fabiotordi

(raccolta molto sparsa di pensieri)

fabiotordi

Stardust

Ricordi quando ti avevo detto che non so niente sull’amore? Non era la verità… So molto sull’amore. Vi ho visto! L’ho visto nascere per secoli e secoli. Era l’unica cosa che rendeva il tuo mondo sopportabile. Ah… Tutte quelle guerre, le falsità, il dolore, l’odio. Ero tentata di posare il mio sguardo altrove in eterno. Ma il vedere come l’umanità si arrende all’amore! Si possono setacciare gli angoli più remoti dell’universo senza trovare una cosa altrettanto meravigliosa… Si certo, io so che l’amore è incondizionato. Ma ho imparato che può essere imprevedibile, inaspettato, incontrollabile… insopprimibile! E molto facile da confondere con l’avversione… e quello che cerco di dirti Tristan, è che credo di amarti! Il mio cuore è come se ora il mio petto non lo potesse più contenere. È come se… come se ormai non appartenesse più a me ma fosse tuo. E se tu lo volessi, in cambio io non ti chiederei niente. Niente preziosi, niente doni o manifestazioni di grande devozione… niente, vorrei solo sapere che mi ami. È il tuo cuore in cambio del mio. (Yvaine a Tristan)

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Matrice SWOT e politiche di prezzo

Format Distributivi del settore moda abbigliamento in Italia: situazione e prospettive del piccolo punto vendita

Quarantasettesima puntata (le altre le trovate guardando qui)

Anche per il negozio Piazza Affari è possibile raccogliere in una tabella le caratteristiche che delineano i punti di forza, le debolezze, le opportunità e le minacce.

MATRICE SWOT

Utili Pericolosi
Interni Esperienza diretta e indiretta. Canali di fornitura consolidati. Difficoltà nell’ottenere assortimenti completi, discontinuità nelle offerte.
Esterni Sempre più attenzione alle marche e alla qualità Apertura di nuovi punti di vendita di griffe a prezzi scontati

Le politiche di prezzo assumono un ruolo essenziale nelle strategie di marketing, in quanto il prezzo è l’unica leva del marketing mix che produce ricavi e determina la posizione strategica e competitiva del business. È un fondamentale elemento per posizionarsi in un mercato, quello dell’abbigliamento firmato discount, molto elastico rispetto al prezzo, e migliorare la performance competitiva (H. Simon, D. Zatta, "Strategie di pricing", Hoepli, 2006)

Le strategie di prezzo attuate prezzo Piazza Affari portano alla fissazione dei prezzi in base al valore percepito dai consumatori, per posizionare i prezzi più bassi dei livelli di mercato. Per fare questo innanzi tutto occorre un’analisi per conoscere il proprio target dei clienti e capire che prezzo questi ritengono adeguatamente basso per ogni prodotto presente nell’assortimento.

La funzione svolta per stabilire i prezzi dei singoli articoli non deve essere considerata un’attività di scarso perso perché da questo si determina la competitività con la concorrenza e determina l’attrattività del negozio nei confronti dei consumatori. Per ogni prodotto, in base alle sue caratteristiche (marca, qualità, fase della vita del prodotto, ecc), ci si deve domandare a quale prezzo il cliente-tipo lo acquisterebbe volentieri. I clienti sono disposti a fare un sacrificio economico per acquistare il bene, quindi non ci si può e non ci si deve accontentare di un prezzo troppo basso, per non sprecare una fonte di redditività, ma nel contempo non rischiare di arrivare ad importi troppo elevati che scoraggerebbero l’acquisto.

Le componenti che contribuiscono alla formazione del prezzo per il cliente finale sono:

  • I costi variabili. Un vantaggio strutturale di costo è una condizione pressoché obbligatoria, è la componente fondamentale. Per poter operare in questo settore con la decisione di puntare sulla leva del prezzo è determinante riuscire a contenere i costi di acquisto dei prodotti. La riduzione dei costi è ricercata attraverso un severo vaglio dei fornitori e talvolta con contrattazioni personali.
  • La concorrenza. E’ indispensabile un’informazione perlomeno sommaria dei prezzi praticati dai punti vendita concorrenti per gli stessi prodotti o per altri analoghi. Questo comporta una continua documentazione, sia cartacea attraverso riviste, cataloghi, pubblicità, sia attraverso internet, sia direttamente sul posto, osservando le proposte della concorrenza.
  • Percezione della qualità. Un singolo prodotto, una marca, un’intera gamma, possono essere percepiti in modo differente da parte dei clienti e quindi necessitano di prezzi differenti. E’ difficile, senza ricorrere a strumenti raffinati e onerosi come le ricerche di mercato, accorgersi di queste percezioni; un valido contributo è dato dall’esperienza e dalla psicologia.
  • Discriminazione e politiche di sconti. Talvolta vengono praticati ulteriori sconti sia a rivenditori che acquistano in grandi quantità, sia ai clienti più fedeli.
  • Elasticità. Se si ipotizza un più che proporzionale aumento del volume di vendite di un certo prodotto è giustificabile la diminuzione del margine unitario.
  • I costi fissi. Durante il procedimento di fissazione dei prezzi occorre considerare anche il valore dei costi fissi (spese per il personale, costi di gestione, rinnovo delle attrezzature, ecc.) rapportandoli alle unità di prodotti in vendita.

