, quindi sono passati due mesi, non due settimane”
“E va beh cosa c’entra, io le ho appena messe”
“Cosa vuol dire? Se lei le metteva fra 5 anni e si rompevano veniva a reclamare? Per cinque euro poi…”
“Non è il fatto dei 5 euro, potevano essere 5 oppure 50, voi me le dovete cambiare. E poi siamo in Europa, e c’è la garanzia di 2 anni”

A quel punto voi cosa avreste fatto? L’avreste cacciato a pedate immagino. Invece no, proprio per il fatto dei 5 euro: chissenefrega, mi guadagno un posto in paradiso. Gliele ho cambiate, con un altro paio di scarpe da 5 euro. Ovviamente ho preteso le sue (che dopo ho buttato nel cestino).
Santa pazienza!!!!


Lo sfacelo della vetrina alla sera del giorno di riapertura autunnale a settembre..

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kissless

mi piace scriverti
mi piace scrivere lettere
potrei scriverti poesie
mandarti lunghissime email
riempire post-it di messaggi d’amore
spedirti sms ogni mattina
e alla sera per salutarti
potrei disegnare la strada con lo spray
o incidere le nostre iniziali nei tavoli di legno

mi piace sentirti
mi piacciono le nostre telefonate
quelle lunghe lunghe lunghe
e quelle brevi per un saluto
potrei chiamrti anche dall’estero via internet
venire fin sotto casa tua per vederti sul balcone
oppure accontentarmi di una webcam
che mi propone la tua immagine in pigiama
potrei mandarti le nostre fotografie
e inventarmi filmati su youtube
o messaggi con la musica sul telefonino

ma tutto questo non mi basta
scriverti, leggerti, vederti, parlarti…
mi piace
fa parte dello stare con te
ma queste connessioni
kissless
non mi soddisfano
perchè quello che mi piace di più
è baciarti
e sentire le tue labbra sulle mie


R. Magritte – Les Amants III – 1928

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Video

Che musica rilassante…

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Eee Pc

Ho recentemente acquistato un Asus Eee Pc 701. Per chi non lo sapesse è un cosiddetto subnotebook, vale a dire uno di quei computerini portatili moto piccoli. Come mai l’ho preso? Primo perchè l’ho visto in mano a un ragazzo che conosco e mi ha subito colpito per le dimensioni: è veramente "portatile". Io a casa sono affezionato al computer "fisso". Ho il PC dal 1997 (eh si ho abbandonato a malincuore l’Amiga)e l’ho sempre aggiornato: ogni tanto cambio la ram, il lettore CD, il masterizzatore, il case, la motherboard, ecc. E poi ho aggiunto tanti accessori e varie cazzate. Infatti ho tanti di quei fili: stampante, fotocamera, ipod, cellulare, webcam, ecc.

D’altra parte ogni tanto ho bisogno di un portatile, che principalmente uso in negozio e quando vado a Brallo. A dire la verità in negozio ce lo lascio proprio, non ho voglia di portarmelo a casa tutte le sere. Invece con questo computerino è una figata: pesa pochissimo, te lo puoi portare comodamente in mano nella sua custodietta e si avvia molto velocemente.

Siccome non sapevo se mi sarebbe piaciuto ne ho cercato uno usato, e l’ho pagato 170 euro. C’era installato il sistema operativo Xandros Linux, ma volevo metterci Windows Xp per una serie di motivi. Primo perchè Xandros non mi soddisfaceva, sembrava un SO di un telefonino, fatto tutto di icone. E poi perchè utilizzo una serie di applicazioni che girano solo su Winzoz.

