fabiotordi

(raccolta molto sparsa di pensieri)

fabiotordi

La mucca viola

Qual è il concetto spiegato da Seth Godin, l’autore di questo libro di marketing? Semplice: quando un cittadino va in campagna e vede una mucca, rimane ammirato ad osservarla. Ma dopo una settimana le mucche non attirano più la sua attenzione. E se vedesse una mucca viola?

Ecco quello che dice: in questo mondo pieno di bombardamenti mediatici, la pubblicità banale non funziona più. E il vecchio sistema, dove i produttori sfornavano un prodotto e poi delegavano al marketing il compito di venderlo, è superato. Ora gli esperti di marketing devono contribuire a progettare il prodotto, in modo che esso stesso sia veicolo promozionale.

In una parola, occorre essere straordinari. Fare successo con l’ordinarietà è sempre più difficile.

Commenti

comments

La matrice SWOT

Format Distributivi del settore moda abbigliamento in Italia: situazione e prospettive del piccolo punto vendita

Dodicesima puntata

Qui inizia la terza parte, relativa ai modelli di distribuzione al dettaglio.

Per esemplificare meglio i diversi modelli distributivi verrà adoperata la matrice SWOT, che schematizza, per ogni modello, i punti di forza, le debolezze, le opportunità e le minacce. Le forze sono risorse o attività specifiche di cui il modello è in possesso; se utilizzate in modo efficace conferiscono una competenza distintiva rispetto ai concorrenti. Le debolezze sono risorse o capacità che mancano o non sono adeguatamente utilizzate, mentre i concorrenti ne dispongono. Le opportunità sono fattori esterni che, se opportunamente gestiti, possono rafforzare la posizione sul mercato, mentre le minacce sono sempre fattori esterni, ma che possono indebolire la posizione.
Si analizzano se le condizioni in cui ci si trova ad operare sono favorevoli o sfavorevoli e se sono dovute a fattori interni (e quindi modificabili) o a fattori esterni. In questo modo è possibile evidenziare in modo chiaro e sintetico le variabili che possono agevolare oppure ostacolare il raggiungimento degli obiettivi del progetto, distinguendo tra fattori legati all’ambiente esterno e fattori legati invece all’organizzazione interna, e consentendo di orientare in modo più efficace le successive scelte strategiche ed operative.
 

CONDIZIONI
Utili Pericolosi
Interni Forze Debolezze
Esterni Opportunità Minacce

 

Commenti

comments

Qualcosa di simile

Dopo aver letto l’ultimo post del mio amico Michele, mi è venuto in mente questo aneddoto, non so il perchè: anni fa ero abituale frequentatore dei giovedì estivi all’Acquatica di Milano, che smetteva di essere, per quela sera, parco acquatico e diventava discoteca rock (erano "quelli del Rolling"). Una di quelle sere stavo girando da solo quando vedo una tipa, distesa per terra, a guardare il cielo. Una persona normale avrebbe pensato che fosse matta o ubriaca o qualcosa di simile. Invece, per istinto, mi sono coricato anche io, a un paio di metri di distanza da lei, abbastanza distante da non disturbarla, abbastanza vicino per poterle parlare. "Cosa vedi?", le chiesi. E parlammo per circa dieci minuti di quello che vedevamo in cielo. Poi ad un certo punto lei disse "Devo andare", e andò. Ma furono dieci minuti di poesia. E’ una di quelle cose che sono contento di aver fatto nella vita: seguire l’istinto, restare bambino a guardare il cielo. Anche in mezzo ad una discoteca. Perchè no? Probabilmente penserete che io sia matto o ubriaco o qualcosa di simile

Commenti

comments

Felice

…stanco ma felice…

Commenti

comments

L'italiano. Lezioni semiserie.

Un gradevole libro di Beppe Severgnini. Sono consigli su come scrivere bene, ma non è un libro supponente o pedagogico, è sempre nello stile di Severgnini, quindi abbastanza ironico e, appunto, semiserio.

Spiega le cose da fare (per esempio scrivere chiaro e conciso) e soprattutto da non fare (usare metafore abusate, niente punteggiatura, ecc.). Tra le tante cito: l’abuso di parole straniere che potrebbero benissimo essere sostituite dalle corrispondenti italiane ("vision"); il cosiddetto "italiano parallelo", quello che si usa solamente scrivendo (faccia = volto, macchina = autoveicolo, ecc.); il poco utilizzo delle virgole e il troppo uso dei punti esclamativi o dei puntini di sospensione.