Valutando questi e altri secondari aspetti occorre raggiungere le decisioni riguardanti i prezzi a cui porre in vendita gli articoli.  in un secondo momento è sempre possibile effettuare degli aggiustamenti. i casi più frequenti sono quelli di riduzione di prezzo, dovuti ad offerte di fine stagione, ad eccesso di prodotti simili in magazzino, ad offerte speciali, e così via. Più di rado si presentano casi di aumento dei prezzi, dovuti principalmente ad aumento dei costi (fissi o variabili); in questi casi è importante valutare attentamente l’elasticità al prezzo, per non incorrere in cali significativi del volume delle vendite.

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Il Partito

Ma tu continua pure ad invecchiare convinto (si convinto), convinto che il partito è l’unica soluzione. Ma che rivoluzione e rivoluzione, è ormai banale quella. La lotta oggi va condotta col partito all’interno delle strutture.
Perché il partito ti può aiutare
perché il partito ti può garantire
perché il partito è una conquista sociale
perché il partito è un’istituzione
ma che rivoluzione e rivoluzione
riforme ci vogliono riforme
sanitaria agraria tributaria fiscale sociale

V.R. 1978

 

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Odissea

Ieri sera al teatro San Rocco ho assistito ad una rappresentazione teatrale, nell’ambito di una piccola stagione teatrale organizzata dal Rotary di Voghera. Il titolo era "La mia Odissea" di e con Marina Thovez.

Il genere era quello della commedia, anche se non era una cosa comica, sicuramente ironica. Raccontava ovviamente della storia di Odisseo. C’era Zeus, Atena, Era, Hermes…e poi Ulisse, Penelope, Telemaco, i Proci, ecc. 

E’ sempre bello il teatro, ho sempre una grande ammirazione per gli attori, che riescono a impersonare diversi personaggi, e devono recitare "live", senza possibilità di ripetere. Quindi senza sbagli, senza risate, senza ciak… e devono farsi capire subito, bene, e da tutti. E poi sono bravi, accidenti. Quelli che mi sono piaciuti di più? Omero, veramente "teatrale" (appunto) e Ulisse.

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La quinta direzione

a Sud ci sono già stato

il Nord l’ho già visitato

a Est i primi raggi

a Ovest solo miraggi

cerco una direzione per i miei bisogni

seguirò la quinta, quella dei sogni


Nighthawks (I nottambuli) (1942) Art Institute of Chicago

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No fear

Mi spiace, ma nella vita non riesco ad essere stronzo. Lo so, a volte sarebbe giusto comportarsi così, ma non ce la faccio, è più forte di me. E poi non mi interessa, ormai le ho superate tutte e non ho più paura di niente. Non ho più paura dei nemici, della solitudine, del buio, del vuoto, di niente. Pertanto non riesco, benché ne avrei onestamente diritto, ad essere stronzo. Siatelo voi, crogiolatevi pure col vostro senso di potere credendo di esser dei gran fighi. A me, e lo dico senza problemi, non me ne frega un cazzo se siete bravi, belli, onesti, di famiglia bene, bravi a scuola, disciplinati, gentili, credenti, potenti… Sia che siate salumieri o assessori, operai, malfattori o bancari, donne in carriera o uomini in affari, comunisti, ex comunisti, scudocrociati o fascisti. Non m’importa, siate chi siate e fate ciò che volete. Gli stronzi fateli voi, tanto vi viene facile e naturale. Io me ne sbatto. E vivo meglio.

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Arrabbiato col Califfato

Ma certo, giustificateli ancora. Per esempio quelli che hanno fatto l’attentato in questi giorni in Tunisia. Oppure "La Tunisia è uno Stato che è colpito quanto e più che l’Italia". Vero, ma questo non diminuisce di un solo punto percentuale la pericolosità degli integralisti islamici. Ma qui in Italia, ed è una cosa che da i nervi, c’è sempre quello che vuole fare i distinguo, quello che "ma no, non è proprio così", quello che ha sempre una giustificazione e una soluzione per tutto.