Purtroppo ho fatto moooooooolta fatica ad installarci sopra il Sistema Operativo di Redmond. Il primo tentativo è stato quello di attaccarci un lettore CD esterno tramite presa USB. Ma durante l’installazione si bloccava sempre con la schermata blu della morte che indicava un qualche errore. Allora ho iniziato a cercare su vari siti, forum, ecc. Ognuno segnalava un errore diverso e una soluzione diversa. Le ho provate tutte, ma senza nessun risultato. Ho creato una mezza dozzina di cd di windows tramite iso rimaneggiate. Ho scaricato anche tramite un famoso metodo di p2p delle iso già confezionate. Sempre senza risultati apprezzabili. Alla fine ero arrivato alla seguente soluzione: windows era installato ma ogni volta dovevo avviare da chiavetta usb. Insostenibile. Alla fine mi si è accesa la lampadina: io ho il disco di ripristino per Xandros.. ci sarà anche quello di Win, no? Me lo sono procurato. Era un dvd. Non ho il lettore dvd esterno. Su un sito ho letto come avviare il ripristino da chiavetta USB e grazie alla mia Kingston da 4 gb…  fatto!!!

Pregi:

  • Dimensioni veramente ridotte, te lo porti ovunque.
  • Connessione wireless integrata. In questo momento sono steso sul divano di casa mia a scrivere questo post.
  • Webcam integrata. Funziona bene.
  • Wind XP riconosce automaticamente tutto l’hardware.

Difetti:

  • Dimensioni ridotte: le prime volte premi due tasti alla volta e scrivere risulta difficoltoso.
  • Risoluzione standard 480×800. Ma grazie a qualche consiglio trovato in rete ho installato un software che la porta tranquillamente a 600×800. Perderò altri decimi di vista, ma…..
  • Disco fisso veramente piccolo. Non ha un hard disk, ma un cosiddetto "disco allo stato solido", un po’ come le chiavette USB. Due gb e mezzo vanno solo a Windows!! Allora ho comprato una scheda SD HC (ad alta velocità) di 8gb, dove tengo tutti i dati e dove installo le applicazioni.

Detto tutto questo devo dire che sono soddisfatto. In pochissimo spazio ho tutto quello che mi serve. Ed è abbastanza veloce nonostante abbia già installato diverse porcherie: Firefox (x navigare), Thunderbird (x la posta), VLC Videolan (per i file multimediali), Microsoft Works, Skype, Vim (editor di testi), Xnview (per vedere le foto), Bluesoleil (per la chiavetta Bluetooth, mi serve per trasferire le foto fatte col cellulare), Acrobat Reader, Avast antivirus, ecc.

Si, sono soddisfatto. Un grazie agli amici che mi hanno dato delle dritte per cercare di configurarlo al meglio.

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Tecktonic

Tremate tremate, le truppe son tornate…

Cos’è la Tecktonic? Per prima cosa non si dovrebbe pronunciare come "Gin Tonic", ma con l’accento sull’ultima i, quindi tecnonìc, visto che è una tendenza francese. C’è che dice che sia una nuova forma di musica techno, ma in realtà è uno stile di ballo molto molto maranza. Se cercate su YT en trovate tantissimi esempi. Eccone uno abbastanza esplicativo:

Christian ti ricorda qualcosa? Per esempio quando correva l’anno millenovecentonovantadue al Kursaal? Beh: ora si spiegano tante cose….

Grazie a Marco per la segnalazione.

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Tordo Matto

da Wikipedia l’enciclopedia libera

Il Tordo matto di Zagarolo è un piatto tipico di Zagarolo.

Si tratta di un involto di carne equina con all’interno un battuto di grasso di prosciutto, aglio, prezzemolo, coriandolo, sale, ed altre spezie locali.

Cucinato alla brace di "Troppe" (viti tagliate dai vigneti "stincati") con i giusti tempi di cottura può essere infilzato allo spiedo o sulla graticola.

In alternativa può essere cucinato in padella a fuoco lento con il vino rosso locale oppure al forno con le patate.

In tutte le varianti è fondamentale cuocere a fuoco lento in modo che la carne risulti alla fine morbida e ben cotta fin nel suo interno, dove il battuto di grasso di prosciutto fondendosi condisce e da un sapore particolare alla carne equina.

