fabiotordi

(raccolta molto sparsa di pensieri)

fabiotordi

Quel fantasma per amico

Decisi di non parlare con nessuno di quello che avevo visto, anche per non sembrare preda di allucinazioni estive.

La sera successiva, dopo l’orario di chiusura, preparai lo stesso appostamento, dopo aver lautamente cenato e dopo diversi caffè per combattere il sonno.

Verso le tre del mattino, quando ero convinto che non sarebbe accaduto nulla, ricominciarono i rumori provenienti dalla sala. Stavolta uscii subito allo scoperto brandendo il bastone. Il visitatore notturno era lo stesso della notte precedente. Quando mi vide arrivare lasciò cadere la bottiglia di vino che aveva tra le mani e si diresse urlando verso l’uscita sbarrata, che attraversò senza aprire. Rimasi talmente scosso che non potei muovermi, mi ci vollero diversi minuti per riacquistare il sangue freddo. Controllai bene la porta d’entrata che era chiusa a doppia mandata. Non vi erano più dubbi, quell’essere non era reale, vale a dire che non era fatto di materia, insomma non era umano. Mentre ero perso in questi pensieri udii rumori di passi, mi voltai di scatto e lo rividi: era lui, era lì, lui in persona, o in non-persona, e qualunque cosa fosse, era a non più di quattro o cinque metri da me.
«Perché non fuggi?».
Lo guardai impietrito. La sua voce era profonda.
«Ho troppa paura», risposi.
Una sonora e fragorosa risata riempì la sala del pub «Castello» in quella notte d’estate del 1999. L’essere altri non era che il fantasma di Giovanni Malaspina. Mi spiegò la sua storia e mi fece molte domande. Minuto dopo minuto la mia paura svanì e l’interrogatorio si trasformò in una chiacchierata, che durò fino all’alba. Mi raccontò di quando, nel 1570, entrò in conflitto con i marchesi di Pregola per divergenze familiari e assaltò il vecchio castello, gli diede fuoco e lo distrusse, uccidendo barbaramente alcuni degli occupanti. Purtroppo per lui nella fortezza vi era ospite un vecchio negromante del Nord Europa che gli scagliò una terribile maledizione: dopo la morte il suo fantasma sarebbe rimasto intrappolato tra le mura del castello fino alla fine del millennio. Dopo decenni di solitudine, non gli sembrava vero che il maniero fosse ancora abitato. Avrebbe voluto bere qualche sorso di alcol ma, essendo incorporeo, non poteva, perciò furente fracassava i calici a terra.
Nelle settimane che seguirono queste chiacchierate si svolsero con regolarità quasi giornaliera. Giovanni mi chiedeva del mondo attuale, io mi facevo raccontare le abitudini, le imprese, le guerre e la vita di corte di quei secoli lontani.
Quando in autunno chiusi il pub, decisi di andare a trovare il simpatico spiritello almeno una sera la settimana. Così per i mesi seguenti continuarono i nostri incontri davanti al caminetto a chiacchierare. Passarono i mesi ed arrivò l’inverno. Il 31 dicembre mi recai al castello, dove trovai Giovanni in quello che una volta era il salone principale. Ci salutammo calorosamente. Ero triste per la perdita di quella figura ormai familiare, ma ero felice per lui, che avrebbe finalmente trovato la pace. Attraversò per l’ennesima volta il muro che divide il salone della cucina e scomparve.

Circa un mese dopo ero nel bar per fare un po’ di pulizie quando, ad un tratto, mi ritrovai davanti quel personaggio buffamente abbigliato che ormai conoscevo bene.
«Giovanni! Ma… come…» esclamai.
«Ricordi la maledizione? Ebbene, il millennio finisce il 31 dicembre del duemila, quindi, amico mio, dovrai sopportarmi un altr’anno ancora».

Questo è quanto accadde a partire da quell’estate del 1999.

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Come ho già scritto e detto più volte, ma lo ripeto perché molti ancora me lo chiedono: è solo un racconto, non ho avuto le allucinazioni. E per di più Giovanni Malaspina non è mai esistito, il castello fu distrutto da Gian Maria malaspina e nel 1575.