E poi i "Sedici Semplici Suggerimenti":

  1. Avere qualcosa da dire (non è scontato)
  2. Dirlo (invece di dire altro)
  3. Dirlo brevemente (questa è autoesplicativa)
  4. Non ridirlo. Se mai, rileggerlo (quasi nessuno lo fa)
  5. Scriverlo esatto (quando si usa il cq? ci vuole la i? e l’accento? e la doppia?)
  6. Scriverlo chiaro (la colpa non è mai di chi non capisce, ma sempre di chi -non- si spiega)
  7. Scriverlo in modo interessante (non è facile)
  8. Scriverlo in italiano (alcune parole straniere sono inevitabili, ma altre sono insopportabili)
  9. Non calpestare i congiuntivi
  10. Non gettate oggettive dal finestrino (meno "che" si usano, meglio è)
  11. Spegnete gli aggettivi (le parolone sono come le parolacce: meglio non usarle, ma è importante conoscerle)
  12. Non date da mangiare alle maiuscole (quando e come usarle)
  13. Slacciate le metafore di sicurezza (alcune sono stantie)
  14. In vista della citazione, rallentate (stessa cosa dicesi delle citazioni, meglio non abusarne)
  15. Evitate i colpi di sonno verbale (piccole disattenzioni che rendono difficle la lettura)
  16. L’ultimo che esce, chiuda il periodo (prima o poi bisogna finire di scrivere ciò che si sta scrivendo. Con stile)

Fantastica è la lettera che gli hanno inviato alcuni studenti di un suo corso su "come scrivere bene". E’ ovviamente uno scherzo, ma spiega bene come non ci si deve comportare:

Chiarissimo Professor Severgini, cogliamo l’opportunità di un’interfaccia amichevole con Lei per ringraziarLa che fosse stato disponibile alle lezioni di scrittura in Bocconi. Certo non è la location giusta, ma dopo un brevissimo briefing tra di noi, come disse Churchill, e lei lo sa, "tra intimi" ci si capisce. Mostriamo la nostra accresciuta e imperitura gratitudine. Se sarebbe possibile incontrarLa di persona, Le faremmo i nostri ringraziamenti personalmente, ma data la nostra estrema, dissrmante, forse eccessiva, arrossata "timidezza", restiamo seduti in attesa della Sua attenzione in classe, restando muti come pesci. Nel manifestarci gradevolmente a Lei, ma "lingua mortal non dice quel che io sentia in seno" Foscolo dice. Le problematiche da Lei trattate nel corso ci saranno di grande aiuto nel corso del "cammino della nostra vita". E’ nostra Speranza che questa missiva giunga alla Sua Cortese Attenzione, nell’attesa di un prossimo e pronto riscontro, thanks for disturbing.

Commenti

comments

Plesiosauro

Wikipedia dice che i psesiosauri sono un gruppo di rettili acquatici vissuti tra il Triassico superiore e il Cretaceo superiore. Essi hanno conteso il predominio dei mari del Mesozoico agli altri rettili marini, come gli Ittiosauri.

Qualche sera fa, resso il cinema comunale di Brallo, l’Associazione Commercianti, Artigiani e Piccoli Imprenditori (ACAPI) ha organizzato una serata dal titolo "PALEONTOLOGIA,GEOLOGIA E DINOSAURI", con la presenza di Simona Guioli, del Civico Museo di Scienze Naturali di Voghera. Durante l’interessante serata ho addirittura scoperto che a Zavattarello, qui vicino, in un affioramento di Argille Varicolori, agli inizi degli anni ’90, è stato trovato un omero destro isolato di Plesiosauro. Un calco del resto è stato donato al Civico Museo di Scienze Naturali di Voghera, dove è tuttora esposto.

 

Commenti

comments

La sete

Teoria D sulla sete:

per far passare la sete occorre bere una bevanda dolce, per esempio la cedrata, la quale manderà degli stimoli di piacere al cervello, che crederà di dissetarsi. In realtà tali bevande non dissetano veramente. E’ per questo motivo che subito dopo occorre bere acqua per dissetarsi veramente.

Io dico: ma allora perchè non bere subito acqua?