———

da Romaincampagna.it

Origine e descrizione

Sono degli involtini speziati di carne di cavallo ripieni di lardo, coriandolo, pepe, peperoncino, aglio e prezzemolo cotti alla brace. La ricetta nasce nel XVI secolo, quando il famigerato Ugo di Moncada, inviato da Carlo V, diede l’avvio ad una serie di intrighi in collaborazione con i Colonna.
A questi si unirono anche i Lanzichenecchi. Gli abitanti di Zagarolo si rifugiarono nelle campagne circostanti. Un giorno un lanzichenecco ferito, con al seguito un cavallo malconcio, si rifugiò in una capanna abitata da due anziani coniugi. L’uomo, rifiutando ogni cura, fece capir loro che aveva fame e ripeteva in continuazione la parola "drossel". Il cibo però a quei tempi scarseggiava, così che, alla morte del cavallo, la donna tagliò la sua carne in sottili fettine alle quali aggiunse lardo e varie spezie e le offrì all’uomo assieme a del buon vino. Questi, una volta finito il pasto, si ubriacò continuando a gridare la parola "drossel", facendo pensare a tutti che fosse matto. Il mattino seguente l’uomo era sparito. Terminati i combattimenti, la popolazione rientrò nelle case e si diffuse la ricetta che quietò il lanzichenecco, ormai ricordato come il soldato "matto" che ripeteva in continuazione la parola "drossel", che in tedesco significa tordo. Da qui il nome di questa ricetta.

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Always on

Ok ragazzi, lo ammetto, io sono uno di quelli abbastanza patiti della tecnologia, insomma sono abbastanza sopra la media per quanto riguarda l’utilizzo di tutte le cazzatine nuove e sono un fan dei tecnogadget. Su internet sono iscritto a un mare di roba: siti, portali, forum… ho account su myspace, facebook (attualmente cancellato, ma tornerò prima o poi), hi5, orkut, su wikipedia, ho mns, icq, skype, gtalk. Uso le irq. Uso o ho usato twitter, scrivo sui newsgroup, ho un blog (come un tecno-esibizionista deve avere), ho centinaia di indirizzi email, leggo la posta dal pc, dal portatile, dal palmare, dal telefonino. Posso definirimi "always on (line)", cioè "sempre connesso".

Detto questo, c’è gente che invece fa un sacco di confusione… mi spego meglio: per esempio ci sono quelli che mi scrivono email per comunicazioni importanti o urgenti. Se mi scrivi al pomeriggio per un appuntamento alla sera c’è il grave rischio che io non legga l’email in tempo. Poi ci sono quelli che ti rispondono via email ad un sms la cui risposta sarebbe gradita subito (ve lo pago io l’sms se è questo il problema).

Poi ci sono quelli a cui scrivo via sms e mi rispondono su msn (e sono un discreto numero) offline. Adesso è nata la moda di scrivere solo via FaceBook… oppure ci sono quelli che per dirmi le cose mi lasciano un commento sul blog (così come quelli che per commentare il blog mi scrivono un’email)

Quindi, fatemi un favore, se avete delle cose importanti o urgenti da comunicarmi fatelo seguendo la seguente scala di priorità: telefono, sms, email. Altri sistemi lasciateli perdere, vanno bene solo per divertimento.


Veduta di Pavia dalla sponda meridionale del Ticino

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Terrorismo psicologico

Crisi crisi crisi… in questo periodo non si fa altro che parlare di crisi. Molti mi chiedono se io, nel mio lavoro, la sento. Eccome se la sento. Si vende meno, balle non ce ne sono. E la crisi è sotto gli occhi di tutti: anche le grandi aziende falliscono o hanno seri problemi. Però io sono convinto di una cosa e ne parlavo l’altra sera col mio clone con un mio amico: in questa situzione sono anche i media che ci marciano e ingrandiscono la cosa. Io mi ricordo nei primi anni ’90 che, dopo la grande abbuffata dei "favolosi anni 80" si parlava di crisi crisi crisie crisi fu. Se la gente sui giornali, in tv, nei tg, nei talk show, sente parlare di crisi crisi crisi… è ovvio che poi si preoccupa e sta più attenta a spendere. In realtà io sono convinto che, finora, la crisi non c’è. Anche perchè quando hanno lanciato l’iPhone davanti ai negozi c’era la fila di gente pronta a spendere 500 euro per un tecnogadget. E la tv piatta, e la Wii, e la settimana nell’oceano indiano, ecc.