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ps dell’utimo minuto: secondo un’altra fonte fu distrutto da tal Giovanni Malaspina nel 1571… quindi un fondo di verità in quello che ho scritto c’è !!!!

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Racconto d'estate

Nel 1999 il quotidiano La Provincia Pavese istituì un piccolo concorso letterario dal titolo "Il racconto d’estate". Chiunque avesse voluto inviare un piccolo racconto che si svolgesse nella nostra provincia evrebbe visto il suo lavoro pubblicato sul giornale e avrebbe partecipato alla vittoria finale. Io, per curiosità, per la voglia di cimentarmi in qualcosa di nuovo e per fare un po’ di sana e onesta pubblicità ad un’iniziativa che stavo per intraprendere, mandai il seguente raccontino:

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Nell’estate del 1999 decisi di aprire una birreria a Pregola, frazione del comune di Brallo. A dir la verità una frazione dal passato glorioso, tant’è che fino a non molti decenni prima era il capoluogo comunale, sede da secoli di un marchesato. Il luogo che avevo intenzione di trasformare in un piccolo bar stagionale aveva anch’esso una brillante storia: era parte della casaforte (chiamata castello dagli abitanti del paese), residenza dei marchesi Malaspina, feudatari di Pregola dal 1164 e ivi residenti fino all’inizio del XX secolo. Inaugurai il pub «Castello Malaspina», situato nell’ala ristrutturata della struttura medievale, verso metà luglio. Nei giorni successivi iniziarono ad arrivare avventori da tutto l’Oltrepò pavese: gente del luogo e turisti attratti dalla frescura e dal fascino del maniero. Non avevo mai fatto quel lavoro prima di allora e l’inatteso successo mi aveva disorientato un po’. Non sapevo ancora che ben più emozionanti eventi mi avrebbero coinvolto. Tutto ebbe inizio quando alcuni abitanti del paese vennero a lamentarsi per il rumore proveniente dal bar che li aveva disturbati durante la notte. Io mi scusai sfoderando tutti i sorrisi di cui ero capace, ma in seguito mi venne in mente che il giorno precedente era lunedì e quindi il pub era chiuso.  Con un misto d’ansia e preoccupazione mi recai di corsa al castello, dove trovai molte bottiglie spostate, alcune rovesciate, e numerosi cocci di bicchieri in terra. Con un rapido sopralluogo notai che non c’erano altri danni, e nessun furto: un intruso beone dunque. Non risultavano assolutamente segni di scasso: da dove poteva essere entrato?

La settimana successiva, di martedì, mi si presentò sotto gli occhi la stessa scena: bottiglie e bicchieri sui tavolini e per terra, porte e finestre integre. Feci sostituire al più presto la serratura dell’ingresso, pensando che qualcuno fosse riuscito a procurarsi un doppione delle chiavi. Non riuscivo a spiegarmi comunque un particolare: perché gli ignoti visitatori non si limitavano a portare via le bottiglie o a berle in silenzio, bensì le frantumavano rischiando di farsi scoprire per il frastuono? Il lunedì seguente all’ora di cena ero nel castello, appostato nella toilette nell’attesa dei vandali della notte, armato di un grosso bastone. Rimasi tutta sera nello stanzino di pochi metri quadrati, fermo immobile,finestre chiuse, nessun rumore, il caldo che cominciava ad essere insopportabile, con grosse gocce di sudore che mi scendevano sulla fronte. Dopo qualche ora la situazione era peggiorata perché stupidamente non avevo cenato e i morsi della fame iniziavano a farsi sentire, accompagnati  dal mal di schiena dovuto alla scomoda posizione. Infine la sonnolenza ebbe il sopravvento e mi addormentai.
Fui  svegliato da rumori che provenivano dalla sala, mi affacciai e….cosa vidi: un uomo che stava versandosi del rum. Appoggiò il bicchiere su di un tavolino, lo riempì e bevve. Continuò per altre due o tre volte. Io ero preso dall’osservazione dei suoi abiti: di stranissima foggia, pareva un costume teatrale. Nel frattempo l’insolito ospite continuava a servirsi finché, in uno scatto d’ira, scagliò con forza il bicchiere per terra. Non potei più trattenermi e uscii allo scoperto ma, quando mi vide, corse verso il muro laterale e… lo oltrepassò vicino al camino!
Potete immaginarvi lo sgomento misto a paura che provai in quegli attimi. Dopo essenni un po’ tranquillizzato, diedi un’occhiata intorno: ancora una volta lo scenario era composto da cocci di vetro e bottiglie aperte.Un particolare mi sembrò subito molto strano: la bottiglia di rum era quasi piena, e io avevo visto’quel personaggio bere più di quattro bicchieri.
Preso da un autentico terrore aprii la porta — che era rimasta chiusa a chiave — e me ne andai.
Quella notte non dormii.
Avevo sognato ad occhi aperti per colpa del pasto saltato, del sonno e del caldo?