"La religione con gli attentati a Charlie Hebdo non c’entra". Ah no, infatti quelli sparavano urlando "Allah". Ma perchè, perchè perchè, bisogna sempre farsi vedere "politically correct"? Riusciamo a fregarcene di noi stessi solo per far vedere che noi siamo "buoni", misericordiosi, amanti della fratellanza, di animo gentile, moderni, ecc. Tanto, quello che succede, capita sempre agli "altri". Ma guardate che anche se non siete cristiani, se non siete cattolici, se non andate in giro col crocifisso (che però, non si sa mai, meglio toglierlo anche dalle scuole e dagli edifici pubblici), gli estremisti, se vi trovano per la strada, ammazzano anche voi. Solo che non lo capite. Non so se la vostra sia incoscienza o cosa…

Facciamo venire qui tutti, non c’è problema. Perché gli italiani certi lavori non li vogliono più fare, perché altrimenti la natalità andrebbe a zero, perché sono quelli che pagano le pensioni ai nostri vecchi. Quanti luoghi comuni che avete nel cervello. Gli stessi vecchi, i vostri nonni, sono quelli che invece col loro lavoro hanno pagato ospedali, scuole, strade. Loro, non noi e tantomento gli ultimi sbarcati a Lampedusa. Cosa vi devo dire: che preferisco vederli morire di fame?
Beh anche qui parliamo di luoghi comuni. Primo perché preferirei aiutarli nel loro paese e questo avrebbe vantaggi sia per loro (che continuano a stare dove sono sempre stati, che contribuiscono alla crescita del loro paese, ecc.) che per l’Italia, che non può permettersi di accogliere tutta questa gente. Un po’ si, tutta no. E’ come se i nostri vecchi avessero costruito una grande nave per solcare il mare. Possiamo invitare altra gente, che magari dà una mano a remare, ma se ne invitiamo troppa si va a fondo. 

E poi continuate a dire che non c’è pericolo. No, no, ci mancherebbe. Ero a Londra poco tempo dopo gli attentati alla metro. E quelli erano nati e cresciuti in Inghilterra!!! Ma no, non erano pericolosi secondo voi. Come quelli partiti dall’Italia per andare a combattere col Califfato.

Io non capisco se ci siete o se lo fate. Se avete le fette di salame sugli occhi, se lo dite per convenienza, per stupidità (nel senso che parlate tanto per parlare, senza aver minimamente riflettuto su ciò che dite), per non conoscenza. Oppure, e molto spesso è così, per sentirsi la coscienza pulita e poter pensare "Io sono bravo, accolgo tutti". E’ una visione cieca, sicuramente superficiale e a mio avviso abbastanza pericolosa. Perché coi vostri discorsi mettete a rischio anche la vita degli altri: è come se foste alla guida di un automezzo e decideste di andare veloce. Decisione vostra, siamo d’accordo, ma poi gli incidenti provocano danni a tutti, non solo a voi.

Ma è come se io fossi Don Chisciotte: certa gente queste cose non le capisce proprio e continuerà a reputare di essere nel giusto. Lana nelle orecchie. Bah… deluso, preoccupato e pessimista.

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Eh già…

Eccomi in questo duemilaquindici, manca poco al mio compleanno. Diciamo che negli ultimi due anni me ne sono successe di cose, non sempre positive. Come ho già detto, avete presente l’oroscopo quando viene suddiviso in "Lavoro / Salute / Amore" ? Beh, ecco, decisamente non era il mio periodo, sotto tutti i fronti. Sembrava la fine del mondo, ma sono ancora qua (ci vuole abilità). Certe cose ti fortificano, dicono. Certo, se non accadessero sarebbe meglio, per tutti. Alcune sono inevitabili. Periodi difficili, freddi, ma il freddo quando arriva poi va via…il tempo di inventarsi un’altra diavoleria. E io me ne invento sempre una. Altre sono… boh, forse inevitabili anche loro, anche se un po’ di sincerità nella vita non guasterebbe mai. Ma tant’è… e poi ormai io sono vaccinato: anche se non sembra di padellate in faccia dalla vita ne ho preso un po’. Sarà che mi fido troppo delle persone? Sarà che sono sbagliato? Oh no, io sono così, e così vado benissimo. Sai, ci vuole fantasia. E allora che si fa? Eh, già, "riprenditi la vita che vuoi tu. Io resto sempre in bilico (più o meno, su per giù, più giù, più su, più giù, più su)". Perché fondamentalmente mi diverto così, mi diverto con poco, mi diverto con quello che ho. E mi diverto parecchio.
Quindi sono stufo delle cose negative, tanto fa lo stesso, tanto sono ancora qua. E a volte posso essere felice, felicissimo oppure un pochino triste. Giornate top in cui sono super attivo e super allegro, poi l’anima che si arrende alla malinconia. Poi piango, poi rido, poi non mi decido.. cosa succederà? Col cuore che batte più forte, la notte ha da passà: al diavolo non si vende…Io sono ancora qua ! Quindi io non mi vendo, mi regalo. Perché non mi sono mai vergognato di quello che sono, di quello che ho fatto, di quello che faccio, degli amici che ho. Sono troppo vecchio per dire cazzate e vivere una vista con la maschera addosso. Io sono esattamente ciò che vedi. Anche se mi dicono che riservo sempre delle sorprese, ma il bello è quello. Eh già. IO SONO ANCORA QUA.