Oltre a questa crisi, ingigantita dalle paure fomentate dai giornalisti, a preoccuparmi c’è anche la notizia di continue nuove aperture di Centri Commerciali. Io da cliente sono abbastanza un fanatico di Centri Commerciali. Quando facevo ingegneria prendevo l’auto e da Pavia me ne andavo nell’hinterland milanese per giracchiare in questi megastore e mi chiedevo come mai qui in Oltrepo non ce ne fossero. Ora è il contrario: c’è una concentrazione quasi maggiore che nel Varesotto, con la piccola differenza che non c’è lo stresso bacino di utenza! Una volta i miei amici di Pavia venivano a fare la spesa all’Iper, adesso con la Bennet e il Carrefour… col cavolo.

Settimane fa circolava la notizia di una possibile nuova apertura di un nuovo centro (con Decathlon) in via Piacenza, prima della rotonda ex-Colussi. E oggi sul giornale si ventila la possibilità di impiantare un megacentro a Casei Gerola. Ma davvero in questo periodo di crisi c’è gente disposta ad investire tanto nel commercio?? E davvero pensano che questa zona non sia ancora satura?? Inizieranno a volare i coltelli!!! E chi ci perderà saranno ovviamente i piccoli negozi di città. Peccato. Andrò a fare un altro lavoro, potrei fare l’istruttore di nuoto, il medico, il pittore… voi che dite??

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Tanti tanti tanti anni fa

Ti ricordi quell’estate
in moto anche se pioveva
tentavamo un po’ con tutte
cosa non si raccontava
ci divertivamo anche
con delle cose senza senso
questo piccolo quartiere
ci sembrava quasi immenso
Poi le strade piano piano
ci hanno fatto allontanare
e il motivo sembra strano
non lo saprei neanche dire
solo ti vedevo qualche volta
in giro con quegli altri
tu che mi dicevi
qualche sera passerò a trovarti
io che avevo i fatti miei
ti ricordi quella
con quegli occhi grandi bianchi
mi dicevi è troppa bella
forse è stato il tempo
forse quella solitudine
che ci portiamo dentro
però credimi
se tornerai
magari poi
noi riconquisteremo tutto
come tanti anni fa

quando per noi
forse la vita era più facile

Forse è stato il tempo
forse quella solitudine
che ci portiamo dentro
troppo grande per noi
Ti ho rivisto stamattina
sul giornale la tua foto
steso su quella panchina
non sembravi neanche tu
forse te la sei cercata
forse non sei stato forte
non m’importa ma non so
se eri pronto per la morte
io che ho sempre i fatti miei
con un’altra donna
con degli occhi grandi
che
anche tu
mi diresti
è troppo bella

forse è stato il tempo
forse quella solitudine
che ci portiamo dentro
però credimi
se tornerai
magari poi
noi riconquisteremo tutto
come tanti anni fa
quando per noi
forse la vita era più facile
se tornerai
magari poi
noi riconquisteremo tutto
come tanti anni fa
quando per noi
forse la vita era più facile

 

(Max Pezzali – Se Tornerai)

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Phelps e Keynes

Scusate, ma il mio animo di economista (una delle mie tante personalità che talvolta hanno il sopravvento l’una sull’altra) mi spinge a rubare questo articolo apparso giorni fa sul Corriere della Sera. Indovinate dove? Nella sezione "Lettere"… e già perchè magari nelle pagine più importanti avevano altre cazzate da scrivere… ma dai!!! così va il mondo….

Perché è sbagliato tornare all’ interventismo di Keynes
di EDMUND PHELPS

(premio Nobel per l’economia 2006)