(continua domani)

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Il dondolo

Quando ero piccolo avevamo un dondolo in casa. Era un dondolo di metallo, con i due supporti laterali, e l’asta in alto su cui era appeso, appunto il dondolo. Sono scarso come creatore di definizioni, ma ho voluto spiegarlo perchè molti confondono il dondolo con la sedia a dondolo. Il nostro era come quello di questa foto.

Era il mio posto preferito. Sopra la struttura metallica aveva un cuscino color marrone che copriva lo schienale e arrivava fin sotto il sedere. Era bello rifugiarsi li a leggere, mentre mi dondolavo. Quasi subito diventai troppo grande per starci sdraiato e allora mi sedevo normalmente. Cavoli quanti "Topolino" ho letto su quel dondolo. Quando ero un po’ più grandicello ho provato ad usarlo anche per studiare, ma non mi faceva stare concentrato. Ma per leggere era il posto più rilassante al mondo.

Anche i gatti di famiglia hanno sempre apprezzato quell’oggetto, così come i miei nipotini (nipotini all’epoca, adesso nipotoni) ci hanno schiacciato parecchi pisolini. Mia mamma talvolta, specie d’inverno, lo usava per appendere i panni lavati e in quei casi non potevo utilizzarlo… che rabbia.

Negli anni se n’è andato x fare spazio ad altri mobili e alla fine è finito a Pregola, come complemente del Bar Castello Malaspina. Che fitta al cuore vederlo l’altro giorno, coricato lungo la piccola scarpata a fianco del bar. Il mio dondolo…. !!!!

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Musica gagliarda

Il mezzo elastico può essere costituito da una corda di budello fatta vibrare mediante lo sfregamento di un arco di crine.

I suoni che avete ascoltato erano le vibrazioni della prima corda di un violoncello. In altri strumenti la corda invece viene pizzicata mediante la percussione di martelletti: è il pianoforte. E’ capace di grande dolcezza e morbidezza di suoni.

Strumenti a percussione.
Gli strumenti a percussione producono suoni mediante percussione su membrane tese sopra a una cassa di risonanza. Ascoltate un tamburello che segna l’accento ogni due movimenti. La grancassa è il + grande degli strumenti di questo tipo. Fate però attenzione ai colpi del tamburo.

Ascoltiamo questa marcia e osserviamone il tempo e il ritmo. Avrete notato che il tamburo divide il tempo in tante parti o movimenti uguali, così…
Quando l’accento divide il tempo in gruppi di due movimenti il tempo si dice binario.

Riascoltiamo la marcia. Fate attenzione a questo generatore elettronico: ritmo a pulsazioni rapide, rumore stridente e discontinuo dovuto a una vibrazione elettrica. Il suono elettronico infatti è un suono puro, completamente privo di armonici. Ritmica. E’ un ritrmo di danza e al tempo stesso… musica gagliarda!

Si trattava di un effetto d’eco in ambiente naturale.

Ascoltate questo frammento melodico ripetuto due volte. Dinamica del suono. Il pianoforte, capace di grande dolcezza e morbidezza di suoni. Avete capito che nella musica come in ogni arte si tratta di conciliare la legge con la libertà, la precisione con la fantasia…

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Il profumo dei posti

Sai cosa manca, nel vivere in città? I profumi. Quando vivevo sui monti, come Heidi, nel mio imperituro gironzolare dovuto alla curiosità e al non voler mai star fermo, passavo tra boschi, prati, cascine, stalle, fossi, cantine, torrenti, rocce, ecc. E ognuno aveva un profumo diverso. Cose che in città non si sentono, la città è abbastanza asettica, vivi in posti chiusi e ti muovi su strade senza profumi.