 

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Cosa ballavo a 18 anni

Nel post che potete leggere cliccando qui potete scoprire le orribili musiche che mettevano in discoteca quando avevo circa 18 anni. Di alcune non avevo trovato il video su youtube, ma adesso li ho trovati, quindi ecco questa "seconda puntata":

Total Groove – Reanimator. Questa c’era anche nel juke-box (che mezzo obsoleto) del Kursaal, e siccome era uno dei 3 o 4 pezzi techno io e i miei soci truzzi la mettevamo sempre.

Robert Armani – Ambulanza. Questa la ascoltavo sempre al Deejay Time con Albertino su Radio Deejay. Vai Alba, bella lì, piaac!

Datura – Yerba del Diablo. Dei Datura ne ho parlato in un apposito post: cliccate qui per leggerlo. Sempre bravissimi.

Plutone – Final Exit. Quando si parla di techno anni ’90 si parla di zanzarismo. E questo era lo zanzarismo scratchato. Top !

Deee Maestro – Deee Concerto. La cosa forte della musica elettronica di quegli anni è che c’erano dei pezzi, come questo, che fondamentalmente non c’entravano nulla. Ma molto belli. Questo poi nonostante il nome "italiano" era del Belgio.

Mig 29 – Mig 29. Ah, questo spaccava! Cavoli se spaccava. Oh si se spaccava di brutto!

Techno Twins – It’s a crime. Molto acida.

Game Boys – Tetris. Echisseladimentica: la trasposizione in salsa dance della musichetta del gioco Tetris. Penso di averla ballata un fantastilione di volte. Io e io mio socio avevamo anche "inventato" un modo di ballarla. Eh si perchè a quei tempi ci si sbizzarriva a inventarsi i modi per ballare la techno hehehehe.

Control Unit – Ti sei bevuto il cervello. Grande pezzo di Alberto di Molfetta, in arte… Albertino! Qui nella versione remixata da Digital Boy (quello di "This is muthafucker"), poi c’era quella remixata da Mastertechno (che era sempre il belga di Deee Concerto, cambiavano i nomi dei progetti ma i personaggi erano sempre quelli. Col nome di Mastertechno ha firmato uno dei miei pezzi preferiti, My Noise, che trovate qui. Ai tempi quel pezzo lo chiamavano "Volume 2" perché era sempre nel juke box del Kursaal e il disco aveva quella denominazione. In realtà era una mini raccolta e il titolo preciso del pezzo è, appunto, "My Noise". In quegli anni, in alcuni ambienti, "Mastertechno" è stato anche un mio appellativo.

Do it! – Attenzione. Un altro pezzo del duo Albertino e Molella.

Anticappella – 2/231. Di questo pezzo sono praticamente innamorato, perché è stato uno dei primi pezzi techno (infatti è del 1991) e uno di quelli che mi ha fatto vivere quella magia della musica elettronica (insieme a "James Brown is Dead", "Who is Elvis?" e il già citato "Muthafucker". Musica nuova, sconvolgente, che piaceva a pochi, che rompeva gli schemi, che era creata da strumenti artificiali e forse per quello più affine al mio mondo (io non sono in grado di suonare alcunché, ma mi dilettavo con i computer), e poi, che dire, ragazzi, mi prendeva nel sangue, nelle viscere, io potevo passare ore e ore ad ascoltare e ballare quella musica. Il mondo scompariva, c’era solo musica, amici, felicità, volevi che non finisse mai. Adesso può anche piacermi qualche canzone, magari le ascolto, ma quella sensazione di essere "rapito" dalla musica che balli non è mai più capitata.
ps il titolo della canzone, per la precisione è "due radice quadrata di duecentotrentuno", ma non avevo voglia di cercare il simbolo della radice per scrivere il titolo…

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Padre Pio – seconda parte

Sono le dieci. Con calma ho visitato tutta la chiesa, la vecchia chiesetta a lato (dove aveva iniziato a celebrare il santo, “sostituita” poi da quella grande per accogliere il numero di fedeli che già in vita attirava. C’è poi un percorso che scende nella cripta dove era custodito il corpo di San Pio fino a qualche anno fa. Il percorso passa poi nelle celle dove anche il frate ha vissuto e pregato, e prosegue fino al piano superiore, il tutto disseminato di oggetti appartenutigli. E’ fin quasi esagerata questa esposizione di oggetti: c’è addirittura un sacchettino con dei cerotti usati! Ho fatto tutto il giro da solo, anche se oggi è domenica non c’è nessuno. Fuori piove. Visito brevemente il presepe e mi inerpico sulla collina a fianco, vicino all’ospedale Casa Sollievo della Sofferenza, dove c’è la Via Crucis. Quando arrivo in cima la pioggia aumenta notevolmente d’intensità e anche se la giacca e cappellino mi riparano, i jeans e le scarpe s’inzuppano. Diluvia. Scendo e mi infilo in un bar a fare colazione. Sono un pulcino bagnato. Praticamente mi manca da visitare la chiesa di San Pio, progettata da Renzo Piano. Ho tutta la giornata, farò le cose con calma e ne approfitterò per leggere e scrivere.