Di quale teoria possiamo avvalerci per uscire dall’ imminente recessione in modo rapido ed efficace? Usare la «nuova teoria classica» delle fluttuazioni nata a Chicago negli anni Settanta – che incorpora i modelli di «gestione del rischio» – è inimmaginabile, dato che con il crollo dei prezzi degli asset è proprio questa teoria a essersi dimostrata errata. Alcuni hanno pensato di rivolgersi a John Maynard Keynes. Le sue riflessioni sui rischi e sulle speculazioni sono acute, ma la sua teoria sull’ occupazione è problematica e le soluzioni politiche «keynesiane» sono, nel migliore dei casi, discutibili. Le banche hanno parlato della discesa dei prezzi delle case come se fosse la conseguenza di un qualche shock. Secondo i loro modelli, sono shock casuali a far deviare il prezzo degli asset dai valori previsti. In realtà non sono stati terremoti, periodi di siccità o altri fattori esterni a provocare la caduta dei prezzi. La causa principale è stata una previsione basata su modelli del tutto erronei. Gli speculatori e gli acquirenti di case, pensando che gli affitti o i costi di costruzione sarebbero saliti, contavano sul fatto che nel futuro il prezzo delle case sarebbe aumentato e questo provocava anche un aumento di prezzo delle case esistenti. Ma nel corso degli anni né gli affitti né i costi (in termini reali) sono cambiati. In una situazione del genere, i prezzi (reali) prima o poi devono tornare a scendere. Questo era il mondo di Keynes. A Cambridge, nel suo Treatise on Probability, Keynes mostrò come un investitore debba tenere conto di circostanze non note. A Londra gestì un fondo con O. T. «Foxy» Falk e si arricchì, ma fu poi colto di sorpresa dal crollo dei prezzi delle materie prime all’ inizio del 1929. Si rese conto così della fragilità delle certezze degli investitori. Quando gli investitori cominciano a ritirarsi, il prezzo dei beni, che in precedenza aumentava, dapprima fluttua, e alla fine precipita insieme alle convinzioni su cui si basava. Nella Teoria generale del 1936 Keynes affermò che il prezzo degli asset era determinante per l’ occupazione. Se un cambiamento nel modo di sentire della gente provoca il crollo dei prezzi degli asset (insieme a quello delle azioni e delle case), gli investimenti si riducono e l’ occupazione si contrae (aumenta la disoccupazione), soprattutto nelle industrie di beni capitali (capital goods). Sfortunatamente, da allora nulla andò più bene. Keynes fece un grave errore, non distinguendo tra una caduta dei prezzi degli asset dovuta a cause monetarie – un aumento esogeno, o autonomo, della domanda di denaro – e una caduta dovuta a cause che non hanno nulla a che fare con l’ offerta e la domanda di denaro – ma dipendono, per esempio, da una minore fiducia negli investimenti azionari o nel settore immobiliare. Il primo fenomeno potrebbe essere risolto con mezzi monetari: la banca centrale potrebbe accrescere l’ offerta di denaro, risollevando così il prezzo degli asset senza trascinare gli altri prezzi e i salari in un’ inutile spirale di aumenti. La recente crisi della speculazione sugli immobili è però un fenomeno non monetario: deve esserci un calo dei prezzi delle case, in termini monetari, rispetto a quelli dei beni di consumo. Keynes sosteneva che l’ aumento dell’ offerta di denaro potrebbe funzionare anche in questo caso: i lavoratori non sono consapevoli che altrove i salari per lavori analoghi sono saliti come i loro e si astengono quindi dal richiedere salari alti quanto prima, in termini reali; in questo modo le assunzioni sono incentivate e l’ occupazione torna a crescere. Ma continuare a sostenere una ripresa di questo tipo richiederebbe di sicuro un aumento senza fine dei salari, che continui a precedere le aspettative – una prospettiva poco attraente. Keynes pensava sempre di più a misure non monetarie per cambiare il nuovo equilibrio non monetario derivante da una perdita di fiducia degli investitori. Riteneva che anche la domanda dei consumatori incentivasse l’ occupazione. Un aumento della domanda incoraggia, in un primo tempo, le aziende ad aumentare la produzione e ad assumere un maggior numero di lavoratori. Ma in un’ economia aperta quest’ incentivo sarebbe di stimolo soprattutto per i paesi esteri. Nell’ economia globale, l’ aumento della domanda dei consumatori farebbe solo aumentare i tassi d’ interesse, spianando la strada al calo dei prezzi reali degli asset, degli investimenti e dei salari. Keynes poneva l’ accento sull’ investimento come leva per aumentare l’ occupazione. Secondo questa teoria, si potevano stimolare gli investimenti privati attraverso sgravi fiscali, o aiuti alle nuove aziende o a chi assume. Keynes vedeva con favore gli investimenti da parte dello Stato o di imprese statali. Gli americani, con i loro aeroporti da incubo e i ponti che crollano, accoglierebbero volentieri la realizzazione di nuove «infrastrutture». Ci si deve chiedere, però, se un massiccio spostamento di investimenti dai privati allo Stato non soffochi la creazione, lo sviluppo e l’ adozione di idee innovative da immettere sul mercato. La teoria del capitalismo si basa sulla diversità delle fonti da cui possono scaturire nuove idee commerciali, sulla varietà dei gruppi di imprenditori disposti a investire, delle risorse finanziarie – angel investors, venture capitalists e altri – e degli utenti. E si basa anche sull’ importante presupposto che i proprietari di imprese finanziarie e commerciali non debbano render conto a nessuno (se non alla propria coscienza) – e siano quindi liberi di usare il loro intuito, una condizione molto diversa da quella di rigido controllo a cui devono giustamente sottostare i funzionari dello Stato. Un considerevole aumento della presenza del governo nel settore degli investimenti potrebbe quindi limitare l’ innovazione e abbassarne la qualità. Continueremmo a essere in crisi. Alla fine della vita Keynes disse all’ amico Friedrich Hayek che intendeva riesaminare la sua teoria in un libro successivo. Sarebbe andato oltre. L’ ammirazione che noi tutti nutriamo per l’ enorme contributo di Keynes non dovrebbe trattenerci dall’ andare oltre.