Non si sente il profumo della pioggia che è appena finita, il profumo delle violette e delle primule, il profumo della terra. Eh si, non lo sapete? La terra ha un profumo tutto suo, e ogni terra ha il proprio. Le zappe ne sono intrise, così come i rastrelli sanno di fieno e le accette di legno. In città non si sente il profumo degli aghi di pino, quelli verdi. E non succede neanche di passare in bicicletta sopra cumuli di aghi di pino secchi, e di liberarne il profumo. La terra ripida vicino ai ruscelli, il trifoglio, persino le panchine o le fontanelle, ogni cosa aveva un profumo. Il profumo dlele pigne, che varia a seconda siano appena cadute o siano secche, nel qual caso diventa simile al profumo del legno. I rami secchi delle conifere hanno un profumo diverso dag.i altri. E ogni erba ha un prfumo tutto suo, per non parlare dei rovi delle more. Eh si, potrei elencarne veramente tanti.

Qui purtroppo non c’è niente di tutto questo, l’olfatto serve a poco, al limite per sentre gli odori, ma è quindi abbastanza sprecato.


 

Vetrata della chiesa di Brallo

 

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19 anni

Rileggendo una vecchia agenda, di quando avevo 19 anni, ho trovato alcune frasi che avevo scritto io, eccole:

  • è bello parlare con gli altri di quello che vuoi senza problemi, è bello mostrarsi agli altri per quello che sei senza problemi.
  • i sogni sono gratis, sono alla portata di tutti, posson farli tutti gli uomini magri o grassi, bianchi o neri, belli o brutti. nei sogni le cose vanno come vuoi tu e se ancora non lo sai devi sognare di più.
  • un uomo è diverso da un altro solo per la sua storia
  • è inutile combattere per degli ideali, prima o poi sono destinati a finire, però è bello crederci.
  • il tempo è la cosa più assurda e inutile che possano aver mai inventato.
  • siamo solo il sogno di qualcuno infinitamente immenso
  • la vita è una missione affidataci e dobbiamo portarla a compimento nel bene e nel male
  • ad un amico si dicono cose che non si sono mai dette a nessuno
  • mentre leggi queste righe un attimo della tua vita è già diventato un ricordo
  • le parole non mi tangono, non sono fra quelli che piangono, la vita la prendo così e finora mi è sempre andata bene
  • la verità non è relativa, sono le idee che sono relative
  • con la gente siamo attori che recitano una parte, con i veri amici siamo noi stessi
  • bisogna ignorare l’ignoranza della gente
  • io odio le contraddizioni, però spesso mi contraddico. è una contraddizione
  • incazzati, sii curioso, fai qualcosa che abbia un valore, lascia un segno.
  • se sai ascoltare, senti il silenzio
  • forse io non esisto e tu mi stai sognando
  • ogni attimo è già passato prima di poter essere gustato
  • come si distingue il ricordo dal sogno?
  • non occorre condividere le idee, basta rispettarle
  • conta più un piccolissimo fatto che un grande discorso

Che nostalgia a rileggerle. Anche perchè alcune mi ricordano un episodio particolare. Forse io non esisto e tu mi stai sognando, ti ricordi le discussioni metafisiche?

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Baciami !

C’était dans un quartier de la ville lumière
Où il fait toujours noir où il n’y a jamais d’air
Et l’hiver comme l’été là c’est toujours l’hiver
Elle était dans l’escalier
Lui à côté d’elle elle à côté de lui
C’était la nuit
Ça sentait le souffre
Car on avait tué des punaises dans l’après-midi
Et elle lui disait
Ici il fait noir
Il n’y a pas d’air
L’hiver comme l’été c’est toujours l’hiver
Le soleil du bon dieu ne brill’ pas de notr’ côté
Il a bien trop à faire dans les riches quartiers
Serre-moi dans tes bras
Embrasse-moi
Embrasse-moi longtemps
Embrasse-moi
Plus tard il sera trop tard
Notre vie c’est maintenant
Ici on crèv’ de tout
De chaud et de froid
On gèle on étouffe
On n’a pas d’air
Si tu cessais de m’embrasser
Il me semble que j’mourais étouffée
T’as quinze ans j’en ai quinze
A nous deux on a trente
A trente ans on n’est plus des enfants
On a bien l’âge de travailler
On a bien celui de s’embrasser
Plus tard il sera trop tard
Notre vie c’est maintenant
Embrasse-moi !