Commenti

comments

R e la tavoletta

Fabiano detto Genova… perchè abitava a Genova. Flavio detto Flavietto. Il Camionita. La Foresta degli Eroi coi tarlon con Luke Scavalcher. La festa della birra di Brallo. Le guerre di pigne. Le guerre tra i Mafaball, i Tranch e gli Stemacrips. Io e R. R e la tavoletta. Il campo da calcio alle Piane per Smegi. La carambola di sotto da Max. Vittorio di Pavia. La Casa (oggi detta l’università). Quando io e Diego siamo scomparsi. In Trebbia in bici con Christian con il gesso. Sulle balle di fieno a vedere le stelle cadenti. Roberto di Milano e Mauro. Amdavamo a cercare i tappi in tutti i bar di Brallo: Cavanna, Appennino, Normanno, Edelweiss. I tappi del Campari avevano la gommina. Io e R a rubare i giornali destinati al macero. Quando ci hanno regalato gli Zagor. Io e Andrea e le capanne nella pineta vicino a Mario. In bob nel prato dietro alla Lina. I Paninari. Accendevamo i fuochi in pineta. Quando si entrava di sgamo in palestra. Quel posto là.

Questi potrebbero essere tutti i titoli di altrettanti miei racconti di infanzia. In uno delgi ultimi post vi ho parlato del Kursaal, che rappresenta soprattutto le mie estati da quando sono "grande". Questi invece sono tutti racconti di quando ero ragazzino. Scegliamone uno a caso, non posso raccontarveli tutti: R e la tavoletta. Da piccolo avevo un grande amico: R. Viveva ad Abbiategrasso con sua mamma, suo fratello, il compagno di sua mamma e suo figlio. Questi ultimi due l’ho capito solo quando sono diventato un po’ grandicello chi erano, da piccolo ero convinto che fossero suo zio e suo cugino, anche perchè lui stesso li definiva così. Io e R eravamo grandi amici. Lui veniva su a Brallo in tutte le feste e poi d’estate era su da Giugno a Settembre. Aveva un anno in meno di me e quindi io, che ero quello "grande" e inoltre conoscevo i posti, ero quello che "comandava". Cavoli quante cose con R. Quando pioveva passavamo le giornate a casa sua a giocare a Scala 40, ma in tutti gli altri giorni… non ci fermava nessuno, giravamo dappertutto e ne combinavamo di ogni. Poi un anno, quando avevo circa 12 anni, la brutta notizia: la sua famiglia reputava l’affitto troppo caro e quindi dall’anno dopo sarebbero andati in vacanza a Cegni. Pochi chilometri da Brallo, ma per un dodicenne come se fosse un altro pianeta. Ma prima di partire, proprio quell’anno un ente, se non sbaglio la Provincia, aveva organizzato una specie di campus estivo per i ragazzini. Organizzavano giochi, gite e quant’altro. E così io e R siamo finiti in gita alla piscina di Varzi. Era la prima volta che andavo in piscina (e fino all’anno scorso anche unica). Sia io che lui avevamo paura dell’acqua alta. Ad un certo punto io ero fuori e lui mi chiama, tutto contento, per farmi vedere che aveva recuperato una tavoletta, non so dove, e si era avventurato dove non si toccava. Dopo qualche minuto arriva un bagnino, portando R tutto malconcio in braccio: stava affogando e l’aveva preso appena in tempo. Gli organizzatori ovviamente si sono cagati sotto.

Non ho visto R per tanti anni. Un giorno, quando avevo 18 anni (nel mitico 1992 !!) un’amica mi si avvicina al Kursaal e mi dice: ma tu conosci un certo R? Beh si una volta, tanto tempo fa. Guarda che è lui. Fammelo vedere. Ok vado a cercarlo.

Cazzo era lui, proprio lui, il mio amico. Proprio lui. Ci siamo frequantati quel’estate, ci siamo ritrovati. Un giorno c’erano dei ragazzi che suonavano dal vivo in piazza a Brallo, lui era lì a vederli e allora abbiamo fatto un giro a piedi per il paese, fino a dove abitava lui una volta. Anche l’anno successivo ci siamo rivisti, d’estate. Era un po’ conciato. Sempre messo male, ubriachissimo, sporco. Ricordo che metteva su una giacca degli operai Sip. Un giorno l’ho beccato mentre litigava coi buttafuori che non volevano farlo entrare al Kursaal. Era abbastanza fatto. Allora l’ho caricato in auto e l’ho portato a fare un giro fino a Pregola, o forse fino al Penice. Ho perso mezza serata, e quelle erano serate da non perdere per nulla al mondo. Ma lui era R, perdio. Il mio amico. Al ritorno ha voluto che lo lasciassi li, sarebbe andato a casa con qualcuno. Non l’ho mai più rivisto. L’anno dopo e quelli successivi chiedevo di lui a ragazzi che lo sconoscevano. Ma non era mai più venuto su in Valle Staffora. Un ragazzo una volta mi ha detto di averlo visto in compagni di aluni punkabbestia nelle metro di Milano. Chissà se è vero. Cazzo chissà dove sei finito R.