 
Non piove più, visito la chiesa. E’ veramente grande, moderna, forse troppo. C’è una bella vetrata con disegni, ma oltre a quella solo marmi e panche in legno chiaro, tutte uguali, in infinite file. Noto che sono senza inginocchiatoio. Adesso sono giù, nella chiesa inferiore, dove c’è il corpo di Padre Pio. sono contento e soddisfatto del fatto che, venendoci, ho come accompagnato qui la Rita, ci tiene. So che sono solo spoglie mortali, però… come dire, è la meta del mio pellegrinaggio e mi fa stare bene. adesso me ne sto un po’ qui. Intanto mi asciugo. Qui sotto è più carino, ha più l’aspetto di una chiesa che di una sala conferenze come di sopra. Mosaici, intarsi. La modernità essenzialista mal di addice a mio parere ad un posto di culto, ma la mia è solo un’opinione, evidentemente.
 
No, però il selfie con la salma no, vi prego! Di cattivo gusto!
 
La vita di Padre Pio mi ricorda un po’ quella di San Francesco: grandi persone, grandi santi, gran carisma, non usato però per mettersi in mostra e sentirsi importanti, ma rispettando sempre le scelte della Chiesa.
 
 
Ore 13:16. Sono di ritorno verso Foggia. C’è da dire che qui a San Giovanni Rotondo hanno due difetti: quando piove le strade e i marciapiedi si allagano e a pranzo, in centro, ognuno mangia a casa sua.
Ho deciso, anche dietro suggerimento della mia guida, di visitare il centro storico. Solo che, quando ero a metà strada, ha iniziato di nuovo a venire giù a secchi e non c’era verso di non avere i piedi a mollo. Allucinante: 5 / 10 cm di acqua, anche passando in mezzo alla strada! Allora mi sono rotto: ho chiesto dove potevo acquistare il biglietto del ritorno (al Bar Villa). Lì niente panini, allora sono stato in altri 4 bar, ma la risposta era “no”, oppure “se vuoi facciamo aperitivi”. Ho chiesto ad un ragazzo se ci fosse una pizzeria o un bar dove facessero panini e mi ha risposto schifato: “No, a quest’ora no”. Ma scusa, voi a che ora mangiate, solo di sera? Boh
Siccome aveva smesso di diluviare me ne sono tornato “da Padre Pio” per far passare il tempo e asciugarmi un po’ camminando. E comunque avevo ragione io: Frate Francesco Forgione era originario di Pietrelcina, provincia di Benevento, e quindi in Campania!
 
 
19:52. Arrivato a Foggia pioveva. Strano. Faccio un giro in centro. Negozi chiusi: ovvio, è presto. Quello che è singolare è che non c’è proprio nessuno in giro, ma nessuno! A parte venditori ambulanti e  zingari, quelli sono in giro 24h no stop.
Ti dico che alle 3 ho fatto a piedi dalla cattedrale a Piazza Umberto Giordano e non ho incontrato nessuno. Pieno centro. I pochi che passavano mi guardavano un po’ con timore, come si farebbe se incontrassi uno alle 3… di notte!
A questo punto me ne sono andato al bar della stazione a leggere bevendo un cappuccio. Padre Pio mi ha proprio fatto scontare il pellegrinaggio.
Continua a piovere, imperterrito. Beh, fa parte del sacrificio, no? In ogni caso niente guasta la mia soddisfazione. Primo perché a me piace fare ciò che dico di fare, e secondo perché a questa cosa ci tenevo. Vorrei già tornare qui. C’è stato un momento in cui mi sono detto: “l’ho fatto, sono venuto fin qui, ci sono!
A metà pomeriggio vinco l’abbiocco pesantissimo che rischia di farmi addormentare al bar e mi sparo un altro giro. Qualche negozio aperto c’è, ma pochi: è domenica.
Gironzolo, la città è anche carina, ma visto il meteo mi infilo nei negozi aperti. Verso le 7 inizio a cercare una pizzeria. Ho voglia di pizza, caspita, e soprattutto di sedermi al caldo e all’asciutto. Dopo un bel po’ di ricerche ne trovo una, ma dicono che prima delle 8 non fanno la pizza. Ne trovo altre 3, nei dintorni della stazione, ma con lo stesso risultato. In una addirittura sono entrato e, dopo qualche minuto, sono uscito senza neanche che se ne accorgessero. Mi arrendo: vado al cinese, ma ho l’amara sorpresa, rimbalzato anche lì, aprono alle 8.
Ora sono tornato alla prima pizzeria e mentre scrivo mi sono pappato una bella pizza, mi viene già sonno.
 