Jacques Prévert

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Cognomi

Per prima cosa una premessa: questo post non ha nessuna pretesa di veridicità, ho recuperato i dati da fonti assolutamente non ufficiali e pertanto potrebbero esserci errori. Detto questo, ecco le classifiche dei cognomi più diffusi…

…nel comune di Brallo di Pregola:

1. Tagliani 6. Rettani
2. Rossi 7. Maruffi
3. Alpegiani 8. Buscone
4. Zanardi 9. Benedini
5. Gualdana 10. Scabini

Di questi ne conosco almeno uno per ogni cognome.

…nel comune di Voghera:

1. Barbieri 6. Poggi
2. Ferrari 7. Marchese
3. Rossi 8. Marchesi
4. Montagna 9. Giorgi
5. Gatti 10. Bernini

Conosco dei Ferrari, Rossi, Gatti, Poggi.

…in provincia di Pavia:

1. Ferrari 9. Montagna
2. Rossi 10. Vercesi
3. Barbieri 11. Giorgi
4. Sacchi 12. Poggi
5. Gatti 13. Marchesi
6. Maggi 14. Milanesi
7. Negri 15. Magnani
8. Bianchi  

Oltre ai già citati conosco dei Barbieri (che non sono di Voghera), Sacchi, Negri, Bianchi, Milanesi. In provincia il podio si mischia: Ferrari e Rossi salgono, Barbieri scende, ma a sorpresa arriva Sacchi.

…in Lombardia:

1. Colombo 6. Villa
2. Ferrari 7. Cattaneo
3. Rossi 8. Brambilla
4. Bianchi 9. Riva
5. Sala 10. Fumagalli

Qui invece spunta Colombo, ma Ferrari e Rossi resistono. Nella top ten i classici milanesi Brambilla e Fumagalli

…e in Italia:

1. Rossi 6. Romano
2. Russo 7. Colombo
3. Ferrari 8. Ricci
4. Esposito 9. Marino
5. Bianchi 10. Greco

 

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Magazzino popolare

Format Distributivi del settore moda abbigliamento in Italia: situazione e prospettive del piccolo punto vendita

Ventesima puntata

Il magazzino popolare si differenzia dal grande magazzino per il posizionamento inferiore della gamma di prodotti offerta e perché il magazzino popolare in origine si concentrava su un segmento di clientela inferiore, più popolare appunto, mentre il grande magazzino si rivolgeva alla borghesia.

Il magazzino popolare si trova oggi in una posizione competitiva critica, subisce infatti la concorrenza degli ipermercati, dei superstore e dei discount, che propongono inoltre un’offerta integrata alimentari e non alimentari. In Italia, Upim, leader della formula, ha effettuato negli ultimi vent’anni alcuni tentativi di rilancio, che però, di fatto, non sono riusciti. In altri Paesi, alcuni magazzini popolari hanno tentato un percorso di rivitalizzazione mediante l’orientamento al discount. Altri Gruppi (Mark & Spencer, considerato il fondatore della formula) si sono internazionalizzati e hanno diversificato nel settore alimentare. La quota di mercato del grande magazzino e del magazzino popolare in Italia è la più bassa in Europa.


Interno di un magazzino UPIM


MATRICE SWOT
Utili Pericolosi
Interni Professionalità consolidata nel tempo. Bassa attenzione alla volubilità della moda. Scarsità di prodotti di marca
Esterni Rivalutazione dei centri storici.
Possibili abbinamenti con settori alimentari
Concorrenza dei punti vendita di prodotti non griffati, spesso più agevoli da raggiungere

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Tordo Beffeggiatore

Fonte: Wikipedia

Il Tordo Solitario (Turdus Solitarius in latino) è una costellazione obsoleta introdotta nel 1776 dall’astronomo francese Pierre-Charles Le Monnier in uno scritto intitolato Constellation du Solitaire nelle Memorie dell’Accademia Reale Francese delle Scienze.