(la foto non c’entra nulla, è del 1959 e l’ho presa su questo sito: /www.sanmauropavia.it)

Commenti

comments

Quest'aria sa d'estate

Commenti

comments

Lovere

Ma secondo voi è normale che a Lovere, simpatico e ridente paese in provincia di Bergamo, sul Lago d’Iseo, che dista 16 km da Boario Terme e una settantina da San Pellegrino, nel baretto sul lungolago vendano l’acqua Lilia, che sicuramente è buonissima e ha tutte le caratteristiche che servono a farne una grande acqua, ma è imbottigliata a Rionero, provincia di Potenza, a 864 km !!!! Mah…

Commenti

comments

Auto e telefoni

In auto mi sono capitate diverse cose nella mia carriera da guidatore. A volte, parlando con gli amici, mi accorgo che sono cose che succedono a tutti, ma a me in modo particolare. O forse era la mia auto precedente, la mitologica Fiat Tipo, che portava sfiga. Per esempio ho forato un numero indescrivibile di volte. Ormai ero un mago nel cambio prenumatici. Con la Focus penso di non aver mai cambiato io una gomma.
Un’altra cosa è quella di essere fermati dalla Polizia (o dai Carabinieri, vigili, finanza, ecc.). Io sono stato fermato mille volte. Beh mille no, ma ai tempi almeno una volta al mese si. E poi perquisa. Sarà per la macchina da rapinatore e soprattutto per le facce da galera che avevamo io e la compa. Mitica questa: ci fermano i carabinieri fuori dal Rive Gauche a Varzi, eravamo io e Matteo. E giù perquisa. Ci hanno fatto passare l’auto come il riso. Alla fine rilasciano il verbale: hahahaha che ridere, devo averlo ancora da qualche parte. Il verbale ovviamente indicava che ci avevano fermato in una via di Varzi, in piena notte, e ci avevano perquisiti. Tutto normale, peccato che hanno omesso di dire che la discoteca aveva appena chiuso e c’era la fila di auto sul ponte dello Staffora, e chi sono stati gli unici fortunelli ad essere stati fermati? Ma la cosa bella era il motivo scritto: alla ricerca di armi o esplosivo. Ollamadonna!

Con Varni una volta siamo stati fermati a piedi a Riccione!! (anni prima eravamo stati fermati, sempre io e il Varni, sempre a piedi, a Rimini). Un’altra volta a Sala ci hanno rivoltato le tasche, pensavano avessimo avuto del fumo. Che pizza, continuavano ad insistere, finchè non ci hanno controllato tutte le tasche. Dovevamo andare a Pavia e ci hanno tenuti lì un’ora, col risultato che poi era tardi e non siamo andati. Si vede che avevamo proprio un’espressione poco raccomandabile. Un’altra volta a Castellarguidobono stessa scena, ci hanno perquisito da cima a fondo. O meglio, i miei amici… io ero da Varni e sono arrivato lì con una borsa piena di insalata… che faccia hanno fatto i caramba!.  A Serravalle, tornando dal Palace, hanno fatto anche battute sul fatto che fossimo di Brallo. E quella mitica volta a Rivanazzano, di ritorno dal Vertigo di San Martino…. Ragazzi lì si che l’avevamo scampata bella, per fortuna all’epoca non esistevano i palloncini…
Un’altra cosa che mi è successa diverse volte è quella di rimanere senza benza. Non era difficile, io ero perennemente in riserva, ogni volta che pigliavo la macchina dovevo ricordarmi di fare benza. Quando mi dimenticavo… zak, a piedi.
Da quando ho la Focus ho la mania opposta. Se vedo che non ho il pieno, mi viene da fermarmi e fare gasolio.
Così come col telefono: se vedo che scendo sotto una certa solgia, tipo 30 euro, mi sembra di non avere credito e ricarico. Il motivo è semplice: sono pigro. Io vedo gente che ricarica il cell tutte le settimane. Che palle. Io lo farò 3 o 4 volte l’anno. Non voglio avere il patema di pensare se ho credito o meno per chiamare, voglio averlo SEMPRE. Poi stare li coi grattini, ma chi ha voglia! Tutto tramite internet, rapido e veloce. Ho un amico che va avanti a grattini da 5 euro…

Commenti

comments

Verbo Pronominale

………………………………………………………………………………………………………………………………………………………….