 
Ore 6. Me ne sono tornato al bar della stazione in attesa del treno. Alle 21 chiude e alle 22 arriva il mio treno. Mi viene subito l’abbioccone. Stavolta lo scompartimento è pieno e praticamente ad ogni stazione c’è gente che sale o scende, si vede che è il treno del lunedì mattina. Riesco a dormire un po’, ma pochissimo, non sono abituato. Poi a Piacenza mi sveglio definitivamente e mi preparo. Per fortuna: mi viene un colpo di sonno e mi risveglio che il treno sta per ripartire da Voghera! Panico! Prendo su lo zainetto, la giacca e mi catapulto letteralmente giù dal treno. È andata bene: ho dimenticato solo la sciarpa, pazienza. Ora me ne vado nel letto fino a ora di pranzo!
 

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Padre Pio – prima parte

Sono le 2153

Eccoci qui, sul treno. Finalmente sto andando in Puglia, a San Giovanni Rotondo, “da Padre Pio”, come si suol dire. Sono anni che sto progettando questo viaggio, o meglio che ci sto pensando. Non so se è un pellegrinaggio, non sono particolarmente devoto a questo a questo santo, a dir la verità non conosco neanche bene la sua storia, se non qualche spezzone che si legge sui giornali o qualcosa detta alla tv, ma è una cosa che mi ero imposto di fare.
Dite che scrivo dei periodi troppo lunghi? Scusatemi, in italiano, raggiungevo il sei, sei e mezzo. I miei ci andavano spesso anni addietro, una volta l’anno, forse per un fioretto o cose simili, non l’ho mai saputo. Come sempre senza dire nulla fino all’ultimo giorno, quando a cena dicevano: “Guarda che noi andiamo da Padre Pio”, e prendevano il treno di notte, per arrivare a Foggia all’alba. Lo stesso treno su cui sto viaggiando. Dopo aver partecipato alla messa tornavano, e per la sera del giorno dopo la partenza erano a casa. Ricordo quella volta che mi hanno telefonato mentre ero al bar a vedere la partita dicendomi che, causa ritardi, avevano perso la coincidenza. E così sono andato a prenderli alla stazione di Piacenza. È stato un “diversivo”, ero contento di andarli a prendere. Ricordo che, ascoltando l’autoradio, sentimmo la partita inframmezzata dai loro racconti. L’Inter vinse quella sera.
Quasi sette anni fa gli dissi: “La prossima volta verrò anche io”. Avevo un mio motivo e feci quella promessa. Solo che l’anno successivo mia mamma aveva già problemi alla gamba e avrebbe fatto fatica a fare quella sfacchinata. Nei periodi in cui stava meglio non aveva tempo, oppure ci eravamo imbarcati in altri viaggi, come a Lisbona e ad Atene. Poi la malattia si è improvvisamente aggravata, con tragico epilogo. Quando era in ospedale, quasi due anni fa, le promisi che l’avrei accompagnata io fin là, magari con mezzi più comodi, come l’auto, ma il destino non me ne ha dato la possibilità.
Nei mesi successivi se ne è parlato qualche volta in famiglia, ma è una di quelle cose che rimandi sempre: quando farà più caldo, quando avrò più tempo, quando sarò più libero, quando, quando ,quando, quando.
E così mi sono deciso. Avevo ovviamente pensato ad uno dei miei viaggi lampo: dalla Rita qualcosa avrò pur preso, no? Solo che raggiungere San Giovanni Rotondo in aereo è complicato. Foggia ha un aeroporto servito malissimo (non so neppure se è ancora funzionante) e atterrare a Bari comporta delle perdite di tempo e denaro e aggiunge delle complicazioni che rende il treno una scelta quasi obbligata per una breve visita. Quindi, una notte di novembre (la notte è il paradiso -o l’inferno, dipende dai punti di vista- di chi  come ma fa –incauti– acquisti su internet. Sia benedetta/maledetta la carta di credito) ho preso i biglietti per gennaio, intercity notte, direttamente da Voghera a Foggia.
E quindi eccomi qui. Viaggiare da solo non mi ha mai messo ansia, malinconia o preoccupazione, ma stavolta un pochino si, starò invecchiando? Mi sembra di partire per un lungo viaggio, ma sarò di ritorno nel mio letto tra… dunque… 31 ore? O 32. 
Il treno sembra mediamente tranquillo. Ci sono, ovviamente, anche delle brutte facce, ma niente di che. È anche abbastanza frequentato. Né troppo, né troppo poco. Dovremmo essere a Piacenza. Credevo ci fossero dei vagoni cuccette, invece mi sa di no. Adesso mi metto a leggere.
 
 
È quasi mezzanotte e siamo a Bologna. I compagni di viaggio del mio scompartimento sono scesi tutti, compresi i chiacchieroni saliti a Piacenza. Ora vediamo chi sale. Speriamo bene.
 