Occupava un’area presso la coda dell’Idra, vicino alla Bilancia, e rappresentava, secondo il proprio ideatore, un «uccello delle Indie e delle Filippine». L’uccello raffigurato sulla carta di Le Monnier somiglia moltissimo ad una femmina di passero solitario (Monticola solitarius, famiglia Turdidi), un piccolo uccello europeo che, malgrado il nome, è imparentato con i tordi. Le Monnier disse di aver introdotto tale costellazione in memoria del viaggio a Rodrigues, un’isola dell’Oceano Indiano, di un altro astronomo francese, Alexandre-Guy Pingré, recatosi laggiù per osservare il transito di Venere del 1761.

Nel libro Star Names, lo storico delle stelle Richard Hinckley Allen sostenne che l’uccello rappresentato nella costellazione fosse un solitario di Rodrigues, un uccello estinto incapace di volare simile al dodo.

Lo scienziato britannico Thomas Young rinominò la costellazione Tordo Beffeggiatore nella sua mappa stellare del 1806, mentre un altro inglese, l’astronomo amatore Alexander Jamieson, autore di un Atlante Celeste del 1822, la chiamò Noctua, la civetta. Jamieson rimase colpito dal fatto che questo uccello non fosse mai comparso tra le costellazioni, «data la frequenza con cui si aggira tra gli antichi monumenti egizi».

Malgrado tutti questi cambi di nome, però, la costellazione venne ben presto abbandonata.

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Vedete una spirale? SBAGLIATO ! Guardate bene, sono cerchi, non è una spirale !!!

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Poe

Io avevo ormai da tempo cessato sia di lottare che di muovermi, ed ero rimasto a sedere immobile sul divano, preda smarrita di un turbine di emozioni violente, tra le quali la meno terribile, la meno divorante era forse un supremo arcano terrore.

(E. A. Poe, "Ligeia")

Un brivido di ghiaccio mi corse per le ossa; mi sentii oppresso da una sensazione d’insopportabile angoscia; una curiosita’ divorante mi pervase l’anima, e ricadendo all’indietro sulla sedia rimasi per qualche tempo immobile e senza fiato, gli occhi fissi sulla sua persona.

(E. A. Poe, "Berenice")


"Vita e Morte", Gustav Klimt, 1908, Leopold Museum, Vienna

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Passo del Brallo

Tratto da un pieghevole degli anni ’80 / ’90

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PROFILO STORICO-RELIGIOSO
La denominazione di questo comune (Brallo di Pregola) è recente, ma la storia dei centri abitati che ne fanno parte è antichissima. Le prime notizie certe su Pregola risalgono ad un diploma dell’Imperatore Ottone I, datato anno 972, con cui il sovrano conferma al Monastero di San Colombano di Bobbio i suoi possedimenti.
Dopo varie vicende, nel XIII secolo, il feudo di Pregola passò ai Malaspina. La signoria feudale dei Malaspina durò incontrastata fino al 1789, anno in cui il feudo di Pregola fu incorporato nel Marchesato di S. Margherita. Il castello originario, posto sul cono roccioso che sovrasta il paese, fu distrutto e con i materiali ricavati dalle macerie fu eretto un nuovo edificio, una casa-forte ancora esistente. Le notizie religiose di Pregola risalgono a prima dell’anno 1000 e la chiesa odierna è del 1600, sorta sulle rovine del vecchio oratorio dedicato a San Rocco.
Altra parrocchia è quella di Colleri, ma sembra che anticamente la sede originaria fosse a Someglio, dove ancora oggi esiste una chiesetta con campanile romanico del XIII secolo, con all’interno una tela che rappresenta i S.S. Gervasio e Protasio.
La chiesa di Corbesassi è stata edificata nel 1690 circa; la decorazione interna è del Sebastiano toselli, allievo del Gambini, compiuta nel 1939. Di notevole una tela, purtroppo ora sciupata: San Francesco e due Angeli.