Traduzione di Maria Sepa

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Francesco Guccini al Forum di Assago

Martedì undici/undici sono stato, come preannunciato, a vedere Guccini. Sempre bello. C’era il pienone, ed infatti ha esordito dicendo che gli fa sempre una certa emozione cantare di fronte a tanta gente. Come al solito Guccini fa un po’ di teatro, i soldi del biglietto sono spesi bene sia per ascoltare le canzoni dal vivo, con l’altmosfera creata dall’autore e dal pubblico che canta a squarciagola, sia per il corollario di dissertazioni (quasi sempre in chiave politica) del Nostro.

Anche stavolta non si è tirato indietro dal fare battute sull’attuale maggioranza e soprattutto sul premier. Mi viene in mente qualche aneddoto del tipo che sia lui che Fini, abitando a Bologna, hanno visto lo stesso film nello stesso cinema da ragazzi. E quindi si chiedeva se, in una sorta di sliding doors, lui avesse potuto diventare presidente di Alleanza Nazionale e Fini avesso scritto "La locomotiva"… scrivendo "gli eroi son tutti giovani e belli…. e abbronzati". E poi sotto cone le allusioni, le battutine, ecc. E giù applausi del pubblico.

Oltre a questo introduceva ogni canzone, sempre piene di "malinconia positiva" come solo lui sa fare. Calzoni un po’ retrò, un po nostalgiche, ma con una forza che spacca.

Ha iniziato con la classica "Canzone per un’amica", ma poi ha percorso una strada insolita introducendo non le classiche canzoni superfamose, ma un sequenza di successi minori che e stato piacevole riascoltare dal vivo, come "Canzone quasi d’amore". La mia preferita è stata sicuramente "Canzone delle osterie di fuori porta": Sono ancora aperte come un tempo le osterie di fuori porta, ma la gente che ci andava a bere fuori o dentro è tutta morta: qualcuno è andato per età, qualcuno perchè già dottore e insegue una maturità, si è sposato, fa carriera ed è una morte un po’ peggiore

Poi, dopo la metà del concerto parlava sempre meno e cantava sempre più, con Noi non ci saremo, Eskimo, Cirano, Don Chisciotte… cavoli ci mancava l’Avvelenata maledizione, ma ovviamente neanche stavolta l’ha fatta. Inutile dirvi che ha chiuso con "La locomotiva".

nel frattempo la bottiglia di Bonarda che avevo abusivamente introdotto era misteriosamente finita….

Sono ancora aperte come un tempo le osterie di fuori porta,
ma la gente che ci andava a bere fuori o dentro è tutta morta:
qualcuno è andato per formarsi, chi per seguire la ragione,
chi perchè stanco di giocare, bere il vino, sputtanarsi ed è una morte un po’ peggiore

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