 
Sono le 7:17. È appena finita la messa al santuario di Santa Maria delle Grazie. Sono molto in anticipo sulla tabella di marcia.
Da Bologna in avanti ho fatto il viaggio in compagnia di due ragazze e un ragazzo. C’era anche un altro, ma è sceso subito. Potrei definirlo “di colore”, ma è una definizione che non mi piace. Di che colore? Quando ero bambino si diceva “negro”, ma poi è diventata una parola offensiva. Dovrebbero inventarne una, perché “di colore” è proprio brutta. 
Le due tipe invece erano di una strana nazionalità che ci ho messo un po’ ad individuare. La fisionomia era europea, ma la lingua che parlavano mi era ignota. Non era italiano, inglese, francese, spagnolo, tedesco, neanche nordica tipo fiammingo, olandese, svedese. Neppure slava, russa, ecc. Quindi? Quando una delle due ha estratto un libretto per scrivere qualcosa ho sbirciato e ho riconosciuto una theta minuscola: erano greche! Tra l’altro: perché si dice greco, greca, greche, ma il maschile plurale è greci? Boh.
Ad un certo punto abbiamo spento la luce, cercando di dormire. Una delle due si è calata in faccia uno scalda collo, ma nonostante quello ha cambiato posizione cento volte: seduta, allungata, sdraiata, stravaccata. Ogni volta scontrandomi e svegliandomi.
Il tipo russava. Quindi si può dire che non ho dormito molto. Alle 4 ci ha pensato pure il controllore.
Alle 5 e 20 il treno era già fermo appena fuori dalla stazione di Foggia. Wow, si prospettava un arrivo anticipato. Esco e cerco una pensilina del bus. Chiedo a una signora, ma lei sta andando in Romania. In quella passa un autobus cono scritto “S.G. Rotondo”. Lo rincorro, si ferma, salgo. Purtroppo non è possibile acquistare il ticket sul mezzo, l’autista mi indica un bar. Mi precipito. Sta entrando una decina di persone col trolley: li sorpasso con astuzia e un pizzico di maleducazione e chiedo il biglietto. “Tanto il prossimo è alle 7”. “No, mi sta aspettando”. “Ah, parte in ritardo?”. Io penso “Si, perché è amico mio, tiè
Sulla corriera cerco di dormire, visto che il viaggio dovrebbe durare oltre un’ora. Avrei voluto leggere la guida che mi sono stampato, visto che non ho bene idea di cosa ci sia da visitare, ma è buio pesto.
Se avevo dimenticato come è scomodo cercare di dormire in treno, riscopro che sull’autobus è proprio impossibile. Per fortuna non fa soste (e chi dovrebbe salire o scendere a quest’ora?) e arriviamo in anticipo di un quarto d’ora. Riesco così ad assistere alla messa delle sei e mezza

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Mi piacciono

Mi piacciono le donne con gli occhi luccicanti
Mi piacciono le donne con gli occhiali grandi
Mi piacciono le donne con il nome strano
Mi piacciono le donne con le scarpe da ginnastica
Mi piacciono le donne con un bel sorriso
Mi piacciono le donne decise
Mi piacciono le donne coi riccioli
Mi piacciono le donne che ballano
Mi piacciono le rosse
Mi piacciono le donne con i capelli raccolti a coda
Mi piacciono le donne che si commuovono
Mi piacciono le donne che sognano
Mi piacciono le donne che hanno paura
Mi piacciono le donne coi fiori
Mi piacciono le donne con la cuffia di lana sotto la neve
Mi piacciono le donne che scherzano
Mi piacciono le donne in costume al mare
Mi piacciono le bionde
Mi piacciono le donne con gli occhi verdi
Mi piacciono le donne insicure
Mi piacciono le donne che ti guardano negli occhi
Mi piacciono le donne coi capelli lunghi
Mi piacciono le donne complicate
Mi piacciono le donne con la camicia
Mi piacciono le donne coi capelli lisci
Mi piacciono le donne che piangono
Mi piacciono le donne con stile
Mi piacciono le donne ambiziose
Mi piacciono le donne con l’accento toscano
Mi piacciono le donne 
Mi piacciono le donne col cappello col pon pon
Mi piacciono le donne con gli stivali
Mi piacciono le donne che sorridono
Mi piacciono le donne col maskara
Mi piacciono le donne che non prendono in  giro
Mi piacciono le donne innamorate
Mi piacciono le donne innamorate di me (beh, non esistono, posso dire allora che mi piace Babbo Natale e gli asini che volano)
Mi piacciono le donne che sanno guidare
Mi piacciono le donne con tanta femminilità
Mi piacciono le donne pallide e anche quelle abbronzate
Mi piacciono le donne con la voce da donna
Mi piacciono le donne che cantano
Mi piacciono le donne quando piegano la testa su un lato
Mi piacciono le donne che fanno la faccia da innocente
Mi piacciono le donne quando guardano in basso sorridendo
Mi piacciono le donne un po’ pazze
Mi piacciono le more
Mi piacciono le donne nostalgiche
Mi piacciono le donne contente
Mi piacciono le donne imprevedibili
Mi piacciono le donne che sanno il fatto loro
Mi piacciono le donne che dormono
Mi piacciono le donne concentrate
Mi piacciono le donne e fin qui ci siamo
Mi piacciono le donne timide
Mi piacciono le donne, punto.