La chiesetta di Someglio
SITUAZIONE CLIMATICA
II Brallo, posto tra le due valli del Trebbia e dello Stafferà ed a breve distanza in linea d’aria dal mare, gode di un clima che si trova nella fortunata condizione di amalgamare alcune caratteristiche del clima marino con altre del clima montano, con una vasta gamma di influenze benefiche sulla salute.
Caratteristiche fondamentali di questa isola climatica sono l’atmosfera pura, la limpidezza del cielo, la scarsa umidità, l’alto rendimento delle radiazioni solari, la bellezza del paesaggio e la quiete.
Tali requisiti ambientali risultano ideali per un tranquillo periodo di riposo, favorendo un rapido recupero di energie.

GITE – ESCURSIONI
Alla felice posizione climatica si aggiunge la possibilità di magnifiche escursioni sui monti vicini.
Infatti le cime del Colletta (m. 1.490) e del Lesima (m. 1.724) sono facilmente raggiungibili attraverso strade ricche di boschi suggestivi, con ampie distese di prati e punti panoramici di rara bellezza.
Pur accessibile dal Brallo è il Monte Penice (Km. 12) sulla cui vetta sorge un santuario dedicato a N.S. della Guardia.

Casaforte e Chiesa di Pregola
Anche nelle numerose frazioni che circondano il Capoluogo non mancano elementi di particolare interesse: Valformosa, uno dei pochi paesi che ha conservato un impianto tipicamente medioevale; Someglio con la sua antica chiesa; Colleri, Corbesassi e Cencerate con gli antichi nuclei di case in sassi e calce e strade strette a selciato.
Attraverso una vasta e suggestiva pineta si snoda poi la strada che porta a Pregola ed ai numerosi campi da Tennis del Centro Sportivo della Federazione Italiana Tennis, dove durante l’estate si esercitano centinaia di ragazzi.
E’ possibile anche raggiungere il fiume Trebbia (11 km.), le cui acque, ancora limpide e incontaminate, offrono una attrattiva per pescatori e bagnanti.

 

I campi del Centro Tennis
SPORT – DIVERTIMENTI – FOLKLORE
Brallo offre al turista sportivo dei campi di calcio per tutte le età (Campo di Colleri, Campetto di Bralello) ove d’estate sono organizzati vari tornei. È possibile poi praticare il tennis ed il nuoto al fiume Trebbia.
Risultano soddisfatti anche gli appassionati di corse campestri (diverse marcie non competitive in Luglio-Agosto) e quelli di Moto-Cross (Gare a Maggio e Settembre) che trovano qui l’ambiente ideale per il loro divertimento.
Esistono poi campi da Bocce in vari paesi, e non bisogna dimenticare la possibilità di praticare caccia e pesca nei periodi adatti. Durante l’inverno il Brallo e le pendici del Colletta offrono vari campi da sci con impianti di risalita. Si ricorda anche che è in progetto, e dovrebbe essere presto pronto, un moderno centro sportivo.
Tutto l’anno si può ballare in moderne discoteche; nei mesi estivi sono in funzione anche attrezzate sale-giochi ed al Brallo una sala cinematografica.
Anche gli amanti del liscio non verranno delusi, in quanto sono numerose le sagre paesane con canti e balli in allegria. Possiamo qui ricordare la Festa Patronale di Colleri, la polentata di Corbesassi, la festa di Cima Colletta, la Sagra della Patata a Brallo (1a domenica di settembre).

GASTRONOMIA
In qualunque periodo dell’anno si possono gustare ottimi prodotti locali (Salame Tipo Varzi, Coppe nostrane, Formaggelle tipiche, torte di mandorle).
Nei ristoranti della zona la genuinità della cucina, basata su tradizionali ricette casalinghe offre una notevole attrattiva gastronomica a tutti i buongustai.
Fra i piatti tipici ricordiamo il profumato risotto coi funghi, i polli ruspanti con contorno di deliziose patate di produzione locale, gli ottimi piatti di cacciagione con Lepri, Fagiani, Pernici ecc. ecc.