…………….

……………………………………………….. beh……………………………………………………

………………….

………………………………………………………………………………….. mmm …………………………………………..

……………………………………………..

.

………………cioè…………………………………………………………………

………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………

……………………

……………………………………………………………………………. insomma, è così…………………………….

……………………..

………………………… sembra banale ma è seria, molto seria………………………………………..

………………………………….

…………………………………………………………ok ?

Commenti

comments

Kursaal

E poi ci troveremo come le star a bere un cocktail al Kursaal, al Giardy, al Mille, al Vertigo, al Rolling… Praticamente sono tutti posti fantasma, non esistono più.

Oggi vi parlerò del Kursaal, di cosa è stato per me. Quando ero ragazzino si andava al Kursaal a giocare ai videogiochi. Era aperto (solo d’estate ovviamente) tutti i giorni, al pomeriggio e alla sera. Noi bambinetti frequentavamo il “parco” (la pineta con parco giochi dietro casa mia) e altri posti di Brallo. Ogni tanto ci spingevamo fino al Kursaal. Da ragazzino invece andavo sempre tutti i giorni. Per chi non c’è mai stato: il K è un locale mitico e storico di Brallo. E’ costruito sotto strada e quindi c’è una stradina che lo costeggia che arriva ai vari piani. In fondo c’era la salagiochi. A metà il bar e la discoteca e in alto il ristorante. Io il ristorante non l’ho mai visto aperto. Noi andavamo solo per la salagiochi. Ricordo una volta che c’era un giochino che, appena acceso, è andato in tilt e ha regalato crediti infiniti. Abbiamo giocato tutto il pomeriggio a Super Mario Bros, che resta il mio videogame preferito di tutti i tempi. Poi ricordo Dragon’s Lair, sembrava di poter toccare il futuro. Mio padre mi dava mille lire al giorno che bastavano per 5 partite, visto che il gettone ne costava 200. Però riuscivo a passare tutto il pomeriggio e tutta la sera. Verso i 16/17 anni ho iniziato a frequentare anche la discoteca. Ma per me il K è diventato mitico nel 1992 (dico sempre che prima o poi vi parlerò di quell’estate, ma non so se lo farò mai, è troppo intensa per poterla raccontare a parole, ma è una di quelle cose che ha segnato la mia vita). E le estati successive sono sempre state all’insegna del Kursaal. In quegli anni non apriva più di pomeriggio, ma solo di sera. E negli anni successivi solo le sere di discoteca, che erano martedi, giovedi e domenica. Si andava lì presto, verso le nove e mezza. Si faceva un giro in salagiochi, due parole, due partite, magari un calcetto, una carambola, per i più sportivi un pingpong. Niente bere, al limite qualche partita perché soldini ne giravano pochi. Poi tornavamo giù in paese, dove magari le consumazioni a bar costavano meno. Verso le 11, 11 e mezza si tornava su per la discoteca. La musica bella era a quell’ora. In quel periodo la dance del momento era la neonata Techno. Che figata. Ne mettevano una mezz’oretta, poi si passava al rock, al revival e altre quisquilie del genere. Ballavamo, giravamo, chiacchieravamo, conoscevamo tutti, andavamo a bere, a fare la coda in bagno, a prendere un panino, magari un giro ancora di sotto in salagiochi, ci si provava con le tipe, sempre rigorosamente senza successo, perché noi siamo e saremo come Jack Fruciante, quelli “fuori”. E poi c’era un posto eccezionale: la porta dii sicurezza che dava sui gradini dietro. Ci si ritrovava lì, era un “posto” di aggregazione, dove rifugiarsi per chiacchierare senza dover urlare, e dove vedevi il 90% di quello che c’era da vedere: risse, amori… quasi tutto avveniva lì. Al k c’era gente di tutta l’Alta Valle Staffora. Da Varzi in su erano tutti lì, e poi qualcuno anche più giù, fino a Voghera e talvolta molto oltre.