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Aneddoti 24

Nel post che potete leggere cliccando qui avevo parlato di alcune storpiature delle marche. Eccone altre.

"ANDI" invece di "AND1" (leggasi "and one", quello finale è il numero uno)

Sulla stessa strada è "WOLKL" pronunciato "FOLCHI", perché la L finale, scritta in minuscolo, viene scambiata per una I.

Poi c’è "DOLOMITE" che alcuni pronunciano inspiegabilmente "DOLOMITI". Tipo: "Avete una giacca della Dolomiti?"

Oppure la marca sportiva "DUBIN" pronunciata alla francese "DUBEN", quando invece è italianissima e deriva dal nome del fondatore Dunio Bini. 

Stessa cosa per "COLMAR" che alcuni si pavoneggiano di chiamare "COLMàR", sostenendo addirittura che il nome derivi dal paese francese omonimo, quando invece, anche in questo caso deriva dal nome del fondatore (italiano, di Monza) Mario Colombo.

Va beh poi non citiamo neanche la "NAPAPIJRI" che ognuno pronuncia come vuole. Poi c’è stato chi diceva "GURU" con l’accento sulla U finale, come fosse francese, o come quello che chiedeva le camicie della "POSCIACCHE", che altro non era che la napoletanizzazione di "PAUL SHARK".

Ma poi ho sentito anche pronunciare "NEW BALANCE" come fosse "NEW BLANCHE", e la marca di occhiali "PICASOL" detta "PICASSO". 

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Chi sono io?

Io sono il semaforo verde per l’autista, sono quel semaforo rosso per un tassista, il miglior dentista per il tuo molare cariato, sono quell’idea geniale che ti ha rallegrato. Sono dieci carte trovate per strada, l’ultimo pezzo di carta igienica dopo una cagata, sono la tipa che te la da facile, la tua parte agile, sono una bella immagine, sono il tuo peggior nemico morto, l’ultima birra nel tuo frigo quando fa caldo. Sono casa libera per fare festini, sono due revolver carichi in mano a due bambini, sono il tuo vicino scassacazzo in vacanza, sono il tuo capo malato in convalescenza. Quel trasferimento che tanto aspettavi, quel motivetto bello che canterai e cantavi. Sono proprio io, la parte più profonda del tuo io, quel complimento ricevuto da Dio, sono proprio io a tutti i livelli, ti sto prendendo per i fondelli. Io sono per un fanatico zero modestia, soldi spicci per un punk-a-bestia, mille impicci per lo spacciatore, per un frikkettone pace&amore, la prima sigaretta mattutina per un fumatore. Sono un accendino per un piromane, dieci maschi in astinenza per una ninfomane, per un megalomane io non sono niente, io sono per un mercante il suo miglior cliente. Io sono tua nonna che esce dall’ospedale, l’ultima cambiale, il congedo militare, io sono il postino che ti porta a casa il vaglia. Io sono la tua coscienza, che ti dice sveglia, la maglia super figa comprata con i saldi, sono il 777 per i sordi, sono lo sbirro che ti ritrova l’auto rubata, il ladro che ti vende l’autoradio ultima moda. Io sono ferie prolungate e contributi pagati, quel fighetto di tuo figlio che si laurea a pieni voti. Io sono mille film senza intervalli, per un Polacco sono tutte le auto senza tergicristalli, sono la tua squadra che perde, ma rimonta, sono il tuo partito in maggioranza nella giunta. Sono tua figlia che a sedici anni resta incinta, tranquillo Giangi, era una finta. Io sono tuo zio ricco che ti sceglie come erede, il mondo che qualsiasi cosa dici lui ti crede, abbi fede, se sai chi sono sai che è finzione, sono per te la migliore sensazione. Io sono tuo marito che perde il posto di lavoro, tua moglie che ha l’amante ma ti chiama tesoro, sono tua figlia che resta incinta a sedici anni mezzo, Giangi mi dispiace, ma stavolta non scherzo. Sono un portafoglio vuoto trovato per strada, la carta igienica finita dopo una cagata, sono quella gran figa che non te la darà mai, quel beota di tuo figlio che combina solo guai. Io sono il pacchetto vuoto per un tabagista, vai dal distributore e il denaro s’incastra, una svista, casca il bancomat nel tombino, sono quello che nota la scena e ride: un marocchino. Sono quel tredici in schedina, peccato che non l’hai giocata è rimasta lì in cucina. Sono quei grandi debiti che erediti, una grossa genialata ma a te non danno i meriti, sono il primo giorno di militare, tua nonna in ospedale, la multa da pagare, sono la tua squadra retrocessa in serie B. Ma basta sono Turi di mestiere Mc.

(era "La migliore sensazione" di Turi)
 

Corrado D’Ottavi – Autoritratto, 1981, pennarello, biro e collage su carta,  Museo di Villa Croce, Genova

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Pazzo bambino solitario

 

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