Le limpide acque del fiume Trebbia

 

ALLOGGI – SISTEMAZIONI
Per chi decide di passare qualche vacanza al Brallo non ci sono problemi. Nel Capoluogo e nelle frazioni vicine si trovano infatti diversi alberghi e locande con buone capienze.
E’ possibile poi affittare appartamenti grossi e piccoli e stanze singole con tutti i servizi.
A soli 8 Km., precisamente a Sala, esiste anche un camping attrezzato.

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Oltrepo con l'accento

…ma "Oltrepo" si scrive con l’accento o senza? Secondo me si scrive senza, per questo motivo: il fiume Po si scrive senza accento e quindi la parola composta "Oltrepo" mantiene la grfia non accentata. Ma cosa si dice in rete?

In un articolo dell’associazione culturale Varzi Viva (di Antonio di Tomaso) si legge:

Scrivere Oltrepo senza accento sull’ultima "o" è un vero e proprio errore di grammatica (lo ha ribadito Aldo Gabrielli, il noto linguista, autore di numerose edizioni del "Vocabolario Gabrielli", nel volume: "Si dice o non si dice?", edizione Mondadori).
Una fondamentale legge ortografica prescrive che le parole italiane di due o più sillabe per essere pronunciate tronche debbono recare l’accento sulla vocale dell’ultima sillaba; le parole che non portano questo accento, o si leggono piane o sdrucciole o bisdrucciole.
Un’eccezione per Oltrepò non si può fare; e per questa ragione, scrivendo Oltrepo, si legge "oltrèpo" o "òltrepo": non si scappa. E lo stesso ragionamento si può fare con i composti di tre: ventitré, trentatré, quarantatré. Togli l’accento e la pronuncia è una sola: "ventìtre, trentàtre, quarantàtre"

L’ipotesi sembra abbastanza convincente. Anche sul sito dell’Accademia della Crusca, Mara Marzullo scrive:

L’uso dell’accento grafico in italiano è diventato stabile dal Novecento per i polisillabi tronchi
[…]
introduce alla questione dell’accento di polisillabi composti con un originario monosillabo finale: per quanto detto all’inizio sull’uso dell’accento coi polisillabi, è chiaro che anche in questi casi, essendo il polisillabo tronco, si deve usare l’accento grafico (ventitré, rossoblù, nontiscordardimé, Oltrepò).

Anche la Lega Nord Voghera si interroga sul quesito e, malgrado suggerisca che la logica non preveda accento, ribaisce che la citata Accademia fuga ogni dubbio sull’errore che si commetterebbe non accentando la parola.

Insomma, in tanti si interrogano sulla questione, anche i lettori di Vogheranews, ma alla fine mi arrendo leggendo il libro del pavese Max Bocchiola (traduttore ufficiale di uno scrittore a me caro, Irvine Welsh [1] [2] [3]) e Ludovico Gerolin, "Grammatica pratica dell’italiano dalla A alla Z", che subito a pagina 2 recita:

Attenzione: le parole tre e blu non hanno mai l’accento, che è invece obbligatorio per il oro composti: ventitré, rossoblù. Lo stesso vale per tutti i monosillabi se sono la parte finale di un composto: il fiume Po, ma l’Oltrepò Pavese; vado su, ma il tiramisù.

E allora davanti al tiramisù mi arrendo :-)

Quindi… quindi continuerò a scrivere Oltrepo senza accento. Sbagliando, direte voi? Ma certo che no, la mia è una chiara licenza poetica!

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Talento

…ma c’é voluto del talento
per riuscire ad invecchiare senza diventare adulti…

 

Mon amour
Mon doux mon tendre mon merveilleux amour
De l’aube claire jusqu’à la fin du jour
Je t’aime encore tu sais je t’aime

 

(Jacques Brel)

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Forever young

…Heaven can wait we’re only watching the skies
Hoping for the best but expecting the worst

…Let us die young or let us live forever
We don’t have the power but we never say never

Some are like water, some are like the heat
Some are a melody, some are the beat
Sooner or later they all will be gone
Why don’t they stay young…

Youth’s like diamonds in the sun
And diamonds are forever


magritte.l’apparition.1928.staatsgalerie.stoccarda

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