 

E poi la colla per comprare un panino in due. E gli sbirri col mitra. E poi accompagnare un amico a casa per poi poter ritornare. Ehi, erano altri tempi, il locale chiudeva alle 2 e mezza, ed era tardissimo. Io fino ai 18 anni dovevo tornare a mezzanotte!!! Le due le facevo solo “l’ultima sera del Kursaal”, avvenimento che non mi sarei perso per niente al mondo, un anno ci sono andato con la febbre. Poi per un anno, niente Kursaal, ma lo avresti aspettato. Quando finiva la scuola sapevi che dopo poco tempo avrebbe riaperto. Quando le giornate si allungavano e potevi uscire ancora dopocena col chiaro sapevi che da li a poco il K si sarebbe animato di tanta gente. Quante avventure, quante storie, quanti amici, quante piombe in quel posto. Quella discesa me la rivedo ancora davanti agli occhi. E la pista, i divanetti, le luci, la staccionata. Perfino le turche mi ricordo. Una parte di me è sicuramente ancora al K, che vaga tra le stanze ormai vuote. Le estati più belle della mia vita, dai 18 ai 24 anni le ho passate li. Grazie Kursaal, sei sicuramente un ricordo molto importante della mia vita.

Commenti

comments

Viaggiatore della notte

volo
e volando sorrido
e volando io penso
e volando io canto
io sorrido e poi canto
e cantando io penso
e cantando sorrido
e sorrido volando
rido
e ridendo io avanzo
e ridendo io volo
e ridendo io penso
io penso e poi avanzo
avanzando io canto
avanzando nel volo
tra le stelle io rido
 

 

Commenti

comments

La distribuzione in Italia

Format Distributivi del settore moda abbigliamento in Italia: situazione e prospettive del piccolo punto vendita

Undicesima puntata

La distribuzione al dettaglio in Italia, per quanto riguarda la dimensione, è ancora dominata dalle piccole unità di vendita, almeno sul piano numerico, anche se negli ultimi anni più recenti si è assistito ad un deciso processo di concentrazione, che ha fatto aumentare la dimensione delle imprese commerciali al dettaglio sia in termini di numero di addetti, che di ampiezza dei locali di vendita.

Relativamente alle modalità operative, la distinzione più rilevante è quella tra le imprese che continuano ad utilizzare la tradizionale tecnica di vendita con addetto e le imprese che fanno ricorso a forme più o meno integrali di libero servizio, con eliminazione del personale di vendita e possibilità da parte dei clienti di servirsi da soli e pagare poi alle casse.

Canali distributivi

1989

1997

1998

1999

2000

2001

2002

2005

Negozi indipendenti

77

57,6

56,5

55,7

55,2

55,2

54,0

52

Catene specializzate

4

13,3

13,7

14,0

14,0

13,8

14,5

16

GDO

6

15,5

14,8

15,0

15,3

15,1

16,0

18

Mercati ambulanti

7

9,5

9,7

9,8

10,2

10,6

10,8

10

Altri

6

4,1

5,3

5,5

5,3

5,3

4,7

4

Totale

100

100

100

100

100

100

100

100

Quote di mercato dei canali distributivi nell’abbigliamento in Italia (Fonte: Sita Nielsen / Federazione Moda Italia)

Negli ultimi venti anni i consumatori hanno cambiato profondamente le proprie abitudini di spesa ed anche il comparto moda ha risentito i contraccolpi di questi mutamenti; le spese per vestiario e calzature sono state caratterizzate da un’elevata rigidità rispetto all’evoluzione della spesa totale, evidenziando così un carattere di maggiore necessità che accosta la dinamica di questa componente di spesa a quella delle spese tradizionalmente rigide, cioè meno sensibili alle oscillazioni congiunturali quali, ad esempio, quelle alimentari. Tra queste due, più soggette alle oscillazioni del ciclo restano le spese per calzature, rispetto a quelle per vestiario. A questo va aggiunto che il consumo di abbigliamento è divenuto “problematico”, ossia si pone più attenzione al prezzo e alla funzionalità. Lo sbocco finale è quello di un consumatore che con la moda ha un rapporto più dialettico: ne viene influenzato, ma in qualche modo alcune sue esigenze (versatilità, esigenze di bilancio familiare, ecc.) interagiscono col versante a monte della filiera.


Canale prevalentemente utilizzato per l’acquisto di capi di abbigliamento.
Fonte: indagine Censis – Confcommercio 2004

Commenti

comments

Page 122 of 174

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén